36. Aspettami
24 Dicembre 1970, Vezza D'Alba (Langhe), Piemonte.
L'ossigeno sembra essere fatto di puro fuoco non appena Diego rialza il viso, grondante d'acqua, per poterne rubare una profonda boccata. Gli brucia nella gola. Mette in tensione ogni muscolo del suo corpo, come se non fosse già del tutto teso.
Si afferra con forza al bordo del lavabo mentre osserva il suo riflesso nello specchio; un volto intriso in una finta ipotesi di controllo lo guarda di traverso, spiando all'interno dei suoi punti deboli, ma è una battaglia priva di colpi e governata dalla completa immobilità con cui i due sfidanti si osservano.
Vorrebbe potersi dire che a tutto c'è un limite, ma ha perso il contatto con se stesso da troppo tempo.
Chiudendo il rubinetto dal quale l'acqua sta continuando a scorrere, Diego raddrizza la schiena e tenta di tornare a vestire i propri panni.
Non lo faceva da tempo. L'unica cosa a cui riesce a pensare è quanto sia sbagliato essere nella sua casa di famiglia senza sua moglie.
Quant'è che non accadeva? E perché la pena che aveva provato nel vedere suo fratello Claudio allontanarsi da Silvia non gli appare più come un sentimento tanto lontano ed estraneo? Forse sono destinati a condividere la stessa vita, gli stessi sbagli e le stesse conseguenze, così come ad amare qualcosa di inafferrabile.
Ha bisogno di un altro profondo respiro. Il suo riflesso ora sembra essere più convinto delle loro scelte, ma si sta solo risparmiando dall'affrontare conseguenze più crude di quanto possano essere la solitudine e l'indifferenza. E quelle conseguenze si trovano immobili vicino al rubinetto appena richiuso...
L'orologio regalatogli da suo nonno si mostra con spocchiosa arroganza nel contesto degli oggetti presenti, mettendo in mostra alla sola luce presente nella stanza, al di sopra del vetro, la dedica interna che Pietro Grimaldi aveva fatto incidere al suo orafo di fiducia. "A mio nipote, Diego Grimaldi, da tuo nonno, Pietro".
Informale quanto bastava a far presente già a quel tempo la freddezza del parente che forse, nel modo più semplice ed egoista possibile, puntava solo a non essere dimenticato. Ad ogni modo, Diego sapeva anche che neppure Mattia aveva avuto qualcosa di meglio. Stranamente, per un'unica volta, il nonno non si era sbilanciato in una preferenza.
Tamponando il volto con un panno dai ricami in oro, Diego spia l'oggetto finché, con una rabbia quasi del tutto esaurita dal corso degli anni, terminata l'azione lo afferra ed esce dalla stanza.
Dal piano di sotto la voce di sua madre intenta a impartire ordini ai camerieri è chiaramente udibile mentre il figlio avanza lungo il corridoio del primo piano, concentrandosi nel ripensare a quando era suo padre a mettere in riga quella donna, dicendole che tanti servitori non erano necessari a niente se non a riempire il vuoto che avvertiva nella casa. Parole forti che Diego non ha mai dimenticato e che rimbombano nelle sue orecchie, raggiungendo la porta della camera di Mattia.
Quando la mano si tende verso il pomello tornano nelle orecchie dell'uomo l'eco della sua voce unita a quella del fratello in un'età infante, piena di scherzi innocenti. Per un solo attimo rivive la purezza di quel periodo, bloccandosi di fianco ai fantasmi di loro stessi mentre gli corrono accanto, prima di entrare nella stanza e chiudersi all'interno.
Non appena recupera il coraggio di far fronte allo spazio in cui si trova, volta le spalle nella sua direzione per poterlo affrontare a viso aperto e una cupa atmosfera gli precipita addosso, sui toni cromatici di un grigio petrolio. Il fratello vi ha dipinto tutta la stanza, alternando il colore a sprazzi di nero per il letto e per i mobili e non c'è nient'altro della sua identità. Non un singolo oggetto personale sulle mensole o sullo scaffale ricolmo di libri di legge, non una sola foto. In un certo modo, rende tutto più semplice.
