21. Blackout pt2

La stretta di Mattia al braccio brucia e non per la forza usata ma per quel contatto corrosivo che ogni incontro con lui genera. Mentre Valeria cammina alcune lampade sfavillano, facendole credere che un totale blackout sia plausibile persino senza l'intervento di quel pazzo ma ad ogni modo le rimane ancora una scelta.
Grazie al generatore automatico l'equipe di tecnici era riuscita a connettere una delle cornette del telefono ed avanzando verso di lei, guidata dall'impulso, Vale finisce per comporre un numero.

Ticchetta contro il legno della postazione sconosciuta di lavoro, mentre attende che il lento bip del telefono venga sostituito dalla voce dall'altro capo.
Le unghie smaltate seguono una ritmica nervosa. Le sopracciglia di lei quasi si uniscono in una riga netta fintanto che la chiamata non viene presa a carico.

«Pronto?»

«Sono io.»

«Valeria? Stai bene?» È Antonio dall'altro capo e la sua domanda mette in chiaro quanto sia confuso nel ricevere una chiamata da lei in una giornata simile.

«La tempesta è passata?»

«Sta migliorando, ma credo che entro stanotte non termini. Per il momento, il cielo ha lasciato un lasso di tempo. Hai bisogno che venga da te? Sono vicino.»

«Sì, io credo... credo di aver bisogno di parlare con qualcuno.» Confessa in una breve interruzione usata per poter far fuoriuscire il coraggio in un solo fiato.

«Che cosa è successo? Chiami da un telefono della sede?»

Per un secondo, uno solo, Valeria valuta se sia il caso di confessare ad Antonio ogni cosa ma l'istante dopo averlo pensato si sente subito sporca. Troppo sporca, perfino in un confronto con lui.

«Ci ho ripensato. Non importa che tu venga qui, sto bene.»

«Valeria...»

«Adesso devo andare, ciao.»

Abbassa in fretta il braccio e termina la chiamata, senza attendere una replica da parte del suo amante.
Dopodiché sorride, quasi ride, nel pensare quanto sia assurdo che la sua anima si sia ammalata al punto da non poter reggere il confronto con gli uomini negativi che la circondano. Mattia, Antonio... lei è peggiore di tutti loro e concepirlo la spinge a comprendere di non avere via di fuga. Più nessuna scelta. Più nessuna speranza.

La risata si tramuta in un tremolio e da quel tremito muta in un ansito. Poi in un respiro spezzato, poi in una tachicardia. La luce al soffitto che appare e scompare, appare e scompare, anticipando un nuovo blackout la spinge alla follia, rende il suo animo inquieto e parte stessa della tempesta che torna ad infuriare al di fuori. Antonio si sbagliava nel credere che sarebbe tornata la calma... sta per iniziare un nuovo e furibondo temporale.

Offuscata nei pensieri e nella vista, Valeria si porta la mano allo sterno per poter percepire il proprio battito ma poi se ne distacca con forza, ricordando la pressione della mano di Mattia.
Vorrebbe di nuovo ridere. Non ci riesce. Finisce per produrre un suono strozzato da sola in quella stanza totalmente vuota. Il corpo le si spezza in avanti, dovendo andare a caccia d'aria. 
Vivere all'interno del panico è un sentimento angosciante. Gli attacchi stritolano il cuore fino a mandarti in poltiglia e ti auto incriminano; ti spingono a comprendere quanto sia tu, in realtà, la causa di tutto ed è proprio ciò che anche Valeria sa di essere, eppure non basta. A seguito della fustigazione c'è persino la condanna.

Alle volte è più semplice se vissuta in uno spazio sicuro, calmo, ma la luce tremolante e la rabbia della tempesta al di fuori, uniti ad una totale assenza di personale, non ne donano il presupposto.

Percorsa dai tremori, Valeria posa una mano contro il tavolo affinché possa sorreggerla da una caduta inevitabile visto come non riesce più a sorreggersi sulle proprie gambe.

La colpa di questa situazione è solo sua.
Lei ha deciso di avere vendetta. Lei aveva decretato che restare fosse la scelta migliore. Lei ha compiuto tutto ciò che ha fatto, muovendosi preda dell'odio e di una furia cieca. Lei aveva indirizzato la sua vita ad uno solo scopo capace di distruggerla e non lasciarle futuro.
Si... è stata solo lei a fare tutto, a decidere di percorrere la strada sbagliata, eppure è assurdo pensare come in simili momenti il supporto non risulti poter provenire dalle persone che hanno optato per le tue stesse scelte quanto, piuttosto, da persone che vi erano andate contro.

Valeria lo capisce nella battaglia furente delle sue paure: capisce di non aver bisogno di altro peccato ma di purezza, di salvezza. Di un futuro che ancora può esistere.

