IX (R)
Derek ed io, dopo essere partiti da Saint Marie per chissà quale luogo, alla ricerca degli altri guardiani, ci eravamo fermati per la notte in un motel un po' malconcio.
Le camere erano mal curate, con l'arredamento un po' vecchiotto e rovinato e dei sottile strati di polvere sparsi ovunque. Volevo farmi un bella doccia per schiarirmi le idee, ma mancava la tendina e col cazzo che me le facevo così. Mancava solo che Derek entrava in bagno e mi vedeva nuda. Sì, la porta del bagno era scassata e non si chiudeva bene. Per non parlare del fatto che non c'era nemmeno un phon. Ma in che posto eravamo capitati?
L'odore di chiuso dominava nella camera da letto e nel bagno e persino all'interno della reception e negli asciugamani grigiastri che penso una volta fossero stati bianchi.
Uscii dal bagno con un espressione seccata dipinta sul viso e andai a sedermi sul bordo di quel letto malconcio che scricchiolò sotto il mio peso. Sbuffai seccata e annoiata, passandomi disperata le mani tra i capelli dai boccoli afflosciati.
Che dovevo fare? Se salterò un altro giorno di scuola la vecchiaccia mi boccerà, ma non potevo tornare a casa, non dopo quello che era successo ad Amanda e in più lei mi voleva al sicuro con Derek. Che diamine dovevo fare?
«Tieni, ho preso un pacchetto di patatine e due coche» Derek entrò nella camera con aria stanca poi mi consegnò la cena dopodichè si tolse il giubbotto di pelle e lo lanciò svogliatamente sul letto. Dovevamo dormire nello stesso letto perché quella era l'unica stanza libera e Derek aveva insistito per non dividerci, cosa molto sensata perché non volevo farmi ammazzare da qualche cacciatore che magari entrava nella mia camera mentre io ero nei mondi dei sogni o meglio incubi.
«Grazie» bofonchiai, aprendo il sacchetto di patatine e infilandoci dentro la mano per poi prenderne una e portarmela alla bocca per gustarmela al meglio, anche se di certo quella non era proprio una cena, ma più uno spuntino.
«Vuoi?» domandai masticando la patatina e avvicinando il sacchetto al viso di Derek, seduto sul bordo del letto al mio fianco.
Derek infilò, senza dire una parola, la mano nel sacchetto ed estrasse una buona quantità di patatine poi se le portò tutte alla bocca, facendo cadere una miriade di briciole sul pavimento a mattonelle marroni della stanza. Iniziò a masticare, tenendo la mano davanti alla bocca. Scoppiai a ridere di gusto. Era buffo con le guance gonfie e piene di patatine.
«Domani andiamo a mangiare qualcosa da McDonald's. Ora gustiamoci questa enorme cena e poi andiamo a dormire che domani sarà lunga» dissi sbadigliando e sbattendo più volte le ciglia per tenere gli occhi aperti.
Bevvi un sorso di coca-cola poi tornai a sgranocchiare le patatine. Derek annuì, poi prese altre patatine e nuovamente, se le portò tutte alla bocca.
Ancora non riuscivo a credere di essere partita con un ragazzo che conoscevo appena e che diceva di essere il mio protettore, per andare alla ricerca degli altri Guardiani della Notte. Sentivo già la mancanza della mia famiglia. Vorrei tanto sapere se a casa era tutto a posto e se mamma e papà stavano davvero bene e al sicuro, ma da parte di Amanda non avevo ancora ricevuto nessuna risposta, nonostante i miei incessabili messaggi che le avevo inviato, quindi mi sentivo un po' nervosa e in ansia. Stavano bene? Sì, ovviamente. Amanda mi aveva promesso che gli avrebbe protetti, quindi potevo mettermi il cuore in pace e rilassarmi per qualche minuto.
«Come faremo a trovare gli altri guardiani? Sei in contatto con altri protettori?» domandai curiosa mentre alzandomi dal letto andai a buttare la lattina di coca-cola nel cestino, vicino alla porta del bagno.
«No, non sono in contatto con altri protettori. Per trovare gli altri guardiani ci servirà un cartina e la nostra magia» rispose atono Derek, lasciandosi cadere di schiena sul letto che scricchiolò sotto al suo peso. Si portò una mano sugli occhi ed emise un forte sospiro, «Sarà un lungo viaggio» borbottò fra sé e sé, facendomi alzare un sopracciglio turbata.