Diego identifica subito l'oggetto per il quale si era convinto ad entrare nella tana del lupo e prendendolo in mano lo rigira tra le dita. Si tratta dello stesso orologio dedicato dal nonno con l'identica calligrafia della dedica all'interno ma con il nome di Mattia ad alterare la somiglianza. Posando quello di sua appartenenza nell'esatto punto in cui ha trovato l'altro, Diego prende quello del fratello facendolo cadere nella tasca della propria giacca.
Sta per uscire quando un senso di angoscia, a pochi passi dalla porta, lo raggiunge e lo spinge a ripensarci.
Deve sapere se il fratello possiede qualcosa di Valeria. Il trauma di aver scovato tutti quei ricordi sotto il letto della moglie lo perseguita e riempie di paure tanto che gli occorre solo un attimo per chinarsi a terra, verificando lo spazio al di sotto del materasso, e per avvicinarsi poi verso i libri presenti, così da verificare che all'interno non ci sia alcuna fotografia.
Nella rotazione delle pagine, il cuore gli batte più forte. Si aspetta di vedere sua moglie intrappolata nella carta lucida e resistente di una vecchia stampa, ma dalla sua ricerca non emerge niente. Prova con un altro libro. Niente. Sospira sconfitto, percependo al contempo una sensazione di sollievo. Portare via al fratello una probabile fotografia di Valeria avrebbe significato dimostrargli palesemente la sua irruzione e si era promesso che l'azione sarebbe dovuta passare inosservata. Per cui, se lo vieta. Non cerca più alcun ricordo di lei. Ripone il libro e costringe il corpo ad uscire dalla camera passando inosservato.
La maniglia scatta la sua ultima chiusura al termine del discorso della madre, al quale segue un immenso silenzio. Diego avanza i propri passi con disinibita calma, calamitandosi contro gli occhi della madre che dal piano di sotto si concentrano per osservare la discesa del figlio rinnegato lungo le scale.
Per quanto gli anni li abbiano separati, capisce di conoscerlo abbastanza bene da accorgersi di come stia fingendo totalmente la tranquillità; la scoperta la fa sorridere maligna e la esorta a ruotare completamente il corpo, rimasto in piedi al centro della stanza, facendo così svolazzare la nera stoffa dell'abito in modo da mostrare in maniera fiera il proprio orgoglio.
«Ci hai messo parecchio... non ricordavi più quale fosse la strada?»
«Al contrario, è rimasto tutto come un tempo. Ne ho solo approfittato per fare un giro» afferma lui, posando il palmo lungo il corrimano nella sua discesa e accarezzando il legno lucidato alla perfezione.
L'attenzione della madre discende sull'abitudine dei suoi modi, portandola a riflettere su quanto questa casa sembra modellarsi al corpo dell'uomo.
«Puoi tornare, se lo desideri. Certo... con una sola eccezione.»
«Mi accetteresti?»
Alla richiesta, la testa di Sofia si piega appena all'indietro e dall'iride degli occhi un fuoco immortale sembra arderle lo sguardo.
«Per quanto male puoi continuare a farmi e per quanto io ti possa rinnegare, continuerai sempre a essere mio figlio ed io non potrò mai odiarti. Non del tutto, almeno.» Termina la frase con un mezzo sorriso di puro divertimento e anche lo sguardo dell'uomo si addolcisce appena.
«Grazie... sapere che c'è ancora qualcosa è importante per me.»
«Da quando? Non sono stata la tua priorità in molte tue scelte.»
«Un uomo deve crescere» le sussurra con ancora un piccolo sorriso, una volta che l'ha raggiunta.
