20. SHIREI COME GUGLIELMO TELL
Nella quiete serale della sua camera, Marina si preparava per recarsi alla Tredicesima Casa. Mentre indossava il cappotto grigio in dotazione con l'abbigliamento dei figli di Ien, uno strano oggetto sul letto attirò la sua attenzione. Una lettera chiusa con cura, il suo nome scritto con eleganza sull'esterno.
Non c'era dubbio sul fatto che fosse opera del signor D'Agostini, con il suo tipico modus operandi di affidarsi agli Augurielli, i folletti domestici, per consegnare messaggi importanti.
Con un misto di curiosità e ansia, afferrò la lettera e ne spezzò il sigillo, poi fece una smorfia.
"Cara Marina, di comune accordo con la divina Aena, ti chiedo di tenere una lezione questo venerdì mattina alle dieci in punto. L'argomento principale della lezione deve essere la geografia dei mondi, ma preoccupati anche di accennare la terza generazione e il suo leader. Abbiamo provveduto ad avvisare anche Shirei. Avrà l'obbligo di accompagnarti in veste di studente e collaboratore. Ti ringrazio ancora per la disponibilità che ci offri ogni giorno. Spero che, prima o poi, anche gli dèi ne possano tenere conto per valutare i loro successori."
Dopo aver letto attentamente il contenuto, richiuse la lettera con cura e se la mise in tasca.
"Tre giorni" pensò, il tempo necessario a preparare una buona lezione.
Senza esitazione, si alzò e lasciò la sua stanza per raggiungere la casa dei figli di Cragar.
Dalia la aspettava all'interno. Per poco la ragazzina non inciampò sul peplo che stava indossando. Realizzato con un tessuto leggero e fluttuante, il suo colore crema risplendeva sotto la luce della luna che filtrava attraverso le finestre.
Il tessuto morbido cadeva con grazia lungo il suo corpo, avvolgendola in un abbraccio leggero e delicato. Le pieghe fluide del peplo creavano un effetto ondulante che conferiva un'aria di leggiadria alla sua figura. Gli orli erano finemente rifiniti con motivi decorativi, ricamati con fili dorati che brillavano appena. Le maniche ampie e fluide si adattavano perfettamente al movimento delle sue braccia, aggiungendo un tocco di grazia. Il peplo era adornato con sottili dettagli di natura morta lungo il bordo e intorno al collo. I fili d'oro intrecciati fra i suoi capelli le creavano un'acconciatura piuttosto antiquata.
«Maledetti abiti....»
La figlia di Ien rise. «Perché indossi quel coso?»
«Pensavo sarebbe stato adeguato all'occasione...» rispose la ragazzina, toccandosi l'abito nel frattempo.
Marina sorrise con imbarazzo e si sedette sul letto ancora sfatto nel quale aveva dormito il giorno prima. Solo allora realizzò l'identità del proprietario di quel posto e divenne rossa. Il suo pensiero tornò a quella mattina e alla situazione che si era creata con Shirei. La figlia di Ien affondò la testa nel cuscino e gridò.
«Aspetta! Cosa ti cruccia?»
La Stirpemista si mise di nuovo seduta. «Niente.»
«Agisci in modo strano, ultimamente. Temo che passare troppo tempo con mio fratello non sia positivo.»
Dalia spostò il lungo vestito e le diede le spalle. Frugò nell'armadio e tirò fuori un'anfora enorme in terracotta.
«Per fortuna, ho la perfetta soluzione.»
Era modellata con cura, le sue pareti erano levigate e lucide al tatto. La superficie scura rifletteva appena la luce lunare che filtrava attraverso la finestra, creando un contrasto netto con la sua forma elegante.
Sul bordo superiore, piccole crepe testimoniavano il passare del tempo e l'azione del clima. Le sue dimensioni erano generose. La base del vaso si assottigliava delicatamente verso il fondo, conferendo stabilità alla struttura senza comprometterne l'eleganza.
Marina si avvicinò con curiosità. Dalia appoggiò il vaso a terra, passò una coppa argentata all'amica e una la tenne per sé, poi propose il brindisi. Marina scoppiò dal ridere.
