4. DISCUSSIONE ALLA GRANDE DIMORA

Marina percorse i corridoi della Grande Dimora.

Il nome originale non era quello, si trattava di un'abitudine passata da Stirpemista in Stirpemista, poiché chiamarla "casa zero" sarebbe stato decisamente brutto. Marina aveva passato molto tempo lì e trovava che il nome attribuito fosse più che adatto. Difatti, quella non era altro che una casa più grande delle altre presenti al parco. La giovane raggiunse, infine, l'ufficio del signor D'Agostini, situato al piano terra. Fece un respiro profondo e bussò con decisione.

Dalla stanza si levò la voce di Liceo, che disse: «Prego, entra pure.»

La figlia di Ien accettò l'invito e varcò la soglia lentamente. «Permesso...»

Trovò l'uomo seduto davanti alla scrivania. Dietro di lui erano presenti vari scaffali e un piccolo laboratorio con delle fiale riempite di un liquido giallognolo.

Liceo D'Agostini, sebbene inizialmente sembrasse un semplice e affascinante uomo, nascondeva un segreto profondo legato alla sua identità: essere uno Stirpemista, ma anche un Erchitu, una creatura maledetta. Marina non era la tipa da star dietro ai pettegolezzi, ma sapeva cosa dicessero di lui. Veniva definito un favorito degli dèi, un candidato a ereditare la maschera di sua madre: la dea della caccia, un ruolo di grande responsabilità da ricoprire al passaggio di una nuova generazione divina. Per tenere a bada la forma caratteristica di bovino e vivere pacificamente al Parco dei Gigli, si era sottoposto a un trattamento speciale ideato dal dio della medicina in persona. La pozione era un capolavoro dell'arte alchemica, in grado di trattenere la sua natura e garantire che mantenesse il controllo sulla sua forma umana. Una soluzione temporanea, ma efficace, che gli permetteva di convivere in armonia con gli altri Stirpemista e mantenere i propri poteri sovrannaturali, in attesa del verdetto finale.

«Mi hanno detto che mi stava cercando,» si sedette la bionda. «È forse successo qualcosa?»

«Nient'affatto,» rispose l'uomo, alzandosi rapidamente e chiudendo le anse dell'armadio, in modo da nasconderne il contenuto. «Volevo solo sapere cosa ne pensi di Shirei.»

Marina respirò a fondo. «Beh, è stato inaspettato. Non pensavo che un altro figlio di Cragar sarebbe potuto essere portato qui al parco.»

Una nuova voce provenne dalla loro destra. «Non potevamo rifiutare.»

La dea Aena spuntò dalla finestra che portava verso il balcone.

Marina sussultò.

«Divina Aena..!» immediatamente piegò il capo in segno di rispetto, il gesto sembrò compiacere la dea dell'amore.

Aena si mostrava ancora una volta come una figura stupefacente, di grazia e bellezza. La sua presenza emanava un'aura di calore e gentilezza, accogliendo la Stirpemista nei suoi pressi con un sorriso dolce e carezzevole. I suoi capelli ricadevano fluenti in morbide onde dorate, come raggi di sole che danzavano leggeri sulle spalle. I suoi occhi erano profondi come il cielo notturno, di un colore ambrato che richiamava il riflesso della luna piena, celati dalle nuvole come il suo volto era nascosto da una maschera bianca. Indossava come al solito un abito elegante, composto da stoffe leggere e trasparenti che sembravano fluttuare attorno al suo corpo.

«Perdoni la mia impertinenza, perché ha detto così?» la ragazza cercò di distrarsi dalla presenza magnetica della dea. «È stata fatta una richiesta per la sua permanenza qui?»

«Esattamente, dal dio dei morti in persona.»

Marina rimase silenziosa, vedendo la dea avvicinarsi alla scrivania e lanciare un'occhiata al signor D'Agostini, rettore del Parco dei Gigli. La dea sembrava muoversi al rallentatore e questo distrasse Marina. L'Oltremondo, la figlia di Ien si era documentata a fondo riguardo quel posto. Il regno di Cragar era un luogo inospitale e tetragono, permeato da una costante sensazione di angoscia. L'aria era stata descritta come densa e viziata, carica di oppressione, rendeva difficile anche solo respirare. La vista veniva offuscata da una nebbia soffocante, che nascondeva i contorni delle creature che vi dimoravano. La loro presenza di mostri e spettri era palpabile, il senso di pericolo era permanente, dando la sensazione di essere costantemente osservati da occhi invisibili e minacciosi. L'Oltremondo era un luogo dove la speranza faticava a trovare radici, su quello erano d'accordo tutti i testi che aveva letto.