Scossi la testa stancamente poi emisi un forte sospiro ed infine mi lasciai cadere anche io sul letto. Stando sdraiata sul bordo del letto - ovviamente per non sfiorarmi con Derek perché la cosa potrebbe diventare imbarazzante -, appoggiai la testa sul cuscino, portando un mano sotto ad esso e l'altra sulla pancia poi chiusi gli occhi per cercare di dormire. Cullata dal respiro calmo di Derek - segno che si era già addormentato -, mi addormentai anche io, venendo poi avvolta dalle braccia di Morfeo.
Erano circa le sei del mattino ed io ero già in piedi. Non ero riuscita a riaddormentarmi dopo il trambusto che avevo sentito provenire dalla camera di fianco alla nostra. Si era messi ad urlare, penso in francese, e le loro urla mi avevano svegliato, mentre Derek non aveva mosso un muscolo. Lui dormiva beato.
Per noia mi ero messa a guardare la strada davanti al motel e le macchine che sfrecciavano veloci sull'asfalto. Il cielo era di un azzurro pallido, poi pian piano la linea dell'orizzonte iniziò, dando vita all'alba, a tingersi di colori pastello: un tenue violetto e un delicato rosa pesca, per poi passare ai colori più caldi: un arancione acceso ed infine man mano che il sole lentamente si svegliava, sfumava in un giallo luminoso.
Sbuffai annoiata poi spostai gli occhi dalla strada a Derek e vidi che stava dormendo beatamente su quel letto malconcio. Le labbra rosee socchiuse, le folte e lunghe ciglia marroni e le muscolose braccia lasciate scoperte dalla maglietta, strette intorno al cuscino, come se stesse abbracciando un peluche. Era adorabile.
Mugugnò qualcosa nel sonno poi si girò dall'altra parte e si tirò la coperta fin sopra la testa. Ribadisco: era adorabile.
Sospirai scuotendo la testa. Cosa potevo fare per ammazzare il tempo? Mi stavo davvero annoiando e non volevo svegliare Derek per una cosa così banale.
Dopo essermi scervellata per almeno dieci minuti buoni mi venne la brillante idea di chiamare quella troglodita di mia sorella che ancora non mi aveva aggiornata sugli eventi di casa.
Presi il mio cellulare dalla mia borsa e composi velocemente il numero di mia sorella, d'altronde lo sapevo a memoria. Dopo circa cinque squilli, la voce impastata, probabilmente dal sonno, di Amanda mi rallegrò la mattinata.
‹Avis, come è andato il viaggio?› domandò Amanda dopo aver emesso un sbadiglio.
‹Bene. Siamo rimasti a dormire in un motel fuori Saint Marie. La mamma e il papà?› bisbigliai, chiudendomi la porta alle mie spalle per non svegliare Derek.
‹Erano molto preoccupati, ma sono riuscita a tranquillizzarli. In caso dovesse partiti una telefonata da parte di mamma o papà, devi dire di essere dalla nonna› la voce di Amanda era dura e dal tono serio dall'altra parte del telefono, ‹Quando mamma o papà chiameranno la nonna, la chiamata arriverà a te, così non scopriranno che ho mentito e che tu non sei lì...capito?›.
Annuii poi mi diedi uno schiaffo sulla fronte e scossi la testa. Amanda non poteva vedermi. ‹Sì, grazie. E il cacciatore?› domandai camminando avanti e indietro davanti alla porta della nostra camera mentre giocherellavo con una ciocca di capelli afflosciata.
‹B-beh...e-ecco...› balbettò lei imbarazzata, quasi come se avesse il timore di riferirmelo ‹Gli ho dato fuoco› concluse infine in un sussurrò quasi impercettibile.
‹Ah› replicai incapace di formulare una qualsiasi altra frase. Non potevo di certo aspettarmi che mi dicesse che avrebbe chiamato la polizia per riferire che ci aveva aggredite, ma addirittura bruciare il suo cadavere? Forse l'aveva fatto per cancellare le sue e nostre tracce? Come per nascondere il fatto che ci avessero trovate e che io ero in fuga con il belloccio che adesso dormiva beatamente nel letto di quel hotel malconcio.
‹E per la scuola? La preside Ferriera ha detto che se non parteciperò alle lezioni mi boccerà. Come faccio?› domandai allarmata, passandomi una mano tra i capelli per poi spostare una ciocca dietro ad un orecchio. Mi fermai di colpo appoggiando la mano libera sulla ringhiera dalla vernice scrostata che divideva il motel dal parcheggio e alzai gli occhi verso il cielo che si stava annuvolando e ingrigendo. Fantastico, mancava solo la pioggia.
‹Tranquilla. Mamma ha chiamato la scuola e ha detto che io e te siamo state attaccate da dei ladri e che ti hanno mandato dalla nonna e che per un po' non ci sarai a lezione, ma che farai comunque i compiti che ti verranno inviati attraverso delle e-mail› mi rispose lei emettendo una leggera risata.
