23. IL MERCATO DI VYLINOR

Shirei si materializzò di nuovo nella Tredicesima Casa. Dalia non era nei paraggi, dunque doveva essersi svegliata mentre lui era a lezione con Marina. Fatta eccezione per una ferita sulla schiena, che si era riaperta mentre camminava, e un taglio sull'avambraccio, Shirei era già guarito quasi del tutto. Era uno dei meriti del sangue divino che aveva ereditato dal dio dell'Oltremondo.

Il figlio di Cragar si andò a pulire le ferite, poi controllò il proprio letto, per accertarsi che non ci fossero nuove lettere inaspettate. Voleva andare via di lì, ma era consapevole che avrebbe dovuto limitare parzialmente i propri viaggi nell'Abisso per un po'. L'ultima volta che era andato nella landa scarlatta aveva rischiato la vita, dubitava che sarebbe riuscito a sopravvivere se Cragar non fosse giunto in suo soccorso. Si accomodò sul suo letto e si concesse un leggero riposo rigenerante di un quarto d'ora.

Alcuni rumori costrinsero Shirei ad alzarsi. Notò con una smorfia di essere ancora stanco, ma in uno stato più vivo che morto, a differenza degli spiriti fluttuanti attorno a lui. Si rese conto degli strani sussurri che gli rivolgevano, ma preferì ignorarli.

Il figlio di Cragar si tolse la felpa e notò le condizioni penose in cui si trovava. Era completamente stropicciata e sul braccio destro presentava alcuni fori a forma di graffio. Ricordava di aver scelto quell'indumento pensando che fosse la felpa in condizioni migliori nel suo guardaroba. Si avvicinò all'armadio e lo aprì in modo lento, consapevole della brutta verità che lo attendeva.

All'interno, gli abiti giacevano in brandelli, strappati e consumati dai suoi allenamenti. Strisce di stoffa appena appiccicate fra loro testimoniavano le volte in cui aveva combattuto i mostri nell'Oltremondo. Lo Stirpemista, guardò con tristezza l'armadio, riflettendo sullo stato pessimo in cui aveva il coraggio di ridursi ogni volta.

Si domandò se non fosse meglio comprare qualcosa di nuovo.

Shirei guardò verso la finestra della propria casa, chiedendosi quale fosse la giusta scelta da compiere. Infine, chiuse l'anta dell'armadio e si preparò a viaggiare in direzione della Grande Dimora.

Il figlio di Cragar scomparve nelle tenebre dell'Inframondo, solo allora Dalia entrò nella casa, sbadigliando. Era ancora vestita con gli abiti eleganti del giorno prima. La ragazzina si guardò allo specchio, ripensando ai commenti che i fantasmi le avevano appena riferito. Nel bel mezzo di tutti gli Stirpemista del parco, lei, sembrava, come al solito, la macchia fuori luogo in una tela perfetta. Cominciava a pensare che il problema non fosse lo strano atteggiamento del suo fratellastro oppure il disdegno di Aena nei suoi confronti.

«Forse il problema sono davvero io...» mormorò con sguardo torvo, prima di dirigersi verso il giardino di Kore.


── ⋆⋅❂⋅⋆ ──


Shirei ricomparve davanti alla Grande Dimora, i suoi passi risuonavano nel cortile deserto mentre si avvicinava alla porta principale. Avvertiva presenze ostili, come decine di occhi che lo scrutavano da ogni direzione. Con uno sguardo lesto, si assicurò di non essere seguito, dopodiché si avvicinò all'entrata.

C'era un gran baccano sulla soglia. Un gruppo piuttosto numeroso di nuovi arrivati scalpitava e si lamentava, mentre alcune ninfe tentavano d'imbrigliare il discontento generale e placare gli animi acerbi dei ragazzi.

Ignorò gli Stirpemista che, al suo passaggio, si ammutolirono uno dopo l'altro. Le ninfe gli rivolsero dei cenni di ringraziamento con la testa, ma il figlio di Cragar non era nemmeno consapevole di aver fatto qualcosa.

Attraversò i corridoi fino all'ufficio del rettore. Una volta arrivato, bussò con leggerezza, giusto per accertarsi che Liceo D'Agostini non fosse occupato.

