8. Mai più
30 Novembre 1970, Vezza D'Alba (Langhe), Piemonte.
Da piccola Valeria credeva di essere capace di non sbattere mai gli occhi. Era convinta di poter fissare un oggetto per ore quando in verità le palpebre si chiudevano dopo pochi istanti di riflesso involontario.
Nel presente, invece, sta sconfiggendo ogni record.
Seduta allo sgabello alto della cucina, con il mento appoggiato sul pugno chiuso della mano, mentre il gomito risulta scomodamente posato proprio sul limite del ripiano in marmo, Valeria sta osservando la schiena di Diego da lungo tempo, mentre lui è intento a tagliare a piccoli pezzi dei peperoni da triturare in vista della cena.
«Non voglio più alcun bacio» proclama lei in un tono neutro di voce, privo di intonazione, al che Diego solleva appena la testa dal tagliere ed arresta le mani. «Né alcuna stretta o abbraccio» prosegue lei.
Diego riprende il suo lavoro, lasciando ricadere il contenuto del tagliere sulla pentola al di sopra dei fornelli ancora spenti.
«Qualcos'altro?»
Le lunghe sopracciglia di lei, già piegate in una concentrazione che aveva creato rughe profonde sulla sua fronte, si vedono costrette a separarsi in altezze diverse visto come l'espressione di Valeria abbia assunto una sfumatura accusatoria.
«Perché lo dici in quel tono? Come se fossi arrabbiato. Ti sto chiedendo di smetterla di fingere. Perché la cosa ti infastidisce?»
Con tutta la lentezza del mondo, tale da infastidire Valeria piuttosto, Diego si volta pulendosi le mani con uno straccio lasciato sul ripiano, guardandola fissa al contempo.
«Non rispondi?» Prosegue a tenergli testa lei, vomitando una tensione rimasta tangibile tra di loro dagli ultimi giorni.
Diego lancia lo straccio lontano, posando le mani sul bancone dietro di se.
«Quindi il tuo piano è dimostrare loro che non siamo uniti. Però... mi sembra ottima come strategia.»
«Sai quanto detesto quando fai l'ironico.»
«A quanto pare non è la sola cosa che detesti» fa presente lui, portando adesso le sopracciglia di lei a congiungersi e lo stupore a tingerle la faccia in un arcobaleno di colori.
«Baci ed abbracci! Non sono stati nemmeno molti finora. È davvero qualcosa a cui non puoi rinunciare?»
«Quello di cui mi importa è non mandare a puttane tutto quello che abbiamo fatto finora» sibila lui, mostrandosi falsamente controllato al punto tale che Valeria ghigna, maligna. Sa bene come utilizzi parolacce solo quando si trova fuori da ogni controllo.
«Non mi importa più di valutare tutto ciò a cui pensano. Per sette anni li abbiano fatti assistere ad una bugia alla quale tua madre non ha mai creduto! Che senso ha, quindi?»
«Ha senso se può proteggerti.»
«Da cosa?» Chiede esausta Valeria, tirando fuori una questione sulla quale ha riflettuto troppo spesso nelle ultime notti. «Tua madre non ha esitato un attimo a tagliare fuori la mia famiglia dai loro affari. Avevo creduto che a starmene zitta ed in disparte avrei concesso alle mie sorelle di vivere al sicuro ma a nessuno della tua famiglia è mai importato, specie a tuo fratello!»
«Ci abbiamo già provato» le ricorda Diego con quel poco di pazienza a stento trattenuta. «Non lo rammenti? Eravamo arrabbiati ed ignorarci ci veniva facile, poi cosa era successo? Tutti loro, uno dopo l'altro, i colleghi, gli amici, il resto dei parenti, si era introdotto nel nostro matrimonio e aveva portato ancora più problemi!»
Sì, Valeria lo ricorda. A quel tempo non si fidavano l'uno dell'altra e questo aveva incrinato anche gli affari della compagnia, avendoli resi indipendenti e poco disposti a parlarsi tra di loro. A quel punto si che le sue sorelle avevano rischiato di non avere alcun tipo di sostentamento, eppure adesso...
«Adesso le cose sono diverse» precisa Valeria, raddrizzando in maniera più rigida la schiena per far presente la sua fermezza ed il distacco che ha fatto cadere tra di loro. «Ora mi fido di te, non ci metteranno a rischio.»
«Se davvero ti fidassi di me faresti le cose come le suggerisco.»
