46. Spari in cielo

Che cosa è appena successo? Mattia non sa esprimerlo. Erano seduti tutti quanti a tavola prima che succedesse il finimondo. Di che cosa si è trattato? Insomma, non riesce a credere ad una sola parola e parte a ridere tra sé e sé, scuotendo il torace come se fosse trafitto da scariche elettriche.

Assurdo, tutto davvero assurdo. Quell'uscita di scena? Pura follia. E sua madre?

Si volta, ancora ridente, per vedere lo stato di sua madre e sconvolto si rende conto che la donna sta ancora piangendo con gli occhi chiusi ed il volto rivolto di lato.

«Mamma?» La richiama, ma la donna non le risponde. Che cos'è questo gioco? Stavano cenando tranquillamente, come tutte le sere, quando ecco che d'improvviso tutti sembrano essere impazziti. «Non crederai davvero a quello che hai sentito, vero?»

«Basta, Mattia... arrenditi. Valeria è andata via con tuo fratello.»

«Fratello? Quale fratello? Io non ne ho nessuno. Intendi quell'impostore che se ne è andato dalla stanza tenendola per mano? Avanti, mamma... è il momento di smetterla di fingere. Tutto questo non è divertente e sinceramente mi ha anche un po' stancato.»

Dal secchiello del ghiaccio Mattia solleva la bottiglia di champagne e la apre, essendo già scattata la mezzanotte. Si fissa intorno, verifica che non vi siano camerieri a spiarli prima di rovesciare un po' del contenuto nel proprio calice e assaporarne un diffidente sorso.

«Non hai un fratello?»

«Certo che no.»

«Dici sul serio, Mattia?... Non dovresti bere con le pasticche che prendi.»

Alla richiesta della madre, l'uomo abbassa la mano contenente il calice per poter rivolgersi completamente alla sua attenzione. La donna ha smesso di piangere ed è come se lo fissasse con una sorta di odio e malinconia. No, non riesce a spiegarselo, sua madre lo guarda sempre con amore e appoggia ogni sua constatazione.

«Non ne abbiamo già parlato, mamma?»

«Forse ho sottovalutato la cosa. Credevo lo dicessi con disprezzo, nell'odio con cui ho sempre tentato di proteggermi io ma tu, figlio mio, davvero credi di essere solo?»

Mattia si stringe nelle spalle, manifestando un sorriso che adesso sembra essere sporcato di rabbia.

«Lo sono sempre stato, no?» Sua madre lo fissa con preoccupazione, temendo per la prima volta l'espressione con cui lui la guarda. «Mi avete sempre considerato come un bugiardo ma non è quello che sono.»

«E sei solo?» Ribadisce nel chiedere lei, al che Mattia apre le braccia esausto.

«Cos'altro dovrei essere se non solo? Tu non mi credi e mia moglie se ne è appena andata con un altro solo per farmi impazzire!»

«Tua moglie?» Sussurra Sofia avvertendo una fitta al cuore ma è come se Mattia non fosse in grado di sentire la sua voce.

«Immagino che sia proprio da me e te innamorarsi di persone che finiscono per tradirci. Non faccio una colpa a nessuno di noi due ma quella donna... dovrebbe davvero darsi un limite, ci sono i nostri figli in gioco e con loro non si scherza!»

«Figli?» Sussurra ancora Sofia, ad un tono di voce ancora più basso. Solo ora Mattia si rende conto della sua confusione e la fissa annuendo concitamente, quasi fosse scioccato dalla precisazione.

«Ma certo, mamma, i tuoi nipoti. Gaia, Edoardo e Davide.»

«Certo... i miei nipoti» mormora lei, con le lacrime che le scendono ancora più copiose dagli occhi.
Mattia la fissa con tenerezza, non riuscendo a credere alla dolcezza di quella donna.
Anzi, non credendole affatto.

«Mamma... non devi piangere ogni volta che li nominiamo. Capisco il bene che li vuoi ma qui non stiamo parlando solo di loro. Valeria è una pessima madre che non si vuole assumere le sue responsabilità genitoriali e che adora che sia Silvia a prendersi carico di tutto, ma credo che questo debba finire. Sono il loro padre e sono pronto a prendermi cura di loro, ora che sono tornato.»

«Credo di aver bisogno di stendermi.»

«Non stai bene?»

«Devo solo stendermi.»

«Mamma...?» La richiama Mattia ma la donna si è allontanata da lui, continuando a piangere, e in quella sorta di addio l'uomo percepisce un drastico mutamento.

