21. L'ALLENAMENTO DEGLI SPETTRI

L'alba era appena sorta all'orizzonte, gettando una luce dorata sugli edifici e sui sentieri che costeggiavano il parco. Le onde del mare frangevano lente e ritmiche la superficie della spiaggia, come un respiro profondo che si mescolava con l'aria fresca del mattino. Shirei era seduto sul tetto della propria casa e osservava il panorama che andava a schiarirsi con sguardo perso. Di lì a breve sarebbe dovuto tornare all'interno, dopotutto il calore sulla sua pelle non lo faceva impazzire.

Il tempo sembrava essersi distorto da quando era arrivato. In mezzo a tutto quello che era successo, l'episodio del figlio di Tefine, Aena, l'imboscata nell'Oltremondo, c'era anche ciò che era successo alla mensa.

Shirei chiuse gli occhi e cercò di distanziare quegli avvenimenti. Non poteva negare che lui e la figlia di Ien si stessero legando sempre più, ma temeva che quel rapporto non avrebbe giovato a nessuno dei due.

Lui aveva un compito piuttosto chiaro: allenarsi per diventare più potente. Marina rappresentava un freno al suo obbiettivo e una distrazione piuttosto grande.

Lo Stirpemista solitario, ciononostante, non era pentito di passare del tempo con lei.

Preferiva la sua compagnia alla solita solitudine a cui era abituato e non ne comprendeva ancora il motivo.

"Basta... devo concentrarmi su altri problemi."

Ogni volta che entrava nell'Oltremondo, sembrava che qualcosa lo richiamasse, ma non ne aveva il controllo. L'ultima volta, quando aveva quasi perso la vita durante il combattimento improvviso, aveva capito che il rischio era reale.

"Non posso più permettermi di essere debole o di avere un potere instabile."

Cragar gliel'aveva detto chiaramente.

"Ci saranno momenti in cui il tuo potere sarà necessario, e dovrai essere pronto."

Quelle parole gli rimbombavano in testa. Nonostante l'apparente disinteresse e la sua aria da re oscuro, Cragar aveva detto tutto senza alcun dubbio nella voce, come se sapesse che Shirei avrebbe trovato il modo. Quello era il passato, ma, nel presente del mattino silenzioso, con il vento freddo che gli accarezzava il viso, lo Stirpemista era sicuro di non avere le risposte necessarie.

Si alzò con un respiro profondo, era tempo di mettersi al lavoro.

Sistemò nella tasca la lettera ricevuta da Liceo D'Agostini, dove veniva riportato che venerdì avrebbe dovuto presenziare alla lezione di Marina. Ancora una volta sarebbero stati insieme, ma ci avrebbe ripensato solo tra un paio di giorni. Fino a venerdì, non ci sarebbe stata alcuna distrazione, nessun allenatore o compagno a guardare i suoi progressi.

Erano solo lui e sé stesso.

Shirei tornò alla zona isolata, il piccolo spiazzo oltre i confini del campo, che aveva utilizzato in precedenza per allenarsi lontano dagli altri Stirpemista. L'area era perfetta: solitaria, indisturbata, un luogo dove poteva spingere il suo corpo al limite senza preoccuparsi di essere interrotto o giudicato.

"In più, non viola le regole scritte sul contratto di Lodal. Mi trovò precisamente al di fuori della loro giurisdizione."

Si prese un momento per osservare il luogo, la mente già focalizzata sul compito che lo attendeva. Doveva riuscire a mantenere la forma spettrale della sua nuova tecnica più a lungo, controllare il flusso tra il mondo fisico e quello dell'Inframondo, e farlo senza perdere la propria forma. La sera prima, alla mensa, aveva solo accennato il potenziale del suo nuovo potere, ma gli era bastato per capire che doveva ancora padroneggiare quella capacità.

«Devo riuscire ad aumentare il tempo,» sussurrò tra sé, quasi fosse una preghiera. Nessuno era lì per ascoltarlo, ma forse sentire la propria voce lo avrebbe aiutato a mettere ordine nei pensieri.

Il primo tentativo non fu difficile. Shirei aveva ormai compreso come passare dallo stato fisico a quello spettrale.

Il mondo intorno a lui iniziò a svanire.