Negare sarebbe da folli eppure continuare la riporterebbe indietro. Valeria è posta di fronte ad un bivio e sono solo le parole della sua amica Silvia a farle capire verso dove propendere. Proseguire con la sfrontatezza è l'unica via.
«Dei baci non possano aggiustare tutto.»
Diego è disorientato dalla sua fermezza, lo vede, eppure ad un tratto l'ironia lo raggiunge addolcendogli lo sguardo e la bocca, in una morbidezza che Valeria si costringe a non notare.
«Per quale motivo ti sei fissata sui baci?» Domanda con dolcezza e calma.
«Ho detto anche le carezze.» Puntualizza spigliata Valeria, invece.
«Strette ed abbracci, l'ho capito.»
«Allora accordo fatto.»
Senza aspettare una risposta, Valeria scende di fretta dallo sgabello, lasciandosi il silenzio di Diego alle spalle.
-
«Avete litigato» proclama Silvia dopo aver continuato a far scorrere lo sguardo da lui a lei, quasi stesse partecipando ad un test richiedente le differenze tra due immagini.
«No, non lo abbiamo fatto» afferma testarda Valeria, lanciando uno sguardo a Diego poco più avanti.
Ricevendolo, l'uomo se ne allontana in poco meno di un attimo, quasi come se la cosa non lo scalfisse.
«Sì, invece.»
«Per quanto dovremmo ancora continuare?»
«Penso solo che sia assurdo, lui ha giurato di proteggere la tua famiglia e di tutelarla!»
Già, Valeria lo sa, per questo si è ripromessa di trovare una soluzione per quel mezzo disastro. Rendersi indipendenti di colpo le appare fondamentale, come l'allontanarsi il più in fretta possibile da Diego.
«Vale, non mi rispondi? Vale...»
Facendo collidere con un colpo deciso tutti i fogli fuoriusciti dal fax, Valeria si allontana senza fornirle risposta. Tanto è facile allontanarsi dall'amica quanto più è difficile farlo dal suo capo reparto nonché finto marito che continua a fissarla, nonostante i lati opposti della stanza.
Diego sfoggia un'espressione concentrata rivolta verso di lei mentre se ne resta con le braccia intrecciate al petto e la schiena posata ad una delle colonne presenti lungo questo loro piano, accerchiato dal gruppo dei venditori che tentano di fargli acquistare importanti apparecchi elettronici per la compagnia, appena giunti sul mercato.
Nemmeno fornisce loro la giusta considerazione, allontanandosi con passi decisi e controllati per poter raggiungere il suo ufficio.
Il tempo di vederglielo fare ed ecco che Valeria percepisce il telefono del suo centralino suonare. Afferra con esitazione la cornetta, dopodiché dall'altro capo la raggiunge la voce di Emma.
«Suo marito vorrebbe vederla nel suo ufficio, dice che è urgente.»
«Non verrò. Riferisciglielo pure.»
«Come?»
«Ho da fare. Gli basti sapere questo» afferma poco prima di far precipitare nel vuoto la chiamata di linea e riprendere con il proprio lavoro.
Concentrarsi su questioni esterne alla sua vita l'aveva da sempre aiutata molto, specie nei momenti di maggiore crisi o di mutamento. Non faceva eccezione il presente.
Valeria si tiene occupata fintanto che due braccia non la raggiungono, arrivandole da dietro, lasciando alle mani modo di posarsi sulla scrivania, a fianco a quella stessa documentazione che Vale stava analizzando, per poter avere il giusto appoggio.
Per un istante gli occhi di lei si soffermano sulla fede dorata e sulle vene in sporgenza dell'avambraccio di quella mano, a risalire, dal momento che le maniche erano state risvoltate.
«Non ti sto abbracciando» le fa presente la voce di lui in un sussurro e Valeria viene come guidata dall'istinto nel socchiudere gli occhi, permettendo al resto dei sensi di farsi più intensi.
L'olfatto, al di sopra degli altri, capta il profumo fresco del marito, riconoscendolo tra milioni.
«Ma ci sono un sacco di modi grazie ai quali poter fingere. Ti volevo in ufficio per capire quanti di questi saresti stata disposta a tollerare... ma rimanendo alla tua postazione mi hai permesso di concepirlo piuttosto bene: tutti quanti.»
«Di che stai parlando?»
Diego si fa ancora più vicino, arrivando a farle percepire quasi il calore del suo petto lungo la schiena.