E così decide di andare incontro ad esso.
Tremante e preda dei suoi stessi giudizi, percorre oscillando le tortuose vie del palazzo. Più nessuna certezza o spirito combattente in grado di condurla con fierezza dove gli altri non riuscivano ad andare, più niente che non sia pura paura e disgusto per quel bacio che ancora percepisce sulle labbra.

Valeria oscilla e piange, senza emettere un solo suono, mentre le lampade del corridoio continuano a balenare rendendosi ostacoli del suo cammino assieme al terrore di non poter raggiungere mai ciò che cerca.
Le stanze sono così tante, la società è immensa e lei è così sola...

Un forte pugno allo stomaco, seguito da una sensazione di nausea, le suggeriscono, come hanno già fatto in passato, di correre in bagno solo per vomitare dell'aria tossica che il suo corpo intrappola. Niente di vero, niente di concreto, solo demoni ed aria a lasciarle la sensazione di malessere opprimente. Non li ascolta. Decide di percorrere, per ultima, la sola via che ogni giorno i suoi passi incidono, sperando in una sorta di momentanea follia di ritrovare l'uomo che cerca proprio dove poco prima non era riuscita a scovarlo e finisce così, cadendo a terra, in lacrime, percorsa dai brividi, a pochi passi dalla scrivania vuota di Emma.

Racchiusa in se stessa contro la porta secondaria dell'ufficio di lui, premuta contro il vaso di un'alta pianta da ufficio, Valeria non vede altro che la sua misera situazione. Capisce di non valere quanto chi ancora la difende, le sue sorelle, Diego, persino Manila... si domanda come possa ancora sperare di poter essere salvata. È da egoisti e persino da deboli, a suo avviso, ma nascosta in se stessa Vale capisce anche quanto bisogno abbia che lui, solo lui, possa ancora stringerla. Prima che i demoni ritornino e la mangino viva... prima che le paure inghiottiscano nel loro nero tutto ciò che di buono le è rimasto.

«Vale!»

Eccolo, è arrivato! Eccolo che corre fino a lei, in ritardo ma pronto come al suo solito, cadendo in ginocchio al suo fianco e scostandole veloce i capelli dagli occhi.

Valeria fissa Diego ed in meno di un istante, sconfiggendo la paura, gli getta le braccia al collo così da farsi stringere.

«Vale... Vale, che succede?»

Ma lei non risponde ed affondata la testa contro il collo di lui si lascia accarezzare il capo, non accorgendosi di stare ancora tremando e piangendo con violenza, intrappolando solo il calore della pelle di lui contro.
Vorrebbe rispondergli, davvero, ma non ci riesce.
A lui lo direbbe. Lui non è Antonio. Lui dovrebbe sapere tutto di lei, sono marito e moglie e lei ha bisogno del suo perdono, bisogno del suo calore.

«Vale, ti prego, parlami.»

La paura ha raggiunto anche lui mentre posa il mento sulla testa di Vale, continuando ad abbracciarla per poterne rallentare il tremore.

Le braccia serrate di lei non gli consentono di vedere se si sia fatta male, così come non gli consente di farlo la posa a cui ha costretto entrambi.

Decide di aver bisogno di vedere e cosi, passandole le mani sotto le ginocchia, si alza con lei tra braccia, a mo di sposa come non gli era stato concesso di fare il giorno del loro matrimonio, per riuscire a raggiungere la porta principale, la sola aperta, dell'ufficio.
Non lasciano dietro niente né attraggono particolari sguardi: Diego ha agito in maniera veloce e prontamente è riuscito a nasconderli all'interno del loro solido riparo.

Con ancora Valeria a stringerlo forte contro di se, Diego si siede sul divano rosso dell'ufficio, spostato dalla sua solita posizione dinanzi la scrivania ed ora perpendicolare alla porta di ingresso, rimanendo ad un lato della stanza.
La obbliga a sedersi su di lui ed a fissarlo mentre scorre, disperato, gli occhi su ogni parte del suo corpo.

Intimorito, passa le dita nei capelli neri di lei per verificare che non ci sia alcuna ferita, poi scivola con esse lungo il viso, le gote, le spalle. Poi il busto, le gambe...
Non trova niente e riemerge sconfitto da quell'indagine tornando a fissarla negli occhi, stringendole tra le mani il volto.

Valeria continua a scrutarlo, desiderosa che possa parlarle di nuovo, mostrando la velocità del suo fiato spezzato, ed è allora che Diego capisce trattarsi di panico.

«Ehi, calma, ci sono qui io. Siamo insieme, devi stare tranquilla, respira. Avanti, respira con me, dei respiri profondi.»

La incita, compiendo lui per primo l'azione di ispirare lentamente ed espirare. Valeria esegue mentre le mani di lui la accarezzano appena, sfiorandola nella paura di compiere uno sbaglio.

