43. Cimeli e nuovi ricordi
29 Dicembre 1970, Vezza D'Alba (Langhe), Piemonte.
Convivere era sempre stato qualcosa di emozionante ma adesso per loro pare non avere prezzo. Stanno sperimentando qualcosa di nuovo e lo stanno facendo nella consapevolezza di essere cambiati, di desiderarsi, di amarsi. Si apprestano alla fine di un altro anno e lo fanno con un cuore nuovo, con una mente diversa, con occhi colmi di qualcosa che prima d'ora non avevano avuto.
Ma in un rapporto d'amore si preclude la sincerità. Si dà per scontata una piena fiducia nell'altro e non si avverte, nella sanità di un giusto rapporto, alcuna forma di disturbo esterno alla coppia.
Loro convivono con un incubo e questo si rintana dietro una porta serrata a doppia mandata. Ignorarla sta divenendo impossibile, ormai da delle ore: ogni volta che Vale si affaccia nel soggiorno vede la porta della sua stanza fissarla di rimando e avverte da dietro di essa il profondo grido di terrore che cela.
E' come convivere con un mostro all'interno della propria casa, un fantasma che continua a perseguitare.
«A che cosa pensi?»
La voce di Diego le arriva in un sussurro vicino all'orecchio mentre l'abbraccia da dietro e Vale si lascia accarezzare, senza però perdere il contatto visivo con la sua stanza. Con le unghie picchietta contro il ripiano in marmo dell'isola di cucina mentre Diego le si accosta ancora più vicino, cercando rifugio tra il collo e la spalla per catturare il suo profumo.
«Quanto vuoi che sia sincera?»
«Totalmente, non voglio segreti.»
«Penso che stiamo convivendo con un mostro e che lo voglio fuori da casa nostra.»
A simili parole, Diego solleva la testa per fissare nella sua stessa direzione e cade nella trappola della porta. Può sentire come la tensione arrivi a percorrerlo e come tenti in tutti i modi di non dimostrarglielo, mantenendo un tono di voce calmo.
«Che cosa significa?»
Vale ruota su se stessa, rimanendo tra le sue braccia, e lo fissa negli occhi prima di potergli comunicare ciò che pensa.
Si credeva tanto forte nel parlargli francamente ma il suo sguardo la tramortisce come tutti i molteplici pensieri che vi vede passare attraverso. Non vi è alcuna ferma decisione in questa situazione, essendoci di mezzo il cuore. Poco importa quanto ci si ritenga capaci e schietti... l'indecisione regna sovrana dinanzi l'imbarazzato timore di essere di fronte a una persona di gran lunga migliore di noi.
«Non ho ancora deciso cosa fare, con la storia di Mattia e tutto il resto... ci tengo davvero a vederti partire con me, ma non prima di portare a termine tutto questo. Tu pensavi che volessi andarmene?»
«No... ma l'ho mai creduto.»
«Non sono ancora in grado di rinunciare a tutto così. Ti prego di capirmi, sono anni che io-»
«Lo so... lo so, Vale, lo so» susurra, stringendola più forte tra le braccia e attirandola al suo petto, in modo tale da posare il mento al di sopra della sua testa. E' ancora a petto nudo, Vale respira il profumo della sua pelle e se ne gusta il calore. «Lo capisco che non ti è facile rinunciare e questo non sminuisce niente tra di noi. Non sono la stessa cosa...»
Sperava davvero che lui lo capisce e sentirgli dire una frase del genere, dichiarando una netta distinzione tra le due parti che le hanno sempre diviso a metà il cuore, le fa respirare puro ossigeno come non si riteneva più capace di fare.
«...tu però prova a capire anche me quando dico di averci sperato.»