Suo figlio ha sempre avuto qualcosa che le ricordava suo marito, e che l'ha portata ad amarlo e odiarlo a fasi alterne nonostante possedesse il suo stesso sangue, tanto che in certi momenti, mentre sorride in maniera così celata e gli occhi sembrano tradire un'infinita tristezza intenerita da un piccolo attimo, crede di avere davanti l'uomo con il quale ha condiviso metà della sua vita.
Sì, in certi casi sono quasi del tutto identici mentre Mattia appare sempre così autoritario da esortare Sofia a rivedere il proprio padre.
Scuote la testa in maniera lenta al fine di scacciare questi deboli pensieri e le parole lievemente provocatorie del figlio, così da procedere secondo quanto li attende.
«Come puoi immaginare, a questa cena saremo soli. Manila e Maurizio sono in luna di miele e il tuo fratellastro non si presenterà con la sua famiglia distrutta in questa casa, la vigilia di Natale. Ci saremo solo io, te... e Mattia.» Nel concedere a entrambi un piccolo silenzio, Sofia beneficia dell'espressioni di suo figlio, appena mutate da una leggera scossa inevitabile. «Non fingere, Diego. So che te lo aspettavi... o che addirittura lo speravi. Non desidero alcuna scenata questa notte per cui non tentare di crearne.»
«Non siamo una famiglia da molto tempo. Ho solo pensato fosse giusto venire da voi.»
«Ed è giusto, infatti.» Lo conferma con soddisfazione, prima di far discendere e risalire, in un continuo moto ondoso, gli occhi lungo la figura elegante di suo figlio per poi rimanere concentrata sul suo sguardo guardingo. «Sono felice che quella donna non ti abbia del tutto privato del buonsenso.»
«Se non vuoi scenate, madre, non nominare mia moglie per stasera» la intima di fare Diego, avvicinandosi alla tavola apparecchiata.
È perentorio ma la diverte, tanto da farla continuare ad ondeggiare lungo il sottile filo della provocazione per poter metterne alla prova il punto massimo di stabilità, assieme a quello di rottura.
«Prometto di non farlo all'arrivo di Mattia, ma ora devo per forza togliermi una curiosità. Perché non l'hai portata con te stasera?»
«Ho solo pensato che avesse bisogno di tempo per stare da sola» risponde lui sinceramente, prendendo posto alla tavola alla sinistra della sedia destinata alla madre.
Lei, però, ancora si fa attendere, iniziando a passeggiare lenta con le mani intrecciate tra di loro e ondeggianti, quasi fossero il pendolo dei suoi pensieri, fin tanto da arrivargli affianco indossando una nuova constatazione.
«La viglia di Natale?»
«Capisco quando ha bisogno di stare da sola e glielo concedo.»
«Davvero premuroso.»
Sputare altro veleno sul loro rapporto l'ha stancata a sufficienza da farle desiderare di avere una strana e piacevole cena normale con suo figlio, cosa che per altro la fa sedere con maggiore tranquillità al capo della tavola. Erano anni che Diego non occupava quel posto di testa e vedendoselo tanto vicino si accorge di come sia divenuto un uomo. Mattia ha fatto lo stesso, il tempo li ha graziati, eppure le risulta affascinante notare come i modi di Diego si siano fatti raffinati ed in un certo senso particolarmente ricercati.
Avverte il bisogno di seguire con lo sguardo ogni sua mossa e la cosa la strega perché è quasi come se fosse lui a calamitarla a farlo, incosciente o meno che sia del proprio fascino. Inoltre, anche i silenzi che le dona sono piacevoli: non c'è controversia, non c'è dibattito, non c'è tutto l'odio che Valeria sembra istigargli fuori dal corpo così da farlo abbattere su di lei e, cosa più importante, non nascondono alcun cenno di rancore.
Suo figlio le si è seduto a fianco come se quegli anni trascorsi non avessero comportato niente e tutto fosse rimasto all'ultimo giorno in cui aveva scherzato con Mattia, a quella stessa tavola, riguardo al suo futuro di neosposo e a tutto quello che gli stava per capitare.