«Brava, sì, così. Continua a farlo.»

Lo fa, inspira con forza ed espira e Diego le pulisce le guance dalla densità delle lacrime, accarezzando le sue gote in lenti cerchi con il pollice fino ad accorgersi quanto esse siano in grado di continuare ben oltre l'attacco di panico. Perché il respiro è tornato regolare ma la tristezza non si è tramutata in altro.

Rimanendo a fissarsi negli occhi, moglie e marito arrivano a condividere un momento privato che spinge entrambi a capire ciò di cui hanno bisogno.

Diego si disfa delle scarpe continuando a fissarla, facendo pressione con la punta di una sul tallone di dell'altra, dopodiché sfila anche le calzature di lei, lasciandole cadere a terra.
Vale segue ogni suo movimento e così, incentivata dal suo sguardo, finisce per distendersi con lui lungo il divano.

Lei sopra, con il respiro ansante, la testa posata contro il suo petto assieme al palmo di una mano mentre un braccio è stretto contro le costole del suo fianco sinistro, e lui avvolto con le braccia attorno a lei, serrandola stretta a sè.
Era questo di cui aveva bisogno, di essere tra le braccia di suo marito, nient'altro. In una simile stretta la paura scompare e un'ipotesi di futuro si rinnova splendente, donando nuova vita alla bontà.

-

Ore 20.13

Da sempre a Diego risulta impossibile comprendere a pieno ciò che Valeria arriva a vivere eppure mai come adesso la confusione regna sovrana.
Semi seduto con la schiena premuta contro i cuscini del sofà, le accarezza i capelli, spia il suo sonno, avverte il suo peso e calore addosso e si chiede quando, finalmente, sua moglie smetterà di farsi del male.

Nessuna ferita addosso ma un attacco di panico da dover sconfiggere: deve essere stato generato dalla paura e quella, per quanto esterna come causa, è in grado di ingigantirsi in un attimo. Ora, però, è passata. Diego può godersi questo immobile contatto con lei.

Prima di questo momento non avevano mai dormito insieme, né si erano stretti con un simile abbandono.
Diego avrebbe voglia di baciarla, tanto a lungo da svegliarla, ma si limita a toccarla, accertandosi che stia bene e traendone conforto.
I lunghi capelli sono più morbidi di quanto ricordasse, tanto da scivolare via veloci quando vi passa una mano mentre la consistenza della sua pelle è rimasta la pura seta del giorno in cui, nella casa di Cuneo, aveva osato baciarla. Le sfiora le guance per poi fermarsi con due polpastrelli contro le sue labbra. Al contatto, Valeria produce una smorfia. La mano si allontana.

Vorrebbe davvero sapere che cosa le è successo ma allo stesso tempo non vorrebbe svegliarla per paura di vederla fuggire via.
Avere il corpo di lei contro lo rilassa per cui lo distruggerebbe il vederla scappare, una volta persa coscienza del modo con cui la paura li aveva fatti stringere.

Sospira di sofferenza al ricordo del loro unico contatto sul tappeto del loro soggiorno, appartenente ad un'altra vita. Erano più giovani, avevano appena vent'anni ed il lavoro, i problemi, li avevano fatti crescere troppo in fretta. Ed ora sono un uomo stretto ad una donna. Nessuna emozione confusa da timidezza ed impacciataggine. Per quanto Diego sia sempre stato un tipo deciso ora più che mai sa che cosa vuole... che sia arrivato il momento anche per lei di saperlo?

In un attimo, Diego rivede il sollievo che pareva averla percorsa non appena si era accorta che era stato lui a trovarla. Il modo disperato con cui si era stretta a lui, senza volerlo lasciar andare ed infine nota come tutt'ora lo stia vincolando a se. La mano che si era posata contro il suo torace ora sta chiudendo in un pugno la bianca camicia creando una rete infinita di pieghe capace di tenere in tensione i bottoni mentre una sua gamba è finita per inserirsi nello spazio lasciato da quelle di lui. In questo modo, il corpo di Valeria riposa su di un lato.

«Il nostro non sarà mai un matrimonio perfetto, Vale» sussurra Diego, nel ricordo di quelle parole che si erano detti in merito al rapporto coniugale tra Silvia e Claudio, prima di arrivare a fare quell'unica volta l'amore. «È folle e sconsiderato.»

La voce gli si interrompe, impedendogli di dire apertamente tutto ciò che c'è di buono. Tale presenza la confessano i gesti: dolcemente, Diego afferra la mano di lei stretta alla sua camicia e la intrappola nella propria, la porta alla bocca e bacia la fede che vi è presente, sfiorando la freddezza della sua pelle. Fatto questo, torna a fissarla per verificare che non si sia svegliata e poi ripone le loro mani intrecciate sul proprio petto.