«Intendo il modo con cui gli altri ci stanno fissando. Quello che desidero fraintendano, quello che tu neghi con fermezza possa avvenire tra di noi.»
Doveva essere impazzito, cosa cercava di fare?
In un attimo Valeria vede loro due con gli occhi di uno scrutatore esterno e prova imbarazzo per quell'intimo approccio che stava avvenendo sul posto di lavoro, per quanto Diego non stia facendo niente. Le è solo alle spalle, mentre è seduta alla sua scrivania, pronto a sussurrarle all'orecchio parole di una complicità che nessuno sospetta.
Prima d'ora non si era avvicinato tanto mentre lei gli chiedeva di non farlo ed è sconvolgente come riesca ad ogni modo ad agire con rispetto.
«Se vuoi litigare possiamo farlo ma devi parlare con me.»
«Per dirti cosa?»
«Puoi partire con il motivo per cui hai deciso dovessimo allontanarci.»
«No... non posso dirtelo.»
Le mani di Diego scivolano lungo il ripiano del tavolo, senza ritrarsi ma voltandosi sotto sopra per afferrarlo saldamente al termine, vicino alle braccia di Vale.
«Ogni volta che andiamo da mia madre accade qualcosa... voglio solo assicurarmi che tu stia bene.»
Valeria ha capito che Diego non se ne andrà via tanto facilmente senza aver ottenuto una risposta e per di più averlo vicino sta divenendo insostenibile. Le manca l'aria ed ha il cuore impaurito di un cerbiatto in stagione di caccia. La cosa la fa rabbrividire e reagire al punto tale da decidere di voltarsi indietro, verso di lui, rimanendo confinata dalla gabbia di braccia che lui le ha eretto intorno.
Ora sono occhi negli occhi. Valeria nota il colore castano dell'iride, in tinta con i toni della barba divenuta più lunga, volendosi poi rivolgere alla loro calma per poter avere risposte.
«Io ti piaccio?»
«Come?»
Un veloce lampo di spaesamento li sconvolge, dando vita a tutt'altra espressione sul suo volto ravvicinato.
«Non ti sto chiedendo se mi ami, sto intendendo qualsiasi cosa, anche della semplice simpatia. Se così fosse allora non dovrebbe esistere. Non è cambiato niente. Non voglio legami.»
All'udire simili parole, Diego rialza lento la schiena senza allontanare gli occhi da lei.
«Questo è di più di lasciarsi dividere» afferma, vedendo accompagnato come da del disgusto nell'affermare le successive parole. «È tornare agli inizi.»
Sì, è un tentativo disperato di mettersi al riparo. Non nega che sia da egoisti, né che possa essere in parte sbagliato ma percependo dolore dalla retrocessione di passi che Diego sta compiendo capisce che è necessario. Ristabilire i ruoli e le distanze come è giusto che sia.
Detesta percepire il bisogno che sta avendo di seguire con gli occhi il marito fino all'ufficio. Detesta non capire perché un uomo che non conosce sia giunto fino a lui e gli stia sussurrando in un orecchio parole a lei sorde. Ricorda, d'un tratto, di non sapere il suo nome ma di averlo visto molto spesso in casa loro e di sfuggita, avendolo sempre notato battere in ritirata non appena Valeria li raggiungeva in una stanza.
Attende che i due entrino all'interno dell'ufficio prima di avvicinarsi lentamente verso la postazione di Emma, pronta a sussurrare per non farsi sentire da Diego.
«Emma... chi è l'uomo che è appena entrato con Diego?»
«L'avvocato penale dell'azienda, si chiama Giulio Ruggeri. Ultimamente viene spesso a trovarlo... è insolito. So che il suo posto di lavoro si trova nella nostra succursale e che è da lì che opera.»
Rimane ad osservare la porta dell'ufficio per alcuni istanti, prima di essere costretta da se stessa ad allontanarsi.
All'interno, invece, Diego prorompe in un sospiro di stanchezza, accomodandosi alla sua postazione.
Si afferra la testa tra le mani per poi irrequieto batterle in deboli pugni contro il tavolo, a caccia di una concentrazione scomparsa.
«Va tutto bene?» Domanda verso di lui il suo amico nonché avvocato. Diego gli lancia un'occhiata esplicativa, essendo certo che sul momento le parole possano uscirgli come un grido.
Ripensa a ciò lui e sua moglie si sono detti, accarezzandosi con la parte laterale dell'indice le labbra, avanti ed indietro, mentre quei discorsi riprendono da capo, partendo dal confronto della scorsa sera, in cucina.