«Cosa sarebbe?»
«Secondo te sono a conoscenza del contenuto? Non è affar mio!» rispose la ragazzina con un sorriso. «Alla nostra!»
«Non credo che dovremmo-»
«Ai nostri genitori mascherati!»
A quelle parole seguì il riempimento del calice e un gran sorso. Marina sapeva che la sua era solo un'ostentazione, voleva trovare dello svago per non pensare al fatto che Aena le avesse imposto il coprifuoco. Probabilmente, essere rinchiusa in quelle pareti era snervante per una come lei.
"Questo non la autorizza a bere per distrarsi."
Si avvicinò a lei nel tentativo di farla desistere. «Dalia! Noi non-»
Ma non non fece in tempo a terminare che la figlia di Cragar era già passata al secondo bicchiere.
«Al caro fratellastro che ci ha lasciato tale dono!»
Dalia continuò a bere nonostante Marina tentasse di dissuaderla. La figlia di Ien osservò il vaso e, spinta dalla sua maledetta curiosità, decise di provare un sorso.
Sollevò il calice, osservandone il colore dorato che si cullava fra le piccole onde generate sulla superficie dal movimento tremolante della sua mano. Portò la coppa alle labbra e aspirò il profumo avvolgente, sentendo un dolce aroma e un sottile sentore di spezie.
Un sorso del liquido dorato scivolò giù per la sua gola. Marina chiuse gli occhi per analizzare appieno la sensazione. Il sapore della fermentazione si diffuse sulla sua lingua, delicato e avvolgente, mentre una leggera sensazione di calore si diffondeva nel suo petto.
Le note complesse e ricche del liquido danzavano sul suo palato. La dolcezza era bilanciata dalla leggera acidità della fermentazione, creando un equilibrio armonioso di sapori.
Una sensazione di benessere la avvolse mentre continuava a gustare il liquido dorato, lasciandosi trasportare dal suo sapore e dal suo aroma. Alcuni dei suoi fratelli erano soliti dire che la cucina stellata del mondo mortale non andava vista come semplice cibo.
"È un'esperienza sensoriale unica" si trovò a pensare.
Le loro stesse parole. Sebbene fosse stata abituata fin da piccola a piatti di un certo spessore, era la prima volta in cui provava quell'emozione, come se il calice portasse con sé una storia raccontata attraverso il gusto e il profumo.
C'era qualcosa di strano in quel vino, forse non era saggio berlo, ma Marina ne era troppo attratta. Continuava a pensare che ci fosse qualcosa di sbagliato, ma continuò nonostante quella consapevolezza.
Poi la colpì un dubbio: "E se... e se solo gli dèi potessero assaporarlo?"
Dalia continuava a ridere. Pensò che fosse arrivato il momento di fermarla del tutto. Dalia non era che una ragazzina, non avrebbe dovuto bere così tanto.
"E nemmeno io dovrei."
Guardò il suo calice e lo scoprì completamente vuoto.
Quanto tempo era passato? Quanto aveva effettivamente bevuto? Cosa stava succedendo?
Un dolore le montò al petto, rendendole difficile il respiro. La gola era gonfia, quasi irritata.
"Devo... devo andare via di qui."
Come se fosse in preda al panico, la strana sensazione si impossessò di lei e prese controllo del suo corpo. Prima di rendersene conto, aveva già fatto un leggero cenno di saluto a Dalia ed era scappata. Adesso attraversava come una scheggia la piazza del parco, non riusciva nemmeno a capire dove si stesse dirigendo.
"Marina! Controllati!"
Era inutile.
Continuò a correre come se fosse indemoniata. Inciampò un paio di volte, ma raggiunse la pineta e la superò, riprese coscienza in spiaggia con il fiato corto.
Non doveva bere, allora perché l'aveva fatto?
Si mise una mano sulla fronte.
La testa le girava. Il dolore stava diventando allucinante.
Si lasciò cadere a terra e chiuse gli occhi, la sabbia era piuttosto soffice.
"Quasi quasi, una dormita me la merito."