Sta ancora fissandola, preda della confusione e dell'amore, quando la porta dell'ufficio si apre con lentezza. Diego solleva lo sguardo e sulla porta, con gli abiti alle sporgenze bagnati di pioggia, Antonio è immobile a fissarli.

Repentino, il volto di Diego muta e fissa, rapace, quello dell'altro uomo. Lo fissa con un'immobilismo in grado di far tremare, tanto oscuro che Antonio, dalla sua postazione, nota il nero della pupilla mescolarsi con l'iride prima di vedere anche il modo disperato con cui Valeria lo sta abbracciando. Distesa lungo tutto il suo corpo, scampando così dall'abisso del proprio lato, Valeria sembra cercare disperatamente Diego al punto tale che Antonio, infastidito, arriva a parlare.

«So che sai chi sono. Sono venuto qui perché lei mi ha chiamato.»

Diego tace, continuando a fissarlo e stringendo ancora la mano di Valeria. Antonio sposta il peso da un piede all'altro.

«Aveva la voce molto dura ma mi è parsa spaventata.»

«Come puoi vedere da solo, ora non lo è.»

La voce del Grimaldi arriva al siciliano come un pesante schiaffo. Qualcosa di violento, per quanto sia sussurrato.

«Un po' troppa ferocia per un matrimonio che non può considerarsi tale.»

«Te lo ha detto lei?»

«Non fate altro che fingere.»

Diego sorride malignamente, giocherellando nello spostare con le dita la fede da quelle di lei, come le ha visto fare molte volte.

«Un uomo di classe in questo momento se ne andrebbe. Devo supporre tu non lo sia.»

«Sono qui per potarla a casa.»

Attratto dalla malvagità che può manifestare a seguito di simili parole, Diego rialza lo sguardo verso il diretto interessato del suo rancore.

«Ce l'ha già una casa.» Antonio non commenta, né si muove per cui è Diego la persona costretta a continuare a parlare. «Adesso ti ripeterò una frase che ti ho detto molti anni fa, dalla cornetta del telefono di casa nostra: stai alla larga da mia moglie.»

«Valeria lo sa che sei così? Parla sempre di te come di un santo... ma cos'è tutta questa ferocia?»

«Sono un Grimaldi. Mi ha sposato sapendo tutto di me.»

«Io non la amo, ma scopa bene, in un modo che tu nemmeno sai» ribatte Antonio, facendo sorridere più malignamente Diego. «Le sono affezionato, sì, e sono palermitano, proprio come lei. Il giorno in cui tutto questo schifo sarà finito lei tornerà da me, alla sua terra, alla sua vera famiglia, lo sai. Dovresti lasciarla andare.»

«Non te lo ha detto, non è vero?» Ora Diego è divertito più che mai dalla confusione dell'uomo. Antonio aggrotta la fronte, non riuscendo a capire e così l'altro glielo spiega. Molto chiaramente. «Le ho offerto il divorzio, settimane fa. Siamo ancora sposati perché è lei a non volermi lasciare andare.»

Antonio è interdetto ma maschera la confusione torcendo la testa di lato e mostrando un finto sorriso.

«Un giorno lo farà.»

«Spetterà a lei la scelta.»

Un violento fulmine illumina la scena per un unico istante, seguito poi dallo scrosciare impetuoso della pioggia lasciata volteggiare dal vento.

«Questa tempesta non accenna a passare» sussurra Diego sporgendo la testa all'indietro, così da fissare oltre la finestra. La luce, già tenute in un lato della stanza, si spegne del tutto dichiarando un perenne blackout in tutto l'edificio.

Antonio resta a guardarli per un'ultima volta, prima di cogliere l'antifona. Compie un mezzo giro su se stesso, afferrando il pomello della porta e lasciandoli, soli, all'interno.

Diego espira con forza, sgonfiando il petto di tutta la tensione che si era addensata, fissando la porta dalla quale quello spiacevole uomo se ne era andato, prima di tornare ad osservare la sua complicata moglie.

Nonostante la vittoria di quel confronto, la paura e lo sconforto tornano a far parte di lui che si maledice per essersi atteggiato come uno spavaldo quindicenne. Lo aveva fatto solo per averla con sé, solo un altro po'.
Sdraiandosi del tutto con lei e scivolando quindi con la schiena fino ad incontrare i cuscini del divano, si distendo su un lato del proprio corpo tentando di non svegliarla. Sostituisce l'appoggio del petto con quello di un braccio, rende più stretto l'intreccio ed infine la trae contro il proprio corpo nel solo modo che, ha scoperto, risulta in grado di scacciare via la paura.

Il cuore di Vale batte lento contro quello di lui e Diego chiude gli occhi, registrando la pressione del corpo di sua moglie e desiderando di non potersene mai dimenticare.