Non sa che cosa rispondergli; una parte di lei griderebbe a gran voce che per lui e per il loro amore lo farebbe, rinuncerebbe a tutto pur di farlo felice, ma l'altra parte di lei, con cui ha condiviso la solitudine e che è l'essenza della sua anima, il suo bisogno di rivalsa, la sua rabbia, la sua tristezza, la rimette costantemente con i piedi per terra nel farle capire che rinunciare a una cosa del genere non per propria volontà ma per far felice un altro non servirebbe a niente. Negli anni finirebbe per incolpare Diego per la vendetta che non ha ottenuto ed è l'ultima cosa che suo marito si merita. Per di più, quella parte malsana della sua mente continua a sussurrarle malignità e la fomenta impedendole di rinunciare. Le ricorda, con costanza, ciò che insieme hanno attraversato e il dolore che ingiustamente hanno subito. Non è solo più il terrore di essere dimenticate, se rinchiuse nel proprio silenzio, ma il pensiero che Mattia possa non venire mai punito se la codardia continua a prevalere.
Se quello che suo marito però le chiede è solo di comprendere il suo punto di vista allora lo può accettare, perché fortunatamente stanno iniziando a farlo nel modo corretto.
«So che lo vorresti... ma per me non è facile» sussurra, ancora stretta attorno ai suoi problemi, ancora a chiarire il punto di vista di una situazione che non sa risolvere.
Diego rimane in silenzio il tempo che occorre per comprendere il suo stato d'animo, poi usa un tono di voce più basso per muoversi cautamente all'interno della sua testa.
«Che cosa hai intenzione di fare, allora?»
Vale ci ragiona, fissando la pelle perfetta del suo uomo e chiudendo gli occhi dinanzi all'intimità che questa trasmette.
«Non lo so, ma voglio liberarmi di quelle cose. Non le voglio più tra di noi, non voglio che rimangano in casa.»
Rimangono alcuni istanti in silenzio, poi suo marito la lascia libera di agire come meglio crede. Scioglie le braccia intorno a lei e per la prima volta nel venire lasciata da lui Vale si sente libera di continuare a combattere per ciò in cui crede. Anche questo è cambiato. Una simile sensazione nasce dalla consapevolezza di non essere più da sola a lottare, per quanto schierata in prima fila possa essere. Diego è con lei, le rimane alle spalle, le rende più forte la schiena... è un legame potente, da sempre trasceso dalla fisicità ma ora rafforzato proprio per merito anche di essa.
«Puoi venire con me? Vorrei che lo facessimo insieme.» Glielo domanda senza rifletterci per molto, capendo come sia la scelta più corretta a cui pensare. L'altro si limita a prenderla per mano con la tensione che ancora avverte addosso. Più si avvicinano a quella porta e più suo marito tenta di celarle il proprio malessere: è questo che detesta, il fatto che lui sia costretto a fingere che possa stargli bene solo per non pesare sulla sua coscienza che chiede riscatto. Vuole che suo marito continui ad essere lo stesso uomo che è mentre sono distesi sul letto della sua stanza, lo pensa fissando il profilo del suo sguardo e carpendone la tensione celata. Quando sono a letto parlano, arrivando addirittura a ridere ma non appena arrivano a superare il limite che li avvicina alla stanza di lei...
Vale detesta che sia così perché da tempo la casa aveva cessato di essere di una singola proprietà. La identifica come un loro bene, qualcosa di condiviso, ormai da troppo... probabilmente ancora prima dal ritorno di Mattia per le Americhe per cui non può più permettere che sia così. Suo marito ha bisogno di altro, e anche lei.
Facendosi coraggio apre la porta della sua stanza e varca la soglia per prima, mantenendo la mano di lui nella propria e attende che la tensione possa abbandonarli, così da permettere loro una minima azione.
Agisce solo una volta che, entrata in piena comunione con il marito, capisce di poterlo fare. Per nascondere a se stessa l'orrore di quei ricordi aveva posto tutto nuovamente nella scatola al di sotto del letto dunque si china per recuperarla, verificando che suo marito possa stare bene alla vista di quell'azione. L'aveva compiuta da solo, scoprendo un segreto osceno, dunque non è inconcepibile il motivo per cui la sua bocca arrivi a storcersi. Presto, però, gli promette con uno sguardo che finirà tutto.
