CAPITOLO VENTESIMO - parte 1

Tim aprì gli occhi lentamente. Dapprima vide il soffitto sopra di sé, poi girando leggermente il capo incrociò lo sguardo preoccupato di Asya. Mugolò qualcosa di incomprensibile, mentre cercava di recuperare la lucidità.
-Tim..- disse lei poggiandogli una mano sulla testa -Stai bene?-.
Il ragazzo annuì vagamente, stringendo i denti. In realtà sentiva dolore anche solo nell'atto di muovere la cassa toracica per respirare.
-Che cosa è successo?- chiese la ragazza, con aria triste.
-Hmm, non lo so- mugolò lui guardandosi intorno. Riconobbe la stanza del locale. -Dove..-.
-Ti ho trovato nel bosco- disse lei abbassando lo sguardo.
Tim la guardò con aria strana, restando in silenzio.
-Tim, devi dirmi che cosa..-.
-Lui era lì, vero?- la interruppe bruscamente.
La ragazza strinse le mandibole, ed annuì. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma nessuna parola uscì dalla sua bocca.
-Sei entrata nel bosco?-. La sua voce non era arrabbiata, ma solo preoccupata.
-Sì. Sei sparito, Tim. Lui...lui ti ha portato via e...-.
-Non dovevi farlo!- gridò all'improvviso. Nella stanza calò il silenzio, mentre Asya con lo sguardo basso intrecciava le dita con fare nervoso. Lui continuava a guardarla, forse aspettando un qualche tipo di risposta. Il suo sguardo sembrava impaurito.
-Scusa..- balbettò lei infine -Ero preoccupata per te, non lo capisci?-.
Fu a quel punto che Tim sollevò la schiena di scatto poggiando i palmi sul materasso, ed emettendo un gemito di dolore.
-Che fai!- gridò la ragazza afferrandolo per le spalle. -Così ti..-.
-Ascoltami!- la interruppe Tim gridando. Senza pensarci troppo avvolse un braccio dietro alla sua schiena e la tirò a sé, avvolgendola in un abbraccio. La strinse, ignorando i dolori lancinanti che provenivano da ogni parte del suo corpo.
La ragazza tacque, immobile, senza fiato.
E fu allora, che lui iniziò a parlare, a dire tutto quello che per tutto il tempo si era tenuto dentro. -Non so...non so di preciso che cosa sia, né perché abbia scelto me ma...-. Si interruppe. Prese una abbondante boccata d'aria, aumentando la presa sul copro di Asya, e continuò: -Mi tormenta fin da bambino. I miei genitori mi portarono dal primo psicologo a circa otto anni, dicendo che avevo le allucinazioni. Ne conobbi tanti, di psicologi, finché non mi diagnosticarono la schizofrenia. Ho passato diversi anni in un centro d'igiene mentale, e grazie alle pasticche la mia situazione era migliorata. Ma più passava il tempo, più mi rendevo conto che le mie non erano semplici allucinazioni... Lui...è reale-.
Asya appoggiò il mento sulla sua spalla, e non disse niente. Rimase semplicemente in silenzio ad ascoltare quelle parole, che parevano uscire dalla bocca del ragazzo con immenso dolore.
-Quella maschera...la indosso ogni volta che quell'essere prende il controllo di me. Lui...è in grado di manovrarmi, di usarmi per ciò che vuole, come fossi la sua marionetta. Non so che cosa voglia di preciso, ma... Ha da sempre distrutto la mia vita-.
A quel punto, seppur non lo potesse vedere in volto, Asya si rese conto che Tim aveva iniziato a piangere. Lo strinse a sua volta con più forza, senza parlare. Non sapeva neanche che cosa avrebbe dovuto dire, infondo.
-Le pasticche mi aiutano a placare i sintomi, ma quando lui mi chiama a sé non ho modo di evitarlo. Con il tempo ormai l'ho capito: non potrò mai sfuggirgli...-.
-Non può essere così- disse Asya -Insomma...deve pur esserci un modo..-.
-Asya, ascoltami bene- disse Tim sciogliendo l'abbraccio, e puntando i suoi occhi scuri dritti in quelli di lei, a due palmi dalla sua faccia -Non devi mai più avvicinarti a lui, né a me, né a quel bosco... Faresti meglio ad andartene dalla città-.
La ragazza lo guardò impietrita. Non riusciva nemmeno a capacitarsi del senso di quella frase.
-Hai capito?-.
-No..io non...-.
-Asya!- gridò poi il ragazzo scuotendola per le spalle -Non voglio che prenda anche te-. Gli occhi di Tim erano pieni di lacrime.

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