Spera per entrambi di stare facendo le scelte più giuste, di lottare contro il più corretto ideale perché l'alternativa lo renderebbe solo un folle, cieco dinanzi la verità.

Si sporge maggiormente su sua moglie lasciandole un bacio sulla fronte, premendo le labbra il necessario a far andare via ogni timore.

Nel loro abbraccio si sente nudo, completamente privo di difese eppure protetto.

«È folle, sconsiderato e sfiancante, lo sai?» sussurra sulla pelle di lei, continuando il loro discorso interrotto sul termine per definire il loro matrimonio, lasciando di nuovo in sospeso certe frasi radicate per troppo tempo dentro il cuore che strapparle via comporterebbe un sanguinamento perpetuo. Rimangono sospese tra di loro, in quelle strette che tentano di essere rifugio.

-

Ore 02.07

Un totale buio avvolge il risveglio impaurito di Valeria. La tempesta ha urlato di nuovo con lampi e tuoni, facendosi sentire persino all'interno della stanza in cui si trovano. Buia, certo, ma Valeria riesce a capire chiaramente di essersi voltata nel verso sbagliato, in direzione del vuoto: il corpo di suo marito, dietro di lei, ed il braccio disteso al di sotto della sua testa, pendente oltre il divano, le fanno accorgere di come la sonnolenza l'abbia trascinata troppo lontana. Facendo attenzione a non svegliarlo, con il cuore che di colpo le batte come un tamburo al centro del petto, si volta di nuovo accorgendosi di essergli particolarmente vicina.

Le dita hanno accarezzato i muscoli dell'altro braccio che aveva stretto attorno ai fianchi di lei, arrivando a toccare il bicipite. Valeria arrossisce ma nel buio sfiora di nuovo quel lembo nudo di pelle, chiedendosi quando sia arrivato a togliersi la camicia rimanendo con la maglietta presente al di sotto. Una maglietta bianca e particolarmente attillata, a maniche corte e con uno scollo a V, se Valeria ben ricorda. Lo ha visto girare per casa con quella, prima di perdere tempo con i bottoni della camicia facendo fare ad entrambi tardi in ufficio.

Seguendo con gli occhi della mente il suo corpo, scivola ad accarezzargli il collo per poi incontrare il calore del suo petto. Eccolo, il triangolo di pelle all'altezza delle clavicole. Valeria sorride della sua buona memoria prima di accorgersi di un cambiamento nel respiro di lui. Si blocca immediatamente.

«Sei sveglio?» Sussurra nel vuoto ed occorre del tempo prima che la voce di lui giunga in risposta.

«Che stai facendo?»

Bassa, roca ed assonata al punto tale da far arrossire maggiormente Vale, arrestandole per un tratto ogni capacità di pensiero.

«Niente, mi sono svegliata per via della tempesta.»

«Sei scomoda?»

«No...»

«Non possiamo tornare a casa, il tempo non accenna a dare tregua.»

«Ti sei addormentato con me?»

«No... solo poche ore fa sono riuscito a prendere sonno.»

«Vuoi riposare?»

Diego si muove appena, riuscendo nonostante tutto ad afferrare nell'abbraccio dell'unico arto superiore a disposizione il corpo di lei, trascinandolo in aderenza a se.

«Facciamolo entrambi. Parleremo di cosa è successo una volta svegli» le dice e le sue parole creano vento al di sopra della testa di lei, smuovendo alcuni capelli tanto da provocarle caldi brividi.
Valeria non sa cosa fare ed è rigida da morire nel percepire con interezza il contatto con lui mentre Diego sembra, almeno all'apparenza, perfettamente a suo agio.

«Dormi, Vale... avanti...»

E così Vale chiude gli occhi, udendo con sempre minore intensità l'infuriare all'esterno della pioggia.

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Ore 05.11

Non è la tempesta, la paura o l'agitazione stavolta a destarla quanto una mancanza di sonno ed un avvolgente calore, lungo tutto il suo corpo.

Diego è finito per stendersi in parte su di lei, posandole la testa sul seno e stringendola all'altezza delle costole con la presa del solito braccio che per tutte quelle ore li aveva tenuto vicini. L'altro, che prima riposava sotto la testa di lei, ora è steso lungo i cuscini che hanno abbandonato più in alto, in modo da stare comodi.

L'avvicinarsi dell'alba ha reso il cielo più chiaro il necessario da garantire la visione all'interno della stanza ed è così che Vale, abbassando gli occhi, nota il volto addormentato di lui.

Vorrebbe resistere, teme di svegliarlo, eppure poi cede all'impulso: solleva una mano e la passa lenta tra i suoi castani capelli, scompigliandoli appena all'attaccatura della fronte. La loro morbidezza la strega ma mai quanto la visione, in lontananza, della sua bocca. Valeria rimane a fissare quel morbido rosato, ipnotizzata, finché anche il sonno di Diego, disturbato dalle mani di lei e dai suoi pensieri impuri, pare terminare.