Dopo un momento di attesa, la porta si aprì lentamente, svelando una luce mite all'interno della stanza. Shirei entrò con cautela, ancora accorto alla misteriosa sensazione di essere osservato da una o più entità misteriose. L'odore di antico legno e polvere gli avvolse i sensi mentre avanzava nell'ufficio di Liceo. Quella sensazione anomala lo distrasse, poiché era convinto di sentire il dolce e potente profumo che si diffondeva nell'aria respirata dalla divina Aena.

Si fermò per un istante, osservando la stanza. Con un respiro profondo, confermò il suo sospetto iniziale.

"Aena non è presente."

Dentro l'ufficio, Liceo D'Agostini si trovava solo, immerso nel crepitante lume di una candela. La fiammella danzante gettava strani riflessi sulla scrivania, mentre l'uomo chiudeva la porta dell'ufficio proprio dietro lo Stirpemista.

Shirei notò immediatamente la fiala giallognola, posata sulla mensola, in prossimità della finestra. Il rettore del parco si spostò con rapidità, ma Shirei vide i suoi movimenti incerti, quasi distratti, come se la sua mente fosse altrove. Il suono del vetro che si infrangeva al suolo lo fece rabbrividire, la fiala sfuggì dalle sue dita e rotolò sul pavimento, frantumandosi. Liceo si bloccò, gli occhi spalancati per la sorpresa.

Era stato colto alla sprovvista e ormai aveva combinato il guaio.

«Non era il momento giusto...» constatò Shirei, nel tentativo di scusarsi. Si voltò con l'intenzione di lasciare l'ufficio e dare al rettore del tempo privato ma, prima che potesse fare un passo, l'uomo riuscì a raccogliere le sue parole.

«No,» confermò l'adulto, «non dovevi essere qui, ma sono contento che tu sia venuto a dirmi qualcosa, qualunque essa sia.»

Lo invitò a sedersi con un gesto della mano.

Shirei si lasciò andare a una riflessione silenziosa sul perché Aena, la dea dell'amore, non fosse presente in quel momento. Si domandò se la strana sensazione che lo accompagnava fosse dovuta a lei, ma presto comprese che le divinità agivano secondo i loro misteriosi voleri, al di là della sua parziale comprensione dei fatti. Era certo che l'assenza della divinità non fosse casuale, ma dovuta alle notizie sopraggiunte con il suo ritorno dall'Abisso. Decise quindi di non indagare ulteriormente, avrebbe scavato a fondo nella questione in un altro momento.

Lo Stirpemista, si scusò per l'inaspettato disturbo, poi raggiunse la poltrona e si mise comodo.

«Allora,» cominciò il rettore, mentre afferrava i pezzi di vetro della fiala in frantumi, «cosa posso fare per te?»

«Mi serve un permesso per andare a comprare dei vestiti.»

Liceo, seduto dietro la scrivania di legno massiccio, osservò Shirei con una calma apparente, ma il suo sguardo scrutatore tradiva una profonda preoccupazione.

«Posso procurarteli senza problemi, il Parco dei Gigli offre la possibilità di ordinare nuovi cambi ogni tre mesi grazie a una convenzione.»

Il signor D'Agostini tornò alla scrivania con i pezzi di vetro ancora fra le mani e li fece sparire sotto di essa, probabilmente in un cestino, secondo le supposizioni di Shirei. Dopo aver compiuto quel gesto, cercò in alcuni cassetti e tirò fuori un modulo dalla carta celeste.

«Compila questo foglio e poi riportamelo. I vestiti saranno consegnati direttamente alla tua casa entro due o tre giorni con Ammirazon

Shirei scosse leggermente la testa, era una parola nuova per lui.

«Ammirazon è una società creata da Ammir, il dio dei viaggi. Si occupano di rifornire ogni parte dell'Altrimondo di qualunque risorsa estranea.»

Dopo un momento di silenzio, il figlio di Cragar annuì.

«Quindi,» proseguì Liceo, «ti basta compilare questo è avrai un nuovo pacco di indumenti personalizzati con il logo del parco.»

Shirei lo interruppe in modo educato, sentendo l'urgenza di spiegare la sua richiesta.

