25. Il vero amore
Quando la macchina di Diego Grimaldi arriva nei pressi di casa Agnelli, situata nel centro storico al termine di una ripida salita, lo fa senza sobbalzi. Era stata guidata da una preoccupazione tenuta sotto controllo dai limiti di velocità ed aveva concesso un arrivo anticipato rispetto ai tempi previsti. Ora non tocca altro che ai due coniugi avvicinarsi alla meta.
A piano terra il cancello conducente al giardino della casa è stato lasciato aperto per farli passare ed è solo una volta superata quella soglia che le voci di un matrimonio, sgretolato dal sopraggiungere della giovinezza di terzi in un contesto di cambiamenti e nuove nascite, arrivano urlate.
«Cosa diavolo c'entra ora questo? Stavamo parlando di tutt'altro!»
«Invece si tratta proprio di questo! Non hai mai nominato prima il tuo interesse per il lavoro ma ora che è rientrata Isabella di colpo torni a nominarlo!»
«Perché non provi ad usare la testa, una volta ogni tanto? Mi sono licenziato da lavoro, da qualcosa che so fare. È normale che torni a nominarlo!»
«Certo, come se potessi crederti. Ho visto come l'hai guardata a cena. Avanti, Claudio...» La risata di Silvia rimbalza tra le pareti della casa e finisce a scontrarsi flebile contro alcuni alberi del giardino. «... prima che arrivasse lei in questo matrimonio non ci eravamo mai mentiti, mi piacerebbe tornare a quegli inizi.»
«Ti sbagli, su tutto quello che credi stiamo vivendo. Abbiamo una bellissima famiglia, sono fiero di quello che abbiamo ottenuto fino ad adesso e ti dirò di più! Ti sbagli soprattutto sul modo con cui l'ho guardata. È vero che sono arrabbiato, sì, lo sono, questo sì... ma Dio mi abbia in gloria sto cercando di farti ragionare da un'ora!»
La coppia sposata meno infelice, almeno all'apparenza, sopraggiunge sulla scena di un soggiorno pieno di sangue, a causa delle reciproche ferite inferte, riuscendo a constatare la presenza di Gaia a un lato della scena.
Diego le accarezza la testa ma la piccola, sorprendentemente, scappa via persino dal suo contatto e corre lungo le scale.
Valeria e il marito spiano quell'addio fatto di lacrime, prima di accorgersi di come madre e figlia sembrino avere la stessa espressione.
Che cosa dire di fronte a quella manifestata resa che Silvia porge loro? Mentre Diego fissa il suo fratellastro e pare mostrarsi predisposto a scendere a patti con le difficoltà nei suoi riguardi, Vale non riesce a fare lo stesso con la sua amica.
Non ha niente da deriderle. Non può lasciarle credere di pensare che Isabella non sia un pericolo o che non sia più giovane, più bella, di entrambe. Non può dirle di come Claudio l'abbia davvero fissata a quella cena perché era stato inconsapevolmente osceno. Difatti, aveva osservato la bionda quasi fosse il piatto prelibato della serata, aggiungendovi una nota di sofferenza data la consapevolezza di come possa appartenere ora ad un altro, per giunta a lui fratellastro.
Ma soprattutto, più importante, non può incolpare qualcuno di colpe che anche lei possiede.
Diego capisce tutto questo in un solo attimo, intercetta l'occhiata delle due e porta avanti un consiglio, verso sua moglie.
«Vai dalla piccola. Vi raggiungo tra poco.»
«Va bene.»
Ma non appena invertono le loro posizioni permettendo a Valeria di essere più vicina alle scale e a Diego al soggiorno tutto quel controllo scompare. Le loro mani si sfiorano e le dita si toccano, inavvertitamente.
Diego cerca di colpo il suo sguardo per quel contatto inaspettato e comandato dal caos ma non per questo meno voluto e Valeria non può fare a meno di ricambiare, prima che la realtà di nuovo li inghiotta.
Percorrendo i primi gradini velocemente avverte le parole di suo marito, al piano di sotto.
«D'accordo, ora calmiamoci, tutti quanti.»
«È stata una mossa assurda quella di farla tornare» esordisce Claudio in direzione dell'uomo che un tempo era stato il suo testimone di nozze.
«Questa è la prima cosa sensata che ti sento dire!» Commenta poi Silvia, avviandosi a braccia conserte verso la porta finestra conducente al giardino nell'istante stesso in cui Valeria raggiunge il pianerottolo della prima rampa di scale.
La piccola Gaia è davanti a lei e corre più veloce nel sentirla arrivare, fino a chiudersi in bagno con una mandata di chiave. Vale si abbatte sulla porta con una serie di veloci pugni.
«Gaia, apri immediatamente! Non puoi chiuderti in bagno!»
«Va via!» Esclama da dentro, in lacrime, la piccola. La sua voce spezzata allenta la sicurezza della siciliana tanto da farle abbassare i pugni e farle calare la rabbia per quella trasgressione richiesta dalla piccola, al solo fine di poter ottenere un po' di privacy. La sente piangere e poi avverte l'inconfondibile rumore dell'acqua del rubinetto, aperta per poter nascondere la fragilità fuoriuscita in singhiozzi.
Da dove si trova, Valeria è partecipe della tristezza della piccola così come dello scontro senza superstiti al piano inferiore e concependo quanto sia fondamentale lasciare alla bambina i suoi spazi si avvicina alla balaustra delle scale, quanto basta per sentire meglio.
