5. PRANZO AL TAVOLO TREDICI

Una volta tornato dalla Grande Dimora, Shirei aprì la porta e raggiunse il suo letto. Dopo essersi gettato sul materasso, rimase in silenzio a osservare il soffitto della stanza. La casa dei figli di Cragar era molto più piccola degli altri edifici nel Parco dei Gigli, probabilmente poiché il dio a cui era dedicata non era uno dei più rinomati e non avrebbe dovuto avere figli. Sostanzialmente, non era altro che una stanza di grandi dimensioni. Due letti erano situati su versanti opposti, separati da due scrivanie e due armadi. Un'unica finestra, di fronte alla porta d'ingresso, illuminava la zona priva di lampadari. Al centro, era posizionato un modesto tappeto, il quale nascondeva una botola. Era quello il segreto della loro casa, apparentemente piccola e insignificante. Prima che Shirei se ne rendesse conto, una ragazzina con i suoi stessi capelli neri spuntò dalla botola. La Stirpemista rimase interdetta per alcuni secondi, poi scrollò le spalle e raggiunse il suo letto.

«Nulla di nuovo...» commentò mentre rovistava nel comodino accanto al suo letto.

Il ragazzo sentì un lieve rumore provenire accanto a sé e si alzò di scatto ma, non appena identificò la ragazza, si rilassò.

«Ciao, Dalia. Pensavo saresti rimasta giù ancora per un po'.»

«Mio caro consanguineo, ho mai rinunciato a un pasto in vita mia?» sorrise lievemente, senza smettere di cercare.

Shirei lasciò cadere la testa sul cuscino. «Giusto.»

«Non c'è ragione di preoccuparsi... ho solo intrattenuto qualche breve conversazione con alcuni spiriti, erano tormentati da un avvenimento curioso risalente alla notte appena passata.»

Il figlio di Cragar si alzò nuovamente. «È importante?»

«Dicono che sia successo qualcosa alla baita sulla spiaggia, un certo figlio di Tefine.»

Shirei rimase silenzioso, quindi Dalia si affrettò ad aggiungere: «Sarà un evento di poco conto, vedrai. Se è un figlio della dea dei sogni, avrà solo addormentato qualcuno. Stai sereno!»

Il ragazzo puntò i suoi occhi purpurei sulla sorellastra con sguardo serio. Nonostante avesse l'aspetto di una quattordicenne, Dalia era molto più anziana di lui, quindi lo Stirpemista non riusciva a comprendere come facesse a essere così superficiale e infantile. «Più tardi andrò lo stesso a dare un'occhiata,» concluse.

«Sempre il paladino della giustizia!»

Shirei sospirò. «Vado a sciacquarmi, la breve corsa con quella tua amica mi ha fatto sudare.»

Dalia gli girò rapidamente attorno e lo scrutò dubbiosa con i suoi occhi azzurri. «Hai conosciuto Marina?»

«Sì,» ammise, «era lei a tenere la lezione stamattina.»

«Miseria, dici il vero! Mi aveva perfino avvisato,» Dalia annuì due volte. «Dunque?»

«Dunque?»

«Sono interessata al tuo parere. La trovi simpatica, nevvero?»

Shirei ci pensò un momento, tentando di capire quali fossero le intenzioni della figlia di Cragar. «Credo di sì.»

«Ottimo! Allora finalmente posso invitarla a riposare qui senza preoccupazioni!»

Shirei fece per replicare, ma decise di lasciar perdere. Superò la Stirpemista ed entrò in bagno velocemente.

«Menomale che avete fatto conoscenza, nascondere la tua esistenza per tutto questo tempo è stato un fardello enorme!» esclamò la ragazzina a voce alta, in modo che il fratello la potesse udire anche oltre la parete.

La sua risposta arrivò fievole ma, del resto, Dalia sapeva perfettamente che Shirei fosse un tipo da poche parole. «Colpa di Aena, se non fosse per Liceo sarei rimasto relegato nei sotterranei per chissà quanto tempo.»

