27. Desiderio d'amore

14 Dicembre 1970, Vezza D'Alba (Langhe), Piemonte.

Una domanda. Ecco ciò che è presente su entrambe le pagine del taccuino di Sanna. Un'unica domanda, scritta di fretta, dopo uno degli incontri con Mattia al solito bar in cui, persino adesso, lo psicologo lo aspetta. Accomodato ad uno dei tavoli, avendo scelto la sedia con le spalle alla parete che di solito occupa il Grimaldi nei loro appuntamenti, Sanna rilegge quella domanda e riflette, da solo, su ciò che comporta.

È un bravo psicologo, quell'interrogativo è nato a seguito di una delle prime sedute se non alla prima stessa, ed il fatto di essere tanto bravo lo deve alla sua meticolosità e alla capacità di non accettare la fretta di terzi. Per questo aveva rifiutato tanto sgarbatamente l'invito di Diego nel porgergli consiglio, per ristabilire i limiti e per garantirsi di poter respirare almeno quei soli attimi in cui, in attesa di Mattia, rimane solo con se stesso.

Ha paura della strada che sta per percorrere, non può negarlo. Ora che le domande circostanziali con Mattia sono finite e ora che la lama dovrà affondare sempre più giù, nella carne irrequieta dell'uomo generando reazioni violente e improvvise, si chiede quanto sarà in grado di mantenere la calma oltre che a distaccare la figura innocente di Mattia da quella di un uomo feroce.

Aveva intravisto quel lato nascosto del carattere di Mattia quando lo aveva accompagnato fuori dalla cella. Aveva visto come Mattia gli sorrideva attraverso le sbarre, quasi sussurrandogli, piano in modo che potessero sentirlo solo tra di loro, che sì, sì era stato lui. Aveva picchiato a morte quell'uomo dentro al bar, così, solo per una ripicca di lavoro... o forse per qualcos'altro, lo aveva suggerito in quello sguardo, lo aveva reso palese il viso troppo simile di quell'uomo a Diego.
Sanna aveva intravisto quel mostro ma non poteva esserne certo. Dietro delle sbarre è facile riconoscere una belva, se rinchiusa nel proprio zoo, ma contestualizzarla nel mondo, fuori dalla nauseante asfissia della prigionia, è tutt'altra cosa.

Sanna chiude il taccuino, nascondendolo all'interno della giacca. Lancia uno sguardo alla cameriera del locale, la stessa che gli aveva parlato dell'unico prodotto confezionato e ordinato da Mattia e che aveva servito a entrambi, più volte, la cioccolata calda, sorridendo nella sua direzione. La donna lo ricambia. Il suo sguardo gli ricorda quello di sua moglie morta ed in qualche modo, ad ogni incontro, questo gli dona la forza di affrontare quello che lo aspetta, proprio come accadeva quando, prima di recarsi nel proprio ufficio, aspettava il bacio di sua moglie come un quotidiano saluto.

Reincarnata in quella versione più giovane, timida e silenziosa, sua moglie passeggia tra i tavoli come un angelo custode e gli sorride al momento giusto, avendo preso a cuore il simpatico volto di quel vecchio uomo. Sanna le è grato e si costringe ogni volta a non precipitare nei ricordi per poter essere solo uno psicologo ogni qual volta Mattia passa da quella porta.

Controlla l'orologio con il cinturino in nera pelle al suo polso, valutando lo scattare dell'ora seguendo il lento movimento delle lancette dei secondi. Ne rincorre il conteggio alla rovescia, in una retrocessione di numeri fino allo scattare l'ora. Le quattro in punto.

Sanna solleva la testa e in quel preciso istante Mattia entra all'interno del bar.

In un primo momento l'invitato sembra sorpreso di vederlo arrivare in orario, poi si incupisce nel constatare la propria postazione occupata. Tenta di non darlo a vedere e si avvicina a lui, con fare distaccato. Il tentativo è patetico, avendo visto come Diego vi riesca senza tradire una sola smorfia, ma Sanna è convinto a non farsi intenerire.

«Sei in anticipo. È una bella sorpresa» commenta Mattia, accomodandosi al tavolo con la propria mal celata impacciataggine.

«Sono andato al cimitero a lasciare dei fiori a mia moglie e trovandomi già in zona ho deciso, per una volta, di batterti.»

Mattia sorride con dolcezza, messo a nudo dalle parole sincere dell'uomo. «Adoro le persone in orario, ma a te ho perdonato anche i passati ritardi.»

Sanna lo sa. Che ama le persone in orario, almeno. Le prime volte tardava apposta per metterlo in uno stato di agitazione non conforme alla placida tranquillità data dal ripetersi degli eventi ma più si conoscono più le cose subiscono il rischio di poter cambiare.
Non potendo finire nella trappola del suo paziente, Sanna è costretto a cambiare per primo le carte in tavola generando situazioni di squilibrio per evitare l'ordinarietà tanto cara all'altro. Difatti, l'unico modo per avanzare nella terapia ha scoperto essere tramite la creazione di piccole sfide in grado di mostrare il carattere reattivo di Mattia, in uno stato di agitazione.