«Ascoltatemi... da quanto va avanti tutto questo? Avete bisogno di chiarire e dovete farlo adesso prima che la piccola ci vada di mezzo» sente dire a Diego, a un tono di voce mediamente basso per risparmiare a Gaia di udire ulteriore dolore.
«Forse non c'è più altro da chiarire» mormora Silvia, dondolando per la stanza. «È una storia vecchia come il mondo, no? Un altro matrimonio che termina non appena l'amore muore. Non guardarmi così, Claudio. Non guardarmi come se dovessimo fare qualcosa solo per i bambini. Sono un'ottima madre, contro questo non puoi andare. Te li lascerei vedere quando vuoi, il divorzio sembra essere all'ultima moda...»
«Divorzio?! Quale divorzio? Nessuna coppia si farebbe questo!»
«A quanto pare sei troppo conformista... fortuna che il tuo amico è al passo con i tempi...»
«Diego?» Sussurra sorpreso Claudio, fissando l'altro quasi non lo vedesse da un secolo. Valeria non può essere resa partecipe di quell'espressione epocale ma ben intende quanto sia priva di ogni retorica, specie grazie al tono divertito con cui la sua amica ne accompagna la venuta.
«Proprio così, proprio Diego. Vuoi sapere come l'ho scoperto? Tramite Giulio. Ti ricordi di Giulio, vero, amore mio? L'avvocato. L'uomo con cui hai pensato da anni potessi avere una relazione solo perché abbiamo studiato insieme e abbiamo un passato ma, sorpresa delle sorprese, io so distinguere l'essere amichevoli dall'essere sdolcinati. Mai avuta una sola relazione sul lavoro e non ho mai tradito! Ti consolerà saperlo, solo uno di noi può beneficiare tale vanto!»
«Che cosa significa? Vuoi lasciare Valeria?»
«Non sono venuto qui per parlare di questo» si difende Diego ma Silvia è troppo agguerrita per poterlo lasciare indenne da una proposta di guerra tanto succulenta.
«Invece si tratta proprio di questo! Hai combinato un mezzo casino con Valeria, sì? Te ne sei reso conto? Eppure eri a un passo dal guadagnarti la sua fiducia! Chi se la ricorda, una Valeria così! Indifesa, intenerita dalla morte della madre e pronta a volersi rifare una nuova vita... le hai sbattuto la porta in faccia, con Isabella. Una vera azione da vigliacchi!»
«Non mi vuoi qui, l'ho capito, ma Claudio mi ha chiamato per la piccola, il casino che state facendo la sta riempiendo di paura!» Esclama Diego e nello stesso istante, quasi avesse percepito la rabbia dello zio, un singhiozzo proviene più forte dalla porta del bagno ed è solo Valeria a sentirlo. I tre a piano terra continuano indisturbati il loro duello, alternando frasi soffocate ad altre urlate.
«No, tesoro, lui ti ha fatto venire qui perché aveva bisogno del tuo sostegno! So che Gaia ha paura ma adesso ha più bisogno che sua madre capisca se suo padre può fare l'uomo e ammettere ciò che prova o se si limiterà ad essere solo un codardo, pronto a sputare su di noi alla prossima bella ragazza che passa!»
«Non vi ho mai lasciate.»
«E secondo te questo è essere uomo?»
Nel silenzio che ne consegue, una schiera di passi sembra muoversi dall'altro lato della stanza e quando la voce di Diego torna a parlare Valeria capisce quanto possa essere costato a suo marito farsi avanti, schierando sentimenti divenuti indiretti ma colpevoli dentro quel matrimonio.
«Vuoi che lo dica anche io, Silvia? Vuoi che lo ammetta?» Silvia rimane in silenzio, accompagnata da Valeria che fissa il vuoto delle scale, intrappolata con gli occhi al pavimento mogano scuro della casa.
«D'accordo, lo farò. Sono stato un codardo, per tutto. Per essere scappato da Vale, per aver scelto Isabella, per aver finto di non accorgermi di tutto questo! Ma ormai questa storia appartiene al passato, devi capirlo e superarlo.»
«Vale lo stesso per te?»
«Sì.»
Un lieve sorriso accompagna le successive parole di Silvia, percepibile a Valeria dall'intonazione della voce.
«Hai visto, Diego? Sei solo di supporto.»
«Silvia...» mormora esausto Claudio ma l'altra lo interrompe per tempo.
«C'è una cosa che non avete mai capito, nessuno di voi due, e parlo anche a nome di Valeria. Isabella è giovane, certo, è bella ma per quanto insicure possiamo essere, per quanto ci possiamo sentire sbagliate per un corpo che non sentiamo più nostro o sporche per come gli altri lo hanno trattato, il tradimento non è aggravato da questo. Io aspettavo il nostro secondo bambino, Claudio, ed ho pensato di doverlo crescere senza un padre. Valeria invece era sola, più sola che mai. La vita pone delle scelte. Ci avete tradite non compiendo quella giusta.»
Nella gola di Valeria un grosso nodo le impedisce di respirare. La sensazione è angosciante; sente come se avesse ingoiato una pallina di plastica da ping pong e questa si fosse incastrata al termine della trachea, impedendole di deglutire, ma ciò che fa più male è la sensazione di solitudine tornata presente a seguito di quelle parole.
Chiude gli occhi tentando di isolarsi dal resto nell'istante stesso in cui la porta del bagno si apre in uno scatto di chiave e Gaia schizza veloce via.