La rievocazione di quel ricordo è tanto potente da farla calmare: Sofia avverte un piacevole calore al cuore che si incrementa non appena Mattia sopraggiunge sulla scena con fare sorpreso.
Nota il fratello e di colpo i suoi occhi sgranano, non vedendo Valeria al suo fianco e alcuna sorta di secondo fine nella tranquillità dei suoi modi; Diego è solo seduto alla tavola, con un coltello e una forchetta in mano, a tagliare lentamente l'antipasto che è stato servito.
«Ciao, tesoro» saluta Sofia il gemello in piedi che le si rivolge, stordito, con una veloce occhiata.
«Ciao...»
Lo spaesamento nella voce di Mattia fa alzare gli occhi dal piatto a Diego che, masticando, rimane a fissarlo con pacatezza.
«Ciao, fratello.»
Sconvolto sarebbe troppo poco per descrivere lo stato di Mattia: come un automa, il gemello si accomoda alla tavola traballando leggermente nel piegarsi verso la sedia. Diego ha ripreso a tagliare minuziosamente il pasto contenuto nel proprio piatto, esortando l'altro a fare lo stesso. Sofia li osserva, sorridendo dolcemente a quella ricongiunzione.
«Finalmente siete tornati gli stessi» sussurra e simili parole non smuovono Diego, tramortendo piuttosto Mattia che rivolge la testa alla madre, con uno sguardo spinto a chiederle consiglio. Lei annuisce appena, chiudendo gli occhi e assicurandogli che solo per questa notte sembra andare tutto bene.
L'altro diffida ma poi parte anche lui a tagliuzzare il pasto, alzando di tanto in tanto gli occhi verso Diego per poter notare la direzione di ogni suo piccolo spostamento. Ma per quanto accennati, i gesti di Diego sono frequenti, tanto che a Mattia risulta impossibile intrappolarli uno ad uno e godersi al contempo il pasto. In preda all'esasperazione, la sua voce si avvia verso un chiarimento.
«Dove sono Manila e Maurizio?»
«In luna di miele.»
«E Silvia e Claudio?»
«A quanto pare hanno litigato e stanno pensando al divorzio.»
«E che cosa accadrà ai figli?»
«I figli?»
«La ragazzina di sette anni, quello di tre e quello appena nato.»
«So chi sono, Mattia, mi chiedevo perché ti interessasse.»
«Qualcuno se ne dovrà occupare...»
«Se ne occuperanno loro, come hanno sempre fatto» commenta lei, inclinando appena la testa di lato servendosi un sorso di vino, con lo sguardo perduto alla tovaglia ma ben diretto verso un obbiettivo. «Il divorzio non è affatto male come alternativa...»
Diego non risponde ma ignora semplicemente la cosa. Offrire a sua madre in pasto l'effettivo contratto di divorzio che ha firmato la renderebbe troppo famelica, per cui continua a lasciarla all'oscuro di una questione del tutto privata, come ha sempre tentato di fare trattandosi di lui e Valeria.
Vedendo però che la propria frase non attecchisce, Sofia sbuffa in un piccolo moto di esasperazione, posando la brocca di vino sul tavolo e bevendo un piccolo sorso dell'annata imbottigliata da suo padre. Il retrogusto è amaro, come tutti i prodotti ricavati dai vigneti durante la guerra, come se la terra avesse assorbito il kerosene di quegli ultimi attacchi, ma le ricorda il passato, qualcosa da estinguere e che si può battere, come una rivincita.
«Avete sentito che hanno incarcerato l'uomo che aveva ucciso sua moglie? Quello che aveva conservato le sue mani» si sente sussurrare a un tratto e l'attenzione di Diego si desta al ricordo della conversazione avuta con Sanna. «Lo psicologo che si occupava del suo caso lo ha dichiarato capace di intendere e di volere per cui mosso da un puro impulso di rabbia.»