Cosa prova nello stare di spalle all'intera sala ormai Sanna lo ha capito. È agitato e teme un agguato. Teme, forse, che ci sia suo fratello dietro di lui pronto a fargli del male, quasi come se Diego non avesse altro pensiero all'infuori di quello, e allo stesso tempo chissà che altro, ma deve esserci dell'altro. Sanna lo sa senza dubbio. C'è dell'altro ma deve accadere, passare dalle loro bocche, capitare.

Il nervosismo funziona solo se introdotto in maniera latente, quasi casuale, ma se Mattia concepisse davvero quanto la loro situazione possa essergli di minaccia scapperebbe via a gambe levate mettendo fine alla terapia, poco ma sicuro.

Sanna sorride in risposta alla innocua affermazione dell'altro, accomodandosi sulla sedia in attesa delle loro cioccolate calde. Valuta le varie opzioni, ragionando su quanto spazio donare alla casualità e per tutto il tempo continua a sorridere fissando l'altro negli occhi, tanto da destare in Mattia una sorta di curiosità in grado di fargli dimenticare del resto della sala.

«Perché mi stai sorridendo?»

«Pensavo solo al fatto che mia moglie mi manca. Che l'amore è una cosa bellissima e poi al fatto che l'ultima volta anche tu ti sei presentato così, sorridente, dicendomi che la questione era legata ad affari di cuore.»

Al solo ricordarlo Mattia torna a sorridere e a fissare, timido, a terra.

«Sì, è vero.»

«Perché non mi parli di questa sconosciuta? Come si chiama? È tanto bella?»

Mattia tentenna, per poi rialzare lo sguardo con più decisione.

«Non so se sia il caso di parlartene. Sembri un bravo uomo, per di più uno di quelli che crede nell'importanza del matrimonio. Non so, ma può essere uno sbaglio.»

«Perché? La donna è già sposata?» Finge stupore, sollevando entrambe le sopracciglia dinanzi alla sua asserzione. «Però... e ama suo marito?»

«Direi proprio di no.»

«Perché tanto certo?»

«Perché lo so. Me lo ha detto. Io e lei parliamo spesso.»

«Quanto spesso?»

«Molto spesso. In passato cercavo di impormi su di lei e sulla sua vita ma ora sto cercando di farmi perdonare per poterne averne una insieme, mia e sua, in un prossimo futuro. Faccio tutto ciò che mi dice, resto sempre ad ascoltarla.»

«E fino a dove arriva la tua devozione?»

«In passato ti ho parlato degli anni in cui sono stato lontano dalla famiglia. Ecco, l'ho fatto per lei. Sono partito per le americhe perché me lo aveva chiesto lei

Sanna aggrotta le sopracciglia, affascinato da questa notizia. «Però... questa si che è devozione.»

«Per amore si può fare di tutto, no?»

Appare così spavaldo nel parlare di Valeria tanto che tale liberazione pare mascherare un profondo baratro. Sanna decide di sfidarlo.

«Non so, io non mi lascerei prendere troppo la mano. Una donna che è sposata con un altro uomo e che continua a esserlo nonostante il tuo amore per lei è pericolosa. Io non mi lascerei coinvolgere troppo.»

«Perché non conosci tutta la storia.»

«Che storia?»

«Non voglio parlartene.»

«Come preferisci, ma il mio consiglio continua a valere.»

«Mi dispiace, ma purtroppo, mio caro Paolo, non gli darò il giusto peso.»

«Il cuore è il tuo» sussurra lo psicologo, annotando nella mente come la spavalderia dell'uomo sia rimasta nonostante ogni fragilità l'amore con Valeria potesse comportare. Se davvero si mostra tanto impossibile da abbattere, Sanna ha un'unica alternativa da poter percorrere e purtroppo è la più irruenta per la terapia.

«Sono qui per dirti che questo sarà l'ultima volta che ci vediamo» gli comunica, e gli occhi di Mattia corrono impauriti verso quelli del nonno ritrovato. «Non era niente di organizzato, uscendo di casa non avevo pensato a questo ma purtroppo il fatto di rimanere seduto qui mi ha fatto cambiare idea. Sono entrate diverse persone, prima del tuo arrivo, e temo che la vicinanza alla società Grimaldi dia modo di parlare di un unico argomento: tu. Tutti parlano di te», gli suggerisce, vedendolo annuire come se disperatamente avesse bisogno di confermare a Paolo di esserne consapevole, di pensarlo da anni, di temere che anche lui potesse scoprirlo, «parlano di te e non dicono niente di buono. Ho sentito delle voci su una vecchia storia. Quegli uomini parlavano di ciò che sembri aver fatto... dicevano che hai stuprato una donna.»