Avvertito quel cambiamento, spalanca le palpebre e le corre dietro, riuscendo ad afferrarla per una spalla.
«Gaia-»
«Vattene via! Lasciami!»
«Non me ne vado se prima non mi dici perché sei arrabbiata con me.»
«Ti odio, odio tutti, non fate altro che mentirmi!»
Finalmente Vale riesce ad afferrare con più sicurezza la bambina e a voltarla verso di sè: si trova contro un viso arrabbiato e in lacrime, una fronte arrossata per il troppo pianto e una chioma di capelli arruffati dall'agitazione della corsa e dai tentativi di scappare via. Normale reazione per una bambina le cui orecchie hanno ascoltato più del dovuto ma Valeria aggrotta la fronte, non riuscendo a capire.
«Perché ci hai chiamati qui se non vuoi parlare con noi, allora?» Domanda, al che la piccola tace. Valeria solleva le sopracciglia e aspetta... aspetta, finendo per ricevere una bugia.
«Perché credevo di volervi ma non vi voglio.»
«Non mentirmi, Gaia.»
«Sei tu a mentirmi.»
«Perché dici così?» La voce di Valeria tradisce uno sgomento reale, macchiato di paura che il silenzio della piccola incrementa in una montagna russa di pericolo.
«È morto Gerardo, lo sai?»
«Il tuo girasole? Sei arrabbiata con me per questo?»
«No. Sono arrabbiata perché era l'unica cosa bella.»
Valeria non sa più cosa dire, a due passi dalla cameretta della bambina e dal suo corpo, più lontana da lei che mai, ma per fortuna proprio in quell'istante Diego accorre in suo soccorso. Mostra una faccia stanca nel percorrere le scale ma si riprende all'istante non appena nota la rabbia della bambina. Per fortuna, questa ha smesso di fuggire e si limita a fissarlo con un odio alquanto familiare. Diego lo vede ogni giorno in sua moglie per cui sbuffa in un mezzo sorriso, facendosi di nuovo serio non appena arriva a lei.
«Allora, quale crisi abbiamo qui?»
«È arrabbiata con me.»
«E per quale motivo lo è?»
«Non parlate come se non ci fossi! Sono proprio qui!»
«Oh, vuoi essere trattata da grande?» Le domanda provocatorio lui, inginocchiandosi alla sua altezza mentre Vale rimane in piedi al suo fianco, ancora bloccata dalla risposta avuta poco prima. «Se vuoi esserlo allora dovrai darmi risposte da grande. Perché sei arrabbiata con Valeria?»
«Lo sono anche con te.»
«Con il tuo zio preferito?» Tenta un approccio che non va a segno, prima di passare di nuovo alla serietà. «Avanti, dimmi perché.»
«Perché nessuno qui si vuole bene. Mamma e papà si odiano ed anche voi lo fate. Non restare mai, non siete mai insieme, vi odiate anche voi non è vero?»
«Nessuno qui si odia, tanto meno i tuoi genitori.»
«Eravate tutti fuori, a cena. Da quando sono tornati a casa non fanno che litigare!»
Ben tre ore fa, ormai.
«Ora però non li senti più litigare, giusto?»
I tre rimangono in silenzio solo per accorgersi dell'improvviso mutismo della casa. Ma la lite non è finita, si è solo sedata. La parole di Silvia li avevano sgretolati a tal punto da farli separare, tentando di rimettersi in piedi. Avevano approcciato tutti quanti qualche minuscola frase prima di rifugiarsi in ambiti opposti della casa e altro non erano rimaste che fratture di dolore. Tutto ciò, però, Gaia non può saperlo per cui rimane destabilizzata per un'istante prima di tornare alla propria certezza.
«Non importa se per il momento hanno finito. Lo rifaranno, litigheranno di nuovo, succede sempre.»
«È vero che stai diventando grande, Gaia, ma l'amore è una faccenda complicata. Non puoi sapere cosa passa per la mente dei tuoi genitori né giudicare quanto gli altri si amino.»
«Forse, ma per amarsi bisogna stare insieme e voi non ci state mai.»
Diego sospira in piena resa, sconfitto dall'ora tarda e dalla tenacia della bambina.
«Stiamo insieme spesso, invece. Non vedi? Vale ha persino i miei abiti, eravamo insieme.»
Al solo ricordarlo, Vale sposta lo sguardo altrove nella paura che Diego si volti e noti il rossore che quel pensiero ha provocato sulle sue gote.
«Hai finito, ora, con le tue domande strane?» Continua imperterrito lui, trattando la piccola davvero da grande e questa, capendolo, annuisce. «Bene» commenta quindi e si rialza in piedi, pronto per un faticoso rientro a casa ma comunque verso un posto lontano da certi problemi familiari. Peccato che la squillante voce di Gaia ne interrompa la ritirata.
«Dove andate?»
Anche Valeria aveva accennato ad una serie di passi ma è costretta ad interromperli, non avendo mai visto la bambina tanto arrabbiata.
«A casa. È notte fonda e siamo molto stanchi, Gaia.»
La risposta dello zio non le basta. Gaia si mordicchia un labbro, escogitando una strategia che va a vuoto non appena un suo sopracciglio si solleva, rendendo evidente quanto poco sia astuta al confronti dei grandi.
«D'accordo, allora facciamo così. Seguimi.»
Diego lo dice alla piccola ma prende per mano Vale che trema dalla sorpresa di quella stretta, prima di lasciarsi trascinare lungo il corridoio. Probabilmente è la sola a non aver compreso cosa stia accadendo ma diviene tutto più chiaro non appena i tre superano l'ingresso di una nota stanza.