Ad un tratto, colto dalla reazione di un momento preciso, Diego sbuffa con un sorriso esausto e si solleva in piedi, andando verso la finestra.
Agli occhi di una persona esterna ai fatti apparirebbe come un pazzo.
«Forse è meglio che sia andata così. Non avrei avuto la forza per farlo io stesso» mormora distrattamente, osservando il mondo oltre la finestra mentre i piedi rimangono stabili sulla rossa moquette.
«Si è allontanata?» Diego non ha nemmeno la forza per annuire, ma il suo silenzio è sufficiente. «Dunque ora sei convinto?»
«Dovremo aspettarne l'approvazione...»
«Ad ogni modo, sicuro di un responso positivo, ho già preparato il contratto. Vuoi vederlo?»
Ancora un silenzio violento e l'avvocato pronto a farsi carico di una scelta. Giunge fino a Diego, fino alla finestra, permettendo l'intromissione visiva dei nuovi fogli battuti a macchina rispetto al paesaggio.
«Che cosa ne pensi?»
Diego vorrebbe lottare contro se stesso rispetto all'azione che sta per compiere ma la sconfitta vince su tutto.
«Hai una penna?»
L'avvocato l'afferra dal taschino, rivolgendola poi all'amico che la impugna e posandosi alla scrivania lascia un'indelebile firma al termine della pagina, racchiudendo il passato in uno scarabocchio veloce, confusionale come era stata la vita fino ad adesso.
«Così dovremmo essere apposto, no?» Domanda in maniera retorica, lanciando in un volo pindarico breve le penna in una direzione imprecisata del tavolo. L'avvocato evita di rispondere perché il suo cliente è già a conoscenza quanto basta da sapere l'ulteriore passaggio di quella procedura, dunque chiude la ventiquattrore da cui aveva estratto la documentazione in uno scatto esitante, volendo restare.
«Torno nell'altra filiare. Se dovessero esserci dei problemi non esitare a chiamarmi.»
«D'accordo, Giulio. Grazie...»
Non vorrebbe proprio andarsene ma il lavoro richiede la sua presenza e l'amico una solitudine da lasciar sfogare. Una volta rimasto solo, Diego la percepisce in tutta la sua pesantezza. Apre uno scompartimento della scrivania per potervi celare all'interno la documentazione appena firmata ed ecco che ritrova la loro foto. Resta immobile per lungo tempo, prima di prenderla tra le mani.
Valeria non vuole legami, pensa, fissando il ritratto di lei nella foto, così tanto vicino al suo. Allora sette anni assieme cosa sono?
I pensieri vengono raggiunti da un rumore sordo alla finestra. Attende. Lo percepisce replicarsi nell'esecuzione pirotecnica di un secondo sassolino lanciato contro il vetro e a quel punto posa la foto con la cornice, assieme ai contratti, chiude lo scompartimento a chiave e finisce per avvicinarsi a quel richiamo.
Suo fratello è nell'area verde della società, con un pallone sotto braccio ed una semplice richiesta scritta lungo tutto il sorriso: "ti va di raggiungermi?"
Ha piovuto da poco, Diego se ne rende conto non appena si trova a percorrere l'erba perfetta di quel loro giardino, avanzando nella direzione di Mattia, assieme ad un altro milione di pensieri lenti che marciano al suo stesso passo.
Mattia studia il fratello, l'aria afflitta, le mani nelle tasche, uno spirito completamente opposto alla giovialità del proprio, chiedendosi quanto male possa fare la serietà. Diego avrebbe davvero bisogno di divertirsi un po' ed il fratello è felice di concederglielo. Sembra essere passata una vita dall'ultima volta che hanno scherzato insieme.
«Che ne dici? Una partita?» Gli domanda, mostrando il pallone nero e bianco sul piedistallo delle cinque dita della mano, al che Diego è costretto a sorridere.
«Dove lo hai trovato?»
«È leggermente sgonfio, lo hanno lasciato dei ragazzi giocando per strada. Ad ogni modo... ancora utilizzabile.»
Termina la frase spedendo con un colpo di tacco il tallone fino al fratello, dopo esserselo fatto cadere di mano, per poi gioire elettrizzato all'idea della connessione pronta a re instaurarsi.
Anche Diego sorride in maniera più tenera, quasi arresa, rispondendo al lancio del gemello con un buon gioco di piedi.
