3. CORSA TRA STIRPEMISTA
Marina accarezzò dolcemente il suo cavallo.
«E poi è scomparso così, dal nulla. Di gente strana ne siamo pieni qui al parco, ma lui è certamente un'eccezione.»
Spazzolò altre due volte la criniera del docile cavallo prima di fermarsi e sorridere.
«Ecco fatto,» esclamò soddisfatta.
Tutto d'un tratto, l'aria si fece improvvisamente più pesante, segno che qualcuno fosse nelle vicinanze. La sensazione non era sconosciuta, anzi, le sembrava addirittura familiare. Gli istinti da Stirpemista entrarono in gioco facendo voltare Marina quasi con preoccupazione: lo Stirpemista di quella mattina era lì a osservarla.
«Ehi ciao... Shirei, giusto?» notò lo sguardo del suo interlocutore diretto all'animale. «Si chiama Nebula, è il mio cavallo, ti piace?»
Lo Stirpemista avanzò silenzioso fino ad avvicinarsi. Marina non mancò di notare come i suoi passi fossero privi di alcun rumore, segno di un'agilità e controllo fuori dal comune. La statura del ragazzo era motivo di distrazione; chiunque infatti avrebbe immaginato che prediligesse combattimenti lenti.
«Non è che non mi piaccia,» disse inclinando la testa di lato, «ma mi aspettavo qualcosa di più mitico, se capisci cosa intendo.»
«Del tipo?» chiese la ragazza mettendo del fieno davanti all'animale.
«Pegasi.»
Marina si abbandonò a una risata. Rendendosi conto che Shirei non stesse scherzando, si affrettò a smettere. «Scusa, davvero,» fece una breve pausa per assicurarsi di essere tornata normale. «I Pegasi sono estremamente rari, sei fortunato a vederne uno in tutta la tua vita.»
«Nella mitologia greca sono piuttosto comuni, discendenti del Pegaso originale.»
«Sì, ho studiato anch'io quel racconto. La testa di Medusa eccetera,» scosse lievemente la testa. «Ma comunque quelli sono solo miti.»
Il ragazzo mosse lo sguardo lateralmente e le lanciò un'occhiata. «Sarà, ma anche tutto questo potrebbe essere considerato un mito.»
«Cosa stai cercando di dire?» chiese sporgendosi leggermente in avanti.
La voce dello Stirpemista stranamente la stava mettendo a suo agio. Shirei non era che uno sconosciuto per lei, ma la pacatezza che lo accompagnava era confortante.
«Sto solo riflettendo su quello che vedo e sento. Miti o no, potrebbero essere realmente accaduti, non trovi?»
«Dici che potrebbero esistere altri pantheon come quello italiano? Guarda che a differenza loro, la nostra storia nel mondo mortale è segreta, nessuno sa niente di noi. Zero.»
«Appunto. Se sono veri, perché nascondere i nostri e diffondere gli altri, non ti sembra strano?»
«Beh...» la ragazza rimase per un momento senza parole, non si era mai soffermata su quel pensiero.
«Tranquilla, stavo solo divagando. Possiamo anche chiudere qui l'argomento.»
«Come preferisci...»
Lo Stirpemista si limitò a scrutare Nebula e Marina sorrise pensierosa. Il passare inesorabile di silenziosi minuti la cominciava a mettere leggermente a disagio.
Shirei sembrò leggerle nella mente e sospirò. «Se hai qualche domanda su di me sei libera di farla,» disse prima di avvicinare una delle mani a Nebula e accarezzarla gentilmente.
«Sei un figlio di Cragar?» chiese tesa.
Shirei annuì, confermando i suoi dubbi.
«Quindi prima, quando sono tornata, eri sparito perché eri nell'Inframondo?»
«Sì, ho usato un Viaggio Spettrale. Perché sei tornata a cercarmi?»
«Il signor D'Agostini mi ha chiesto di farti fare un giro.»