«È qualcosa di cui parlare a tavola?» Domanda Diego, asciugandosi dalla bocca, con il tovagliolo rimasto fino a poco prima sulle proprie gambe, anche la frustrazione con cui ha dovuto pronunciare una simile frase.
«Aveva conservato le mani?» Chiede invece Mattia, e gli occhi di Diego schizzano a lui, stavolta travolti da una furente rabbia.
La madre però non lo nota o non se ne cura, parlando dell'ultima notizia che le aveva tolto visibilità dai giornali.
«Proprio così, a quanto pare lo ha fatto per vendicarsi di un tradimento: la donna era andata con un altro uomo e lui, in preda alla rabbia, l'ha deformata.»
«D'accordo» mormora Diego, lasciando cadere il tovagliolo sul tavolo. «È di questo che vogliamo parlare?»
«Non vedo cosa possa esserci di male, è semplice cronaca.»
«Non lo vedi?» Le chiede, con un mezzo sorriso del tutto costruito e ancora quell'ira dentro lo sguardo. Costringe se stesso ad abbassarlo verso terra non appena la confusione di sua madre sembra non poterlo più sostenere, cercando di nuovo l'autocontrollo e un silenzio dentro il quale tornare a pensare.
«D'accordo... non lo fai... ad ogni credo che non sia un argomento appropriato a questa tavola.»
«Di che cosa vorresti parlare, invece?»
«Del Natale. Questa casa non è decorata affatto.»
Sofia solleva entrambe le sopracciglia, sorpresa dalla questione. «Non abbiamo avuto tempo per provvedere a una simile questione di fondamentale importanza.»
«A nostro padre piaceva. Sono scomparse molte cose di lui, penso che almeno questa dovrebbe tornare.»
La frustrazione ricompare nello sguardo della donna nella più lucente delle sue sfumature, portandola a chiudersi nel proprio guscio. «Se è una cosa che tanto amava tuo padre allora...»
«Anche al nonno piaceva» interviene Mattia, sorprendendo sua madre per la propria audacia. I due rimangono a fissarsi finché il giovane non riprende. «Credo che lo renderebbe felice rivedere tutti quegli addobbi.»
«D'accordo, allora... se la pensi così, Mattia» sussurra, privata di un potere nuovamente resecato dall'imposizione del proprio padre.
Diego osserva la ritirata della genitrice in completo silenzio, notando come sembri chiudersi in se stessa ripiegando persino le spalle dinanzi una simile incursione dall'oltretomba nelle loro vite. «C'è altro di cui volete parlarmi, visto che siamo in vena di novità?»
«Ho intenzione di comprare un cane» afferma Mattia e gli occhi di Diego si chiudo. Diego si priva della vista, tentando di farsi forza e di isolarsi dal resto, ma il ricordo di Fergus, in quel capanno a Cuneo, travolto dalla furia del fratello gli si abbatte addosso.
«Un cane? Hai intenzione di tenerlo in casa?»
«No, non è per me... è un regalo per una persona a cui so che potrebbe piacere. Lo desidera da tanto.»
Un latrato. Fergus non aveva emesso niente di più mentre fissava Diego in piedi nella feritoia d'entrata, riconoscendo il suo padrone immobile mentre il dolore annientava entrambi.
Una parte di Diego era morta con quel cane quello stesso giorno.
«D'accordo, allora, se si tratta di un regalo. Ma sappi che non voglio nessuna novità in questa casa, nessun genere di estraneo.»
«Non preoccuparti, madre, ti ripeto che non è per me.»
«Va bene.»
Ad occhi serrati, Diego sta sperando che quel cane non sia destinato a Valeria ma che Sanna, in uno dei loro incontri, abbia parlato a Mattia della propria solitudine, stemperabile con la presenza di un animale. Spera che Mattia sia lontano, anni luce, da lei. Spera qualcosa che non può controllare. Spera che tutto si salvi.