«Mi servono vestiti particolari,» disse, la sua voce si era abbassata. Ancora sentiva la sensazione scomoda di essere osservato. «Devo sceglierli di persona, per essere certo che vadano bene.»

Lo Stirpemista si limitò a mantenere gli occhi fissi su Liceo, sperando che capisse ciò che stava chiedendo e non lo ostacolasse.

L'uomo, dopo un momento di riflessione, accettò la richiesta del figlio di Cragar.

«Va bene, puoi andare. Se devi fare spese importanti, c'è Vylinor. È una città, non molto lontano da qui, dedita a scambi e mercato,» tuttavia, prima che Shirei si girasse, Liceo gli rivolse uno sguardo penetrante. «Però... ti prego di stare attento.»

Shirei annuì, in segno di rispetto, e lo ringraziò per la comprensione. Non era tipo da preoccuparsi e faticava a comprendere come una semplice visita all'esterno del parco potesse essere un pericolo per lui. Osservando, tuttavia, le iridi segnate del signor D'Agostini, trovò più saggio limitarsi a ringraziare per il consiglio piuttosto che ribattere.

«Se mi dai il tempo di finire qui, ti mostro la via, puoi usare il portale» disse Liceo, mentre si apprestava a riordinare le scartoffie sulla scrivania e pulire il pavimento sul quale la pozione era stata versata.

«Portale?»

«Sì,» annuì l'uomo, «è il punto d'accesso e d'uscita fra il mondo mortale a questa sezione dell'Altrimondo, senza non potresti andare dall'altro lato.»

Shirei non rispose e continuò a guardarlo con confusione.

Liceo lo tranquillizzò con la mano. «Davvero, due secondi e ti accompagno.»

"Perché dovrei andare prima nel mondo mortale e poi tornare nell'Altrimondo? Ha appena detto che la città si trova vicino questo posto."

Non riusciva a comprendere.

«Non voglio disturbare, troverò la strada per conto mio.»

Con un gesto impercettibile, si lasciò avvolgere dalle ombre circostanti, permettendo loro di avvilupparlo e trasportarlo attraverso un viaggio spettrale nell'Inframondo. Liceo osservò con occhi esterrefatti mentre lo Stirpemista si dissolveva nel nulla, pregando silenziosamente per la sua sicurezza.

Con un sospiro pesante, scosse la testa e si preparò a tornare alle sue responsabilità.

«Questi Stirpemista... mi ci vuole una bella vacanza tra poco.»


── ⋆⋅❂⋅⋆ ──


Dopo circa un'ora e mezza da quando aveva lasciato l'ufficio di Liceo, Shirei entrò finalmente nella città estranea. Le sue scarpe schioccavano sul selciato mentre si fermava per osservare il nuovo scenario. Si stagliava, davanti ai suoi occhi, una tessitura intricata di vicoli tortuosi, edifici dai tetti di terracotta e chiese secolari che aspiravano al cielo con le loro guglie affusolate. Il suono di una sinfonia urbana lo avvolgeva: il tintinnio dei campanelli dei negozi, il brusio dei clienti e il richiamo dei venditori ambulanti che offrivano le loro merci con voce vivace. Shirei percepiva lo sguardo dei passanti posarsi su di lui mentre si muoveva attraverso le vie affollate, come fosse uno straniero in una terra sconosciuta. Si domandò se la sua aura venisse inconsciamente avvertita come aliena.

Il tragitto era stato piuttosto semplice, senza creature o mostri a sbarrargli la strada, che percorreva una zona di natura ripiena di purezza. L'unica pecca era stata il tempo impiegato, ma se ne doveva fare una ragione.

"Purtroppo, non posso usare il viaggio spettrale verso luoghi che non ho mai visitato con precisione. Avrei dovuto farlo di continuo verso il punto più lontano distinto dalla mia vista, ma sarei arrivato qui senza energie."

Decise di mettere un punto alla questione e dirigersi alla ricerca della bottega, avrebbe sfruttato il viaggio spettrale come scorciatoia al ritorno. D'improvviso, una carrozza gli tagliò la strada. Shirei fissò con lo sguardo tranquillo la vettura, nonostante l'avesse mancato di poco, mentre il nano anziano alla guida fermò momentaneamente i propri cavalli e cominciò a urlargli contro.