«No» sussurra Mattia, in preda al terrore. Lo sguardo di Sanna, però, rimane autoritario e freddo, proprio come era quello del nonno di lui mentre gli impartiva, come unica lezione, il rispetto da dover riservare alle donne.

«È quello che hanno detto e mi dispiace, figliolo, ma se questo è vero non penso che sia giusto parlare con te animatamente di amore puro, dimenticando la tua colpa.»

«Ma non è vero! Quelle persone mentono!»

«E perché mai dovrebbero farlo?»

«Non lo so ma lo fanno! Lo fanno da anni, non fanno altro che parlare di me! Ma non è vero ciò che dicono, te lo giuro, Paolo» la voce di Mattia, nel supplicare, si è resa esausta e persino le mani cercano un primo contatto con la pelle piena di rughe dell'uomo. Lo psicologo finge di non far caso a quel tentativo di appigliarsi ad una certezza, quasi come se cercasse la forza per poter credere alle proprie bugie appena emesse, né lascia intendere come ogni parte del corpo dell'uomo lanci segnali cosmici opposti a quelli emessi dalla sola voce: la testa che scuote il diniego, andando contro alle parole, la gamba che trema e sobbalza dondolando irrequieta, dando la sensazione di volere scappare, per poi concludere con quella presa delle mani sempre più stretta, in un tentativo di trainare a sé non solo l'uomo ma anche la sua certezza, così da riaverlo dalla propria parte.

«Mentono perché io e lei ci amiamo. Lo voleva anche lei. Lo voleva anche lei quella notte, ma quegli uomini non possono saperlo!»

Con quale dignità Sanna potrà riferire simili parole a Diego, quando questi glielo chiederà? Dirgli che, secondo Mattia, Valeria volesse tutto quello che è successo, lo pretendesse o addirittura lo bramasse. Gli da il voltastomaco ed in un primo momento lo fa scattare appena all'indietro nel tentativo di privarsi delle mani di Mattia. Fortunatamente, questi non lo nota affatto.

«Se è così dovrai raccontarmi tu la verità, perché io detesto i bugiardi e ancora di più le persone che non ammettono i propri peccati. Ti consideravo un ragazzo pulito... non lo sei, Mattia?»

«Sì, nonno, lo sono» sussurra questi, chinando la fronte verso le loro mani intrecciate, supplicando per ulteriore pietà.

«Allora dovrai parlarmi perché ciò che quelle persone dicevano era davvero malato.» Mattia annuisce, tremando appena lungo le spalle nel rimanere così curvo. «Sì? Allora, avanti, con calma... racconta.»

Paolo lo incoraggia dandogli ampie pacche sulla schiena, di quelle da vecchio contadino e uomo con i piedi ben piantati a terra, in grado di sentire di tutto, di capire di tutto, poiché ormai privo di sorprese nei riguardi della vita. Ciò dona forza e consente a Mattia di ricomporsi, tornando rigido con la schiena, per poter iniziare un racconto che, Paolo già lo sa, sarà straziante da tradurre in seguito, terminata la loro seduta.

«Io e lei eravamo promessi. Il nostro fidanzamento fu annunciato sei mesi prima delle nostre nozze e quei mesi furono fantastici, imparammo a conoscerci e ad amarci.»

Mattia sorride, asciugandosi poi alcune delle grandi lacrime rimaste intrappolate nelle ciglia del suo occhio sinistro.

«Ricordo ogni cosa delle nostre prime uscite. Parlavamo delle nostre famiglie a malapena, ci dicevamo che per quello c'era ancora tempo, lasciando andare avanti dei discorsi che riguardassero solo noi. Camminavamo tanto, starle dietro era sfiancante! Ad ogni salita apriva un nuovo argomento da dover fronteggiare ad armi pari. Abbiamo visto molte cose, molte albe in riva al mare e molti tramonti, molti scenari. Parlavamo persino di avere figli, riesci a crederci?»

Mattia scoppia a ridere, al solo ricordarlo.

«Lei non aveva neanche vent'anni, chi pensa a sogni così? Eppure era sempre cresciuta in una famiglia numerosa e voleva dei bambini... e glieli promisi... le dissi che tre sarebbero stati il numero perfetto. In famiglia loro erano quattro sorelle e non facevano altro che bisticciare, la beffeggiavo per questo... lei aveva riso, dicendo che tre potevano starle bene. Ne parlammo il giorno in cui, nella sua città, c'era un evento legato alle mongolfiere, lo ricordo come se fosse ora: i nostri sogni volavano assieme a quegli immensi palloni ed eravamo circondati di opportunità, di colori. Poi facemmo molto altro, persino dei pranzi al sacco perché lei mi portava sempre in posti troppo lontani dai ristoranti e quando lo avevo capito avevo deciso di organizzare qualcosa apposta. La riempivo di regali, come si conviene ad un fidanzamento. Le donai una collana con un brillante che valeva quanto la sua intera villa di famiglia, poi un piccolo fermacapelli che aveva adocchiato ad una bancarella, un rossetto che si abbinava alla sua pelle e una spilla preziosa, assieme ad altri piccoli oggetti. Insieme ci scattammo tante, tantissime foto, in cui sorridevamo allegri. Eravamo felici.»