Nebula nitrì al tocco di Shirei, sembrava averlo preso in simpatia. «Non è necessario, nemmeno tenermi d'occhio.»
Quella sembrava essere un'allusione velata per lei, Marina sorrise colpevole.
Il ragazzo continuò. «Perché lo ha chiesto a te... dovrei conoscerti?»
Ma la mente di Marina era già troppo occupata a categorizzare le notizie che aveva ottenuto. Un altro figlio di Cragar al Parco dei Gigli, un altro Erede Proibito, era stupita che Aena avesse acconsentito.
«Stai bene?» chiese lo Stirpemista, il suo sguardo violaceo invadeva la sua vista facendola tentennare.
«Sì, ero solo persa nei miei pensieri,» farfugliò dopo essere rinsavita. «Credo che l'abbia fatto perché qui non tutti vedono i figli di Cragar di buon occhio. Perché pensi di dovermi conoscere?»
«Non trascorro molto tempo qui e per tutta la mia permanenza rimango nella mia stanza. Sei la terza persona con cui parlo da quando sono al parco e, se ti hanno chiesto di tenermi d'occhio, forse pensano di poter... onestamente non lo so,» Shirei si coprì il volto con una mano e si massaggiò gli occhi. «È chiaro che conoscano la mia identità, ma non vogliono comunque svelarmi nulla. Questa cosa della perdita di memoria mi sta uccidendo.»
Marina fece un'espressione corrucciata. Dalle parole di Liceo aveva potuto evincere che Shirei fosse arrivato al parco da poco. Ancora non riusciva a inquadrarlo. Le dispiaceva per i suoi ricordi, ma non capiva la sua natura così diffidente.
Per mascherare i dubbi sempre più numerosi, decise di lanciare la discussione sull'ironia e provare a tirargli su il morale. «A prescindere, mi sento onorata a essere la terza persona con cui hai parlato qui,» sbottò in una risata fragorosa.
«Non sto scherzando.»
«Ah, capisco,» replicò, delusa dal fallimento del suo piano, «So che non sono fatti miei, ma cosa fai di solito?»
Shirei diede un'ultima carezza al cavallo e si allontanò. «Mi alleno, ogni giorno.»
«Strano, non ti ho mai visto all'arena d'addestramento.»
Nebula tornò ad allontanarsi, dunque non rimase loro che uscire dalla stalla. Mentre si incamminavano verso l'uscita, Marina non poté fare a meno di notare la loro differente altezza. Shirei incrociò per un momento il suo sguardo, prima di continuare la conversazione.
«Non mi alleno qui, sono abituato altrove.»
«Fammi indovinare, se ti chiedo dove non mi risponderai.»
Lo Stirpemista annuì. «Hai ragione.»
«Vedi che anche tu sei un tipo da mille segreti!» rispose, facendosi una risata. «Quindi... ti va se ci alleniamo insieme?»
«Adesso?»
«Così possiamo prendere poi una pausa per ora di pranzo,» non essendo sicura di convincerlo aggiunse: «Ok senti, la scorsa settimana un figlio di Sidal mi ha battuta e non deve succedere mai più. Mai!»
Era stupita a sua volta dallo strano tono orgoglioso, ma era disposta a tutto per non farlo sparire di nuovo.
«Sidal, intendi il dio della guerra?»
«Esatto, dieci punti ai figli di Cragar! A quanto pare non scorre esattamente buon sangue fra le nostre case, sai, la guerra non è una scelta saggia... vabbè, merito dei nostri genitori,» aveva perso il filo del discorso. «Allora? Non hai mica paura di perdere contro di me?» chiese, tentando di provocarlo.
«Mi sono già allenato, ma grazie per l'invito.»
«È mattina, Shirei. Trova almeno una scusa decente se proprio non ti sto simpatica.»
Ma il volto serio del ragazzo le fece intendere che non stesse scherzando. Marina era confusa, significava dire che si allenava durante la notte. I figli di Cragar erano sempre strani, non doveva dimenticarlo, eppure continuava a commettere quell'errore.
