CAPITOLO QUINDICESIMO - parte 2

La pioggia cadeva fittissima, riversandosi sul corpo ormai fradicio di Asya. La ragazza era ancora in ginocchio, immobile, a fissare la creatura che ora si trovava davanti a lei.
L'essere, dal corpo incredibilmente allungato, aveva sembanze umane ma i suoi arti ed il tronco erano di dimensioni molto maggiori rispetto a quelle di un essere umano; il suo corpo dalla pelle bianca come il latte era coperto da uno smoking nero con tanto di cravatta. Ma ciò che colpì maggiormente la ragazza tanto da farla rabbrividire fu il suo volto: Niente occhi, niente bocca, niente naso.
Solo una pelle spessa e bianca lo ricopriva interamente.
Asya fu costretta a piegarsi su sé stessa presa da un'altra violenta serie di colpi di tosse, toccando con le punte dei capelli la terra bagnata.
Le immagini si fecero improvvisamente sfocate e confuse, e nonostante la ragazza avesse entrambi i palmi delle mani poggiati sul terreno aveva il timore di perdere equilibrio e cadere.
Un fulmine attraversò il cielo cupo, creando un forte frastuono. Asya alzò ancora lo sguardo, ed ora l'uomo alto era molto più vicino.
Sembrava fissarla.
Poteva farlo, pur non avendo occhi.
In preda ai colpi di tosse, la ragazza riuscì con estrema fatica a pronunciare due parole: -Co..cosa s...sei?-.
In risposta, l'essere la avvolse con un'arto attorno al collo.
No.
Non era un arto.
Entrambe le sue lunghe braccia erano distese lungo i fianchi.
Ciò che adesso la stava stringendo era un prolungamento del suo corpo, che sembrava provenire dalla schiena.
Un altro fulmine attraversò il cielo, mentre la presa sul collo della ragazza si faceva più stretta.
-Pu...puoi...salv...salvare...Tim?- riuscì a dire, giusto prima che la presa divenisse così stretta da impedirle di respirare.
L'essere, che sembrava intento a soffocarla, ma poi si fermò ed allentò progressivamente la forza impressa sulla vittima. La ragazza annaspava stringendo i pugni ormai sporchi di fango, e continuava a tossire ripetutamente.
Poi, come era accaduto la volta precedente, tutto finì all'improvviso. La tosse cessò, e l'uomo alto scomparve davanti ai suoi occhi come se in realtà non fosse mai stato lì.
La ragazza si alzò in piedi barcollando, esausta, e con andatura barcollante riprese a camminare sotto la poggia.
La tempesta fredda si riversava sul suo corpo tremante, e rimbalzava nelle pozze che si erano create sulla terra zuppa. I vestiti della ragazza erano fradici ed incollati alla pelle, i pantaloni erano sporchi di fango fino a metà gamba.
Asya strinse i pugni e si impose di non fermarsi, nonostante percepisse un tremendo dolore al collo ed avesse l'impressione che da lì a poco sarebbe svenuta.
Con grande fatica riuscì a raggiungere la fermata dell'autobus.
Quando il conducente si fermò ed aprì la porta, restò a bocca aperta nel vedere le condizioni in cui era ridotta.
Bagnata, sporca, e visibilmente traumatizzata.
Le chiese se stava bene e lei rispose con un vago "sì", prima di mettersi a sedere silenziosamente sotto gli occhi stupiti degli altri passeggeri.

......

Davanti alla porta dell'ospedale, Asya si chinò sulle ginocchia e raggomitolò le estremità sporche dei pantaloni, poi bagnò le scarpe in una pozza per rimuovere il fango. Strizzò la maglietta, ed entrò.
Molti dei presenti si voltarono a guardarla, mentre si avvicinava all'ascensore per raggiungere il reparto in cui era ricoverato Tim, ma lei ignorò ogni sguardo e proseguì sulla sua strada.
Era stanca, e non riusciva a smettere di tremare.
Giunta davanti alla porta della stanza, ebbe un attimo di esitazione. In cuor suo sperava che quel mostro avesse salvato Tim, ma se così non fosse stato? Se anche l'ultima speranza fosse svanita, che cosa avrebbe potuto fare?
Trattenne il fiato e spinse la maniglia con la mano tremante. I suoi occhi caddero subito sulla figura distesa di Tim. Ancora immobile. Ancora prigioniero di quel sonno senza fine.
Asya strinse i pugni, e richiuse la porta dietro alla sua schiena.
Era stata solo una stupida, a credere che quel mostro avrebbe potuto salvarlo. A ripensarci adesso, forse, non era neanche una cosa logica. Come avrebbe potuto risvegliare Tim dal coma?
Si adagiò accanto al letto e poggiò la testa sullo schienale della sedia, chiudendo gli occhi.
Forse avrebbe dovuto arrendersi.
Tim non si sarebbe mai risvegliato.

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