Gaia se ne resta in piedi, a fianco del letto, e Diego si siede, tirando giù Vale con sé.
«Resteremo qui, contenta? Nessuno se ne va via da questa casa. Riprenderemo questo discorso domani.»
L'idea rende felice la piccola a tal punto che questa è costretta a mascherare il suo entusiasmo con un'espressione crucciata, in modo da non far saltare la sua copertura.
Valeria è seduta sulle gambe di Diego, immobile come una statua ma occupata nel non lasciar notare la sua freddezza alla piccola mentre questa si appresta a compiere una ritirata.
Retrocede di diversi passi senza voltar loro le spalle, quasi si trattasse di un gioco e non volesse permettere loro di muoversi, fino a raggiungere la porta della camera ed allungare la mano per toccarla.
«Ricordati di chiuderla» le dice Diego, al che la mano si solleva ancora quanto basta a raggiungere la maniglia e tirarla a se.
La porta viene sempre di più accostata alla parete lasciando modo alla bambina di continuarli a fissare per tutto il tempo, finché non è più possibile.
Ormai soli all'interno della stanza chiusa, Valeria fa per muoversi ma Diego le posa una mano su una gamba impedendoglielo e con un dito dell'altra fa segno di restare in silenzio.
Non devono muoversi e non devono parlare, ancora per un istante.
Ne segue un mutismo perpetuo, dopodiché i passi rivelatori della bambina che si allontanano smascherano il perché di una simile richiesta.
Davvero soli, moglie e marito sospirano arresi, ammorbidendosi visibilmente nella contrazione dei muscoli fintanto da separarsi.
«Dove vai?»
Lo chiede lui a lei, ormai in piedi.
«Non lo so, trovo un modo per dormire.»
«Ce ne è uno qui.»
«Per l'appunto, uno solo.»
La risposta fa alzare anche Diego in piedi, permettendole di averlo di nuovo vicino.
«Anche questo, proprio come il nostro bacio, non sarebbe per la prima volta» le dice, sollevandole la felpa senza aspettare che risponda dalla testa e occupandosi di fare lo stesso con la propria.
A Vale per un istante manca il fiato non appena l'indumento le scompare davanti gli occhi e il marito le compare di nuovo davanti, quasi non si fosse sul serio resa conto della loro vicinanza.
«Non dici sul serio.»
«Non farti pregare» lo sente mormorare prima di riuscire a far sdraiare entrambi sul letto.
«Come se potessi supplicarmi per una cosa simile...»
«Non hai idea di quello che farei.»
Nella speranza di non avere un contatto diretto o nell'abitudine di un sonno vissuto sempre in solitudine, Vale si è voltata di lato ma di colpo la mano di lui si posa e serra con sicurezza sul suo fianco, anticipando il corpo che l'istante dopo le si accosta contro.
Il cuore reagisce. Normale che lo faccia. Un improvviso caldo rende evidente quanto la presenza del marito alle proprie spalle possa essere inopportuna e di come non riesca a passare inosservata.
«Vuoi dormire così?»
«Non vedo perché no, è una posizione piuttosto comoda una volta trovata la giusta posa» lo avverte dire, spostandosi leggermente e strusciandolesi contro non appena allunga il braccio sinistro rimasto contorto sul materasso per poterlo passare oltre la testa di lei.
Vale affonda il volto nel cuscino, mascherando terrore ed emozione al tempo stesso.
«Non possiamo dormire così» commenta solo, lasciando poi che sia il frastuono accelerato del suo cuore a riempire i minuti seguenti.
Diego si solleva appena, appoggiando la testa alla mano del braccio ora piegato contro i cuscini, in modo da poterla spiare dall'alto, nonostante il semibuio della stanza degli ospiti.
«Se preferisci possiamo dimostrare alla bimba che l'amore è morto, domani mattina, quando sai che tornerà in questa stanza a controllarci.»
«È piccola, comunque non capirebbe.»
«A me invece sembra che abbia capito molto, fino ad ora» commenta in un sospiro Diego, creando nuovi brividi sulla pelle di Vale.
È perso dentro pensieri che lo portano con lo sguardo più lontano ma si accorge di come il silenzio di lei stia riempiendo le orecchie di dubbi udibili per cui si china verso il suo viso, affondato nel cuscino, trovando una tenera sorpresa.
«Vale... dimmi... hai particolarmente caldo o questo rossore è merito mio?»
«Ho caldo.»
«Lo immaginavo» se la ride lui, tornando disteso e continuando a stringerla. Quasi si aspettasse che fosse lei la prima a proporre loro di separarsi, per il caldo o l'imbarazzo, ma non accade. Vale resta immobile percependo distintamente il corpo e la stanchezza del marito dietro di sé.
La mano che si era posata sul suo fianco e l'aveva stretta parte ad accarezzarle lenta la maglia all'altezza del ventre, prima di sollevarla e sfiorarle la pelle in movimento ciclici. Dentro quel contatto, Vale si perde rimanendo con la faccia nascosta contro il cuscino.
Quel tocco ipnotico riesce quasi a farla tremare, muovere il corpo in risposta a quelle carezze e pensare che se solo quella mano scivolasse più in basso i pensieri si sgretolerebbero in un attimo. Diego arresta la carezza e preme interamente il palmo contro il ventre di lei, accostandosela addosso mentre scivola lungo il suo corpo quanto basta a sentire l'odore della sua pelle all'altezza della nuca.
