CAPITOLO QUARTO - parte 1
Asya corse dietro a Timothy lungo la strada deserta che si allungava verso il bosco. Il ragazzo correva così veloce che faceva fatica a stargli dietro, e non appena di addentrò tra gli alberi lo perse di vista.
Tuttavia non smise di correre: sapeva che se l'avesse fatto lo avrebbe perso del tutto. Percorse un viottolo sporco e pieno d'erbacce, che si faceva spazio tra i tronchi degli alberi ed i cespugli, e proseguì vagando con lo sguardo attorno a sé, nella speranza di vedere Tim.
Cespugli d'erba aggrovigliata le rendevano più difficile proseguire, mentre il terreno che percorreva annaspando iniziava a farsi più ripido.
Pochi metri dopo, la ragazza si bloccò di colpo piantando i piedi sulla terra umida; il ragazzo era lì, poco distante da lei.
Era seduto a terra, con la schiena sorretta dal tronco di un albero e la testa pendente in avanti. Tossiva ripetutamente, senza un apparente motivo.
Asya non riusciva a vedere bene il suo viso, ma sembrava confuso, spaesato, forse era anche spaventato.
Era una situazione davvero strana; che cosa stava accadendo?
Fece un timido passo verso di lui, ma si fermò subito dopo. Tim aveva mosso un braccio, ed ora stava frugando nella tasca dei jeans. Per quello che ne sapeva la ragazza, avrebbe anche potuto tirare fuori un coltello.
Trattenne il fiato, terrorizzata. Era pronta a scappare tornando da dove era venuta nel caso in cui avesse avvertito del pericolo, ma riuscì a tranquillizzarsi quando noto che ciò che Tim adesso reggeva sul palmo, sembrava essere una semplice scatola di pasticche.
Il ragazzo aprì lentamente con le mani che tremavano visibilmente e se ne portò una alla bocca, mentre continuava a tossire rumorosamente.
Deglutì la capsula senz'acqua, sollevando la testa per facilitarsi l'azione; poi tornò ad appoggiarsi contro all'albero, stremato.
Sembrava che stesse fisicamente soffrendo, ma era difficile comprenderne il motivo effettivo.
Asya riprese ad avvicinarsi a lui con una certa indecisione, camminando in modo esageratamente lento. Non aveva idea se potesse fidarsi o meno, ma Tim sembrava aver bisogno d'aiuto e lei era lì proprio per questo.
-Tim?- disse allungando un braccio versi di lui -Stai....stai bene?-.
Il ragazzo aprì il palmo della mano e lasciò improvvisamente cadere la scatola a terra, ancora aperta; inevitabilmente le pasticche si riversarono sull'erba.
Portò poi entrambe le mani a coprire la sua faccia, e le premette con forza sulle tempie, iniziando a dondolarsi ossessivamente su sé stesso. Sembrava un pazzo appena fuggito da un manicomio.
-Tim?- ripetè ancora una volta la ragazza, che ormai si trovava ad un passo da lui. Soltanto adesso che era così vicina, poteva notare il sangue che inzuppava i suoi capelli scuri. Doveva essere stata la bottiglia, forse il vetro l'aveva tagliato quando il capo lo aveva colpito alla testa.
Dei rivoli di quella sostanza scura stavano scendendo giù dal suo collo macchiando la maglietta.
Asya si chinò sulle ginocchia, proprio davanti a lui, e gli poggiò una mano sulla spalla con estrema delicatezza, come avesse paura di fargli male.
-Mi dispiace per quel..-.
Non ebbe il tempo di finire la frase; lui portò di scatto le mani in avanti e la spinse via con una forza disumana, facendola cadere con la schiena indietro. -Stai lontana da me!- gridò singhiozzando.
La ragazza si rialzò in piedi, e si allontanò di un passo. Era confusa, spaventata, e carica d'adrenalina. -Ma che ti prende?- disse con voce tremante, ripulendosi le mani dalla terra.
-Vattene- ripetè lui, coprendosi ancora il volto con le mani. Pareva che stesse cercando di nascondere qualcosa, ma era difficile capire cosa.
-Tim, io...-.
Ancora una volta, il ragazzo scattò in avanti senza alcun preavviso e la spinse via, stavolta con più forza, facendole sbattere violentemente la spalla contro al tronco di un albero. Asya emise un flebile lamento e si coprì con la mano la zona dolorante, mentre annaspava con il cuore che pareva voler balzare fuori dal suo petto.
Mentre lui, distante solo un paio di metri, riprese subito dopo a tossire, e fu costretto a piegarsi su se stesso poggiando i palmi sulle ginocchia. Le immagini si fecero confuse, e la sua testa iniziò a girare vertiginosamente.
Stava accadendo ancora.
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