Lo Stirpemista strinse gli occhi, ma il cocchiere corse via, in un batter d'occhio, oltrepassando qualunque limite di velocità vigesse all'interno di Vylinor.

Shirei estrasse dalla tasca un piccolo biglietto, un pezzo di carta opaca che Cragar, il suo divino padre, gli aveva consegnato con premura prima della sua partenza. Il suo sguardo si posò sul nome scritto sul biglietto, una calligrafia elegante che indicava l'insegna di un negozio nascosto tra le vie del luogo. Senza indugiare oltre, il ragazzo si incamminò con passo deciso, seguendo le indicazioni mentre si addentrava sempre più fra le strade della città. Le case dai colori pastello si susseguivano, ornate da balconi fioriti e tende svolazzanti al vento. Il profumo di cibo delizioso si diffondeva nell'aria, mescolandosi con il remoto odore salmastro proveniente dal mercato di mare e il dolce aroma delle pasticcerie che punteggiavano la città.

Procedeva ormai da dieci minuti, quando Shirei notò di essere seguito da un gruppo ristretto di ragazzini curiosi, i loro sguardi scrutatori lo osservavano in modo sospetto. Lo Stirpemista notò immediatamente la tonalità pallidissima della loro pelle, la quale spiccava fra la moltitudine di cittadini. Stavano ben accorti a rimanere nell'ombra e la maggior parte di loro indossava vestiti pesanti, uniti a occhiali da sole. Il figlio di Cragar lo trovò un connubio piuttosto anomalo, tuttavia, la loro presenza sfumò in secondo piano quando il suo sguardo si posò sulla vetrina del negozio che stava cercando.

L'insegna pendeva sopra l'ingresso del negozio, brillante e invitante sotto la luce del sole che filtrava tra le strette vie della città. Le lettere dorate scintillavano con un fascino antico, mentre l'immagine di una fenice in volo adornava il bordo superiore dell'insegna. Il negozio stesso emanava un'atmosfera misteriosa e affascinante, che si scostava dall'aria vivace della città. Vetrine ornate esibivano gioielli scintillanti e ogni tipo di accessorio, lasciando intravedere i capi d'abbigliamento all'interno.

La porta di legno massiccio si aprì con un lieve scricchiolio quando Shirei varcò la soglia del negozio, il suono rivelatore di un campanello che annunciava la sua presenza. Al suo interno, una luce scintillante illuminava file di abiti. Si apprestò a esplorare il negozio senza fare rumore, i suoi occhi violacei si posarono verso alcune maglie scure appese al muro.

Sentiva lo sguardo di tutti i presenti su di lui. Provò a ignorare le occhiate curiose, ma il suo sguardo fu catturato dai folletti che lavoravano nel negozio, visti in precedenza mentre sfogliava casualmente il manuale in dotazione al Parco dei Gigli.

Erano conosciuti come Tummà, creature piccole e agili, con occhi verdi scintillanti e vestiti colorati. Avevano una pelle fucsia dalle tonalità spente, i piedi erano scalzi e lasciavano intravedere delle unghie abbastanza lunghe. Shirei mosse lo sguardo verso i loro volti, coronati da due grandi orecchie a punta. L'elemento distintivo era, ciononostante, una proboscide raggrinzita che sbucava proprio al centro della faccia e si estendeva fino alle loro ginocchia.

I Tummà muovevano con una rapidità sconcertante, occupati nelle loro attività quotidiane. Tuttavia, non appena Shirei si avvicinò, notò come lo stessero osservando con sospetto, tenendosi a distanza. I Tummà sembravano restii a interagire con lui, con molta probabilità per colpa dell'aura sinistra e inusuale che accompagnava la sua presenza.

Mentre il figlio di Cragar si avvicinava al banco del negozio, un tumulto improvviso interruppe la tranquillità dell'ambiente. Il gruppo di ragazzi che lo avevano seguito per le strade della città, entrò all'interno. I giovani si gettarono violentemente contro gli scaffali del negozio, afferrando vestiti e oggetti preziosi con avidità.

I Tummà, sorpresi e indignati dall'audacia dei ladri, si precipitarono dietro di loro, gridando e agitando le loro piccole proboscidi nel tentativo di bloccarli.