«Però... vedo che non hai perso smalto» commenta Mattia, tentando di mettere in atto una finta in modo da rubargli il pallone prima che qualcosa deconcentri la sua attenzione. «A quanto pare è tornato.»
Diego volge appena la testa verso la persona appena notata, constando con assenza di stupore trattarsi dell'avvocato.
«Non preoccuparti, non era niente di importante. Stavolta è passato di qui per piccoli problemi di lavoro.»
Diego è preso da ben altri pensieri mentre gioca con il pallone, dimostrando una giovinezza che credeva di aver perso per tutta quella preoccupazione covata negli anni. È il fratello a riportarlo a sé, domandandogli una frase immaginata per molto tempo e finalmente trasmessa a parole.
«Mi nascondi qualcosa, fratello?»
Il diretto interessato appare ancora distaccato quando, con sempre le mani nelle tasche, spedisce il pallone nella direzione di Mattia, liberandosene in un sorriso.
«Che cosa dovrei nasconderti?»
«Sono il capo, qui. Dovrei avere tutto sotto controllo.»
«Giulio è facile da rintracciare. Se desideri puoi chiamarlo in modo da essere messo al corrente delle questioni.»
Alla prospettiva, Mattia storce le labbra. Non ne è convinto, pensa che quei due si stiano organizzando troppo bene per fregarlo ed è pronto ad affermare il dissenso che sente prima che la voce del fratello lo anticipi.
«Non saranno di nuovo le tue manie? Credevo fossero una fase passata.»
«Infatti è così» mente il fratello. Mattia aveva ben scoperto da anni quanto la vita gli fosse più semplice se arrivava a mentire riguardo i suoi stati d'animo. Garantiva una visione più limpida della verità e soprattutto impediva agli altri di introdurvisi.
Spia di sottecchi il fratello mentre questi continua ad effettuare dei passaggi in solitaria, a caccia di risposte per domande impossibili da porre.
-
Si era ripromessa in passato che non avrebbe mai mostrato preoccupazione o angoscia in queste Langhe, nella prospettiva di essere la moglie perfetta in un primo tempo e a seguito nell'ideale di esserne una impossibile da scalfire, intoccabile, eppure li prova entrambi i sentimenti non avvertendolo tornare.
È chiusa nella sua stanza. È notte fonda, quasi l'alba. Nessun rumore che risulta capace di annunciare l'ingresso di lui da delle ore.
Durante il loro matrimonio le volte in cui una simile situazione era capitata si contavano sulle dita di una mano e Valeria non le rammentava con affetto.
Per questo motivo il cuore le batte straordinariamente veloce non appena percepisce il suono delle chiavi nella toppa. Rimane in ascolto di ogni rumore seguente l'ingresso del marito nel soggiorno e non percependoli, maledicendo se stessa per trovarsi a ripetere azioni in passato denunciate per la loro avventatezza, si solleva dal letto per aprire la porta della sua camera.
Spera che il marito non possa vederla, ritiratosi in un'altra stanza o essendosi diretto in cucina, ma lui è appoggiato con la schiena alla porta dell'ingresso ed ha la testa rivolta nella sua direzione.
«Tranquilla... non ho bevuto.»
La cosa riesce a dare più sicurezza a Vale che apre maggiormente la porta, prima ridotta ad uno spiraglio, per poter valutare il suo stato.
Prova uno certo spaesamento di fronte ai suoi occhi decisi ma stanchi, tanto da abbassare i suoi al punto che il marito è costretto a parlare per farli ritornare a se.
«Più nessuna recita, mh? D'accordo... faremo come vuoi.»
Avvicinarsi a lui sarebbe fuori da ogni logica, un istinto contro cui Valeria riesce a combattere a stento perché vederlo così afflitto le fa ricordare solo quanto davvero possa essere più felice, senza di lei.
Riflette su quanto la sua rabbia sia arrivata a corromperlo. Ripensa a quanto Silvia si sia dimostrata sorpresa nel constatare la presenza attuale del suo istinto di vendetta e ricorda quanto abbia danneggiato la loro la presenza di Mattia: era sempre stata una ragazza forte, sicura di se, allegra ma Mattia l'aveva privata dell'essere donna e l'aveva svuotata. Completamente riarsa e costretta a fare terra bruciata attorno.
Se solo potesse privarsi di tutta quella furia lo farebbe ma è divenuta parte della sua nuova anima. Un'anima che detesta, con tutta se stessa.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top