Non aveva intenzione di arrendersi. «Che ne dici di una corsa? Facciamo fino...» alzò gli occhi verso l'alto pensando a una meta adatta, «alla Tredicesima Casa!»
Lo Stirpemista sospirò. «Va bene, ma non sono solito trattenermi.»
Marina andava piuttosto fiera della propria velocità, una volta aveva perfino vinto la staffetta che si teneva al parco durante i giorni di festa, tuttavia la sicurezza di Shirei la destabilizzava.
Senza attendere oltre, decise di coglierlo di sorpresa per ottenere un vantaggio.
«3-2-1-Via!» gridò il conto alla rovescia di colpo e partì nello stesso istante.
Marina cominciò a correre il più veloce possibile. Passarono circa una ventina di secondi in un lampo. Il ragazzo non l'aveva ancora sorpassata, quindi significava che il suo intento era riuscito, doveva solo mantenere la posizione. Il piano era ben organizzato e il suo percorso sicuramente il più breve possibile, dopotutto conosceva quel posto meglio di chiunque altro. Avrebbe vinto, non c'erano dubbi, perlomeno fino ad allora. L'aura di Shirei si manifestò di colpo dietro di lei, confondendola, e per poco non inciampò. Il sangue le si gelò quando il figlio di Cragar scattò al suo fianco e, come un fulmine, la distanziò di colpo. Marina spalancò gli occhi azzurri e tentò di accelerare ma aveva già raggiunto la sua velocità massima. Il paesaggio del parco le passava davanti agli occhi rapidamente, era certa di star dando tutto quello che aveva.
La figura di Shirei si rimpicciolì gradualmente fino a sparire dalla sua vista del tutto. Marina continuò a correre fino allo stremo, ma dello Stirpemista era sparita ogni traccia. Eventualmente, raggiunse la casa tredici: un piccolo edificio in legna nera.
Shirei era lì ad attenderla, seduto sui gradini principali.
«È stato facile,» commentò non appena la vide.
Marina si piegò per riprendere fiato. «Scusami?»
«Sei piuttosto veloce.»
Alzò lo sguardo piccata, ma il ragazzo sembrava del tutto sincero. Senza pensarci due volte, si accasciò accanto a lui, sui gradini neri della casa tredici.
«Di certo non scherzavi quando hai detto che ti alleni spesso.»
Shirei sembrava concentrato su qualcosa di specifico all'orizzonte. «Non sono il tipo da fare battute su questi argomenti,» fece un cenno in lontananza. «Penso che qualcuno ti stia cercando.»
La Stirpemista seguì il suo sguardo fino a notare una piccola sagoma piuttosto lontana. Guardò Shirei stupita e strinse gli occhi cercando di capire come facesse a vedere fino a lì, dopotutto lei aveva indosso le lenti a contatto dunque era certa di non aver problemi di vista in quel momento. Lentamente, distinse i capelli biondi del ragazzo distante e si alzò in piedi.
«Guarda chi poteva mai essere? Lore!» salutò con la mano destra.
«Lo conosci?»
«Sì, è il mio fratellastro, siamo entrambi figli di Ien.»
Il figlio di Cragar rimase in silenzio, questo disturbò Marina leggermente. Per lei, che era una maniaca del sapere e del controllo, non essere al corrente dei pensieri altrui era straziante. Mentre Lorenzo li raggiungeva, la bionda ne approfittò per sedersi nuovamente e guardare Shirei con la coda dell'occhio. I suoi occhi violacei la attiravano, non aveva mai visto una tonalità del genere, nemmeno le creature mitologiche possedevano quel colore. Il ragazzo era silenzioso e i suoi passi non facevano rumore, quasi come se non volesse essere notato. La sua aura e la sua stazza lo rendevano decisamente una presenza impressionante, tuttavia sembrava essere capace di cancellarsi e sparire, sia in senso letterale attraverso i viaggi spettrali, che in modo figurato. Quel ragazzo era un ossimoro vivente.