Si accucciò e sbadigliò, il gesto le rimase il sorriso sulle labbra.
«Ti sei addormentata qui?» sussurrò una voce familiare.
Marina si alzò di scatto e vide Shirei. Shirei? Annuì a sé stessa. Shirei, il figlio di Cragar.
«Grazie a Emion! Sei tu, Spettro! E, comunque, non mi sono addormentata!»
Il cuore le batteva forte in petto, aveva il respiro pesante. Shirei l'ispezionò per un momento, poi, per verificare di avere ragione, chiese: «Sicura di essere così felice di vedermi?»
«Certo! Non lo so, perché mi fai questa domanda? Sei strano... ma sì!»
Il ragazzo si avvicinò alle sue labbra con il naso. Marina sorrise e gli afferrò il volto con entrambe le mani, socchiuse gli occhi in attesa che si avvicinasse.
Aveva capito perché era lì, la voleva baciare. Era ovvio.
«Sei ubriaca,» disse, invece, il ragazzo.
Marina sbuffò e lo spinse via. «Per un calice? Ma per favore, da quando sai anche cosa significa essere ubriachi. E comunque sono seria...!»
«Anch'io. Hai bevuto l'idromele di Miula.»
«La dea del vino?»
«Sì, qualcuno l'ha nascosto nel mio armadio, forse un figlio di Cragar del passato. Dalia l'ha aperto e ti ha convinta a berlo?»
La figlia di Ien realizzò, aveva perfettamente senso.
«N-no ero curiosa... quindi l'ho bevuto. E ti ripeto che non so-... non lo sono, davvero... almeno... non così tanto da non essere consapevole di quello che faccio!»
Allora non se ne rendeva conto, ma una parte di lei sapeva che si sarebbe pentita di quell'incontro a distanza di qualche ora.
Shirei la guardò, sembrava essere divertito. «Va bene, ti porto a bere qualcosa di normale stavolta, se resterai qui prenderai un raffreddore.»
«Ok!»
Il figlio di Cragar allungò una mano per aiutarla ad alzarsi. Marina era un po' sorpresa che il ragazzo si preoccupasse della sua salute, ma fece finta di niente e si alzò. Shirei rallentò il passo e camminò al suo fianco.
I due Stirpemista passeggiarono fino alla mensa, che era del tutto deserta. Il ragazzo si diresse immediatamente verso il tredicesimo tavolo.
«Allora, mi offri un drink?» chiese Marina con tono sarcastico.
Shirei la fissò. «Ti prendo un po' di latte.»
«Non mi dispiace...»
Lorenzo era di passaggio, cercava uno spuntino prima di tornare al laboratorio. Quando vide Shirei e Marina, decise di avvicinarsi, preoccupato per quest'ultima. Dopo quello che era successo, non aveva voglia di lasciarla da sola con il figlio di Cragar.
«Lore!» lo salutò la figlia di Ien.
Il ragazzo si sedette e mostrò la scatola che reggeva.
«Ho creato il primo prototipo per la pistola magnetica. Tralasciando questo, tutto ok? Perché sei qui, da sola, con Shirei?»
Marina sorrise e spalancò gli occhi, poi si avvicinò e sussurrò: «Lore... Shirei mi vuole baciare.»
«Cosa?!»
«Non urlare..!» gli diede uno schiaffo sulla spalla. «Non devi dire niente, vediamo che fa.»
Il figlio di Cragar tornò poco dopo e le porse il latte.
«C-ciao, Shirei.»
Il ragazzo fece un cenno di saluto, notando subito la scatola . «L'hai perfezionata?»
«Ci sei riuscito? Fantastico!»
Lorenzo tirò fuori il multi-tutto e lo poggiò sul tavolo per sicurezza.
«Non è finita, è solo una prima versione,» rispose. «Probabilmente non è molto potente, ma per iniziare dovrebbe andare.»
«Quindi funziona?»
Il figlio di Ien annuì. «Posso sparare un colpo solo.»
«È più che abbastanza.»
Il ragazzo dagli occhi viola si rivolse alla bionda, ancora intenta a sorseggiare il suo latte.
«Non hai mica intenzione di farti sparare?»