Il suo corpo diventò meno solido, come una fiamma che ondeggiava nel vento. Una sensazione fredda lo avvolse, come se ogni fibra del suo essere venisse attraversata da un gelo innaturale. Riusciva a sentire il terreno sotto di lui, ma in qualche modo sembrava distante, irraggiungibile.

Si soffermò sul battito del proprio corpo e si lasciò scivolare nell'Inframondo, finché un secondo battito non sovrascrivesse l'ordine e lo rendesse etereo attraverso un'onda di mana biancastro.

"La sensazione è corretta" pensò, cercando di mantenere la concentrazione.

Il suo corpo fisico iniziò a perdere coesione, costringendolo ad annullare la tecnica e a riprovarci.

"Se il funzionamento si basa sul mio battito, devo cercare di diminuirlo."

Si concentrò e riattivò la tecnica, cercando di restare etereo il più a lungo possibile. Ma dopo pochi secondi, il freddo divenne insopportabile. Era come se un vento tagliente cercasse di frantumare il suo spirito.

Il passaggio fu improvviso. Shirei sentì un dolore acuto nel petto, un richiamo brutale che lo strappò dalla sua forma spettrale, facendolo tornare bruscamente solido. Cadde a terra, i muscoli tesi e le mani che affondavano nel terreno. Il cuore gli batteva forte e sentiva il sudore scorrergli lungo la schiena.

Restò lì, ansimante, per diversi minuti, cercando di riprendersi dalla fatica. Si rese conto che riuscire a mantenere la forma spettrale per più tempo era troppo stremante. C'era una sorta di limite rappresentato dal suo stesso corpo mortale.

Ogni volta che cercava di superare la soglia massima, qualcosa lo tirava indietro: forse la sua "umanità". I suoi poteri erano come un'arma a doppio taglio: affascinante e spaventosa al contempo, ma senza controllo, era inutile.

Il figlio di Cragar rimase lì per un po', osservando l'orizzonte, con la mente che vagava tra i ricordi recenti. Pensò a Marina e Dalia. Entrambe erano state gentili con lui, e in qualche modo, sentiva che stavano cercando di capirlo.

Forse avrebbe dovuto parlarne con loro.

Forse Marina, con la sua intelligenza, poteva aiutarlo a trovare l'equilibrio che gli mancava.

Oppure no, quello poteva essere un cammino che doveva affrontare da solo.

Alla fine, si alzò di nuovo, scrollandosi via i pensieri insieme al terriccio. La giornata non era ancora finita, e c'era ancora molto da fare. Cominciò i preparativi per il prossimo tentativo.


── ⋆⋅❂⋅⋆ ──


Dopo diverse ore, qualcosa dentro di lui scattò.

Shirei iniziava finalmente a percepire i primi segni di miglioramento. Non era immediato, non era perfetto, ma con ogni passaggio tra l'Altrimondo e l'Inframondo, il freddo che lo avvolgeva sembrava più sopportabile e la fatica cominciava a diminuire. Nonostante tutto, però, il senso di oppressione non lo abbandonava mai del tutto. Quella tecnica doveva diventare una risorsa da usare d'istinto per proteggersi, dunque doveva padroneggiarla al massimo.

In lontananza, le nubi iniziarono a raccogliersi, scure e minacciose, quasi a riflettere il suo stato d'animo. Era una giornata di calma relativa, ma Shirei sapeva che era giunto il momento di fare di più. Doveva mettere alla prova il suo nuovo controllo e capire se era capace di sfruttarlo anche in combattimento. Aveva bisogno di una sfida concreta, e per farlo, sapeva perfettamente a cosa dover ricorrere.

I tenebrae.

Le arpie spettrali, adesso residenti abituali dell'Inframondo, erano perfette per quello che aveva in mente: rapide, feroci e numerose, rappresentavano l'allenamento ideale. Se riusciva a combattere contro di loro, allora forse avrebbe trovato la chiave per dominare il proprio potere.

Shirei allungò la mano destra verso il vuoto. Il suo respiro divenne più lento e il battito del cuore si fece ritmico, controllato. Il freddo iniziò a penetrare attraverso la sua pelle mentre il velo tra i mondi si assottigliava. Sentiva l'energia scorrere attraverso di lui fino all'anello scintillante che portava all'indice della mano destra.