Vale si assicura di togliere lentamente le mani, prima che lui possa anche solo accorgersene ed è così che, immobile, fissa per la prima volta la bellezza e la serenità che suo marito detiene nello svegliarsi.

Gli occhi caldi di lui sbattono più volte le ciglia, nella confusione della veglia, e la faccia ruota appena di lato, quasi si stesse strofinando su un morbido cuscino e non su Valeria. Per poco, la ragazza non sorride spavalda di quel gesto, trattandosi dei suoi seni pur poco accennati che siano.

Diego sospira e poi richiude gli occhi, facendo compiere al suo respiro la piroetta di un brivido sulla pelle scoperta di lei. Non è abituata ad un simile contatto tra di loro. Non sa che cosa fare, non ha mai condiviso il letto con un altro uomo in una simile intimità, totalmente diversa da quella sessuale. Non sa se sia il caso di alzarsi e lasciarlo solo, svegliarlo augurandogli il buon giorno o fare finta di nulla.

Diego sospira di nuovo, prima di districarsi con lentezza da lei, quasi con una sorta di sofferenza. La prima cosa che pensa Vale è di fare lo stesso, o meglio destarsi con una calma, appena disturbata dai gesti di lui, fino ad aprire poi lo sguardo e trovare, affianco a se, quello di suo marito.

«Ti ho svegliata?» Le domanda piano, quasi non desiderasse disturbarla ancora.

«No. Non sei stato tu, non preoccuparti.»

Difficile confessargli del benessere tratto nell'avere il suo corpo addosso. Aveva già notato in passato quanto le sue spalle fossero ampie ma mai prima di quel momento era arrivata a toccarle senza essere scoperta.

«Puoi dormire ancora, se vuoi, il sole non è ancora sorto.»

«No, non mi va.»

Diego posa il corpo contro lo schienale del divano, sollevandosi così a sedere mentre Vale finisce di accomodarsi con più certezza.

«E ti va di parlare di ciò che è successo? Perché quell'attacco di panico, Vale?»

Con le gambe strette al petto ed i piedi nudi, con l'eccezione data dalle calze, a scivolare lungo il morbido tessuto del divano, Vale decide di optare per la verità.
«Ho incontrato Mattia in corridoio. Mi ha spaventata.»

Diego tace, assimilando simili parole.
«Ti ha fatto male?»

Un lento scuotere del capo che non è sufficiente a Diego, lascia il bisogno di ricevere nuove parole.

«No, ma non mi va di ricordarlo.»

«Perché?»

«Perché tutto fa ancora parte del suo mondo, vede cose che non esistono... Credeva che fossimo insieme, io e lui, sabato scorso e poi chissà che altro si è immaginato...»

«Ti ha detto niente?»

«No.»

Diego aggrotta la fronte, percependo nella voce immediata di lei una sorta di bugia.

«Mi stavi cercando?» Domanda, invece, ricordando il modo sconfitto con cui lei sembrava essersi nascosta da tutti rimanendo contratta in se stessa, a pochi passi dal suo ufficio.

Lei annuisce con lentezza, spingendolo a stringere gli occhi e poi ad emettere un sospiro profondo, volgendo la testa di lato. Dopodiché gli vede percorre distrattamente con un dito, posto piatto, il declino del setto nasale in un tic che ha spesso quando è intento a pensare, fino a far ricadere la mano inerme verso il vuoto quando il braccio si posa su uno dei cuscini facenti da sostegno.

Esortata dal malessere che le provoca un simile sguardo vacuo, Valeria si alza in piedi, facendo per andarsene. La mano di lui, però, rianimata e lesta nell'afferrare la sua, le impedisce di procedere.

«Dove stai andando?» Alcun tono traspare dalla sua voce. Risulta quasi impossibile che possa appartenere allo stesso proprietario di quella morbida mano che, nel frattempo, la accarezza con lentezza.

«Me ne vado. È chiaro che non sarei mai dovuta venire qui, ti ho disturbato per niente.»

«Ho detto questo?»

Valeria volge la testa di lato, valutando la certezza del suo tono. «No... tu non parli.»

«Da che pulpito...» commenta in un mezzo sorriso, donandole maggiore voglia di andarsene.

Dall'alto Valeria fulmina con lo sguardo la sua allegria, azione che lo fa sorridere maggiormente e lo spinge a giocare con le dita della sua mano.
Vorrebbe fare un milione di cose: scacciare via quella mano per prima, cancellare quel suo sorriso e poi... scopre di avere lo straordinario impulso di baciarlo.
Quella notte deve averle dato alla testa, senza dubbio.

Sposta altrove lo sguardo che si era soffermato sulla bocca di lui e l'istante dopo Diego si solleva in piedi, rimanendo alle spalle di lei con ancora le loro mani strette assieme.