La maglia troppo grande per lei gliel'ha lasciata scoperta a sufficienza da mostrare parte della sua schiena, per cui Diego si rifugia su quel piccolo lembo di pelle, respirando a pieni polmoni il profumo di quel nuovo nascondiglio. Pochi istanti dopo, Vale lo averte sorridere.
«Che cosa c'è?»
«Hai il mio odore addosso. È la prima volta che te lo sento.»
Di questo ne è consapevole da sola. Veste i suoi abiti, ha usato i suoi prodotti per lavarsi, sta vivendo un contatto diretto con la sua pelle... di colpo la raggiunge il pensiero di poter fare lo stesso, di poterlo marchiare, a suo modo. Di volerlo fare...
Diego posa la fronte contro la sua schiena nuda, nella semioscurità della stanza.
«Se non riusciamo a dormire allora credo che sia il caso di parlare.»
Ecco il cambiamento nel tono di voce di Diego. La serietà li ha raggiunti spietata come sempre ma risulta necessario affrontarla a testa alta per non avere timori.
«Di che cosa vuoi parlare? Di Claudio e Silvia?»
Il silenzio di Diego è un chiaro segnale al negativo, già reso evidente dall'intimità con cui sta continuando a stringerla.
«La storia del chiudersi in bagno... eri seria quando hai detto di fidarti di me?»
«Sì.»
Diego continua a tacere, a respirare sulla pelle di lei.
«Io, invece, non mi fido di te.»
La frase la colpisce all'istante e le fa tanto male da farla sollevare di colpo a sedere sul letto, scrollandosi il marito di dosso, così da accendere la luce che ha intravisto, entrando, sul comò.
Quando questo avviene, Diego è ormai a sedere anche lui, schiena alla testiera del letto, sguardo fisso di fronte a sé e una strana espressione triste... forse per aver perso quel piccolo contatto avuto con la moglie.
«Baci tutte le donne di cui non ti fidi?» Domanda risentita lei, con una strana agitazione che per un momento le fa tremare le mani. Suo marito lo nota per cui torna a guardarla negli occhi e in quello sguardo Valeria legge tutti i capi della propria condanna. «Lascia perdere», mormora quindi, «è sciocco.»
E detto questo tenta di riaccomodarsi nel letto e spengere la luce. Non vorrebbe altro, ormai è piena notte ma Diego non la pensa allo stesso modo. Blocca la mano che si era tesa verso l'interruttore con la propria, chiedendole di voltarsi verso di lui per poter parlare come si conviene.
«Il fatto che non mi fidi di te non significa che non desideri farlo.»
«Non importa, non puoi. E nemmeno devi. Dimentichiamoci di questa storia.»
«Ti arrendi così?»
«La fiducia non è certo qualcosa che posso regalare!» Esclama, strattonando il braccio e riuscendo a liberarsi della presa di lui.
«Sei arrabbiata eppure ti arrendi, non ti sembra assurdo?»
«Non sono arrabbiata.»
«Allora è anche peggio.»
«Tu non puoi farlo! Che cosa vuoi da me?! Sono la donna che desidera distruggere la tua famiglia e mandare all'inferno tuo fratello! Non puoi fidarti e basta!»
Valeria è priva di fiato a seguito di simili parole che l'hanno completamente svuotata mentre gli occhi di Diego, mentre la fissano, brillano nel placido mare della loro tristezza.
«Voglio sapere come tu riesca a farlo. Capire come possa essere vero.»
Valeria è in preda al nervosismo e alla stanchezza; sghignazza per alcuni istanti a causa di queste due realtà che hanno preso a cozzare insieme prima di sentirsi soffocare nel dovere ammettere la purezza di un cuore troppo grande per lei.
«Intendi come riesca a fidarmi dell'uomo che, in ogni istante della sua vita, ha provato a dimostrarmi di essere migliore del suo gemello?» Valeria deglutisce ed abbassa lo sguardo mentre Diego non lo allontana da lei. «Mi hai sposata. Mi hai promesso vendetta. Mi hai protetta. Sei rimasto con me... sei la persona migliore dentro questo matrimonio, non fingere di non accorgertene.»
«Sai che non è sempre stato così. Dipingi una realtà migliore di quanto lo sia stata. Ho provato a voltarti le spalle più volte, ad allontanarmi da te fino a che non ci sono riuscito. Con Isabella ti ho tradita, in ogni senso, e non solo con lei... non puoi fidarti.»
Le parole accusatorie di Silvia rimbombano tra di loro come un eco ma sono soffocate dalle regole, dal timore.
«Era un tuo diritto... io non ho fatto di meglio.»
«Eppure non sei stata la prima, giusto?»
Al solo ricordarlo, Vale è costretta a nascondersi, voltando la testa di lato per sfuggire al suo sguardo.
«Non voglio che tu smetta di farlo» sussurra lui, chinandosi in avanti per cercarla. «Voglio solo che tu lo ammetta. Non sono stato un buon marito. Ti ho tradita per prima, ti ho voltato le spalle, ti ho nascosta a me stesso per non averti nelle mie giornate. Era questo che volevi quando sognavi il tuo matrimonio da favola? Perché un tempo lo facevi: quando ancora avevi speranza nel tuo futuro credevi nel rapporto coniugale, nella complicità... nell'amore. Non lo hai avuto quindi come puoi fingere che possa bastarti?»