«Cragar è venuto di persona,» aggiunse la dea, «Si è presentato nell'Altomondo, conscio di essere in svantaggio numerico e indebolito dal luogo.»

«Perché fare una cosa del genere, è...» si fermò prima di dire qualcosa di sbagliato.

«Stupido?» rispose Aena al suo posto. «Hai ragione a pensarlo.»

Liceo si aggiunse alla conversazione. «Per questo la sua richiesta non poteva essere rifiutata, nonostante il pericolo a cui saremmo esposti.»

«Cragar ci ha pregati di credere nel ragazzo, avere fede che potesse essere un nostro alleato se lo avessimo trattato nel giusto modo. Emion ha fornito il suo supporto, quindi ho accettato.»

Marina rifletté sulle parole appena ascoltate. Shirei aveva indovinato, i due che aveva di fronte erano perfettamente a conoscenza dell'identità dello Stirpemista. La curiosità la attanagliava, voleva sapere chi fosse e perché gli dèi sembravano trattarlo con riguardo. Perfino Cragar, che era stato esiliato dall'Altomondo in passato, si era spinto a pregare i suoi pari di ascoltarlo.

Marina spalancò per un momento gli occhi. Aveva cominciato a collegare i punti, merito del genio ereditato da sua madre. Cominciava a sospettare sempre più che la perdita di memoria di Shirei non fosse stata casuale. Forse erano stati gli dèi in persona a causarla, tuttavia non aveva ancora prove concrete sul fatto.

«Sei turbata?» chiese il signor D'Agostini.

Marina scosse la testa pensierosa. «Riflettevo solamente.»

«Sei figlia di tua madre,» replicò Aena in tono dolce. «Vi assomigliate molto più di quanto immagini.»

Sentire di sua madre bloccò Marina per un secondo. Non l'aveva mai incontrata, nemmeno una volta. Aveva solamente ricevuto un regalo da parte sua al suo compleanno: una coppia di polsini capaci di far spuntare delle daghe argentate, simili alle lame celate di Assassin's Creed. A volte si domandava come sarebbe andata una loro conversazione, o se ci tenesse veramente a lei.

«A ogni modo,» la Stirpemista venne riportata alla realtà, «volevamo solo sapere cosa pensi di Shirei,» proseguì Liceo per terminare l'incontro.

«Nasconde qualcosa. È chiaro che non ricorda del periodo all'Accademia dei Narcisi, però qualcosa la deve sapere. Dice di allenarsi ogni giorno, ma non qui.»

Liceo tentennò e strinse i denti. «Non scherzava quando diceva di recarsi nell'Oltremondo.»

«Si allena lì!?» Marina non riuscì a trattenere l'esclamazione per lo stupore. Solo i più grandi Stirpemista vi erano entrati e solo una manciata di loro era riuscita ad uscirne per raccontarlo. Il discorso era leggermente diverso per un figlio di Cragar, ma pensare che si allenasse lì... era senza parole.

«C'è altro?» chiese Liceo con insistenza.

«L'ho visto usare il viaggio spettrale, lo padroneggia perfettamente a differenza di Dalia. Poi... nient'altro in realtà.»

Il rettore era sul punto di fare altre domande, ma la dea dell'amore lo fermò con un gesto della mano e si avvicinò alla Stirpemista.

«Grazie per il tuo aiuto, Marina. Vorrei che continuassi a tener d'occhio i figli di Cragar e venissi a riferirci le novità appena possibile.»

La bionda abbassò lo sguardo con disagio avendo la magnifica dea davanti a sé. «Devo fare la spia?»

«Consideralo un servizio per la salvaguardia di questo posto e degli Stirpemista che vi abitano,» Aena accompagnò su il suo mento con l'indice. «Lo farai?»

La figlia di Ien rimase interdetta, ma finì per annuire.

«Bene,» esclamò la dea dell'amore con pacatezza. «Ti abbiamo anche trattenuto fin troppo, vai pure.»

Marina abbozzò un sorriso nervoso prima di inchinarsi nuovamente e dirigersi verso la porta. Lasciò rapidamente l'ufficio e si diresse verso la mensa nella speranza di trovare lì i due fratellastri. Non le piaceva il ruolo che le era stato affidato, ma le scelte non erano molte, in più la curiosità la stava uccidendo. Intanto, nell'ufficio, Aena si accomodò alla scrivania mentre Liceo beveva una delle fiaschette gialle.

«Sembra che lentamente stia arrivando la nuova epoca,» constatò con una smorfia. «Il primo verso della profezia si sta avverando.»

Il signor D'Agostini si voltò confuso verso la dea dell'amore, alla ricerca di spiegazioni.

Aena rimase piuttosto apatica. «Temo che ci attenda l'ennesima guerra.»

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