La scatola dell'orrore ha lo stesso peso di un forziere ma non lo eguaglia nel valore. Aprendosi rivela una fila di pensieri confusi, frasi tra loro intrecciate, quarti di fotografie ad evidenza dell'eccesso di materiale rimasto conservato negli anni.
«Mi piacerebbe bruciare tutto. Una cosa alla volta.»
Non è una condizione ma un vero e proprio piano di azione. Diego lo interpreta prontamente come tale: a passo lento torna nel soggiorno e si dirige in cucina per recuperare dei fiammiferi, avendo pensato entrambi alla stessa cosa. Vale afferra un gancio presente su un lato della scatola e la traina a sé, portandola fino ai mobili della sala da pranzo. Vicina a sufficienza quindi per essere aperta in prossimità del lavello della cucina.
La donna recupera delle foto, l'uomo accende il primo fiammifero. Quando la carta brucia nell'aria viene emanato un odore denso, appesantito dall'umidità degli anni e dalla chimica dello sviluppo di pellicola. La fiamma, persino, si tinge di blu per pochi istanti. Moglie e marito fissano bruciare il primo ritratto di Mattia con la donna, fin tanto che non rimane più che lo spazio per la presa di pollice e indice in un angolo del rettangolo disintegrato. Lo lasciano cadere e questo si deposita sull'acciaio del lavello in un autodistruzione impossibile da regolamentare.
Nei minuti seguenti il silenzio regna sovrano e le azioni si fanno meccaniche: prendono, bruciano, lasciano. Lo fanno insieme in una sorta di catena di montaggio non velocizzata da alcun agente esterno ma governata piuttosto dal necessario bisogno di attendere che ogni cosa venga annullata per sempre, fino a rendersi più piccola di un granello di cenere.
In questa sorta di azioni conseguenziali, poste a regime da un distacco mentale, Vale riesce a notare l'attimo esatto in cui suo marito si attarda nel procedere. Tra le mani ha una delle fotografie, nell'altra il fiammifero ancora spento.
«Che cosa c'è?» Gli chiede e l'uomo, dopo qualche istante di immobilità, scuote la testa e scrolla le spalle, posando la fotografia poco distante per poter dar vita alla fiamma. «No, non scappare. Ci siamo promessi sincerità, non ricordi?»
«Stavo solo pensando che mi sarebbe piaciuto vivere insieme certi momenti.» Vale rimane a fissarlo in silenzio, forse per troppo tempo dal momento che l'uomo spolvera via la sua frase malinconica con un'altra più indirizzata all'azione. «Non importa, è un pensiero sciocco, lascia perdere. Continuiamo, ho voglia di finire.»
E questo fanno, continuano finché non ne è rimasto più niente e lo scrigno non appare che un sarcofago vuoto. Nel piano del lavello rimane per pochi istanti una montagna di cenere che viene presto spazzata via dall'acqua. Giù lungo lo scarico, passando per le tubature, sparendo in una città nascosta e sotterranea dove avrebbero dovuto sempre stare. Diego richiude la manopola che lui stesso aveva aperto, rimanendo poi fermo a fissare il vuoto che rimane dinanzi. Più nessuna traccia.
Valeria era rimasta in silenzio ma ora torna a prenderlo per mano e lentamente lo incita a seguirlo all'interno della sua camera non più ospitante misteri celati.
«Un anno di fidanzamento è troppo poco per conservare tutti i ricordi che hai visto. Non si trattava che di finzione creata per far contenta tua madre. Niente di quello che hai visto era reale. Quello che abbiamo avuto noi, invece, è qualcosa di diverso... siamo stati insieme anni... si conservano molti ricordi, negli anni.»
Confuso dalla situazione, Diego osserva sua moglie chinarsi al di sotto della scrivania della sua stanza, andando alla ricerca di qualcosa intrappolato tra i cassetti presenti su un lato, al di sotto del piano, ed il muro. Ne riemerge con una scatola lunga quanto due palmi di mano e profonda uno, affiancando la sua scoperta con un piccolo sorriso.
«Pensavi che nascondessi con cura le cose di Mattia? Facevo molto peggio con le nostre, avendo davvero paura che le trovassi.»
