CAPITOLO QUATTORDICESIMO - parte 1

Asya entrò nell'ospedale a passo svelto. Aveva il fiato corto, e girava nervosamente la testa quà e là per orientarsi nei reparti.
Ciò che era accaduto nel bosco l'aveva scossa in modo profondo; non riusciva più a calmarsi, nonostante fosse ormai lontana da quel luogo maledetto. Il cuore continuava a rimbalzare nel suo petto come fosse impazzito.
Quando raggiunse la stanza di Tim, appoggiò una mano sulla maniglia e sospirò, aprendola lentamente. Dentro c'era un medico, in piedi accanto al letto.
-È successo qualcosa?- chiese subito, spaventata.
-No, stia tranquilla- rispose lui agitando le mani. Indossava un camice bianco ed aveva un taccuino infilato nella tssca. -Ho solo effettuato una visita di controllo. Le sue condizioni ormai sono stabili-.
Asya si mise a sedere accanto al letto ed afferrò la mano di Tim, con aria persa. Sentiva di nuovo l'istinto di piangere, ma impiegò tutte le sue forze per trattenere le lacrime.
Non sarebbe servito a niente.
-Mi scusi per la mancanza di tatto- disse ancora il medico, intrecciando le mani -Ma seppur non sia più a rischio di morte, è probabile che il paziente non si risvegli più-.
La ragazza annuì semplicemente. Che avrebbe dovuto dire?
Questo lo sapeva.
Lo sapeva già.
E odiava sentirselo ripetere.
Ancora e amcora.
L'uomo le fece un piccolo sorriso nel vano tentativo di rincuorare la ragazza. -Ad ogni modo le prometto che faremo del nostro meglio-. Camminando lentamente uscì dalla stanza, richiudendo poi la porta.
Il volto di Tim era stato completamente ripulito dai piccoli residui di sangue che erano rimasti, ed il liquido della flebo era stato sostituito.
Asya strinse la sua mano, e inevitabilmente una lacrima solitaria le solcò il viso.
-Non so neanche se riesci a sentirmi- disse singhiozzando, mentre intrecciava dolcemente le dita nelle sue. -Ma...ti chiedo scusa, Tim. È....è solo colpa mia....io....non avrei mai voluto questo-.
Si sporse in avanti e lo abbracciò con estrema delicatezza, avvolgendo un braccio attorno al suo petto e poggiando la testa sul cuscino, attaccata al suo collo.
La sua mente ripercorse il ricordo di ciò che era accaduto nel bosco. A pensarci adesso, a mente più lucida, ricordò di aver tossito compulsivamente in presenza di quello strano uomo alto.
La stessa tosse di cui soffriva Tim.
Era evidente che ci fosse un collegamento, tra il ragazzo e quel...quel qualcosa.
Non poteva essere un uomo, quello che aveva visto. Era smisuratamente alto, ed era scomparso nel nulla all'improvviso. Di qualunque cosa si trattasse, sembrava avere a che fare con Tim.
E probabilmente questo non significava niente di buono.
Strinse il ragazzo a sè facendo attenzione a non toccarlo nei punti vicini alle fratture, e poggiò la guancia sulla sua spalla. Il silenzio nella stanza era interrotto solo dal ritmo regolare del respiratore, che sembrava voler scandire il tempo, di cui altrimenti si sarebbe persa concezione.
Asya si riempì le narici del suo buon odore e finì pian piano per addormentarsi, esausta. Il solo fatto di avere Tim così vicino la faceva stare bene.
Nel sonno stringeva la sua mano, per assicurarsi che fosse ancora lì; quasi come se avesse in qualche modo paura che lui potesse sparire.
È proprio vero che non sai cos'hai finché non lo perdi; cosa avrebbe fatto adesso per tornare indietro e cambiare le cose.
Avrebbe provato a capirlo, innanzitutto.
Ed avrebbe evitato tutto questo, cambiando gli avvenimenti di quella maledetta sera.

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