Dalia fece una smorfia, entrambi i figli di Cragar sembravano essere ai ferri corti con la dea dell'amore.

Shirei uscì dal bagno con un asciugamano attorno al collo, Dalia arrossì e distolse lo sguardo immediatamente. Nonostante i due fossero fratellastri, vedere un ragazzo senza maglietta faceva un certo effetto su di lei. Shirei era alto, snello, e il suo corpo muscoloso non poteva che essere un punto positivo. L'unico pensiero della sorella fu dovuto al fisico del fratello, rovinato da una serie di cicatrici orizzontali lungo tutta la colonna vertebrale. Nemmeno lo stesso figlio di Cragar era certo di come avesse fatto a procurarsele.

Shirei vide la sorella cupa e accennò un sorriso. «Siamo pronti per il pranzo?»

La ragazzina scosse rapidamente la testa per scacciare quei pensieri. «Assolutamente sì!»

«Perfetto, allora andiamo a mangiare.»

I due figli di Cragar sorrisero poi, dopo che Shirei ebbe indossato una maglietta di ricambio, si diressero verso la mensa.

Cinque minuti dopo, la coppia si fece strada fra le file di rumorosi Stirpemista. Shirei si sedette al tavolo dei figli di Cragar e Dalia fece lo stesso, i due avvertivano chiaramente l'ondata di commenti e sussurri causati dalla loro presenza, ma scelsero saggiamente di ignorarli. La mensa all'aperto sembrava troppo animata quel giorno. Era sempre un luogo vivace e colorato, con tavoli di varie dimensioni e forme disposti in modo ordinato. Ogni tavolo era dedicato a una specifica progenie divina, dove gli Stirpemista si raggruppavano con i loro fratelli per mangiare. Un tavolo rettangolare per i figli di Ien, circolare per i discendenti di Ucsor e così via. Nel caso dei Stirpemista della tredicesima casa, questo poteva solo significare un piccolo tavolo completamente nero. Alla fine della mensa, spiccava una lunga serie di cibo che attirò immediatamente l'attenzione dello Stirpemista. Piatti di ogni tipo, dallo stufato ai dolci più succulenti, si disponevano come un banchetto da sogno. Il profumo invitante delle pietanze aleggiava nell'aria, e sembrava quasi che l'atmosfera fosse pervasa dallo spirito festoso voluto delle divinità stesse.

«Cosa vuoi?» chiese alzandosi.

«Un tè caldo. Ti ringrazio.»

Shirei rimase un momento a fissarla, incapace di comprendere se il suo udito l'avesse tradito oppure se la sorellastra gli avesse veramente fatto quella richiesta.

Dalia lo notò. «C'è forse qualche problema?» poi roteò gli occhi. «Sono stata abituata in tal modo fin dall'infanzia. Se riesci a trovare anche una tazzina, sarebbe perfetto.»

Il ragazzo sospirò, Dalia gli aveva raccontato del suo passato piuttosto rocambolesco, ma il ragazzo stentava comunque a credere di avere di fronte a sé una donna bicentenaria. Prima che potesse allontanarsi, lei continuò il suo discorso: «Stavo pensando che per il falò, potrei suonare qualcosa con il violino,» mosse le dita della mano a simulare il gesto, «Vorrei mostrare alle persone di questo posto qualcosa di diverso dalle solite canzoni dei figli di Ucsor. Vera musica. Il tuo parere a riguardo?»

«Per me è un'idea ottima...» ma non fece in tempo a continuare che venne nuovamente interrotto.

«Magari Mozart, Bach oppure Vivaldi,» gli occhi azzurri di Dalia cominciarono a brillare. «Adorerei suonare Vivaldi. Sarebbe magnifico!»

Un'occhiata da parte di Shirei fu abbastanza per farla calmare. Nonostante non avesse proferito parola, il suo sguardo parlava chiaro. «Lasciami finire, Dalia. Volevo dire che loro non la penseranno allo stesso modo, secondo me.»