Una frase del genere fa riflettere, sulle priorità di Valeria e sulla sua distinzione dei gradi di paura, ma Diego non ci sofferma a sufficienza essendo incuriosito da quella scatola. La prende dalle sue mani e la posa sul tavolo, identificando l'unica vera cassaforte per i tesori della casa.
Il contenitore di latta sembra essere stato scelto apposta per combattere la disgregazione del tempo e i risultati di tale sforzo si rendono evidenti alla vista del contenuto intatto. Gli occhi di Diego si disperdono e le mani attendono prima di poter afferrare con calma un cimelio alla volta.
Il primo è un piccolo fiore, staccato dai cespugli del loro giardino, ormai essiccato. Glielo aveva lasciato sulla porta, dopo una discussione piuttosto pesante riguardo alla loro responsabilità lavorative e affettive, degenerata da parte di lei in una crisi di pianto rabbioso. Alla sola vista delle sue lacrime, se pure generate dalla furia, lui aveva voluto smettere all'istante, ma non era bastato. Quel fiore era stato l'inizio di tante piccole scuse perpetuate in silenzio, con rispetto, riuscendo lo stesso a mantenere un contatto.
Diego accenna un sorriso, ma è macchiato di tristezza. Probabilmente pensa a quanto tutti i loro ricordi possano essere belli ma tristi allo stesso tempo, ma si sbaglia nel credere così ed il secondo oggetto glielo smentisce presto.
Si tratta di una coccarda. Gaia l'aveva fatta e appuntata sui loro petti, premiandoli come gli avversari migliori della sfida in atto. Erano stati complici. Dopodiché c'è un tappo, in sughero. Diego ha il batticuore leggendo che si tratta del vino di quella prima notte insieme. Lei lo ha conservato. Solleva gli occhi verso sua moglie, tremante, con quell'oggetto in mano. In risposta lei semplicemente gli sorride e con lo sguardo lo incita a continuare. C'è persino una chiave, nella scatola, anche quella presto riconoscibile. Era della loro casa, prima che cambiassero tutte le serrature. Lo fecero per tenere fuori Sofia ma più di tutti per tenere fuori Mattia. La madre era riuscita ad avere dall'immobiliare le chiavi e non aveva tardato a sventolarle come un trofeo. Doveva averlo rimpianto. Diego corse ai ripari in meno di un attimo e diede a Vale quel pezzo di passato, ormai impotente. Dopodiché lo scontrino di un film che avevano visto all'aperto ed uno di uno spettacolo teatrale. Due date diverse, appartenute a due notti prive di pensieri. La copertina disintegrata dalla troppa consultazione di un libro di vini che lui le aveva prestato. Voleva introdurla al loro mestiere e lo aveva fatto dandole in prestito un libro su cui aveva studiato alle superiori. Lei lo aveva letto e lo aveva conservato; ancora si trova incastrato tra qualche volume nei suoi scaffali.
E ancora. Un piccolo accendino, perché la incolpava del vizio del fumo. Non si conoscevano ancora davvero e il tentativo dell'uomo di indirizzare un crimine dalla sua parte era stato solo un modo per scoprire a che cosa tenesse, quali fossero i suoi vizi. Aveva fatto un buco nell'acqua, Vale non aveva mai fumato.
E ancora, una candela. Di quelle sferiche, galleggianti. L'aveva portata via lei da una delle cene di società svoltesi in un ristorante. Non era un evento privato ma Diego le si era avvicinato per parlarle ed erano finiti per guardare entrambi verso quella fiamma. Vale aveva detto che le ricordava un fiore di loto, oscillante in una vasca colma d'acqua. Lui aveva risposto che lo vedeva solo come un tentativo di rimanere a galla. Vale se ne era appropriata.
Ancora, uno dei timbri dello studio. Assurdo, lo aveva cercato per anni. A Valeria era piaciuta la nominazione: membro societario secondario, titolare delle vendite. Sofia lo aveva declassato ma lui era riuscito a primeggiare in un reparto. Aveva vinto.