Non si era trattato dell'amore dei suoi sogni, spudorato ed iconico come si prefiguravano i suoi ideali, però Valeria non può negare che non ci sia stato niente. C'era rapporto coniugale quando Diego la prendeva per mano nel giardino di Villa Grimaldi. C'era complicità ogni volta che la fissava, in preda al panico, sorridente per una battuta di troppo, confusa per una situazione complicata al lavoro, rilassata quando il sole le accarezzava il viso e le ricordava la sua terra. Complicità mentre l'abbracciava, stesi sul divano nel suo studio. Complicità quando si erano stretti, nudi, l'uno all'altra sul tappeto del loro soggiorno. Amore... forse un loro genere di amore, privato, celato, ma vivo quando Diego aveva lottato per lei, riempiendo di pugni suo fratello nel corridoio della società fino a fargli sputare sangue, quando le si era schierato dinanzi ponendosi tra lei e la propria madre.
Quando l'aveva baciata sulla fronte dinanzi a tutti gli invitati al loro matrimonio, trattandola con rispetto. Quando non aveva alzato nemmeno un dito sul suo corpo, la notte delle loro nozze. Quando non aveva preteso... ma solo donato.
Diego può avere dato per scontato tutto questo, ma Valeria non lo ha fatto. Ricorda i momenti cattivi, il suo cuore pessimista glieli ripropone assiduamente, ma quando si tratta di Diego sono i buoni a prevalere. Ogni cosa si rischiara se è il marito ad affacciarsi nel ricordo e non è cosa da poco, non le è mai successo con altri, per cui sente di dovergli dire la verità, essendo in attesa da troppo tempo per essa.
«È vero, sei stato il primo a tradire ma non te ne ho mai fatto una colpa. Era giusto per noi, ci garantiva il distacco, specie nei primi tempi. Ricordo che lo avevi anche con le donne di lavoro con cui uscivi ed ancora non ero entrata nella società. Lo notavo quando tornavi a casa, che non eri felice... eppure sapevo che eri con loro. Il giorno che mi hai chiesto di lavorare per te, con te, mi sono chiesta se volessi normalizzare l'infedeltà rendendomela visibile in ogni istante ma poi ho scoperto che nessuna delle tue amanti era rimasta. Erano di passaggio e non ti avevano rallegrato. Poi, tra di noi, c'è stato quello che c'è stato. I nostri sotterfugi, la complicità, quella notte... non lo rimpiango, eravamo più giovani e ci siamo lasciati trascinare.»
Deve fermarsi, prima di rischiare di vomitare il proprio cuore. Valeria non si sente bene: parlare di questo mentre è in un letto con Diego le da le vertigini ed il tutto peggiora non appena lo avverte afferrarle con delicatezza la spalla, ma con sufficiente fermezza da farle notare l'imperativo, in modo che possa voltarsi. Per tutto il tempo del suo discorso era rimasta con il viso girato su un lato, intrappolato nella luce della lampada, mentre lui cercava il suo sguardo, per cui si assicura che possano tornare ad avere una connessione diretta, sincera e priva di inganni, almeno con gli occhi.
«Adesso ti racconterò come l'ho vissuta io. I primi tempi, in certi momenti, ti ho odiata.»
Valeria deglutisce, affatto pronta a sentirglielo dire. Certe cose erano rimaste in silenzio per molto tempo, si augurava potessero continuare ad esserlo.
«E so che lo sai. Ti ho odiata in certe discussioni con mia madre, come mi hanno insegnato di fare. Volevo crederti, desideravo avere sempre la forza di darti ragione ma in certi momenti non la avevi... e ti odiavo per quella fame che mostravi nel pretendere di possederla! Sembravi pronta a fare a pezzi ogni cosa, senza sentire ragioni. Vedevo la tua rabbia, sapevo da cosa era stata scatenata ma andavi contro a persone che mi avevano cresciuto, sputavi contro ideali che erano anche i miei ideali e sembravi così desiderosa di incendiare tutto e scappartene, come se non te ne fosse importato di niente e di nessuno. Ne avevi il diritto, ma fino a un certo punto. Non lo avevi quando andavi contro a persone innocenti. Hai continuato a non averlo quando sei andata contro Manila.»
La rabbia che Valeria sente, quel fuoco che traspare dai suoi occhi di cui Diego parla, è impossibile da governare ed insorge persino in un simile momento di confronto perché lui le sta andando contro. La fomenta, le pompa nel sangue e la spinge ad un espressione divenuta autodifesa per tutti questi anni.
Artigli, per una bestia messa all'angolo... ma Diego continua ad avanzare perchè quelle unghie non possono ferirlo.
«Come ti ho detto, sapevo anche che te ne eri accorta. Ti era bastato guardarmi. Ero arrabbiato, ero triste, ero insoddisfatto... tu te ne accorgevi. Ti accorgevi del mio giudizio e ogni volta te ne lavavi le mani, priva di interesse. Ti stavi difendendo perché non volevi scendere ad un confronto con me. Fatichi a farlo tutt'ora ma a quel tempo non lo capivo e ti odiavo. Non sono stato un buon marito perché non ho saputo fermarti ogni volta che ti spingevi oltre te stessa.»
Il modo con cui Diego sorride distratto, con lo sguardo rivolto alle bianche lenzuola di quel loro nuovo giaciglio, le fa ritrarre le zanne per poterlo osservare come un evento visibile una volta ogni decade. Qualcosa di unico e bello da mozzare il fiato.