Shirei non replicò, ma lasciò intendere una risposta positiva.
«Sei impazzito? Con le tue ferite, dei proiettili ti ucciderebbero.»
Lo Stirpemista lo ignorò. Si alzò e si allontanò di circa cinque metri. Lorenzo prese subito la scatola, ma Marina aveva già afferrato la pistola.
«Non userò le mie invenzioni per sparare a un altro Stirpemista.»
La figlia di Ien sorrise guardando l'arma.
La pistola appena fabbricata giaceva nel suo palmo, era una creazione di abilità artigianale e ingegno. Ogni dettaglio rifletteva l'attenzione meticolosa e il lavoro paziente del suo fratellastro.
Il legno del calcio, levigato con cura, mostrava venature naturali che conferivano all'arma un carattere unico. Le incisioni erano fatte a mano lungo il fusto. Il metallo lucido della canna e del tamburo brillava sotto la luce dei lampioni della mensa.
«Voi due siete pazzi!»
«Pronto, Spettro?» chiese la ragazza.
Lorenzo si frappose tra i due e afferrò la canna della pistola, nel tentativo di deviare la traiettoria e non rischiare che Shirei venisse colpito.
Il figlio di Cragar chiuse gli occhi. Le ombre intorno a lui iniziarono a vorticare, minacciando di inghiottirlo nell'oscurità, ma rimase immobile.
Sapeva perfettamente cosa avrebbe dovuto fare.
Espirò, cercando di richiamare la sensazione del viaggio spettrale che lo trasportava nell'Inframondo. Non doveva essere impaziente. Doveva attendere l'istante preciso, altrimenti avrebbe fallito.
Immaginò di avvertire il battito del suo cuore.
Tum, tum.
Quello che bastava era solo un battito, quei due toni cardiaci in successione
Un'onda che si diffondesse per tutto il suo cuore, trasportandolo nell'Inframondo, solo per essere sovrascritta da un comando opposto ed esattamente successivo.
Poteva farcela.
Marina fece un respiro profondo e cercò di sparare, nonostante Lorenzo le stesse mantenendo il braccio. I due fratelli cominciarono una vera e propria lotta per l'oggetto. Prima che se ne rendessero conto, un lieve suono metallico nella foga del momento li fece rallentare.
Clic.
La figlia di Ien aveva premuto il grilletto. Seguì lo sparo del proiettile.
Shirei sentì il rumore e concentrò tutto sé stesso.
Una pulsazione di colore bianco pallido si diffuse dal suo torace e viaggiò lungo tutto il suo corpo. Ben presto seguì un'onda d'oscurità che si mischiò alla luce spettrale.
Un colpo secco, preciso e veloce, trapassò il figlio di Cragar, come se fosse un'illusione. Marina aprì la bocca, entusiasta. Rimasero fermi per una manciata di secondi, poi Lorenzo sgranò gli occhi, fece una risata isterica e recuperò subito l'arma.
Il proiettile era sparito chissà dove, probabilmente conficcato in una delle travi che costituivano lo scheletro della mensa.
«Pazzi! Siete due folli!»
L'oscurità smise di vorticare attorno al ragazzo. Ci era riuscito.
"L'ho fatto! Gli ho sparato! Ah! L'ho sparato davvero! Che mi prende? Come posso essere così stupida?"
Altre mille domande vagarono nella mente della figlia di Ien per i secondi successivi. Aveva detto che lo avrebbe fatto, ma non aveva intenzioni serie, sebbene si fosse innervosita in quella situazione. Non sapeva dove aveva trovato il coraggio, ma era certa che avrebbe funzionato in qualche modo.
"Forse l'idromele divino? Sono ancora ubriaca?"
Con Shirei, le bastava fidarsi.
Quella cosa del tutto priva di ogni logica la spaventava terribilmente, ma era grata che stesse bene. Si maledì da sola per essere stata tanto stupida e diede la colpa di quel suo gesto alla sua poca capacità di intendere e volere.
«Voi due mi farete prendere un infarto!»
Marina saltellò dalla gioia. «Sei diventato davvero uno spettro!»