Ancora. Una piccola molla. Era saltata da uno dei mobili della cucina, si erano messi insieme a cercare da dove provenisse... non l'avevano mai capito. Un segnalibro, trovato in uno dei suoi libri che un giorno, in giardino, si era ritrovata a leggere, solo nella curiosità di sapere cosa gli piacesse. Quando lui era tornato a casa e l'aveva vista intenta nella lettura, ma confusa nell'aggrottare la fronte in una sorta di espressione concentrata, le aveva chiesto cosa ne pensasse e quel giorno avevano scoperto di avere gusti narrativi totalmente diversi.
E altre cose, molte altre cose, terminanti con la foto del loro matrimonio presente sul fondo della scatola. Vale non se l'era sentita di continuare a nasconderla all'interno al borsone per la partenza verso la Sicilia, aveva paura che potesse rovinarsi e così l'aveva messa al sicuro.
Ora Diego ha finito di visionare ogni cosa e rivolge a Valeria uno sguardo profondo, commosso e al tempo stesso rilassato. Posa l'ultimo degli oggetti disponendolo insieme agli altri lungo il tavolo e poi, avvicinandosi a lei, le posa una mano sulla nuca e le avvicina il viso. Parte a baciarla con una lentezza tale da essere struggente. Vale annega in quel bacio, gustandosi la lenta passione di quelle labbra che succhiano, assaporano e si deliziano della morbidezza delle proprie, lasciando alla lingua il compito di distruggere qualsiasi pensiero donando la carezza di un languore lento, controllato.
Inclinando appena la testa di lato, Diego si separa con calma da lei, rimanendo a fissarla mentre ancora le accarezza il volo con le mani, scivolate in avanti dalla nuca. Si raddrizza solo per fissare direttamente il suo sguardo e parlarle dei suoi timori, delle proprie insicurezze.
«Non c'è niente di valore, là dentro.»
«Lo dici tu.»
«Una candela consumata, un tappo in sughero e un fiore appassito. Non posso donarti di meglio.»
«Non ho mai voluto di meglio.»
«Mattia ti ha donato cose ben più costose.»
«Non metterti a paragone.»
«Penso solo a quanto non abbia saputo esprimermi come tuo marito. Ci si regala di meglio, in un matrimonio.»
«Nemmeno io ti ho mai donato tanto. Non ce lo siamo permessi, ci siamo dati altro. E' questo che rende tutti questi oggetti preziosi, sono solo nostri... è il rapporto che abbiamo costruito e come è riuscito a farlo funzionare, dialogando tra di noi sotto altri termini.»
«Lo vedo, Vale, lo vedo...»
«Ma?»
«Avrei voluto di più.»
La fronte dell'uomo si posa sulla sua, in cerca di pace. Vale gli sorride, nonostante abbia chiuso gli occhi.
«Può esserci tempo, per il di più.»
«Perché non incominciare da adesso?»
Non capisce cosa intende dire e il silenzio che segue lo rende evidente. Diego tira indietro la testa e apre gli occhi, sfoggiando una certezza abbagliante. L'altra capisce con sempre maggiore evidenza il motivo per cui è riuscita ad innamorarsi di lui: di un uomo così non ci si può non innamorare perché termina ogni finzione quando fa scendere in campo il cuore. E' un vero uomo, l'unico a cui abbia mai concesso di prendersi così tanto da lei, e ricordare che si tratta di suo marito le ricorda che tutta la sua vita non è stata un completo sbaglio. Finché c'è lui, finché sono insieme...
«Voglio fare una foto con te» le dice, facendole sgranare gli occhi.
«Adesso?»
«La fotocamera ce l'ho.»
Non è affatto preparata. Ormai sono anni che non fa altro che mostrarsi perfetta per fare un torto a Sofia, per renderle stridente il bisogno da lei manifestato di essere in ordine persino quando tutto crolla, per cui sono anche anni che non si mostra tanto indifesa. Diego è a petto nudo e lei ha tutti i capelli in disordine, nessun reggiseno, una maglia di lui tanto larga da farle da vestito e mostrarle i capezzoli tesi dal freddo. Non è preparata.