Per anni erano rimasti così, a pochi centimetri di distanza con Diego alle sue spalle pronto a proteggerla. I primi tempi, in particolare, quando lei non si lasciava neppure avvicinare Diego aveva utilizzato questa strategia del non mostrarsi pur di starle vicino.

A Valeria si dimezza il respiro.

«Sono contento che tu mi abbia cercato.»

Vorrebbe resistere, ritrovare la compostezza che la caratterizzava un tempo eppure, fissando le loro mani intrecciate, arriva a pensare a quanto sia inutile osteggiarla. Socchiude gli occhi avvertendo come il marito stia muovendo piano le dita in una carezza in grado di coinvolgere le altre che la stretta aveva intrappolato, creando una sorta di presa precaria imparentata con l'agonia.

«Che cosa stiamo facendo?» Sussurra lei, confusa da una simile situazione surreale.

«Stiamo parlando... con sincerità.»

«No, abbiamo dormito insieme. Non lo avevamo mai fatto.»

Diego, alle sue spalle, si avvicina ancora di più, dandole una sorta di vertigine. «Vale... voltati.»

«Come puoi dire che non ti abbia mai detto no? Ti avevo chiesto più alcun contatto ma tu... non fai altro che toccarmi.»

«È stato spiacevole?»

«Diego, dico sul serio.» Valeria si volta verso di lui per rendere chiara la sua verità, affatto sconvolta di trovarlo tanto vicino e con un espressione simile: appare rilassato mentre è ancora intento a tenere le loro mani vincolate. «Potrebbe non piacerti la donna che sono. Potresti rimanere deluso dalla mia cattiveria. Anzi, potresti addirittura odiarmi!»

«Vale, la tua cattiveria l'ho conosciuta.»

«No, non è vero.»

«Ascoltami» sussurra Diego, posandole l'altra mano sul viso affinché non possa ritrarlo dal suo sguardo. «Quale donna priva di cuore proverebbe una simile paura? Ti ho abbracciata perché ho riconosciuto che stavi avendo un attacco di panico. Mi avevi parlato di quegli episodi il giorno dopo che io-»

La voce di lui si interrompe al ricordo di quell'accordo di divorzio. Si era ripromesso di esserle distante, di lasciarle, almeno per i primi tempi, la libera scelta, non condizionata dalla sua presenza, per decretare il futuro della propria vita.

Sta diventando sempre più difficile, Vale ha ragione. Non riesce a non toccarla, a non consolarla... non sa farsi da parte e forse è vero, per lei è ancora troppo ma cosa significano quelle parole? Diego, in passato, aveva fatto i conti con la sua rabbia, sì, la sua vendetta ma Valeria ha davvero ragione? Riesce ad essere più cattiva di quanto finora gli ha fatto credere? Per Diego la risposta è un chiaro no. No. Non crede che Valeria possa esserlo, anzi piuttosto ritiene si sia colpevolizzata fin troppo per ciò in cui la sua anima è stata costretta a cambiare.

«Ti ho abbracciata per questo», chiarisce, «per calmarti. A Cuneo mi hai detto che il mio tocco ti tranquillizza... non era vero?»

«Ti sembra che possa non essere vero?»

«Perché sei di nuovo sulla difensiva?»

«Perché non dovremo essere così vicini!» E così dicendo, Vale si stacca da lui con forza, compiendo una serie di passi indietro in grado di allontanare le loro mani e rendere più chiara, sul viso di lui, la confusione.

«Lo dici a causa delle regole?»

Valeria si morde un labbro, frenando l'istinto di gridare l'inefficienza di quelle regole per poi stringersi le braccia al petto, nella sua abituale chiusura. «Te l'ho detto, quello che troverai potrebbe non piacerti.»

Diego rimane a fissarla, frizionando tra loro pollice e indice della mano sinistra, la stessa che lei aveva stretto, quasi tentasse di colmare il suo vuoto.

«Che cosa mi dici di te, allora? Questo matrimonio ha impedito a entrambi di conoscerci a fondo. Credi di poter apprezzare tutto di me? Nemmeno io sono del tutto l'uomo che credi.»

«Sì, invece.»

«No, Vale. Ce l'ho nel sangue, non lo vedi? Da loro non ho preso solo la calma nel gestire l'emergenze ma anche la rabbia... l'infedeltà.»

Valeria abbassa gli occhi a terra a quest'ultima parola, schiacciata da un pesante masso caduto dritto contro di lei.

«Poco fa, Antonio è entrato da quella porta e ci ha visti insieme... e lo sai che cosa ho fatto? Gli ho fatto credere che tu mi amassi. Che non gli avessi detto niente del nostro divorzio perché volevi restare con me quando invece so il perché non è così.»