A sentire il racconto di Mattia sembra una storia perfetta ma Sanna sa bene quanto non lo sia: lo aveva visto negli occhi di Diego, parlando di Valeria, e nel modo disperato con cui non riusciva ad andare avanti dal trauma di quel vecchio ricordo eppure, di tutto questo, Mattia non sembra rendersene conto. Lui vive una storia d'amore perfetta, ricordata nei dettagli e sembra intenzionato nel convincerlo di quella sua versione, la sola reale.

Mattia lo fissa negli occhi, percependo la sua esitazione corrergli lungo tutto il braccio e diviene risoluto nel pronunciare le parole che, per quanto dure, sono il motivo della sua certezza.

«Quale diritto hanno quindi persone che non sanno nulla di questa storia di parlarne? Quale libertà possono avere di raccontare di un amore che si è spinto oltre ai canoni della normalità? Non avevamo voglia di aspettare, per cui successe ed anche lei lo voleva. Lo volevamo entrambi, mi supplicava. Forse le ho fatto del male perché pareva avercela con me al termine, ma quale donna non prova dolore la prima volta? Sono fatti nostri, nessuno ne può parlare, eccetto noi.»

«Mattia... quale è il nome di questa donna?»

«Valeria» ammette, infine, un uomo sconfitto dalle sue stesse debolezze.

«"Valeria"? Come "Valerio", l'uomo che hai picchiato a morte in quel bar?»

«Lei non c'entra niente con quella storia» asserisce l'altro con orrore, storcendo disgustato la bocca alla sola ipotesi.

«Lo credi davvero, Mattia? La mente a volte gioca con dei collegamenti di cui non possiamo sapere niente ed io non sono certo un esperto ma dopo ciò che ho sentito ho paura nel credere a tali coincidenze. Tu, per primo, dici sempre che non esistono coincidenze.»

«E di solito non esistono ma questa lo è stata! Non farei mai del male a Valeria, io la amo. Quel giorno, quella rissa, è stata solo la rabbia di un attimo verso il mio lavoro, non si è trattato di altro!»

Lo psichiatra annuisce, capendo come l'uomo sia giunto allo stremo e cedendo, quindi, in un'asserzione lenta e in un piccolo battito di palmo contro le nocche della mano di Mattia stretta a pugno. Annuisce ancora e Mattia si arrende, capendo di avere un alleato.

«D'accordo, Mattia, d'accordo. Io ti credo.»

Mai parole furono più attese perché di colpo il sorriso di Mattia raggiunge vette irraggiungibili alla semplice allegria ma Sanna, ora, ha il diritto di non farsi influenzare e la possibilità di mostrare il suo disappunto. Credesse pure ad una sua possibile esitazione, ne è disgustato, da lui, dal suo racconto, da tutta quella dose di smielate speranze. Prova del vero orrore per cui offre in sacrificio solo le sue parole, in modo che possano placare la fame di quella belva che gli è di fronte.

«Mi dimenticherò di ciò che quegli uomini mi hanno detto, perché non credo tu possa arrivare mai a compiere un azione simile. Capisci la mia reticenza, a sentire quei racconti mi sono spaventato.»

«Temevo che prima o poi potessi scoprirli, per questo da un lato ero felice che tu arrivassi tanto tardi ai nostri incontri.»

«D'accordo, Mattia, d'accordo, ora è tutto perdonato... se anche tu potrai perdonarmi.»

«Non vedo come potrei non farlo» replica, spiazzato, l'altro e la confusione regnante nel suo viso lascia intendere la realtà delle sue parole. Sanna è al sicuro fin tanto che il rispetto risulta in grado di giustificare qualsiasi altra cosa.

«Hai parlato di molte cose, poco fa, raccontando di questa Valeria... perché non inizi di nuovo dal principio, con la giusta calma? Mi farebbe piacere ascoltarti e credo tu abbia bisogno di qualcuno che lo faccia dopo tutto ciò che le persone hanno detto alle tue spalle.»

La richiesta, tenera e amichevole, ha il sapore della rivalsa per cui Mattia non può far altro che accettare. Parte a raccontare dal principio ogni cosa e mentre le parole scorrono come un fiume più lento, ora, privato dall'agitazione di un possibile complotto o dal bisogno di difendersi covato, lo psicologo tenta di cogliere ogni sfumatura del racconto pieno di dettagli.