Si avvicinò a Shirei con un sorriso stampato, nel frattempo Lorenzo andò a riprendere il proiettile borbottando che sarebbe stato meglio non lasciare tracce. Senza pensarci troppo, la ragazza abbracciò lo Stirpemista dagli occhi viola.
«Menomale, per un momento ho temuto il peggio!»
Shirei si irrigidì, non era abituato a quel contatto fisico, poi ricambiò l'abbraccio in modo macchinoso. Non gli dispiaceva, in fondo.
«Questa pistola ha anche un altro lato positivo, i proiettili possono essere riutilizzati quante volte si vuole!»
Il figlio di Ien rise, poi si rese conto che i due si stavano abbracciando e si zittì. Per non rendere la cosa più imbarazzante di quanto già non fosse, Shirei si staccò.
«Grazie, Lorenzo,» disse il ragazzo.
«Aspetta di vedere il cannone a cui sto lavorando!»
Marina impallidì. «Cosa?»
«Tu non chiedi dei miei segreti, io non chiederò dei tuoi,» replicò il figlio di Cragar.
«A proposito di segreti, Shirei... posso chiederti dove hai imparato a combattere?» disse Lorenzo, prima di ragionare su quello che aveva appena detto. «Cioè, aspetta! Se vuoi, posso rispondere anch'io ai tuoi dubbi sui miei!»
Shirei lo tranquillizzò alzando la mano verso di lui. «Ho capito cosa intendi. Non lo so, a dire il vero, da quando mi sono risvegliato alla riva dell'Uchia mi sono sempre mosso d'istinto. Credo di essere migliorato col tempo.»
Marina ne approfittò per fare anche lei una domanda. «Spettro... Perchè vai nell'Oltremondo ad allenarti?»
Il figlio di Cragar si sedette al tavolo. «Ci terrei a precisare che di norma non va a finire come stamattina. A ogni modo, combattere ininterrottamente e sotto pressione è un buon metodo per forzare un rapido miglioramento. "Vinci e sopravvivi oppure perdi e vieni ucciso."»
«Di base il motto di ogni Stirpemista dell'Altrimondo. Immagino tu non sia mai stato sconfitto,» disse Lorenzo con una risata.
Non poteva essere serio, dopotutto, almeno fu quello che sperò il figlio di Ien.
«Ok, ma per quale motivo?» domandò Marina.
«Cragar mi ha detto che devo essere forte, perché presto il mio potere sarà necessario.»
La bionda rimase in silenzio. Stava cominciando a riacquistare la lucidità, ma faticava ancora a collegare diversi pensieri e ragionare razionalmente. Lorenzo andò ad afferrare una coppa di gelato e tornò in tempo per ascoltare il resto.
«C'è altro che volete sapere?» chiese lo Stirpemista dagli occhi viola.
«Ho solo una richiesta,» disse Marina, dopo aver rubato il gelato preso dal suo fratellastro. «Non ti chiedo di giurare, tanto meno in nome del Fato, ma, in caso ti servisse aiuto... ti prego, non esitare a chiamarmi. Lo so che sono meno forte di te e non sono abituata ai viaggi spettrali... e non sono esperta in veri combattimenti. Voglio solo aiutarti se ti trovi in difficoltà... va bene?»
La ragazza puntò i suoi occhi azzurri su Shirei, ma il figlio di Cragar abbassò lo sguardo. Lorenzo si sentiva leggermente di troppo e rigirò il multi-tutto che aveva fra le mani, cercando il modo per lasciarli soli.
«So che non sembra, ma sono una persona importante nell'Altrimondo. Posso aiutarti!»
«Non ti esporrò a un rischio inutile.»
«Spettro!» lo sgridò a voce alta.
«Calma!» si intromise Lorenzo. «Che ne dite se riprendiamo il discorso un'altra volta? Si è fatto un po' tardi...»
Shirei annuì. «Hai ragione, allora vi precedo.»
Marina scattò verso di lui. «Non ti azzardare a-» ma, prima che potesse terminare la frase, Shirei venne avvolto dall'oscurità e sparì nell'Inframondo.
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