La ragazzina si abbandonò a una risata. «Farò cambiare loro idea, dunque.»

«Non ne dubito.»

Gli occhi di Shirei brillarono più intensamente del loro tipico colore purpureo. Dalia sorrise al fratellastro e si preparò a pregare, un gesto di gratitudine per il cibo. Proprio in quell'istante, un sussurro fresco all'orecchio la fece sobbalzare. Marina era piegata esattamente dietro di lei con un largo sorriso.

«Ma buongiorno! Temevo fossi morta sul serio,» disse, inclinando la testa. Ci fu un piccolo momento di esitazione, poi la figlia di Ien aggiunse: «Posso sedermi qui con voi?»

«Certamente!» Dalia le fece spazio.

La mensa calò nel silenzio più totale all'istante. Ogni mormorio cessò immediatamente e Marina si ritrovò tutti gli occhi addosso. Quella situazione la metteva sotto pressione, ma era consapevole che le occhiate più ostili provenivano dal tavolo sette. Ripose tutte le speranze in Lorenzo e nelle sue coinquiline, che avrebbero mediato i suoi pensieri ai suoi fratellastri in modo da tranquillizzarli. Non avrebbe comunque potuto rivelare loro la verità in ogni caso, era una missione segreta e altamente sgradevole a parere della ragazza.

«Dunque Marina, c'è stato qualche trambusto di cui sono all'oscuro?» chiese Dalia, appoggiando la testa sulla spalla della figlia di Ien.

«Nulla, di che parlate?»

La ragazzina fece un ghigno. «Intendo sabotare la progenie di Ucsor in occasione del falò.»

Marina rimase a guardarla con un'espressione quasi seccata. Era certa che avrebbe ascoltato un'idea irrealizzabile di lì a poco. «Hai un piano?»

«La mia idea principale era scatenare una lite nella loro dimora...» Shirei portò il cibo distraendola. C'era una gran quantità di carne. Dalia afferrò immediatamente una delle crocchette impanate e cominciò a masticarla. «Potrebbero esserci delle ripercussioni, ma fanno parte di ogni piano.»

Dopo alcuni secondi, si rese conto del gesto compiuto e posò il cibo al proprio posto. La ragazzina si mise composta e attese che il fratellastro le passasse le posate, solo allora ricominciò a mangiare.

«Perché vuoi sempre metterti nei problemi da sola?» Marina si massaggiò le tempie per evitare di risponderle a tono. «Davvero, non ti capisco.»

«Perché possiedo una migliore amica che mi sosterrà sempre,» recitò la figlia di Cragar con un sorriso.

Avendo finito di posare il cibo, Shirei si alzò nuovamente con l'intenzione di prendere le bevande. Prima di allontanarsi, si voltò verso Marina e chiese: «Vuoi qualcosa, Materia Grigia?»

La ragazza era distratta a osservare la differenza caratteriale fra i due fratellastri. Dalia era estremamente solare per essere una figlia di Cragar. Era come se si sforzasse quasi per emettere quella strana presenza negativa che li contraddistingueva. Shirei, al contrario, sembrava essere uscito direttamente dai suoi libri di testo. Era lo Stirpemista tipico descritto nella sezione dei figli del dio oscuro: calmo, composto, misterioso e presumibilmente molto potente.

Poiché la sua mente era occupata da quei pensieri, ci mise qualche secondo a capire che si stesse riferendo a lei. «Materia Grigia chi sarebbe, scusa?»

«Tu,» rispose ovvio. «Dalia mi ha detto che ti chiama così.»

La linguaccia beffarda della ragazzina lasciò intendere che avesse raccontato una bugia di proposito. A Marina fece sinceramente piacere essere chiamata in quel modo. La voce dello Stirpemista sembrava essersi addolcita nel pronunciare quelle parole e ciò la rendeva felice.