Sfortuna vuole che nel sentirlo parlare il cuore di Paolo Sanna si contragga sempre di più in se stesso, quasi come se assorbisse dall'esterno del veleno che poi è costretto a smaltire, rendendolo ostile all'ascolto, refrattario, terribilmente umano.

Non può esistere sensazione peggiore per uno psicologo che tenta di vestirsi di neutralità eppure, in quello stesso attimo, Sanna capisce pure quanto sia impossibile combattere contro la propria natura. Glielo conferma Mattia, continuando a raccontare.

L'anzianità ha condotto lo psicologo a possedere sempre maggiore esperienza ma a caro prezzo: in cambio gli ha donato una dose di indesiderata emotività che coinvolge e annienta la mente di chi doveva essere neutrale, privando per sempre Mattia del perdono donato dall'assoluzione.

-

Le postazioni vuote dell'open space occupante l'intero piano permettono l'eco di passi sonori, femminili e leggiadri, mentre questi si avvicinano lenti all'ufficio di Diego. Valeria solleva lo sguardo, valutandone la provenienza e finendo così per incriminare la figura esitante di Manila, a pochi passi dal pomello della porta.

«Ciao» le sussurra questa, colta sul fatto ed azzardando persino un mezzo sorriso del tutto impacciato. La siciliana reclina di nuovo la testa, senza risponderle, avendo perso completamente l'interesse. Manila non si da per vinta. Lancia uno sguardo in direzione della stanza di Diego prima di deviare strada ed avviarsi verso la coniuge, finendo per rimanere in piedi davanti la sua scrivania. Valeria sospira di impazienza.

«Sì, Manila, ti serve qualcosa?»

«Mi piacerebbe parlare con te, con calma. Vorrei... che diventassimo amiche.»

Per poco Valeria non scoppia a ridere. Tiene a freno una risata che parte sonora come uno squillo di tromba e il principio di una beffa, eppure non può fingere di non essere incuriosita dalla richiesta. Posa i fascicoli rimasti in mano ed incrocia le braccia sul tavolo, sollevando il mento il necessario per fissare la ragazza dall'aria di porcellana che se ne sta in piedi come una bambola, stringendo i manici della borsa tra le mani.

«Sul serio? Dopo quello che ti ho fatto al salone?» Se la ride Valeria, al solo ricordo, ma sorprendentemente l'altra donna annuisce.

«Ho capito perché lo hai fatto e anche se non abbiamo mai parlato direttamente da quella volta posso dire di averti conosciuta e... che ti rispetto. Per questo, vorrei che diventassimo amiche.»

Valeria solleva un sopracciglio ma diviene seria, tanto seria da alzarsi dalla sedia con lentezza e compiere un mezzo giro intorno al tavolo. L'altra tenta di non mostrarsi intimorita, dalla sua altezza e dal cupo alone della sua immagine, tanto da scoprire, sorprendentemente, di non esserlo sul serio.

«Dici sul serio?»

«Sì, è così» conferma Manila, sorridendo nell'accorgersi di avere raggiunto un piccolo traguardo. Lo desiderava da tempo, non hai mai conosciuto una donna come lei, né tanto meno l'ha mai avuta come amica.

«Perché "mi rispetti"? Nemmeno mi conosci, non sai come agisco, quello che faccio o chissà che altro.»

«Non mi importa, so che sei rimasta. Dopo tutto quello che mi hanno raccontato di te e del tuo passato, so per certo che io, nella tua situazione, sarei scappata da tempo ma tu sei stata forte. Ti sei costruita una vita con Diego, continui a venire alle cene di sua madre, lasci che gli altri ti mettano in una situazione scomoda solo per dimostrare che non ti feriscono...»

«Sai, non è proprio così.»

«Che cosa?»

Vale sorride. «Tante cose, rispetto a quello che hai detto.»

«Non importa, non cambio la mia idea.»

«Allora penserò al fatto di accettare o meno la tua proposta di amicizia» le risponde Valeria, accennando un mezzo sorriso che è già una mezza conferma. «Perché cercavi Diego?»

«Mi ha chiamata lui, ma non intendo raggiungerlo.»

«Sei venuta fin qui...»

«Per parlare con te, in verità, in modo che tu possa riferirgli quello che sto per dirti.»

Manila inspira profondamente, prima di pronunciare parole difficili per lei.

«Amo davvero Maurizio e non vorrei che il nostro matrimonio iniziasse con una bugia. Non sono un'ingenua, so che Diego mi ha chiamata qui per motivi di lavoro e so che coinvolgono Maurizio. Immagino che siano questioni serie se ha pensato che usare me da tramite le avrebbe rese sopportabili. Credo che sia sbagliato agire in questo modo ma che Diego abbia il diritto di parlarmi, se lo desidera... solo non qui. Lo aspetterò alla villa, stasera. Potremmo parlare nella stanza che vuole ma Maurizio dovrà essere presente, altrimenti non se ne fa di niente.»