Di colpo la stanza non gli appare più la stessa e quel soggiorno che fino a poco prima lo aveva visto cosi sicuro di sè ora si fa beffa della sua preoccupazione. Sbaglia nell'esitare, ne è certo, Valeria non può essersi innamorata di un altro. La finzione non può essere diventata verità specie dopo che si sono promessi così tanto. Dopo essersi scambiati gli anelli come promesse e...

Mattia solleva entrambe le mani, senza trovare alcun anello. Era certo che fosse al suo dito, una fedina con una piccola pietra nera incastonata al centro, di puro quarzo, che lui e Valeria si erano scambiati. Dove era finita? Ruota le mani in due versi, come se nell'improvviso mutamento rotatorio la fedina potesse ricomparire di colpo al suo indice ma nel farlo scopre altro. Lo sguardo si sofferma sui gemelli che ha messo al termine dei polsini, regalati da suo nonno, e dalle iniziali incise su di loro. Inorridisce alla vista delle iniziali DG scolpite al centro.

Se ne libera di scatto e le butta a terra, facendole volare dall'altro lato della stanza mentre il respiro parte a rompersi trafitto dal panico.
Apre di scatto persino l'orologio e all'interno ritrova la dedica di suo nonno... solo che al posto del suo nome compare quello del fratello rinnegato.

Non può essere diventato lui Diego, non può.
Corre a vedersi allo specchio affisso alla parete, al di sopra del tavolo degli alcoli, per poter spiare all'interno del suo riflesso.
Non può essere diventato l'altro uomo.

Lui aveva il cuore di Valeria. Aveva dei figli con lei, la fede al dito, la promessa di un riscatto e milioni di altre promesse che si sono fatti! Non può essere stata tutta finzione, non può! Ci sono stati dei baci, delle parole, degli accordi.

In una sola mossa Mattia getta a terra tutto ciò che era presente sul mobile, infrangendo in un milione di vetri le costose bottiglie presenti. Vorrebbe credere che non sia stato tutta una bugia, ma quel riflesso...

Del sangue gli cola dalla faccia. Una scheggia di vetro è ribalzata dalle bottiglie e lo ha ferito piuttosto vicino all'occhio... a una tempia.

Mattia solleva la mano e ripulisce il sangue lasciandolo colare in una striscia verticale lungo il lato destro del viso.

Non può essere accidentale, non può essersi basato tutto su una teoria...

«Me lo avevi promesso, Vale... me lo avevi promesso» sussurra in preda al pianto, scuotendo le spalle dalle scapole come se stesse lottando contro delle mani invisibili che tentano di consolarlo. Ma dietro di sé non ha nessuno, per quante promesse possono essergli state fatte.

Posa le mani, tremanti, lungo il mobile sgombrato di ogni decoro mentre crolla a terra, maledicendo la lucidità che è tornata in lui, cessando di farlo vivere nella realtà che si era creata.

-

La rasatura del tappeto in pura lana grigia accarezza la pelle nuda dei due amanti mentre fissano il soffitto del loro soggiorno, contemplando le travi a vista di legno.

«Raccontami ancora della Sicilia.»

Valeria sorride alla richiesta, socchiudendo gli occhi per vedere tra le ciglia  il ricordo della sua terra.

«La Sicilia è la terra del sole e ha una distesa infinita di spiagge e di mare. Il clima è mite grazie alla salsedine e non si soffre mai il troppo freddo, solo il troppo caldo.» A quell'idea Diego sorride chiudendo gli occhi e sforzandosi di immaginarsi proprio un luogo in cui non faccia freddo, a confronto della gelida città in cui vivono. «E poi ci sono cinque ragazze innamorate perse di te... che cosa puoi chiedere di più?»

«Cinque ragazze?»

«Rita deve essersi innamorata di te da quando le parlavi come se fosse un'adulta e temo che anche Clara lo sia.»

«E poi Angela e Margherita... ma chi è la quinta?»

«Non insistere...»

«Ti vedi già tra le tue sorelle?»

«È solo che non mi potevo escludere.»

All'affermazione, Diego distende il braccio di fianco e la invita a stendersi contro il suo petto. Vale si accoccola contro il suo corpo come se fosse un gatto randagio in cerca di calore, capace di non tremare più non appena quello stesso braccio si chiude attorno a lei. Anche i suoi occhi si serrano, ospitando il completo buio mentre il tepore la circonda.

«A che cosa stai pensando?»