«Persino Antonio durante la notte del temporale, apparso nel mio ufficio, ha detto di come sembri parlare sempre bene di me, di questo finto matrimonio. Antonio. Che cosa accidenti ne sa, Antonio? Eppure si è accorto di quanta bugia ci sia dentro tutto questo.»
Inclinando la testa all'indietro, favorito dal gioco di luci tra il buio ed il chiarore della piccola lampada, Diego le mostra un volto nuovo, rappresentativo dell'uomo severo, triste ed in parte maligno che è sempre stato. Un uomo che lui stesso teme e che tenta di nascondere per far spazio ad una versione migliore.
Lascia cadere la mano rimasta sulla spalla di lei affinché possa decollare al fianco dell'altra e lasciare sua moglie libera di non percepire alcun tipo di contatto durante le successive parole.
«Oppure è ancora peggio. Magari neanche con il tuo amante riesci ad infrangere questa falsa. Che cosa è successo, Vale? Hai recitato per troppo tempo la parte del nostro copione? Ripetere di essere uniti, di essere l'uno il rifugio dell'altro, di avere un matrimonio in equilibrio nonostante l'infuriare di ogni protesta. È questo? Hai recitato la falsa anche con lui? Non riesci, nemmeno in quel caso, ad essere te stessa? Fa schifo che tu non possa rivelare almeno a me la verità, che so cosa è stato questo matrimonio.»
Questo è troppo! Valeria si alza di scatto, scostando veloce le coperte per andarsene ma lui è più veloce di lei: le afferra al volo uno dei polsi e tira a sufficienza da farla cadere di schiena sul letto. Dopodiché le blocca anche l'altra mano, incombendo su di lei dall'alto. Vale ha il respiro rotto dalla paura di quella mossa inaspettata che si infrange contro il volto di lui, contro quegli occhi che, nonostante le parole dure, sembrano anche loro tradire un fuoco inviolato.
«Non è più tempo di scappare, Vale. Stanotte non lasci questo letto!»
Vorrebbe potersi riuscire a muovere, in ogni caso. Peccato che il corpo di Diego glielo vieti.
Le loro gambe sono alternate per cui Vale dovrebbe riuscire a far scivolare verso il petto la destra, intrappolata dalle gambe di lui, ma non può riuscire a farlo perché Diego, che le tiene i polsi, ha il viso a un centimetro dal suo e, più importante, il torace che le sfiora il petto. Specie mentre quest'ultimo balla ancora il ritmo furente dell'agitazione che ancora non lo ha abbandonato.
«Lasciami andare» sussurra appena lei, impiegando tutta l'energia necessaria a batterlo di forza fisica, scuotendo i polsi per liberarsi dalle sue mani.
«Da che cosa scappi? Dalla verità o da questa vicinanza? Ho diritto di sapere almeno questo. Odi che un Grimaldi ti dica come sei o che la fotocopia di Mattia ti stia addosso in questo modo?»
«Non sei la sua fotocopia.»
«Il viso è quello, la voce lo stesso e persino gli occhi. Siamo gemelli per cui è tempo di confessarlo, Vale. Tempo che tu ammetta di fare alla pari, di non fidarti, di odiarmi.»
«Tu mi odi?»
«Ho provato a dirti chiaramente quello che provo.»
«Hai parlato del passato, mi odi ancora?»
Diego sorride appena e Valeria mette fine ad ogni tipo di protesta, capendo di non potergli sfuggire. Specie quando lascia intendere cose che poi non dice.
«Rispondimi.»
«Pretendi troppo, per una che non ricambia la stessa richiesta.»
«Ho bisogno di saperlo! Mi odi?»
Ed è in questo momento che Diego perde ogni tipo di allegria notando, per la prima volta, la debolezza di sua moglie: gli occhi di Valeria, di colpo, si sono inondati di lacrime ma lei sembra quasi non rendersene conto. Continua a fissarlo con quegli occhi lucidi e quella bocca rosea, resa più morbida dalle lacrime discese lungo le guance, lasciata inconsciamente aperta per permettere al tremante respiro di uscirne indenne portandosi via pezzetti di paura. Diego fissa tutto questo e di colpo lo abbandonano le forze.
«No. Non potrei mai odiarti, non ti odiavo veramente nemmeno in passato. Ero solo arrabbiato.»
«Allora non dire più una cosa simile» sussurra lei, volgendo poi la testa di lato, ancora una volta per scappare. Deve essersi resa conto di stare piangendo, riflette lui, posando sconfitto la fronte contro la sua tempia e chiudendo gli occhi, così da trovare la forza necessaria che fino a quel momento lo aveva fatto parlare.
«Scusami.»
«Non importa. Hai già chiarito che cosa intendessi dire.»
«Non mi riferivo solo alla questione dell'odio» sussurra lui, ancora con gli occhi chiusi ma con le mani che, deboli, si aprono dai polsi di lei per potersi unire ai suoi palmi indifesi. Aperti come fiori di loto, accolgono lo scivolare lento dei suoi facendo concludere la stretta alle dita che si serrano tra loro. «Scusami per non essere stato il marito che meritavi, per non averti capita, per essermi allontanato da te le volte che sentivo caderci tutto addosso. Scusami per i tradimenti, anche se continui a credere che fossero un diritto. Scusami per Isabella... scusami per averti lasciata sola quando hai perso tua madre. Ero lì, con te, ma ho avuto paura di quello che stavamo vivendo e ti ho voltata le spalle.»
La lacrime tornano sul volto di lei e bagnano le federe intatte di sogni.