Sotto il suono del vento che fischiava tra gli alberi, un altro rumore prese forma. Era stridulo, acuto, come un gracchio sinistro che perforava il silenzio. Dall'oscurità che iniziava ad allungarsi, si formò un'ombra più grande. Poi un'altra e ancora un'altra. Le figure eteree delle arpie apparvero lentamente di fronte a lui, levitando sul terreno in attesa. Le loro ali si aprivano e chiudevano con movimenti nervosi, mentre i loro occhi vuoti fissavano il ragazzo dagli occhi viola.

Ne aveva evocate cinque.

Il figlio di Cragar accennò un sorriso e fece scivolare i piedi nell'erba, abbassando così il proprio centro di gravità.

«Attaccatemi,» ordinò loro.

Le arpie non aspettarono altre direttive. La prima si lanciò verso di lui con una velocità impressionante, le ali che fendevano l'aria come coltelli. Shirei riuscì a malapena a evitare il colpo, piegandosi di lato e rotolando al suolo mentre la creatura lo mancava di poco, sollevando una nube di polvere dietro di sé. La seconda arpia non fu più lenta: si gettò su di lui dall'alto, con gli artigli puntati in avanti. Questa volta Shirei era pronto. Usando il suo nuovo controllo sul viaggio spettrale, si bloccò in un punto e svanì parzialmente, permettendo agli artigli di passargli attraverso senza ferirlo, come se fosse fatto di fumo.

Ci era riuscito, realizzò mentre si rialzava velocemente, ma non ci fu tempo di metabolizzare il successo. Le altre tre arpie erano già in volo, pronte ad attaccare. Shirei decise di reagire. Con un gesto rapido, richiamò dall'Inframondo la Lama della Discordia e, contraendo i muscoli con forza, la lanciò verso la creatura. La lama attraversò l'aria come un fulmine scuro, colpendo l'arpia con precisione. Il tenebrae emise un urlo distorto, ma non svanì. Tuttavia, l'attacco era stato abbastanza forte da disintegrare la sua ala sinistra e farla cadere al suolo.

Quel breve momento di tregua fu sufficiente. Shirei si concentrò ancora una volta e, con un solo pensiero, riaccese il potere che stava covando dentro di sé. Doveva mantenere la concentrazione, altrimenti sarebbe stato travolto.

La seconda arpia tornò alla carica, lanciandosi di nuovo con un grido stridente, ma Shirei era pronto. Invece di schivare, piantò i piedi nel terreno e permise alla creatura di passare attraverso di lui senza infliggergli danni. Appena l'arpia lo superò, lo Stirpemista disattivò la tecnica e la colpì alla schiena con un colpo orizzontale. La creatura si contorse, urlando di dolore, mentre un bagliore oscuro la attraversava, facendola sparire del tutto.

Una fitta di dolore costrinse il ragazzo in ginocchio, segno che il tenebrae fosse stata sconfitto. Immerso nello scontro, Shirei aveva dimenticato quell'importante dettaglio: le creature oscure erano connesse al suo nucleo divino. Se un tenebrae veniva distrutto, la sua particella avrebbe subito il contraccolpo e il mostro sarebbe stato distrutto per sempre.

Si avvicinò in fretta alla morente oscurità e alzò la mano destra come per riflesso. Sperava di poter guarire l'arpia in qualche modo, tuttavia fallì miseramente.

"Con questo, ho solamente nove tenebrae. Sono un idiota. Non devo ucciderle. Questo è un allenamento, non devono soffrire. E non devo privarmi della loro forza."

Si scusò con il tenebrae e cancellò l'evocazione della Lama della Discordia con imbarazzo. Non doveva esagerare con i suoi sottoposti.

Si voltò verso le rimanenti creature oscure e disse: «Ricominciamo.»


── ⋆⋅❂⋅⋆ ──


Le arpie erano veloci e spietate, ma Shirei stava cominciando a prevedere i loro movimenti. Ogni attacco fallito, ogni colpo schivato, aumentava la sua sicurezza. Sentiva la sua padronanza sul viaggio spettrale evoluto diventare più fluida, più naturale.

Un'altra arpia attaccò, ma lo Stirpemista decise di non evitare e corse verso di lei, poi si bloccò all'ultimo, mentre attivava la sua nuova tecnica. Quando la trapassò di netto, le altre creature alate si fermarono per un attimo, come se fossero disorientate. La loro connessione con Shirei era evidente; erano sue creazioni, e ora cominciavano a percepire che il loro padrone stava prendendo il controllo.