Gli occhi le tornano serrati, tramortiti da quella domanda. Decide di essere sincera.

«Al fatto che ti abbia detto "ti amo" e che tu non abbia risposto.»

Diego sorride e rimane immobile per qualche tempo, prima di sollevarsi facendo presa sullo stesso braccio grazie al quale ha inviato il corpo di lei contro il proprio in modo da fissarla dall'alto, mentre rimane steso su di un fianco.

«Quindi adesso posso parlare senza venire bloccato dalla tua paura?»

«È stata solo questa a frenarti?»

Non c'è bisogno che le risponda. Si china verso di lei e la bacia con lentezza, assicurandosi che possa tornare a chiudere gli occhi, almeno durante quel contatto.

Quando questi termina, fissa dall'alto il volto di lei, rilassato e perfetto, l'arcatura delle nere sopracciglia, i morbidi capelli lisci che si sono aperti lungo il pavimento come un ventaglio, la sua bocca rosea, lo scavo delle sue guance, gli zigomi affilati, l'incertezza dei suoi occhi, l'esitazione delle sue mani...

«Ti amo, Vale. Lo faccio da un sacco di tempo» le dice, accarezzandole i capelli mentre gli occhi di lei si dipingono di un leggero strato di tristezza lucida.

«Devi promettermi che continuerai a farlo, per sempre. Che mi amerai per quella che sono. Che non mi lascerai.»

«Tu farai lo stesso?»

«Non so andarmene» sussurra, accarezzando il torace dell'uomo con la punta delle dita e con una profonda oppressione covata nell'animo. «Ti assicuro che non avrei mai voluto che tutto questo potesse accadere. Avrei preferito non innamorarmi e lasciar decidere al destino quando sarebbe arrivato il momento per me di tornare a casa... ma non avrei mai immaginato che potesse essere insieme. Non odiarmi per questo...»

«Non so odiarti.»

«Allora anche tu sei condannato. Viviamo la vita di due innamorati che non hanno più una volontà propria.»

«È così tremendo?»

«No... ma a me fa molta paura. Parlare con Sanna mi ha aiutato ma quando ho scoperto di amarti da tutto questo tempo...»

«..da quando?»

Valeria solleva lo sguardo che si era perso nella visione del suo splendido torace.

«Dal giorno in cui ci siamo conosciuti e stavo ballando per strada... assurdo, non è vero? Eppure era così ovvio.»

A ricambiare quell'affetto, l'uomo le posa un lento bacio a stampo lungo le labbra socchiuse, prima di sollevarsi di nuovo così da fissarla.

«Nessuna emozione è mai chiara, né pura, né limpida. Siamo umani che si macchiano di errori e raramente qualcosa riesce a risultare evidente... ma sono contento che il tuo amore per me lo sia stato. Io ti ho amata un poco alla volta, osservandoti, imparando a conoscerti e ancora non posso dire di riuscire a farlo del tutto ma ti amo. Ti ho amata mentre hai affrontato mia madre in quel modo stasera e mentre hai tenuto testa a Mattia parlandogli di noi. Sono piccole cose, Vale, ma per me hanno un'importanza profonda.»

Dal lontano, un piccolo fuoco d'artificio scoppia dalla torre più alta del villaggio cittadino, lasciando nel cielo notturno una scia di stelle brillanti come spari.
Avvertono il suono dalla loro casa, dal loro soggiorno, e per qualche istante quel colore rosa dell'artificio li illumina rischiarando i loro volti e i loro cuori, finalmente in pace, prima di farli tornare nella penombra e nel silenzio, lasciandoli di nuovo distesi l'uno sull'altro, vittime solo di loro stessi.

-

Un altro fuoco di artificio scoppia e ha il rintrono di una campana.
Mattia è premuto contro la parete del soggiorno tremante, con le ginocchia al petto e le mani pressate contro le orecchie. Non ne può più di questi spari, di queste luci, di questi colpi improvvisi ma soprattutto non ne può più di tutto questo rumore che gli sta rimbombando nel cervello facendogli tremare il cuore.

Che qualcuno faccia fermare gli spari, per pietà... Che qualcuno abbia pietà, supplica la sua mente da sempre inaccessibile, da sempre qualcosa di confusionario e privato.

Che qualcuno abbia pietà dei deboli... e smascheri i più forti. Che qualcuno faccia smettere gli spari.