«Non riesco a non pensare che se solo non mi fossi allontanato e non fosse capitata Isabella tu non avresti mai cercato Antonio. Non ne avresti avuto bisogno perché avevi ancora me su cui contare. È partito tutto da lì, lo sappiamo entrambi, ed è degenerato. Lo odio, come tu odi Isabella, per aver preso il mio posto, per essere stato l'unico uomo che tu abbia mai voluto con te in tutti questi anni, il tuo solo amante... lo odio per far parte del tuo passato più felice. Avrei voluto esserci anche io, averti conosciuta prima di tutto questo.»
Debole per il modo in cui ha posto il proprio cuore all'asta, Diego solleva la testa e bacia la tempia di Vale, respirando l'odore di una pelle che ancora sa di lui, bagnandosi le labbra del sapore salato prodotto da quelle lacrime che sono scivolate verso l'orecchio quando lei aveva spostato la testa di lato.
«E odio me stesso per non riuscire a fidarmi di te. Per non riuscire a credere che tu lo possa fare.»
«Io non ti ho mai mentito» lo interrompe lei, con un'altra verità priva di ritegno. «Ogni cosa che ti ho detto, ogni parola... non c'è stata una sola bugia. So chi sei e l'uomo che credi di essere. So di come ti colpevolizzi nel non essere il marito perfetto ma non ti ho mai chiesto di esserlo. Volevo semplicemente qualcuno che mi capisse e tu lo hai fatto più di tutti loro. Non sei la fotocopia di tuo fratello! Detesto anche solo sentirtelo dire! Non l'ho mai visto in te e puoi non crederci, non mi interessa di convincerti finché rimani con me. Ti prego... voglio liberarmi di questa storia ma non ho più le forze per farlo da sola!»
Ormai sono arrivati allo stremo delle forze: tutte queste verità emerse a tarda notte fanno tremare i loro cuori tanto forte da chiedere pietà, ma Diego è il più resistente dei due. Lui chiede di più, ancora, ancora altro, non avendolo mai fatto per sette interi anni ed avendo bisogno della voce di lei più che mai.
«Dimmi come. Dimmi come riesci a distinguerci.»
Sorprendentemente, Valeria torna a fissarlo, più decisa stavolta di quanto lo sia stata nel chiedergli di lasciarla andare.
La bocca di lui si allontana quindi in una carezza lenta lungo la sua pelle, dopodiché la accarezzano solo i suoi occhi.
«Avrete lo stesso viso, gli stessi occhi, ma lui non mi guarda in questo modo e non mi tocca come fai tu. Quando mi afferra lo fa sempre con violenza, come se non avesse nemmeno il desiderio di calibrare la propria forza. Inoltre, l'ho notata dal nostro primo incontro: hai una cicatrice, all'altezza della tempia destra. Si vede appena, ormai. È molto chiara e piccola ma io riesco a distinguerla. È il risultato di ciò che tuo fratello ti ha fatto con quella pietra. Ha marchiato anche te, come ha fatto con me. Un marchio... quasi come una scadenza. Si restringe, diventa più piccolo, ma non sparisce mai del tutto. Forse, quando tutto sarà finito, nessuno potrà più notarlo. Forse non ci sarà più nessuno in grado di farlo.»
Moglie e marito continuano a fissarsi negli occhi mentre quelle parole profetiche aleggiano tra di loro e mentre quelle mani si serrano più forte quasi nel desiderio di batterle. Al contempo, dall'altra parte della casa Gaia non può immaginarsi quello che sta accadendo: i suoi genitori sono giunti ad un feroce e tremendo accordo.
"Se manca la fiducia allora tanto vale lasciarsi".
Lo aveva detto Claudio per primo e Silvia lo aveva accettato. Gli aveva chiesto se, per il momento, avesse un'altra casa in cui stare e lui aveva negato per cui era stata lei a chiare che solo momentaneamente gli avrebbe lasciato i bambini e sarebbe tornata a stare da sua sorella. Sarebbe tornata alle prime luci dell'alba di ogni giorno, per evitare qualsiasi spiacevole inchiesta e per allattare e prendersi cura del più piccolo. Claudio lo aveva accettato.
E cosa dire di Valeria Greco e Diego Grimaldi? Il terrore per quella scadenza impressa come un marchio li aveva fatti arrendere e li aveva spinti a tenersi abbracciati stretti, nel cuore della notte, fino ad addormentarsi. Non avevano più detto una sola parola e niente delle precedenti era risultata udibile a Gaia mentre questa giocava con il suo cavalluccio in legno donato e si domandava cosa fosse il vero amore.
Piccola e grande donna di fronte a domande abissali.
Nessuno in quella casa sembra saperne niente ma tutti lo vivono.
Claudio mentre fissa Silvia andarsene via di casa con una piccola valigia stretta in una mano. Silvia mentre tenta di non voltarsi per non rivelargli le lacrime. Diego in quel letto di confessioni mentre dorme su Valeria e la tiene stretta, persino in un completo stato di sonno. Valeria che non ha chiuso occhio per tutto il tempo, godendo del calore di Diego e di quei gesti che valgono più delle mille parole che non riescono a dire.
Gaia mentre continua nei pieno dei suoi piccoli anni a giocare con quel giocattolo dal passato triste, appartenuto a Mattia. Non ne sa niente nemmeno di questo, immagina si tratti di un semplice dono ma la cattiveria si nasconde anche negli oggetti dagli aspetti più teneri così come l'odio, la rabbia, l'inganno possono insinuarsi crudeli nel riparo di ogni storia di vero amore.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top