«Diego, non posso così, sono in uno stato-»
«Preferisci farla mentre facciamo l'amore? Perché tra poco torneremo su quel letto e non ci alzeremo tanto presto.»
Vale arrossisce di colpo all'idea e lui sorride con soddisfazione. Adora quando reagisce così, colta dall'imbarazzo.
«Non voglio la Vale impeccabile delle cene a casa di mia madre... voglio questa Vale, perché sei così solo con me. Le foto, poi, saranno solo nostre, che cosa c'è di meglio?»
Le parole del marito sono miele e lei sente di esserne completamente ricoperta. Conquistata da lui, dalla loro intimità, torna a sorride con malizia e intesa di un amore che non si è ancora pronunciato ma che ormai è gridato.
«Una foto mentre facciamo l'amore» gli risponde al che Diego sorride da entrambi gli angoli della sua magnifica bocca.
«D'accordo ma ne voglio anche una in cui miracolosamente siamo riusciti a starci vicino senza saltarci addosso. Questo fine settimana è come se fosse la luna di miele che non abbiamo avuto... e restare fuori da quel letto è una sorta di vittoria sulla mancanza di autocontrollo.»
«Io ci tornerei subito in quel letto...»
«Posso prendere la macchina fotografica?»
«Sì, ma fai presto» perché la voglia di baciarlo è già abbastanza forte da farla combattere contro sé stessa per riuscire a resistergli. Diego la tenta sorridendole in una maniera spudorata prima di allontanarsi dalla stanza, lasciandola quindi sola, all'interno di una camera totalmente diversa.
L'aveva considerata per molto tempo il suo rifugio segreto, per misteri e sensazioni, la sua camera stagna e il totale isolamento dal resto della casa ma ora la sua vuotezza la disorienta, facendole comprendere la nullità assunta da quello spazio. Non vive più da sola ma con Diego e la sua camera è diventata solo il rifugio delle sue piante beneficianti del sole. Sorride a quel pensiero ma poi quella curva gentile ed intenerita passa presto.
Quando Diego ritorna la trova in piedi dove l'aveva lasciata ma con lo sguardo diretto verso terra e la mano destra che accarezza, a palmo aperto, una parte del torace e la base del collo, quasi cercasse il suo respiro.
«Va tutto bene?»
Mesi fa non avrebbe risposto. Anzi, giorni fa, per giunta, ma ora si sono promessi reciproca sincerità ed è per questo motivo che Vale solleva lo sguardo, del tutto smarrita, e confessa una verità che avrebbe preferito tenere propria.
«Stavo solo pensando che scattare delle fotografie mi ricorda Mattia... tutto qui.»
Diego tace per alcuni istanti, rafforzando la presa sulla macchinetta stretta in una mano. «Non lo facciamo, se non vuoi.»
«No, non volevo dire questo. Solo che me lo ricorda. Ma voglio davvero scattare delle fotografie con te... forse cancellerebbero questo incubo.»
Sono confessioni importanti, da trattare con il rispetto che meritano. Per questo, l'uomo rimane alcuni istanti a pensare se sia davvero positiva l'azione che desidera compiere e se, ancora una volta, questa non si mostri invece distruttiva per un passato che non potrà mai essere disintegrato e per un futuro che ha finito per rovinarsi per sempre ma durante queste riflessioni coglie un particolare che la mente connette a molti altri, seguenti nel tempo.
«Perché ti accarezzi sempre il collo quando parli di lui?»
Colpita che lo abbia notato, Vale distoglie in fretta la mano. Poi capisce che farlo è stato inutile e sospira fuori l'aria che l'ansia aveva intrappolato.
«E' un gesto che faccio inconsciamente, ne ho parlato anche con Sanna... siamo arrivati alla conclusione che si associ ad un senso di oppressione che il ricordo di Mattia mi trasmette.»
«Legato a quella notte?»