«Sai...» disse Marina casualmente, «Se il signor D'Agostini non ti avesse presentato, probabilmente avrei pensato che tu fossi uno spettro.»
Shirei sospirò. «Lo immaginavo.»
La ragazza si rese subito conto di aver detto una cosa sbagliata e tentò di scusarsi. «Non intendevo... davvero Shirei, ti conosco da poche ore. Non mi permetterei mai di insinuare nulla. Non avevo cattive intenzioni. Scusa!»
Alzò le mani in gesto di preghiera ma il ragazzo distolse semplicemente lo sguardo, coprendosi la bocca con una mano.
«Ah questo ti diverte!?» sbottò la figlia di Ien, «Allora adesso ti chiamo proprio Spettro!»
«Pure i soprannomi? Va bene. Spettro, fantasma, quello che ti pare.»
«Bene!» ribatté con spavalderia.
Shirei non sembrò prendersela e quella consapevolezza tranquillizzò Marina. Finalmente Lorenzo era arrivato, tuttavia l'espressione che aveva in viso confuse la bionda. Il figlio di Ien rallentò il proprio passo quasi come se stesse tentennando e le rivolse un'occhiata piuttosto evidente. La Stirpemista alzò le sopracciglia incuriosita prima di realizzare a cosa si stesse riferendo e arrossire. Senza renderlo troppo palese, approfittò dell'arrivo del suo fratellastro per mettere tra lei e Shirei qualche altro centimetro di distanza.
Una volta calmatasi, rivolse a Lorenzo un sorriso. «Lore, che ci fai qui?»
«Io...» lo Stirpemista non poté evitare lo sguardo di Shirei, si affrettò velocemente a salutarlo. «Ciao. Sono Lorenzo, il fratellastro di Marina, ma puoi chiamarmi anche Lore.»
«Shirei,» replicò il figlio di Cragar in modo inespressivo, «Se avete bisogno di parlare, tolgo il disturbo.»
«No!» risposero I due figli di Ien all'unisono.
Marina si voltò a guardare Lorenzo confusa, dunque il biondo ne approfittò per spiegarsi meglio. «Non c'è bisogno, volevo solo avvisare Marina che Liceo lo aspetta alla Grande Dimora.»
«Come mai sei venuto a cercarla proprio qui?» chiese Shirei.
«Beh...» il figlio di Ien allungò una mano verso la sua sorellastra, ma quest'ultima lo interruppe.
«La mia migliore amica è una figlia di Cragar, passo spesso qui.»
Lo Stirpemista si voltò a guardare la porta chiusa della casa. «Intendi Dalia?»
«Già, signor Spettro. Mi pareva strano che non conoscessi la tua unica coinquilina.»
Lorenzo rimase a fissare la scena, sentendosi leggermente di troppo cominciò a indietreggiare. «Bene! È stato un piacere, io volevo solo dare il messaggio. Ci vediamo!»
I due figli di Ien si scambiarono uno sguardo e Lorenzo fece un occhiolino veloce prima di scappare via.
«Ha problemi agli occhi?» domandò Shirei con curiosità.
«No, i problemi li ha in testa,» replicò Marina, prima di alzarsi. «Ok, Spettro, è stato divertente ma è meglio che vada. Se il signor D'Agostini mi deve dire una cosa importante... be', è importante. Ho un po' di ansia ora che ci penso...»
«Capisco,» rispose con tranquillità lo Stirpemista.
Marina si girò per salutarlo, ma Shirei era già in piedi a sua volta. Prima che potesse rendersene conto, le aveva afferrato l'avambraccio per fermarla.
«Aspetta, cosa?» Marina rabbrividì al contatto, poteva avvertire le sue mani gelide nonostante il tessuto della maglietta.
«Hai detto che devi andare alla Grande Dimora. Ti ci porto.»
«Che intendi... no, Shirei, ti prego, No!»
