Capitolo 25
È passata una settimana dal pomeriggio di studio a casa di Nathan.
Le prove comuni sono state stancanti ma, sono già usciti i risultati, sono andate bene a tutti noi. Studiare insieme ha dato i suoi frutti.
È sabato mattina e sono a casa con i miei genitori. Mia madre sta lavando i piatti che abbiamo usato a colazione, invece mio padre è nello studio. Sanno già dei buoni voti che ho preso e sono felici sia per come sono andate le prove comuni, sia per il generale miglioramento che ha avuto la mia media in tutte le materie. È innegabile che Nathan abbia avuto un influsso positivo su di me, anche se loro ancora non ne sanno niente.
Ne ho parlato con lui in questi giorni e.. penso che sia arrivato il momento.
È il momento di parlare con i miei genitori e dir loro come stanno le cose.
Devo farlo da solo, se invito direttamente qui lui ho paura che si prendano un colpo.
Non so se ne avrò il coraggio e non so come la prenderanno, ma ormai ho deciso.
Mi sento un peso addosso, so che è la paura che la prendano male.
Non voglio. Non voglio deluderli.
Oltre la porta della cucina vedo mia mamma ancora indaffarata. Decido di farmi forza ed avvicinarmi.
"Ti serve una mano?" le chiedo, affiancandomi a lei e passandole un piatto.
Ormai non le manca molto, solo qualche posata e due tazze.
"Grazie Jake, ma non è necessario" mi sorride e prende il piatto per lavarlo.
Di solito è lei a preparare la colazione, ma non oggi. Oggi le ho detto di lasciar fare a me e ho preparato da mangiare per tutti e tre.
Non è stata un'impresa eclatante ma avendo fatto pratica diverse volte preparando la colazione per Nathan sapevo di esserne in grado e ho voluto farlo per loro.
"Finisco io" insisto.
Mia mamma si arrende, con un sospiro si sposta di lato e mi sorride, vedendo che subito mi metto all'opera.
"Sei stranamente servizievole oggi" dice.
"Cosa sta facendo papà?" le chiedo, cambiando discorso.
"Si sta informando per un corso di aggiornamento"
"Ne avrà per molto?"
"Non credo, hai bisogno di qualcosa?"
"A dire il vero sì" ammetto.
È inutile ritardare la cosa, vorrei riuscire a parlargliene prima di pranzo.
Finisco velocemente di lavare la tazza rimasta mentre mia mamma mi aiuta asciugando tutto. Non ha resistito per molto a guardare senza fare niente.
"Vado a vedere quanto gli manca" dico, asciugandomi le mani.
Lascio l'asciugamano sul bancone e mi dirigo allo studio. Si tratta di una piccola stanza della casa in cui teniamo un computer, una libreria e poco altro.
Busso alla porta socchiusa prima di aprirla lentamente.
"Ah, sei tu" dice mio padre, vedendomi sbucare da dietro la porta. "Se ti serve il computer ho quasi finito, devo solo capire come funziona questo sito"
Corruga la fronte e lo vedo concentrato, la schermata bianca aperta sul computer si riflette sulle lenti dei suoi occhiali.
"Ti aiuto"
Gli vado incontro e subito capisco dov'è la pagina che sta cercando e gliela apro.
"Grazie" dice, facendo un sospiro di sollievo. "Era da almeno mezz'ora che ci litigavo"
Gli sorrido, felice di essere stato d'aiuto.
"Ti serviva qualcosa?" mi chiede.
"Ah, giusto" per un attimo me ne ero dimenticato. "Quando hai tempo puoi venire di là? Dovrei parlare con te e la mamma"
"Arrivo subito allora, tempo di spegnere il computer"
"Allora vado a chiamare anche lei"
Esco dello studio e torno in cucina dove ormai ha finito di asciugare tutto.
"Mamma, avresti un minuto? Devo parlare con te e papà"
"Certo tesoro" dice.
La vedo preoccupata.
Per primo raggiungo il salotto e mi siedo sul divano, al centro.
Aiuto, ora che è davvero il momento ho ancora più paura.
Mi sembra di averli aiutati solo per ingraziarmeli, ma non è così e, anche se fosse, so che non basterebbe così poco.
Entrambi mi raggiungono e si siedono di fianco a me, lei a destra e lui a sinistra.
Li vedo scambiarsi un'occhiata preoccupata. Abbasso lo sguardo sul pavimento. Da dove devo iniziare? Non ne ho la minima idea.
"Mamma, papà.. devo dirvi una cosa" inizio, non sapendo bene come continuare. "Io.. volevo dirvelo da un po' ma non trovavo il coraggio.."
Aspetto un attimo a continuare, penso a cosa devo dire. Non riesco a guardarli in faccia.
"Io.. mi sono innamorato"
Mi copro gli occhi con la mano destra, non è questo che volevo dire, non così!
Me lo aspettavo difficile ma non così tanto.
"Sto con questa persona da due mesi e.. voglio presentarvela.."
Sposto la mano, li guardo per un attimo poi abbasso di nuovo lo sguardo. Hanno capito che qualcosa non va, l'ho visto nel loro sguardo. Mi trema la voce e parlare è ancora più faticoso. È il momento, devo dirlo adesso.