Alzai gli occhi cielo seccata, immaginandomi poi il sorriso beffardo che in quel momento Amanda avrà sicuramente stampato sul viso, ‹Che palle!› borbottai gonfiando infine le guance, non mi andava di fare i compiti durante quella fuga/ricerca degli altri guardiani. Avevo altro da pensare, non avevo tempo per risolvere e studiare quelle dannate materie.
‹Senti...lo so...beh che tutto questo per te è strano. Ho sempre sperato che non toccasse a te, ma purtroppo noi discendiamo da una delle cinque famiglie di Guardiani. Tu, Avis, sei nata esattamente nell'anno in cui i precedente Guardiani sono stati uccisi e proprio il giorno di Halloween› emise un sospiro snervato che mi arrivò ovattato alle orecchie.
‹Capisco. Tranquilla Amy, sto bene. Ora torno dentro che il cielo è pronto a far scoppiare un temporale e io non ho voglia di lavarmi› dissi ridacchiando e scuotendo il capo a destra e a sinistra facendo balzellare i boccoli afflosciati nell'aria fresca di quella sera. Sentii Amanda ridere con enfasi dall'altra parte del cellulare e questo mi rese più tranquilla e felice, facendomi anche capire che stava bene.
‹Ci sentiamo più tardi. Ciao Avis.›
‹Sì, ciao sorellona!› chiusi la chiamata poi lanciai un ultima occhiata al cielo che ora era ricoperto da grossi nuvoloni scuri.
Sospirai nuovamente poi entrai in camera, facendomi il più piano possibile. Mi chiusi la porta alle spalle poi mi tolsi le scarpe ed infine mi infilai nuovamente sotto alle coperte, riscaldate dal calore di Derek.
Il tempo di appoggiare la testa sul cuscino ed iniziò a piovere. Il suono delle gocce di pioggia che si infrangevano sulla superficie liscia del vetro della finestra erano l'unico suono a distruggere il silenzio di quella stanza.
Qualche istante dopo, il suono cupo e sonoro di un tuono fece spalancare gli occhi verdi smeraldo di Derek che si posarono su di me. Un fascio di luce bianca dei lampi filtrò dalla finestra, facendoci chiudere istintivamente gli occhi. Riaprii gli occhi e poi gli sorrisi timidamente. Lui in cambiò borbottò un «temporale del cazzo» poi si coprì fortemente la testa con il cuscino girando tutto il corpo verso di me. Capivo che era scazzato, dall'altronde era stato svegliato dalle luci bianche dei lampi e dal cupo suono dei tuoni, ma almeno un sorriso poteva farmelo.
Mi sentivo così stanca, ma non riuscivo ad addormentarmi. Il cuore che mi batteva con violenza nel petto per via del nervosismo e i fortissimi tuoni al di fuori della camera da letto mi impedivano di dormire e rilassarmi. Ero nervosa, molto nervosa. D'altronde era la prima volta che dormivo con un ragazzo, ma era anche la prima volta che "scappavo" di casa. Moltissime volte avevo dormito a casa dalle mie migliori amiche o ero andata con loro in vacanza durante l'estate, ma questa volta era diverso perché non sapevo se avrei mai fatto ritorno a casa. Non sapevo se sarei riuscita a sopravvivere nel mondo che mi apparteneva sin dalla nascita, ma che non conoscevo minimamente e avevo paura di non essere all'altezza delle aspettative che avevano su di me, sulla nuova guardiana della Terra.
Iniziai involontariamente a mangiucchiarmi le unghie per l'ansia mentre spostavo lo sguardo dal ragazzo al mio fianco alla finestra da cui intravedevo la pioggia cadere incessantemente da un paio di ore. Emisi un flebile sospiro stanco e mi passai le mani tra i capelli disperata, perché cazzo non riuscivo ad addormentarmi? Avevo un sonno pazzesco eppure i miei occhi non volevano rimanere chiusi. All'improvviso un braccio muscoloso mi cinse debolmente la vita e una testa dalla chioma castana si appoggiò con delicatezza sul mio ventre piatto per poi continuare a russare come un ghiro, lasciandomi completamente spiazzata e con il cuore in gola. Accennai un timido sorriso con le guance imporporate poi cominciai ad accarezzarli la folta chioma castana, giocherellando anche con dei ciuffi più scuri; dopo un paio di minuti in quel modo incominciai a sentire i miei occhi farsi pesanti ed infine venni finalmente avvolta dalle braccia di morfeo che mi portarono nel mondo dei sogni.
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