«Fermateli!» gridò un folletto anziano.

Dopo aver sghignazzato, i ragazzi scapparono come fulmini.

Shirei reagì istintivamente e si lanciò in un inseguimento frenetico.

I ladri non erano semplici mortali, il figlio di Cragar se ne rese conto dalla loro velocità. Ben presto, si divisero per le strade con l'idea di riunirsi dopo essere stati certi di aver seminato chiunque potesse nuocere loro.

Per loro sfortuna, l'avversario non era uno Stirpemista qualunque.

Shirei sparì nell'Inframondo e riapparve esattamente nel momento in cui il più grande, un ragazzo sulla quindicina dai capelli biondi, stava svoltando in un vicolo cieco.

«Non scappare.»

Lo Stirpemista avanzò verso il ragazzo, finché quest'ultimo non fu con le spalle contro i freddi mattoni di un edificio. Vide i suoi occhi cercare una via d'uscita, ma ormai era in trappola.

«Ohibò, uno Stirpemista!» la voce del biondo non sembrava essere tesa.

"Strano" pensò.

Shirei allungò una mano verso di lui. «Ho da fare, restituiscimi quello che hai rubato e avverti i tuoi amici di fare lo stesso,» fece un passo indietro, in modo da lasciargli un certo grado di libertà. «In cambio, vi lascio andare. Se ho capito bene, i furti non sono concessi a Vylinor, quindi vi conviene non essere presi, altrimenti finirete al cospetto di Lodal.»

Il giovane cominciò a piangere con la testa bassa, perlomeno Shirei lo scambiò erroneamente per un pianto. Quando alzò lo sguardo, un ghigno si dipinse sul volto del biondo, mentre degli occhi accesi color rosso sangue brillavano alla luce del sole.

«Davvero?» chiese con una risata.

Dai tetti dei palazzi adiacenti discesero gli altri membri del suo gruppo. «Temi il potere dei vampiri centenari!»

Il Tummà anziano raggiunse Shirei, ma il figlio di Cragar non sembrava minimamente spaventato. Guardava, dopotutto, quelli che sembravano essere non più che degli adolescenti.

«Centenari?»

«Sì. Siamo morti giovani, ma subirai comunque la nostra sete!» gridò di nuovo quello che Shirei designò come leader.

Uno dei ragazzini al suo fianco cercò di trattenerlo. «Capo, è mattina.»

«Noi siamo deboli di mattina,» lo sostenne l'altro.

«Silenzio!» sbraitò il leader. «È un singolo Stirpemista indifeso! Non riuscirà a proteggersi da noi, i famosi vampiri della stirpe di Trani!»

«Ah! Non... vi... conviene... giovanotti...»

Shirei ignorò le creature e si girò verso il folletto misterioso che aveva appena parlato.

Il suono era provenuto dalla sua proboscide, che aspirava aria ogni volta che doveva pronunciare parola.

«Questo... sì... lui... è... una... persona... di... cui... dovreste... essere... spaventati...»

«E noi siamo i vampiri! Scommetto che il suo sangue è anche molto gustoso.»

Shirei lanciò un'occhiata torva ai ragazzini ed evocò le sue arpie spettrali. Le creature apparirono attraverso le fessure dei mattoni che costituivano le pareti dei palazzi. Gracchiarono verso i vampiri spaventati, che non si aspettavano minimamente una situazione del genere.

Il figlio di Cragar si voltò verso il negoziante. «Come fai a sapere chi sono?»

Il folletto esitò un momento. «Ieri... è... arrivata... una... lettera... al... negozio... Ci... avvisava... di... uno... Stirpemista... sfuggito... al... dominio... scarlatto... Dovevamo... intimargli... di... tornare... da... lui...»

«Da chi?» chiese Shirei dopo aver controllato l'andazzo dello scontro.

I tenebrae avevano messo in difficoltà i vampiri, che avevano abbandonato i vestiti rubati e cercavano un modo per sfuggire alle creature spettrali.

«Si... firma... l'Antico...»

Shirei fece una smorfia. «E parla di me?»