«Diego... va tutto bene?»
La voce della madre gli fa riaprire gli occhi e l'aria che gli torna nei polmoni gli risulta più pesante di quella respirata nel bagno del primo piano.
«I-io... sì, credo di sì.» Nel dirlo, però, il fiato gli viene a mancare per qualche attimo e la corazza di cui si è vestito si dipinge di una nuova crepa. Le due figure presenti dinanzi a lui la analizzano con curioso disprezzo. Sta per aggiungere altro ma il valletto all'ingresso lo raggiunge nello stesso attimo.
«Una visita per lei, signore» gli sussurra all'orecchio, per poi attendere qualche istante per garantirsi l'attenzione. «Si tratta di sua moglie.»
Il fiato gli ritorna in corpo, assieme al controllo. Stavolta quando Diego chiude gli occhi lo fa solo per godersi quella sensazione di rinascita. Il valletto si allontana e altro non resta che chiarire la questione.
«Va tutto bene, mi ha solo suggerito di prendere una boccata d'aria. Lo seguo fuori.»
«Ti aspettiamo» gli dice sua madre mentre Diego si alza, senza dare alcun cenno di assenso.
Si allontana dalla stanza e raggiunge il portone di ingresso, al fianco del quale il valletto di poco prima staziona con eloquente professionalità. Diego lo fissa stordito, non capendo cosa fare, per cui l'uomo gli indica un punto del giardino verso cui dirigersi.
Diego volge la testa verso quella meta e la trova.
Valeria sta passeggiando con nervosismo al di sotto di un grande albero, al limite del giardino. Con passi veloci sta solcando nella terra una linea retta parallela al tronco ed è una visione sufficiente a far rallentare i battiti del cuore di lui, affaticato. Sono lontani molti metri ma Diego resta immobile a fissare la sua confusione, il modo con cui tenta di calmare il proprio nervosismo fissando in alto verso i rami nodosi dell'albero, con cui si stringe le braccia attorno al petto per difendersi dal freddo, con cui guarda in direzione della sala da pranzo della casa intravedendo sua madre.
I passi le vanno incontro senza che sia lui a comandarli, avvicinandosi lentamente prima che lei possa accorgersene. Ha le guance arrossate dal freddo, suo marito lo nota subito, così come anche la punta del naso. Deve aver aspettato nel giardino per molto tempo mentre, oltre il cancello di casa, Diego nota un taxi stazionare immobile con i fari accesi e il suo autista mostrare evidente l'impazienza con un ticchettio veloce delle dita contro il volante.
Per un attimo la paura che lei possa decidere di andarsene lo attanaglia: non si è ancora accorta di lui ma a Diego era bastato vederla per rendersi conto di ciò che cercava. Se adesso se ne andasse, perderla lo ferirebbe più del normale perché in un momento simile, così disgustoso, così avverso ed estraneo, ha bisogno che sua moglie gli sia vicino, nonostante quanto si sono detti.
È una preghiera che lei la coglie.
La testa le si solleva a quel richiamo, vendendolo così avanzare nella sua direzione. Di colpo la donna non pensa più a niente, né al freddo che ormai le ha raggiunto le ossa al di sotto del nero cappotto, né alla presenza di quei due familiari dentro la casa. Vede solo suo marito avanzare e niente è più importante.
«Ciao» gli sussurra, non appena le è vicino abbastanza. Le parole di lei vengono accompagnate da una piccola nube di vapore bianco che si disperde in fretta nell'aria.
«Da quanto tempo sei qua fuori?» Le chiede, notando adesso il leggero tremolio alle mani.
«Da un po' ma non è importante, volevo vederti.»
La confessione rimane tra di loro, incapace di essere trasportata dal vento. I due si guardano negli occhi e per degli attimi non accade altro, non dicono altro, lasciando all'emozione di questo istante il compito di fargli vivere tutto il resto. Valeria lo sta guardando sorridendo in un modo dolce, lieve, mentre Diego sembra sgretolarsi e ricomporsi di fronte a lei per continue scossi che gli disarcionano il cuore, ferendo e accarezzando in un circolo infinito.
