BONUS 5. CENERI DI UN'ALTRA STORIA

Il vento tagliente della notte sferzava il volto di Darryl mentre camminava lungo il sentiero polveroso che si snodava tra le rovine di un'antica fortezza. Le mura annerite dal tempo e dalle battaglie sembravano sussurrare echi di una guerra dimenticata, ma il figlio di Corgi non si fermò. Ogni passo affondava leggermente nella terra secca, sollevando un sottile strato di cenere che si disperdeva nell'aria.

Non c'era luna quella notte, solo un cielo denso di stelle che parevano osservare silenziose, giudicando la sua solitudine. Il mantello lacero gli avvolgeva le spalle, intriso dell'odore ferroso del sangue e del fumo della battaglia recente. La pelle bruciava ancora in alcuni punti, ricordo delle fiamme che aveva scatenato contro i Cronomorfi. Eppure, ogni dolore fisico sarebbe risultato insignificante rispetto al peso che portava nel petto.

«Perché tutto questo sembra inutile?» pensò, stringendo i pugni fino a farsi male con le unghie contro i palmi.

Aveva vinto. Aveva sconfitto i nemici e salvato i suoi compagni, ma la vittoria aveva il sapore amaro. Havel, Ada, Elaine... erano al sicuro. Lui, invece, era rimasto indietro. Non per dovere oppure per eroismo. 

No. 

Perché c'era qualcosa che doveva affrontare da solo, dopotutto quello era il suo fardello.

Si fermò davanti a un vecchio arco di pietra, coperto di edera morta. Oltrepassarlo significava attingere nuovamente a quella parte della sua vita che aveva sepolto più a fondo che poteva. Fin da quando aveva compiuto il giuramento, si era sempre considerato pronto a riportare la verità nei vari mondi, ma, adesso, cominciava a insinuarsi in lui il dubbio.

I mondi erano pronti? Gli Stirpemista erano pronti? Lui... era pronto? 

La risposta si rifletteva negli occhi stanchi e spenti quando si guardò in una pozza d'acqua stagnante lungo il cammino.

«Non sono mai stato pronto per niente, fin dal giorno in cui mi hanno portato nell'Altrimondo.»

Quella era la sua risposta.

Entrò.

L'interno della fortezza era avvolto da una penombra innaturale. Le torce sulle pareti si accesero da sole al suo passaggio, fiamme rosso scuro che proiettavano ombre distorte. I suoi passi risuonavano sordi, accompagnati solo dal battito del proprio cuore.

Al centro della sala principale, un trono di ossidiana, spoglio e freddo. E su di esso, il cadavere i una figura che conosceva fin troppo bene.

Una divinità la cui maschera era rimasta incenerita dal suo stesso potere.

I rumori di piccoli scoppiettii riempirono le rovine, mentre il corpo senza vita del dio caduto si illuminava. Una luce invase i suoi occhi, così come il resto del suo tronco e gli arti. Di colpo, Darryl si trovava al cospetto di un essere avvolto da una furiosa fiamma cremisi. 

«Darryl... sei venuto a riprendermi? A reclamare la Fiamma della Follia?» domandò, la voce calma come il fuoco crepitante fra rami di legno. Non si mosse, non sorrise. Solo uno sguardo fisso, tagliente come una lama. 

"In effetti, non c'è molto che potrebbe fare. Quello è solo un cadavere."

Il figlio di Corgi si avvicinò, sentendo il cuore accelerare. Il calore delle fiamme magiche che un tempo lo definivano sembrava distante, come se fosse stato dimenticato da sé stesso.

«Avevi ragione tu. Per quanto la detesti, ho bisogno della fiamma,» rispose, la voce roca per la fatica e la rabbia repressa.

Il corpo inclinò appena la testa con un suono simile a quello di rami spezzati. «Naturalmente. Il fuoco è nel tuo sangue. Una volta provato un assaggio di questo potere, nessuno riuscirebbe a privarsene. Ti avevo avvisato.»

Le parole lo colpirono più di qualsiasi arma. Darryl strinse i denti.

«Non sono qui per una lezione di filosofia né per ambizione personale. Ho bisogno della fiamma prima che la situazione peggiori del tutto.»

La testa si incendiò e un sorriso sottile, fatto di fuoco puro, si disegnò sul volto della divinità caduta. «No, sei qui perché non riesci a sopportare l'idea che tutti gli sforzi fatti siano vani.»

Darryl scagliò una sfera di fuoco senza preavviso. L'esplosione illuminò la sala per un istante, ma quando la luce si dissipò, il cadavere era ancora lì, intatto.

«Non funzionerà,» rispose semplicemente. «Questo corpo è l'unico capace di sostenere il mio potere senza venirne incenerito. Il respiro di Darryl divenne irregolare. Aveva combattuto mostri, dèi, creature distorte dal tempo e dallo spazio. 

Ma nulla gli aveva mai fatto così paura come quella verità. Il fuoco era il suo grande alleato, ma poteva essere anche il più temuto nemico.

«Cosa vuoi da me?»

«Voglio che tu mi usi per incenerire ogni cosa, voglio vedere il mondo inglobato dal mio fuoco.»

Silenzio. Solo il crepitio delle fiamme rosse sulle pareti.

Darryl si lasciò cadere in ginocchio, le mani a terra, sentendo la freddezza della pietra sotto le dita. «Perché fai questo?» sussurrò.

E lì, in quella confessione semplice, trovò qualcosa che in fondo si aspettava: crudeltà. Il cadavere ravvivato dalla fiamma cremisi scese dal trono, i passi leggeri come uno spettro. Si fermò davanti a lui, osservandolo dall'alto.

«Non devi saperlo. Il fuoco non chiede perché brucia. Lo fa e basta. Incenerisce tutto ciò che c'è sul tuo cammino... e farà lo stesso con la tua vita, un giorno.»

Darryl sollevò lo sguardo, gli occhi pieni di rabbia e disperazione mescolate.

«E se non volessi bruciare nulla?»

Lo spirito della divinità si chinò leggermente, il volto a pochi centimetri dal suo.

«Allora morirai, farai la stessa fine di questo corpo. Hai troppa paura di me per riuscire a controllarmi.»

Quelle parole furono come una scintilla. Darryl sentì qualcosa risvegliarsi dentro di sé, qualcosa di primitivo e antico. Non era il magico fuoco, non era la furia di uno Stirpemista. C'era qualcosa di più semplice nascosta in profondità: la volontà di non arrendersi.

Si rialzò, tremante. «I-io...» prese un respiro profondo, «so che questa storia non finirà finché non ci sarò riuscito..»

L'essere sorrise di nuovo, un sorriso rosso fatto di puro fuoco, un'espressione quasi orgogliosa.

«Allora va e non guardarti indietro. Torna solo quando avrai trovato la forza per accettarmi.»

Darryl fece un passo indietro, poi un altro. Uscì dalla sala senza aggiungere altro, sentendo il peso sul petto lievemente più leggero.

Fuori, l'aria notturna sembrava meno fredda. Camminò fino a quando il cielo cominciò a schiarirsi, tingendosi di un tenue arancione all'orizzonte. Si fermò su una scogliera, guardando il mare sottostante. Il vento gli scompigliava i capelli, portando con sé l'odore salmastro e l'eco delle onde. Non sapeva se sarebbe mai tornato al Parco dei Gigli o se avrebbe rivisto i suoi amici.

La sua era semplice volontà, avrebbe dovuto agire seguendo solamente quel suo impulso.

«Ti chiedo scusa, ma ho disperatamente bisogno di te in questo momento.»

Una lacrima gli rigò il viso. 

Doveva vederla.

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