1 Gennaio 1971, Vezza D'Alba (Langhe), Piemonte.

In un nuovo anno ogni cosa parte dal principio o forse è solo un illusione. Forse l'uomo vuole solo credere che tutto possa finire e che un semplice viaggio del sole attorno al mondo abbia un preciso significato, che possa esserci una rinascita, che possa esserci speranza.

L'uomo supplica e l'anima realizza, offre un sogno, garantisce un'alternativa eppure al tempo stesso chiede un piccolo compenso: è possibile la vittoria contro i propri demoni, purché vi sia collaborazione verso tale rinuncia. Deve esserci un atto preciso, una sorta di dichiarazione, verbale o scritta, che possa dichiarare il termine di quella sofferenza.

L'uomo deve fare la sua parte, cosi da credere e continuare a sperare.
Non è ammessa alcuna ritorsione, alcuna diffida, alcun tentativo di evitare la sofferenza se l'affrontarla tradisce uno scopo.

Per questo motivo Diego si accomoda lungo il divanetto dello psicologo, ormai rinunciatario nell'accettare di essere divenuto parte dei suoi pazienti, o peggio di aver deciso di propria volontà che fosse il momento per diventarlo del tutto.

Non esita più, dopo una notte passata insonne al fianco di lei senza essere in grado di dormire serenamente.

«Mi ha chiesto di tornare da lei qualora fossi stato pronto a parlare di quella notte» parte a dire, cercando un confronto con Sanna mentre questi rimane in profondo silenzio ad osservare l'uomo farsi a pezzi. «Intendo la notte della violenza di Valeria, quello che ho provato...»

Ancora nessuna parola. Lo sta lasciando libero di spiegare le proprie emozioni ma il non avere controllo riempie Diego di sgomento e lo conduce a prendere un profondo respiro prima di partire a spiegare.

«Non avrei mai avuto il coraggio di tornare qui e parlare di questo se ieri notte Valeria-... Se lei non ne avesse parlato per prima, ieri notte, con mia madre.»

«Va tutto bene, Diego» lo rassicura finalmente l'uomo, guardandolo con apprensione ma aspettando copioso le parole di cui è in attesa. «Hai già fatto un enorme passo nel presentarti qui.»

Non vede l'ora di sentirlo parlare, di sentirlo chiarire. Di capire cosa possa aver provato un uomo del genere, integro, tutto d'un pezzo, quando il destino aveva deciso di togliergli tutto. Ma più di ogni altra cosa non vede l'ora di capire come la terapia che esercita nel proprio studio possa essere d'aiuto ad affrontare traumi del genere con persone del genere. Mattia, Valeria, Diego... caratteri diversi e contrastanti, persone diverse che combattono lo stesso male...

«L'ho trovata per primo, quella notte. Camminavo per la strada che affiancava il fiume, neanche ricordo più che cosa stessi facendo. Rammento solo di aver pensato di aver bisogno di camminare. Volevo schiarirmi le idee e smettere di pensare a lei, al fatto che stesse per sposare mio fratello, quando poi l'ho vista nel suo vestito bianco, sul declino del prato.»

La scena risulta vivida nella mente di entrambi: una notte gelida, piena d'orrore, nella quale non c'è stato alcun soccorso... alcun aiuto. Per un solo istante la visione del volto di Valeria premuto, di lato, contro il prato raggiunge la mente dello psicologo.
Scaccia via in un istante quella scena, concentrandosi, più che sull'orrore, su ciò che ha comportato il dopo di quell'atto. Il risultato della catastrofe a seguito dello scoppio della bomba.

«Aveva il vestito sollevato sulle cosce e verso l'interno c'era del sangue... abbastanza sangue da non sembrare normale, e lei era immobile. Guardava nel vuoto, in direzione del fiume, con il trucco colato lungo gli occhi. Rimase bloccata in quel modo fin quando non la chiamai.»

«Piangeva?»

«Sì. Ma smise non appena voltò la testa per guardarmi. La mia mente si rifiutava di capire, di vedere che cosa fosse successo. Ignorava l'abito, il sangue, il corpo di lei che pareva abbandonato senza volontà contro il prato... ma bastò che mi fissasse con quel carico di odio per capire che cosa era successo.»

Lo psicologo non si immaginava che fosse andata così. Credeva che Diego avesse trovato la ragazza ancora in uno stato confusionale, piena di timore e non ancora avvelenata dalla violenza perpetuata ma a quanto pare si era impossessata di lei senza alcun controllo subito dopo l'accaduto. Quasi l'avesse violentata un demonio riuscito ad avvelenarle il sangue, conducendola poi a proiettare su Diego tutto ciò che le era capitato.