«Lo ami così tanto da temere che Diego possa agire contro i suoi interessi, non è vero? Senti il bisogno di proteggerlo.»

«Sì, è così.»

«Allora hai anche il mio, di rispetto.»

«Ti ringrazio, Valeria.»

«Gliene parlerò appena terminato questo lavoro. Devo occuparmene prima che il resto del personale ritorni...»

«Ma certo.»

Le due si salutano con un semplice cenno della testa ed un piccolo sorriso dato da una nuova alleanza del tutto inaspettata, dopodiché Manila si allontana lasciando Valeria ai suoi obblighi.

Cammina da un lato all'altro dell'edificio ponendosi interrogativi e dubbi riguardo alla serenità con cui l'altra era riuscita a fronteggiarla per poi credere all'ipotesi che l'avventatezza possa essere saracena. Un'ora dopo, tornando dalla sala delle stampanti, può dichiarare concluso il suo primo incarico e di essere pronta, dunque a raccontare della novità a suo marito. Si trova, però, costretta a bloccarsi a pochi centimetri dalla porta non appena nota lo spiraglio rimasto aperto e le voci che sembrano provenire dall'interno.

«Mi dispiace di quello che stanno passando. Non sarei mai dovuta tornare.»

Valeria è costretta a chiudere gli occhi dinanzi l'orrore manifestato nella sua testa all'udire la voce di Isabella ed il tono supplichevole con cui si rivolge a suo marito.

«Non potevi sapere che sarebbe andata così» risponde Diego, nello stesso tono soffocato e calante, quasi agitato dalla tristezza.

«Sì, invece, ho rovinato non poche vite... compresa la tua.»

«Quello che abbiamo fatto è stato voluto da entrambi.»

«Lo era, non è vero?»

La disperazione di Isabella sembra essersi confusa con un'altra emozione, ben più angosciante per Valeria, da costringere la siciliana a riaprire gli occhi e fissare, suo malgrado, ciò che le sta prendendo vita proprio dinanzi. La piccola feritoia data dall'ingresso socchiuso permette la visione di Diego a pochi passi dalla sua libreria e di Isabella che, tenendogli la mano, è in piedi di fianco a lui e sporta nella direzione dell'uomo. La bionda appare triste, eppure decisa. Fissa la bocca di Diego con un tale abbandono da essere fin troppo palese agli occhi di entrambe le persone presenti sulla scena.

«Ne abbiamo già parlato, in passato» replica quindi lui, destando milioni di ipotesi nella mente di Valeria raffiguranti serate dei due amanti mentre questi parlavano sottovoce come adesso, sussurrandosi segreti e sentimenti, chiudendosi in un'intimità non solo fisica.

Gli occhi di Vale si concentrano sulle loro mani intrecciate, deboli eppure unite. Si ricorda dell'attimo ritratto nella foto sulla scrivania di lui mentre erano le loro a farlo e la mente, maligna, si chiede come Diego possa concederlo sapendo che a pochi metri da loro c'è lei, potenzialmente ignara di tutto. Si chiede perché lo faccia... ma poi ogni pensiero viene annullato non appena nota la mano di Isabella risalire verso il collo di lui.

Il cuore di Valeria trema, non volendo assistere ad una simile scena, temendo qualsiasi cosa. Non volendo vedere in alcun modo un possibile bacio tra i due o prendere parte alla vista di quel contatto tanto intimo da essere creduto privato al loro matrimonio... ma per fortuna, Diego si ritrae. Si discosta dalla mano di Isabella, non appena questa diviene troppo vicina. Forse, anche il marito aveva pensato lo stesso; quel contatto era troppo più che un semplice capriccio, eppure Isabella poco dopo mostra solo l'intenzione di aggiustargli il colletto della camicia, in modo da raddrizzarne la piega.

Non riesce a farlo nemmeno dopo aver reso nota l'intenzionalità del gesto. Diego non l'avvicina, arrivando persino a sciogliere l'intreccio delle loro mani.

«Spero che tu possa non odiarmi per questo» le sussurra, fissando verso terra mentre lei continua a guardare nella sua direzione e sorridergli.

«Non potrei mai farlo.»

Decide di aver visto abbastanza solo una volta capito come quell'incontro sembra essere giunto al termine. Valeria si allontana il tempo necessario ad essere invisibile ad Isabella, mentre questa esce dall'ufficio di lui. Prende tempo, si consente una pausa, lascia che il ricordo di Isabella abbandoni l'ufficio del marito assieme al suo profumo, dopodiché si avvia, fascicoli in mano, verso di lui.