Non gli importerebbe se non ci fosse nient'altro perché quello che sta accadendo già gli basta ma Valeria prende un profondo respiro, annullando il sorriso per far primeggiare la serietà, e tenta di farsi forza compiendo piccoli passi in avanti.
Il vento gelido dell'inverno sta facendo danzare intorno a loro le foglie senza poter muovere i suoi neri capelli che nella fretta, accorrendo a lui, aveva legato in un modo improvvisato, senza basarsi sul proprio aspetto. Non lo faceva da una vita ed era stato liberatorio poter ignorare tale regola di perfezione, come raggiungere quell'albero e aspettarlo, come tremare dall'emozione nel rivederlo.
Gli si fa vicina e tenta di ottenere delle parole. Prova, alla vigilia di Natale, a donare a suo marito qualcosa, sperando gli possa bastare.
«Ci sto provando» gli sussurra, con una voce che si affievolisce appena nel dolore di essere sotto sforzo. Continua a guardarlo per ottenere maggiore certezza. «Sto provando a sistemare le cose ma ho bisogno di tempo. Non so ancora parlartene ma ci riuscirò, perché voglio farlo. Perché... ne vale la pena.»
La mano di lei si solleva e il cuore di lui velocizza, correndo con gli occhi che tremanti chiedono pietà. Valeria non li ascolta e posa i polpastrelli lungo la morbida pelle del suo collo, sfiorandola leggera e facendolo tremare per un microscopico istante che la mente di lei coglie al balzo.
Il cuore le velocizza e parlare le risulta più difficile con quel battito tra le corde vocali.
«Per anni ti ho incolpato di essere in ritardo sulla mia vita ma ora mi accorgo di essere io quella rimasta indietro ed ho bisogno che tu faccia una cosa per me» sussurra, sollevando gli occhi dalla punta delle proprie dita per soffermarli sulla bocca di lui alcuni istanti, prima di risalire al suo sguardo.
Dall'alto, Diego è serio mentre la osserva così vicina, così fragile.
«Ti prego, aspettami.»
Quella supplica rimane fra di loro, fintanto che Valeria non accorcia la distanza tra di loro, assieme ai loro respiri, finendo con la bocca vicina al suo collo. L'esitazione la porta a respirare sulla sua pelle per alcuni istanti, trasmettendogli un vento freddo che Diego interiorizza come l'unica vera boccata di ossigeno di tutta la serata. Tra i rami, la luna filtra i suoi raggi riflettendosi sulla pelle bianca di lei e sul suo viso quando finalmente si china posandogli un lento bacio sulla parte laterale del collo.
Diego chiude gli occhi, resta immobile e registra la pressione di quella morbida bocca addosso, così come il tocco della mano di lei dall'altro lato mentre continua a sfiorargli la pelle e accarezzargli le punte dei capelli. Un bacio, poi un altro. Valeria risale verso l'orecchio, priva di parole ma proprietaria di un loro contatto che li fa fremere non appena la sua voce torna a sussurrare.
«Aspettami... e abbracciami, se puoi.»
Tutta la tensione della giornata e delle ore passate distanti crolla in un attimo: Diego solleva le mani e la circonda con le braccia, attirandosela addosso, mentre Valeria lascia la bocca premuta contro la pelle di lui per alcuni istanti, il palmo della destra a pieno contatto con il battito della giugulare e la sinistra che poco dopo si solleva per potersi posare contro la sua schiena.
Diego espira oltre la spalla di lei, fissando verso la luna, con il corpo di sua moglie premuto contro e la sua bocca che, separata dalla propria pelle, continua ad accarezzarlo con il proprio respiro e con delle carezze leggere, nelle quali è intrappolata ancora quella supplica.
Aspettami.
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