«Odio?»

«Sì, provava rabbia.. e allo stesso tempo quelle lacrime mi mostravano fragilità. Era come se detestasse che fossi stato proprio io a trovarla. Mi odiava ma supplicava anche di vedermi andare via da lì e dimenticare che cosa fosse successo. Questa è l'impressione che ho avuto.»

«Ancora odio e amore, mescolati assieme» replica l'uomo, accavallando le gambe tra di loro e fissando l'altro con preoccupazione.

«Possono mai separarsi?»

«Forse no. La mente umana agisce in modo del tutto inconscio» commenta Sanna, aprendo il proprio taccuino ma sbagliandone il verso.
Davvero comica come cosa, volendo scrivere di Diego ma ritrovando gli appunti riguardanti Mattia, presenti sul lato opposto. Forse niente è mai davvero in grado di dividersi.

Corregge il tiro e riporta le cose al proprio ordine, aprendo poi la propria penna a sfera per tornare a prendere appunti.

«Come ti sei sentito, guardandola?»

«Senza appigli. Come mi avessero sparato al centro del petto. Di nuovo piccolo. Di nuovo sotto le grinfie di mio fratello.»

«Del tutto indifeso, quindi.»

Stavolta al posto del volto di Valeria premuto contro il prato, Sanna vede quello del piccolo Diego, scalciante per poter ottenere la propria libertà dall'oppressione di quella pietra.

«Del tutto indifeso e ferito che fosse capitata quella violenza a lei.»

«E come hai reagito?»

«Sono rimasto bloccato per un sacco di tempo, o forse così mi è sembrato. Non riuscivo a muovermi, non riuscivo a smettere di guardare nei suoi occhi. Vedevo il riflesso del lago riflettersi sulle sue gambe e speravo che portasse via il sangue. Speravo che con una sola ondata, proveniente dalla foce, quell'acqua ci trascinasse entrambi via facendoci scivolare lungo il pendio di quel prato... ma non è accaduto. L'ho vista rialzarsi, tremante, per poi abbattersi su di me, con tutta la rabbia che aveva.»

«Vi siete parlati, ultimamente?»

Diego tiene gli occhi bassi, ripensando agli ultimi giorni.

«Non abbiamo fatto altro in queste giornate.»

«È un bene per voi, non dovete smettere. Dovete parlare, confrontarvi, capire quanto l'amore possa avervi uniti in modo da dimenticare tutto questo orrore.»

«Se ne andrà mai?»

«Solo continuandolo ad esorcizzare. Che cos'altro è successo, quella notte?»

L'uomo tace, ripercorrendo quegli istanti di seguito l'uno all'altro e rimanendo in silenzio per un sacco di tempo. Ciò attira lo sguardo dello psicologo che inclina il capo, alla ricerca del suo sguardo.

«Diego?»

Al richiamo l'uomo si riscuote, scrollando la testa e sbattendo diverse volte gli occhi prima di riprendere il proprio racconto.

«Prima che arrivassero le sue sorelle, Vale mi stava picchiando. Batteva dei pugni contro il mio petto e piangeva, non smetteva di farlo, e mi parlava con odio, disprezzo, delusione... tristezza.»

«Ti ha detto qualcosa in particolare?»

Il pomo d'Adamo lungo la gola di Diego si solleva e si riabbassa ripetutamente, cercando di immagazzinare del fiato che arriva a respiri sempre più brevi.

«Mi disse che quello che era accaduto non si poteva cancellare, che era una colpa e che ci aveva rovinati, cambiandoci per sempre.»

«In effetti, vi ha cambiati.»

«Ma ci ha rovinati?»

«Io credo una cosa, Diego. Credo che la vita sia un continuo mutamento e che anche l'amore non sappia essere eterno. Amare è una sfida contro dei compromessi, è accettare di cambiare e mutare il proprio cuore nei confronti delle avversità.
Non si ama chi non tradisce mai ma cova rancore per l'altro come un ossesso, ma chi, chiaro di come il tempo muti le cose, decida di cambiare insieme a lui e di continuare a lottare per qualcosa. Che sia amore, rispetto, amicizia non ha importanza. L'uomo che lotta per qualcosa in cui crede decide anche per quale battaglia schierarsi e tu e Valeria potete essere mutati da quel giorno, lungo quella strada, che tua moglie ricorda con tanto amore. Il giorno in cui vi siete innamorati. È normale che sia così, eravate dei ragazzini che la vita ha traumatizzato troppo presto ma quello che siete diventati non vi ha peggiorati o migliorati ma solo fatti divenire un'altra versione di voi stessi, capace di resistere alla vita rimanendo fianco a fianco.»