Lo trova appoggiato alla scrivania e rivolto alla finestra, con sguardo assorto. Sentendola arrivare allontana lo sguardo da fuori con lentezza per poi non separarlo più da lei che si avvicina, mantenendo il confronto.

«Posso parlarti?» Tenta di soffocare la lieve nota di rabbia che ha reso acida la richiesta, così da fingere di essere completamente all'oscuro dei fatti. Diego annuisce, dandole libertà di parola. «Sono venuta a portarti questi lavori e a raccontarti una strana novità. Ho incontrato Manila, fuori di qui, davanti alla mia scrivania. Mi ha detto di avere il desiderio di diventarmi amica e poi mi ha chiesto di riferirti che, qualsiasi cosa tu abbia da dirle, gliela puoi dire stasera, alla villa, in presenza di Maurizio.»

«Avevo intenzione di introdurla alla problematica delle quote.»

«Lo so, ma non intende fare niente senza di lui.»

«Avrei dovuto immaginarlo» sussurra, prima di rivolgerle una questione altrettanto importante. «Verrai con me?»

«Non mi fa piacere essere ospite di tua madre, ma devo farlo. Riguarda entrambi.»

«D'accordo, allora.»

Sono le parole che di solito Diego usa per mettere fine ad un loro scambio in modo cordiale, ma Valeria non è ancora pronta per andarsene. Desidera compiere un'ultima mossa.

Solleva la mano e aggiusta il colletto della camicia di Diego con lentezza, dandogli il tempo di assimilare il compiersi del gesto, notando come non muova un solo muscolo per impedirglielo. Si attarda poi volontariamente nel curare anche le parti già in piega, in modo da testare la sua resistenza, e Diego ancora niente, non le vieta niente.

No, Diego non si è mosso di un solo centimetro. Anzi, è rimasto a fissarla. Come se cercasse altro. Come se la vicinanza di sua moglie rendesse lecita anche l'azione che ha compiuto lui di inclinare la testa ogni qual volta Vale reclinava la propria, seguendola in ogni azione e ogni spostamento intorno a sé. Vale si sforza nel celare un sorriso.

«Scusa, era in disordine» si giustifica e Diego non replica. Continua a fissarla negli occhi in un modo diverso rispetto a quello avuto con Isabella. Privato, solo loro.

«Vale» la richiama la voce di suo marito, a pochi passi dalla porta quale minuto dopo. Sorpresa, torna rivolta ai suoi occhi. «Che abito metterai?»

«Non ne ho idea» risponde lei, più che consapevole di dover continuare a vestire secondo i canoni della villa.

«Può essere un abito scelto da me?» La domanda la arresta del tutto, senza darle nemmeno la forza di emettere una sola parola prima che suo marito torni a parlare. «Intendo, un regalo. In sostituzione della collana che hai perso. Lascia che sia io a sceglierlo per te.»

Se solo non le mancasse l'aria, o il battito, o la reattività, Valeria sarebbe sicura di stare arrossendo mentre la verità è che sta fissando suo marito rimanendo a pochi passi dalla porta con la bocca leggermente aperta e lo sguardo perso, di fronte a quel ribaltamento di ruoli. Voleva essere lei a spiazzarlo mentre invece era stato l'esatto contrario.

«Sì.»

Diego le sorride teneramente così a lungo che Valeria capisce di non poter rimanere un minuto di più. Chiude la porta dell'ufficio alle sue spalle e il suono rimette in moto il suo cuore, rimasto sotto sforzo.

-

La cioccolata calda ha lasciato piccole macchioline sul fondo della tazza, come le tracce cicliche del percorso del cucchiaino nel ruotare all'infinito, impartendo un ritmo ai pensieri.

«Perché non mi hai detto subito che Valeria è la donna di tuo fratello?»

«Perché non lo è. Lo ha solo sposato.»

«E come vivi il fatto che stanno insieme?» Continua a chiedere Sanna, vittima del racconto minuzioso e maniacale della relazione ai tempi del corteggiamento. La voce dell'uomo, iniziata a dissiparsi a seguito del matrimonio tra Diego e Valeria, aveva lanciato chiari indizi di uno specifico malcontento.

«Lei fa quello che deve. Stare con lui è il solo modo che ha per rimanere qui in Piemonte più a lungo.»

«Mattia» sussurra lo psicologo, chinandosi in avanti verso il suo paziente e approfondendo maggiormente il loro rapporto. «Ti ho perdonato per quello che non hai fatto a Valeria, ma ora mi stai dicendo di avere un desiderio nei confronti della donna di un altro. Non sono cristiano, ma non ritengo che sia etico. Perché non la puoi dimenticare e andare avanti?»

Mattia sorride, arreso, fissando Sanna da sotto le sue ciglia lunghe.

«Credi che non ci abbia provato? Valeria non è una donna che si dimentica. Ti entra sotto la pelle e continua ad abitarci, in eterno.»