La prima arpia, la più grande, scese in picchiata dall'alto, i suoi artigli scintillanti come lame di metallo. Sembrava essere innervosita dal fatto che il figlio di Cragar la schivasse.

Non avrebbe avuto tempo di difendersi da un altro attacco. Con uno scatto improvviso, Shirei fece un passo indietro, cercando di evitare gli artigli che si allungavano verso di lui, ma la creatura era troppo vicina. La tensione annullò il viaggio spettrale lampo e Shirei sentì il graffio oscuro sfiorare la pelle del suo braccio e segnarla con una ferita.

La seconda arpia si gettò su di lui in un ultimo disperato tentativo di sopraffarlo, ma il ragazzo non avrebbe commesso due volte lo stesso errore. Roteò su sé stesso attivando la nuova tecnica, si lasciò attraversare e, con un colpo trattenuto, la creatura fu travolta da un pugno a martello sulla testa.

"Ho esagerato di nuovo" si sgridò da solo, "Meglio smetterla."

Quando tutto si calmò, Shirei rimase fermo al centro della radura. Il suo respiro era affannato, ma aveva un lieve sorriso di soddisfazione sulle labbra. Le arpie erano scomparse, dissolte, ma la prova era stata superata. Aveva evocato, combattuto e dominato le creature. E, cosa più importante, aveva dimostrato a sé stesso che poteva farcela, poteva diventare più forte ed evolvere il viaggio spettrale ancora oltre.

Le ombre intorno a lui si ritirarono lentamente, come risucchiate da una forza invisibile presente nell'Inframondo. Sentiva il dolore dell'attacco sul braccio, una ferita superficiale che gli ricordava quanto sottile fosse il confine tra il successo e il fallimento.

Guardò il cielo sopra di lui, dove le nuvole si stavano ormai diradando. Una lieve amarezza affiorò sul suo volto. Doveva tornare alla Tredicesima Casa.

«È già sera,» mormorò, chiudendo gli occhi per un istante e lasciando che la sensazione di trionfo lo attraversasse. Era stato un allenamento proficuo, ma se desiderava davvero padroneggiare il suo nuovo viaggio spettrale, avrebbe dovuto ripetere quella routine anche domani, il giorno seguente e molti altri ancora.

La strada era infinitamente lunga.


── ⋆⋅❂⋅⋆ ──


Mentre Shirei si allenava nel bosco, alla Tredicesima Casa, invece, Dalia era sola nel Giardino di Kore, intenta a ripetere i gesti che aveva osservato di nascosto. Si era tenuta lontana dagli altri per giorni, determinata a padroneggiare il viaggio spettrale senza l'aiuto di nessuno. Tuttavia, ogni tentativo si concludeva con un fallimento: o non riusciva a muoversi nell'Inframondo, o ne veniva immediatamente respinta.

Ci era riuscita quando suo fratello era in pericolo, ma non si era mai replicato lo stesso evento da allora. Il sudore le colava sulla fronte e lei lo odiava. Le sue mani tremavano mentre cercava ancora una volta di concentrarsi. Respirò profondamente, richiamando a sé tutto il mana disponibile. Quella volta avvertì una sensazione diversa: un brivido gelido che attraversava il suo corpo. Per un attimo, il luogo scomparve e si ritrovò avvolta in un mare di ombre evanescenti.

Era riuscita a farcela, ma il trionfo durò solo un istante. Quando riapparve, qualcosa andò storto. Invece di riemergere con grazia e controllo, si materializzò sbilanciata e inciampò sul tappeto di fiori colorati. Il suo piede si impigliò, e cadde in avanti, finendo faccia a terra, con un tonfo imbarazzante. Rimase lì, per un attimo, con il viso schiacciato, imprecando tra sé.

«Perfetto,» mormorò sarcastica mentre cercava di rialzarsi, massaggiandosi il naso dolente.

Non aveva voglia di vedere nessuno già per conto suo e quegli allenamenti non facevano che rovinare ulteriormente il suo umore.

Si rialzò in piedi e sospirò, prima di sentire una strana sensazione.

Qualcosa tremava sotto di lei.

La ragazzina guardò in basso e vide una crepa cominciare ad aprirsi nel terreno.

«Padre?» sussurrò stupita, prima di sorridere triste. «Forse è vero. Temo di avere bisogno del tuo aiuto.»

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