«È questo ciò che crede?»

«Con tutto me stesso ed avevo bisogno che lo capissi pure tu così da farti andare avanti.»

Diego si passa entrambe le mani nei capelli, cercando un nuovo modo per riuscire a respirare in questo supplizio di voci, ricordi e ipotesi che regna all'interno del suo cervello.

«Mio fratello mi ha rovinato la vita.»

«Oppure ha solo partecipato nel farti diventare l'uomo che adesso sei, con tutti i pregi e i difetti.»

«Difetti?»

Sanna sorride. «C'è altro che vuoi dirmi riguardo a tua moglie e a quella notte?»

«No... adesso sembra solo come un ricordo lontano.»

«Sono felice che ti appaia così, ma sappi che alla mente occorre molto tempo per metabolizzare un trauma. Può sembrare dimenticato ma ecco che in un istante è in grado di tornare come il peggiore dei nemici, persino dentro momenti che sembrano non riguardarlo affatto. Non diffidare mai della cosa e promettimi che parlerai con altri miei colleghi, se questo dovesse riaccadere.»

«Ultimamente faccio un sacco di promesse» commenta Diego, sorridendo appena.

Lo psicologo solleva un sopracciglio, colpito da quella verità. «Allora promettimi anche che le manterrai tutte, senza alcuna distinzione.»

«Promesso.»

«Bene. Un'ultima cosa, prima di farti andare via.» Il taccuino si richiude alle parole dello psicologo, prima di venire picchiettato con la punta della penna sferica, simbolo di impazienza. «Ho richiesto la cartella clinica di tuo fratello a tuo nome, per scoprire se il medico di famiglia avesse riscontrato in Mattia alcune patologie, spero che non ti dispiaccia. Ho anche richiesto il parere di altri miei colleghi per questo caso così... insolito. Inoltre, domani io e Mattia ci incontreremo, spero per l'ultima volta.»

«"L'ultima volta"?»

Sanna abbassa la testa verso il proprio diario, cercando un modo per non apparire presuntuoso di fronte agli occhi diffidenti dell'uomo.

«Grimaldi, dentro queste pagine ho già scritto da molto tempo un'affermazione alla quale temo di poter adesso dare una giustificazione ma spero che l'incontro di domani con suo fratello possa essere del tutto chiarificatore. Dopodiché, accertato o meno il mio giudizio, la chiamerò per esporle al meglio la mia ipotesi così che possa decidere in completa autonomia il modo migliore con cui agire nei suoi riguardi.»

Diego tenta di carpire la verità all'interno di quegli occhi, così come era riuscita a coglierla all'interno di quelli della sua futura  moglie a seguito della violenza, mentre l'anima le abbandonava il corpo e l'amore sembrava così tenue.
Vorrebbe un avviso o un'anticipazione su quello che sta per scoprire su Mattia ma l'uomo non tradisce niente e così è costretto ad attendere che la verità possa rivelarsi da sola.

«Ciò vuol dire che questo è anche l'ultimo incontro tra di noi?»

Felice che l'altro possa esserci arrivato senza ulteriori cerimonie o frasi di rito, lo psicologo sorride e tende la mano ad uno dei pochi uomini che ha imparato a rispettare nella vita, venendo a conoscenza della sua anima.

«Felice di averla conosciuta, Diego Grimaldi, e felice che questo nostro ultimo incontro possa essersi concluso così, con la sua assoluzione. Entrare nella sua testa è stato un piacere e un onore di cui dovrò imparare a privarmi.»

In un mezzo sorriso Diego afferra la sua mano, la stringe e non trova altre parole da dire. Se è vero che il contatto è la forma migliore di parola, si augura che possa bastare la stretta confidente con cui ricambia quell'addio prima che si sgretoli in una piccola ricaduta verso il vuoto, accompagnata da uno sguardo triste e provocatorio come solo Sanna riesce ad essere.

«Avanti, non faccia questa faccia. Non è certo l'ultima volta che ci sentiamo: riceverà una mia chiamata domani, probabilmente entro sera. Spero di riuscire a chiarire ogni suo dubbio ma soprattutto di mostrarmi all'altezza della mia parcella.»

Un'ultima battuta, la conclusione di una conoscenza. Questo è ciò che Sanna riserva a Diego oltre all'impressione di aver finalmente fatto pace con suo nonno.

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