Marina realizzò cosa avesse in mente troppo tardi. L'oscurità avvolse i due e di colpo il mondo si distorse, assumendo la stessa fluidità di un liquido. Le orecchie di Marina cominciarono a fischiare, udiva voci e lamenti provenire da ogni dove. Shirei la tratteneva ancora, ma la Stirpemista non riusciva a distinguere altro, sembrava tutto anomalo, come se la realtà stessa fosse alterata. Tonalità di verde chiaro si mischiavano al bianco e al nero creando un'atmosfera surreale. Marina non riusciva a smettere di boccheggiare, nonostante stesse disperatamente cercando di inspirare per far arrivare l'ossigeno ai suoi polmoni. Una volta Dalia aveva provato a portarla con sé in un viaggio spettrale ma avevano fallito miseramente. Secondo i suoi libri, era una tecnica che richiedeva molta abilità, dunque era necessario padroneggiarla al meglio per riuscire a fare una cosa del genere. Shirei non mentiva minimamente sulla sua dedizione agli allenamenti, Marina ormai ne era certa. Chiuse gli occhi vedendo l'ambiente muoversi velocemente, desiderando che finisse in fretta. L'Inframondo non era un posto adatto per i vivi, l'aveva sempre saputo, ma in quel momento ne stava avendo una prova lampante.
«Siamo arrivati,» commentò il figlio di Cragar dopo alcuni secondi.
Marina riaprì gli occhi e si piegò in due, mentre un leggero senso di nausea la costringeva a rimanere immobile. Tentò di far finta di niente, dopotutto il ragazzo aveva solo cercato di aiutarla. «Grazie..!»
Le parole uscirono dalla sua bocca quasi come se fossero state sputate a forza.
«Tutto bene?» chiese lo Stirpemista con tono preoccupato.
«S-sì, sto bene, devo solo... riprendermi. Non avevo mai provato veramente un viaggio spettrale.»
«Ti chiedo scusa.»
Marina abbozzò un sorriso e mosse la mano per fargli capire di non preoccuparsi.
«Vuoi che ti aspetti qui?» aggiunse il ragazzo tenebroso.
«Tranquillo, Shirei, vai pure. Ci vediamo in giro.»
Lo Stirpemista annuì senza dire una parola e, prima che la ragazza potesse salutarlo, scomparve nuovamente fra le ombre.
«Classico di un figlio di Cragar, cara Marina, un classico,» ripeté a sé stessa, prima fare un respiro profondo e cercare di incamminarsi verso la sua meta.
La Grande Dimora si ergeva con un'imponente presenza nel cuore del parco, dominando la vista e catturando lo sguardo di chiunque posasse gli occhi su di essa. La struttura, un'elegante fusione di architettura antica e moderna praticità, presentava una facciata maestosa che si innalzava verso l'alto. La pietra grigia grezza e il legno scuro erano accostate nel costituire la base dell'edificio, creavano un contrasto accattivante con un aspetto solido e duraturo. Le colonne corinzie, massicce e imponenti, si disponevano regolarmente lungo la facciata, sostenendo un portico d'ingresso che si estendeva con grazia. Il portico era un'opera d'arte architettonica in sé, con dettagli scolpiti a mano che raccontavano storie di ballate e feste passate. Il tetto a tegole a spiovente conferiva un senso di nobiltà e tradizione, mentre le finestre dall'aspetto classico erano distribuite in modo regolare, aggiungendo un tocco di modernità.
Era il cervello pulsante della vita al Parco dei Gigli, un simbolo di speranza, ma anche di autorità, pronto ad accogliere e guidare i giovani Stirpemista nella lotta contro il loro destino.
Marina era preoccupata per il misterioso incontro con il signor D'Agostini, solitamente era lui che cercava gli Stirpemista quando aveva bisogno di parlare. Il fatto che avesse chiesto a Lorenzo di andarla a chiamare escludeva una discussione di routine per organizzare le attività del parco.
Essere chiamati alla Grande Dimora non presagiva mai buone notizie.
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