"È.. un ragazzo.."
Prendo coraggio e li guardo. Entrambi mi sembrano pallidi, li vedo come congelati.
Mio padre apre la bocca ma non dice niente. Non sa cosa dire.
"Ci stai dicendo che sei gay?" mi chiede poi.
Annuisco. Ho un nodo alla gola e credo che se parlassi adesso non potrei riuscire a trattenere le lacrime.
"Da quanto tempo lo sai?"
"Credo.. Da sempre" mi sforzo di dire, facendo un sorriso amaro.
Ho gli occhi lucidi e vedo che anche quelli di mio padre lo sono.
"Non c'è bisogno di piangere, sei nostro figlio e ti vorremo sempre bene"
Mi circonda le spalle con un braccio e mi stringe a sé.
Mi viene da sorridere, non ho ancora sentito mamma ma sono già più sollevato. Solo ora lascio che una lacrima mi attraversi una guancia.
"Dici di non piangere ma stai piangendo anche tu"
"Non è vero" ribatte. "È solo che.. potresti vivere delle situazioni difficili in futuro per questo motivo.. dovrai essere forte"
Annuisco, ne sono consapevole.
Sposto lo sguardo su mia madre, ha lo sguardo perso nel vuoto.
Le prendo una mano anche se temo che possa ritrarla e mi avvicino a lei, sentendomi di nuovo soffocare dalla paura. Non ho il coraggio di dire nulla, la guardo soltanto.
Si gira verso di me.
"Questo significa.. che non avrò dei nipotini?" dice, con voce tremolante.
"Non è detto, ci sono altri modi.. come l'adozione"
Lei annuisce ma la vedo triste.
Sospira. "Non importa, basta che tu sia felice"
Anche lei ha gli occhi lucidi, mi abbraccia.
"Questo significa.. che per voi va bene?" chiedo, temendo di aver capito male.
"Certo" dice mio papà. "Se tu sei così non abbiamo nessun diritto di opporci, sei nostro figlio e ti vogliamo bene in ogni caso"
Mamma annuisce senza aggiungere altro, tra le lacrime.
Le porgo un fazzolettino che avevo in tasca, lei ci si asciuga il viso.
Mi sorride, non vedo più neanche un briciolo di tristezza nel suo sguardo e sono finalmente, completamente, sollevato.
"Adesso però sono curiosa di sapere qualcosa sul tuo ragazzo" dice.
"Se per voi va bene.. vorrei invitarlo a cena stasera"
"Forse ci serve un po' più di tempo per abituarci all'idea" dice mio padre. "Domani sera sarebbe meglio"
Mamma annuisce, sorridendo.
"Domani sera, okay" dico, di nuovo agitato perché presto conosceranno Nathan.
Li guardo di nuovo, sono felicissimo per come hanno preso la cosa, quasi non riesco a crederci!
"Grazie, sono felice che voi siate i miei genitori"
Mamma si commuove ed è la prima a stringermi in un abbraccio, seguita subito da papà. Abbraccio di gruppo! Non lo facevamo da quando ero piccolo, credo. È una bellissima sensazione essere tra le loro braccia, subito dopo che mi hanno accettato.
Devo subito dirlo a Nathan.
Appena sciolgono l'abbraccio e tornano a fare le loro cose mi chiudo nella mia stanza e lo chiamo. Non ce la faccio a spiegarglielo per messaggio, sono troppo felice.
Dopo un paio di squilli risponde.
"Ehi Jake, tutto bene?" mi chiede, con voce preoccupata.
Sapeva che gliene avrei parlato oggi.
"Sì, benissimo!" la voce di nuovo mi trema e gli occhi tornano ad essere lucidi. È incredibile! "Ho parlato con i miei genitori e l'hanno presa bene, mi sembra un sogno" gli racconto.
"Meno male!" fa un sospiro di sollievo.
In questi mesi mi è capitato raramente di chiamarlo o di ricevere una sua telefonata, ma questa non è la prima volta.
La sua voce è più profonda al telefono, ho tantissima voglia di vederlo, ma oggi resterò con i miei genitori.
"Sei invitato a cena da me domani. Sei libero?"
"Certo, sono sempre libero per te" risponde, ma lo sento strano.
"Non essere agitato, il più è fatto e penso che adesso le cose potranno andare solo bene" cerco di rassicurarlo.
"Va bene, mi fido di te"
Mi sembra di sentirlo già più tranquillo e mi sento meglio anche io.
In realtà non è l'unico ad essere teso, lo sono anche io e mi sembra normale.. Ma ho fiducia che le cose andranno bene da ora in poi, o almeno lo spero tanto. Nathan è un bravo ragazzo, dubito che i miei genitori avranno qualcosa da ridire.
Spazio autrice
Salve salve! spero che le cose vi stiano andando bene. A me potrebbero andare meglio, quando mi sembra di aver risolto un problema ne salta fuori un altro e mi ritrovo impegnatissima.. o forse non riesco a gestire bene il mio tempo. Insomma, scusate se il capitolo è breve e se non riesco ad aggiornare più di frequente >.<
Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto, se è così non dimenticatevi la stellina e spero che vorrete scrivermi cosa ne pensate in un commento.
Alla prossima! xx
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