Impossibilitato a controbattere ulteriormente, Sanna si lascia ricadere indietro lungo la sedia, rimanendo a fissare afflitto le possibilità attorno a Mattia ridursi drasticamente a poche alternative di strade.

Diego, Mattia... entrambi i fratelli sembrano essere stregati da Valeria e non sono i soli. Essendo spettatore dei loro racconti anche Paolo inizia a nutrire un profondo interesse per la donna, mentre tenta di figurarsi la durezza del suo volto e l'eleganza del portamento.
Vorrebbe conoscerla, parlare con lei, entrare in contatto con il suo cuore per capire, da lei sola, cosa possa essere veramente successo alla sua vita. In che modo le è stata spezzata, come riesca a convivere con tutto questo. Chi ami davvero, se se stessa, la sua famiglia, suo marito o tutte e tre le cose, in che modo le equilibri, come riesca a respirare.

«Un desiderio d'amore» sussurra Paolo, valutando ogni personaggio della sua terapia nei confronti di un altro. Diego, Valeria, Mattia, ruotano nella sua testa in un cerchio infinito come tre sfere rotonde, unite da quella sola frase che ricollega tutti loro l'uno all'altro.

«Sei il primo che lo capisce» commenta Mattia, sorridendo in direzione del tavolo. «Che mi capisce.»

Sanna solleva gli occhi verso l'uomo, interrompendo le proprie idee e pregando che possa essere davvero così.

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Valeria aveva trovato il nuovo vestito sul letto, impacchettato in una scatola di alta moda. Lo aveva sollevato con la punta delle dita, donandogli estrema cura, e aveva tentato di tradurvi il desiderio impresso del marito. Il motivo per cui lo avesse scelto, nella semplicità della stoffa e del nero colore neutro.
Indossandolo lo aveva capito.

Scende dal taxi con lentezza, chiudendo la portiera prima di avviarsi ai cancelli della villa. I tacchi percorrono il sentiero dell'ingresso, per poi posarsi sulla costosa pavimentazione della casa.
Il domestico, appena entrata, le suggerisce di porgergli il soprabito, al che Valeria compie il gesto fissandosi cautamente attorno alla ricerca di Diego.

Sa in che stanza recarsi per incontrarlo con Manila e Maurizio ma si domanda se sia già arrivato e dove sia, da quanto tempo la stia aspettando.

«Posso accompagnarla?»

«Non serve, Tommaso, no» risponde tranquillamente, lasciando sorpreso l'uomo nello scoprire di come ricordi il suo nome. In fondo, credeva di essere solo uno dei tanti.

Valeria cammina con lentezza nei corridoi della casa, avanzando come su un campo di mine pronte a esplodere, finché non raggiunge la stanza designata.
La porta è aperta e Diego, proprio come in quel pomeriggio nel suo ufficio, è presente in una posa rilassata, mani nelle tasche e sguardo fisso oltre una finestra mentre Maurizio, seduto alle sue spalle, sembra mostrare impazienza.

Compie un solo passo, la siciliana, prima di udire di nuovo la voce di Isabella, poco distante da se. Inclina la testa e la trova intenta a parlare ad uno dei tavoli poco utilizzati di un soggiorno, in compagnia della padrona di casa.
Sofia sfida Valeria con uno sguardo divertito, giocando con un paio di anelli della sua mano, prima che Manila possa comparire nella traiettoria del loro sguardo. La futura sposa si rivolge a Valeria per poi entrare nella stanza con Diego e Maurizio, in attesa di vederla fare lo stesso.

Ma Valeria non può farlo, perché alle sue spalle un leggero vento ha accompagnato l'arrivo di un ulteriore figura che si ferma dietro di lei, appoggiando una spalla al muro che fa da confine tra Valeria e l'oscena visione delle due arpie pronte a cibarsi della sua carne. Lo avverte inclinare la testa per poter valutare lui stesso una simile visione, per poi rimanere in quella posa, con la fronte vicino alla spalla di lei, non appena riprende a parlare.

«In fondo la capisco. Non deve essere facile, per lei. Isabella, come tutti noi, desidera ciò che le è impossibile avere perché impedito da altri» sussurra a lei la voce di Mattia, in una confessione che porta Valeria a concentrarsi su Diego, distante e ignaro di ciò che sta avendo luogo. «Non pensi anche tu che sia ingiusto?»

Valeria sorride, credendo a un sacco di cose ma meno che mai a quella.

«Ho smesso di credere a ciò che può considerarsi giusto e cosa sbagliato ormai da molto tempo.»

Lo avverte di questo, prima di lasciarsi l'orrore di quell'uomo alle spalle ed entrare nella stanza con gli altri. Chiudendo Mattia e tutto il resto del mondo fuori, così da credere solo a ciò che le pare.

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