«Quindi ti stai sciogliendo, finalmente! Mi piace Materia Grigia... simpatico soprannome, Spettro. Usalo spesso, mi raccomando!» disse con un sorriso.

«Non hai ancora risposto.»

Marina sbuffò, infastidita dal classico atteggiamento che lo aveva contraddistinto da quella mattinata. Era tornato immediatamente alla normalità. «Semplice acqua naturale, grazie.»

«Allora torno subito.»

Il figlio di Cragar si allontanò. Marina lo seguì per qualche secondo con lo sguardo, prima di essere distratta da Dalia. «Hai il potenziale di legare le nostre famiglie, Marina. Mia cognata.»

La figlia di Ien sobbalzò immediatamente e finì per sbattere le ginocchia contro il tavolo. Ebbe la sensazione di andare immediatamente a fuoco, consapevole di essere probabilmente diventata rossa dall'imbarazzo. La sua migliore amica scoppiò a ridere e sbatté la mano sul tavolo, incapace di contenersi. Marina lanciò un'occhiata nella direzione di Shirei ma, fortunatamente, quest'ultimo sembrava troppo occupato a fare la fila. Il suo sguardo puntava verso il tavolo delle bevande e la Stirpemista non poté fare a meno di chiedersi cosa stesse osservando.

Dalia sorrise e Marina ne approfittò per metterle quante più crocchette di pollo possibili in bocca, così da non farle fare altri commenti.

«Signorina Dalia Arcesio, ha oltrepassato il limite!» continuò a farla ingozzare.

La Stirpemista cercò di parlare, ma le mani della sua amica glielo resero impossibile. «Ma... ce... av... Shi... vaf...»

«Che state facendo?»

La voce apparteneva a proprio al ragazzo, era tornato e reggeva fra le mani un calice, più due bottiglie d'acqua naturale in vetro, che posò davanti la figlia di Ien. Le due amiche si fermarono e Dalia poté mangiare le sue crocchette di pollo in santa pace.

«Ok ehm... grazie, anche se credo che una bastasse... ma grazie lo stesso, davvero!»

La situazione con Shirei continuava a risultare piuttosto imbarazzante da parte sua. Non sapeva esattamente come comportarsi nei suoi confronti. Lo Stirpemista si sedette di fronte a lei e sorseggiò il calice che aveva preso, il liquido era di colore blu notte. Marina non poté fare a meno di notare che non avesse evocato alcun cibo davanti a sé.

«Non ti crucciare, Marina! Possiede una fissa per quel liquore,» la tranquillizzò Dalia. «Come si chiama, fratello? Demon, giusto?»

La figlia di Ien tentennò. «Shirei, bere del liquore a pranzo non è molto consigliato...»

«Non è liquore. È un succo estratto dalla resina di alcuni alberi e trattato. Si chiama Morsucus

«Hai ragione! Ho commesso un errore,» Dalia alzò le posate e disse: «Suggerisco di mangiare, adesso.»

Marina voleva chiedere scusa a Shirei, ma lo sguardo del ragazzo era già posato sul vuoto. Di tanto in tanto, si soffermava su alcuni Stirpemista presenti, incuriosito dal loro aspetto.

Seduto nella mensa, accanto ai suoi fratelli, c'era un ragazzino con un taccuino fra le mani. Sussultò, distraendosi dai suoi scarabocchi, quando avvertì di essere osservato, e si guardò intorno per tentare di comprendere la fonte di provenienza di quella sensazione opprimente. Non gli rimase che scrollare le spalle dopo pochi secondi.

«Se solo avessi della lava del fiume infernale, potrei stabilizzare il metallo per la forgia», continuò a farfugliare il figlio di Corgi. «Devo chiedere a quel tipo strano che è passato prima. Il nero indica la Tredicesima Casa, se non sbaglio.»

Il rumore nella mensa ricominciò del tutto. Marina sospirò e si arrese al dolce cibo davanti a sé.

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