Diego sa dove colpire... e sta perdendo sempre più la precauzione, parlandole con fermezza. La cosa la disorienta e al tempo stesso è come se finalmente potessero parlare di tutto.
«Sì, mi teneva per il collo ma Sanna ha visto di più... ha collegato il tutto a una questione di intimità mentale. Mattia mette sempre le dita al termine del mio collo e il palmo della mano sulla sinistra del mio petto, come se sentisse il mio battito... è una cosa che faccio con te, specie quando ci baciamo, di sentire il tuo cuore lungo il collo per cui con lui la rifiuto.»
«"Sempre"? Vuol dire che lo fa ancora?»
Vale abbassa lo sguardo. «Sai che ci siamo parlati spesso.»
«Ma lui ti tocca?»
«Sì.» Il timore della propria confessione la spinge alla ricerca della verità. «A cosa stai pensando?»
Diego deglutisce, prima di poter parlare. «A quanto sia stato necessario per te distaccarti mentalmente per concederglielo. A quanta paura avevi, su quella terrazza, la sera del suo rientro, nell'essere impreparata a concederglielo... penso che quello sia stato l'unico momento in cui sei stata sincera con lui.»
«Aveva creduto che non mi fosse bastata la sua prova d'amore, nel partire per le americhe... credeva solo che volessi di più da lui o ancora peggio che la mia rabbia dipendesse dal fatto che se ne fosse andato.»
«Senti ancora le sue mani addosso?»
«Qualche volta.»
«Vorrei avere il potere di togliertele.»
Le parole hanno un peso ma Diego non ha mai avuto paura di prendersene carico. Avanza lento fino a lei e le sfiora con dite leggere il collo prima di discendere. Osserva la sua reazione, il modo con cui sua moglie pare accettarlo.
«Lo detesti?» Le chiede, nella paura di stare sbagliando.
«Sai che non potrei.»
A lui attribuisce un'importanza che al fratello nega. Diego ne è consapevole eppure non è abbastanza da esorcizzare da loro quel fantasma.
Vale gli ha detto che concede solo a loro due l'intimità del battito cardiaco, come se tenesse Diego sempre vicino al cuore. Questo lo fa riflettere e la riflessione lo porta ad una frase sussurrata.
«L'accetteresti se ti regalassi una collana? Non per farti qualcosa di caro ma sempre come dono di "qualcosa di nostro". Mi piacerebbe che quando arrivi a toccarti distrattamente il collo tu non ti imbatta nel pensiero di lui ma nel mio... mi piacerebbe proteggerti, anche quando non ci sono.»
A quell'idea, Vale non può far a meno di annuire, abbassare la mano da quella tortura inconscia ed avvertire il battito del cuore velocizzare.
«Mi piacerebbe tanto.»
«D'accordo, allora» le sussurra sulle labbra lui, nella sua frase tipica, prima di lasciarle un dolce bacio terminante in un piccolo sorriso. Quando si distacca da lei è pronto per mettere da parte ogni cattivo pensiero. «Allora, dove vuoi farla questa fotografia?»
«Qui non va bene?»
«Nella tua stanza?»
«Nella stanza in cui non sei riuscito a restare più di dieci minuti fino ad oggi.»
«Quindi un traguardo.»
«Direi che ne abbiamo raggiunti parecchi, non credi?»
Diego sorride e semplicemente annuisce. E così, in piedi tra il letto e la scrivania piena di cimeli, i due arrivano a farsi più vicini, fino a stringersi. Vale posa la testa sul suo petto e con una mano gli accarezza il torace nell'esatto modo in cui fece il giorno in cui Sofia Grimaldi annunciò la separazione lavorativa tra le loro due famiglie, rompendo l'accordo commerciale. Erano in giardino, sotto il gazebo e lei era accostata a lui così.
Diego invece l'abbraccia con un solo braccio che le arriva al termine della vita mentre l'altro lo distende di fronte a loro. La fotocamera li riprende fino alla vita, intrappolandoli in un piccolo riquadro. Poi lo scatto di un nuovo ricordo generato insieme. L'inizio di una vita diversa con il ricordo annesso della passata.
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