«Nel... testo... della... lettera... era... citato... un... figlio... di... Cragar... che... un... tempo... era... in... combutta... con... l'Antico... uno... con... gli... occhi... viola...»

«Perché dovrei essere io?»

«La... tua... puzza...» disse il folletto guardandolo negli occhi. «Odori... di... morte... Sei... tu... il... Calmo... Sovrano... scappato... dall'Abisso...»

Shirei fece rientrare le arpie spettrali nel proprio anello e intimò ai vampiri di sparire. Quando il leader provò a dire qualcosa in risposta, lo Stirpemista materializzò la Lama della Discordia nel palmo della sua mano.

«Andiamo, capo. Quello è un tipo pericoloso. Meglio la polizia, a questo punto.»

«Entrambi ci porteranno al cospetto di Lodal, meglio scappare a prescindere!»

Il leader delle creature della notte spalancò gli occhi e ordinò agli altri di darsela a gambe. Shirei li sentì battibeccare sul fatto che non avrebbero dovuto rischiare alla luce del sole, data soprattutto l'alta possibilità che i loro artefatti solari sarebbero potuti andare in frantumi.

"Esiste una polizia in questo posto?" si domandò con curiosità, prima di rivolgersi al proprietario della bottega.

«Grazie... ragazzo...» disse l'anziano folletto cercando di afferrare tutti i vestiti.

Shirei si avvicinò e lo aiutò.

«È per il mio odore che mi fissavate al negozio?»

La creatura annuì.

«Posso vedere la lettera e sperare ancora di comprare dei vestiti?»

Con un cenno risoluto della sua piccola testa, il Tummà sorrise.

«Con... molto... piacere... l'ho... conservata... Mi... scuso... per... il... modo... in... cui... ti... abbiamo... trattato... Eravamo... straniti... perché... sei... un... Erede... Proibito...»

Shirei rimase un momento a riflettere, promettendo di tornare al negozio di lì a poco. Il Tummà ringraziò con gratitudine e scomparve dalla sua vista.

«Calmo Sovrano...» mormorò, interdetto.

Cosa c'entrava con una divinità della terza generazione, che sarebbe dovuta essere in letargo da millenni? Shirei non ne aveva la minima idea.

Mentre si preparava a seguire il Tummà verso il negozio, fu interrotto da una visione improvvisa e sorprendente: di fronte a lui apparve una figura sconosciuta, con la sua presenza rapida e maestosa.

La divinità si ergeva davanti al figlio di Cragar, i suoi capelli corti biondo cenere tirati all'indietro ondeggiavano al vento. Il suo viso era parzialmente coperto da una maschera a mezzo volto, simile a quella dei tengu giapponesi, con un naso straordinariamente lungo, che conferiva alla sua figura un aspetto piuttosto beffardo. I suoi occhi vispi, di un arancione chiaro, con punte dorate, brillavano con una luce divina. Indossava sandali leggeri e una cappa rossa, che fluttuava dietro di lui come un mantello di fiamme.

«Shirei, figlio di Cragar,» disse con voce stridula e puerile, il cui suono echeggiava nell'aria circostante.

«Ci conosciamo?» chiese educatamente lo Stirpemista.

«Io conosco te,» sorrise la divinità. «Ammir, dio dei viaggi.»

Shirei rimase con lo sguardo fisso su di lui. «Perché è qui?»

Ammir si controllò le unghie, per essere certo che non fossero sporche. Solo allora lo Stirpemista notò il suo corpo librarsi dal terreno.

«Curiosità, volevo vedere con i miei occhi chi aveva avuto il coraggio di rifiutare il mio servizio per un negozio di Tummà.»

«Quindi la sensazione di prima...»

La divinità ridacchiò per qualche momento. «No no, gli altri dèi ti stanno tenendo d'occhio, ma io non voglio avere a che fare con il famigerato Erede Proibito.»

Shirei non mancò di recepire il messaggio, tuttavia, prima che potesse domandare ulteriori informazioni, il dio dei viaggi non era più davanti a lui.

«Ci vediamo presto,» sussurrò, alle sue spalle, «e vedi di ordinare da me la prossima volta. Ti assicuro che farò in fretta.»

Dette quelle parole, la divinità si dileguò e il figlio di Cragar si trovò nuovamente solo.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top