È troppo indifesa dinanzi simili parole torrenziali che solleva con esitazione gli occhi, fronteggiando la sua certezza, nella speranza che il proprio cuore non le interrompa.

«So che tra di noi non è cambiato niente, per quanto possiamo fingere il contrario. Non vuoi che io ti raggiunga ed ancora non sai quale diavolo di vita aspettarti dopo esserti vendicata di Mattia. Perché? Perché per quanto tu possa credere di essere cattiva una parte di te sa che una simile vittoria su di lui distruggerebbe la vecchia te per sempre. Addio bontà! Benvenuta ulteriore invidia per donne in grado di essere migliori di te sotto ogni aspetto. E che cosa ne penserebbero le tue sorelle, poi? Ti vedrebbero con gli stessi occhi sapendo quanto tu abbia perso te stessa?»

«Hai fatto centro su tutto, ma hai dimenticato di parlare di che conseguenze possa avere su di te.»

«Valgo qualcosa, nel mio finto matrimonio?»

«Sei la parte più importante.»

Diego deglutisce e stringe in un pugno la mano di quelle dita informicolite dal contatto con lei.

«Non dire cose simili quando non vuoi essere nemmeno toccata.»

«Dimmi che cosa farai dopo che mi sarò vendicata e firmerò quel divorzio.»

«Non ci ho pensato.»

«Questa è una bugia. Ci hai pensato eccome, lo hai fatto da tempo. Ti eri programmato la vita con Isabella ma poi eccomi, io, con la mia rabbia e l'amicizia con Silvia ad aver mandato tutto a rotoli.»

«Ed anche se così fosse?»

«Lo odierei. Lo odierei davvero, Diego, e questo ti fa capire quanto io possa essere assurda.»

Gli occhi di Diego guizzano da una parte all'altra del viso afflitto di lei, irrequieti nei pensieri che la sua voce desolata è stata in grado di smuovere.

«Dimmi perché. Solo perché.»

«Perché sono cresciuta con te» sussurra, fissando nei suoi occhi tanto da dargli un sostegno a cui aggrapparsi. «Mi ero innamorata di tuo fratello, è vero. L'ho amato tanto quanto adesso lo sto odiando ma poi ho sposato te e sono cambiata. Sono diventata un'altra donna e non solo per merito della rabbia. È stato a causa tua, mi hai resa diversa... il più delle volte intromettendoti lungo la mia strada.»

Diego infrange la distanza tra di loro in meno di un attimo, arrivando a parlarle a pochi passi, senza destare la sua paura.

«Non sei la mia accidenti di sorella. Se provi qualcosa per me devi dirmelo!»

«Così che poi tu mi possa odiare dopo ciò che farò, come io ho odiato tuo fratello?»

«Al diavolo!» Sbotta lui, allontanandosi di colpo da lei e passandosi, feroce, le mani tra i capelli prima di privarsene con una mossa secca e voltarsi di nuovo. Lei non è affatto colpita dalla sua instabilità, pensando solo al fatto che prima o poi sarebbe dovuta emergere con preponderanza.

«Avevi chiesto che tra di noi ci fosse maggiore dialogo... eccolo qui.»

«Quindi ancora non stai firmando nell'attesa di scoprire che cosa io intenda fare?» Centra uno dei molti obbiettivi Diego, esaurito dalla complicata situazione che stanno vivendo. «Troppo facile, non credi?»

«Perché dovrebbe?»

«Perché ti impedisce di scegliere ed è quello che vuoi: non avere ripercussioni. La tua prima scelta. Non hai avuto libero voto su niente; l'abito da sposa, il matrimonio, la nostra casa, niente. Ora però l'hai, ed hai paura. Ma non dipende da me, Vale. Ho già firmato per la tua libertà e ti ho stretta a me questa notte. Tu che cosa vuoi?»

«Ti ho stretto anche io... non significa niente.»

«Non significa niente?» Commenta lui ridendo appena per poi tornare a farsi più vicino. «Come mi hai stretto? Mi hai toccato?»

«Diego...»

«Perché hai ogni libertà di farlo ed io no? Hai detto che non rispetto i tuoi limiti ma non una sola volta, ad eccezione di Cuneo, li ho superati. E sì, scopata su quel tappeto compresa perché lo volevi anche tu. Ma quando non volevi che mi avvicinassi a te non l'ho mai fatto. Ogni volta che ci siamo baciati eri tu a decidere quando farlo... ed in che modo. Ed io te l'ho lasciato fare...»

«Non sapevo fosse questo dolore, per te. Avresti potuto dire di no.»

«Ma non l'ho fatto, giusto? Forse perché non volevo.»

«Dove vuole finire questa conversazione?»

«In che modo mi hai toccato? E perché non puoi rifarlo adesso?»

«Mi stai chiedendo troppo.»

«Vuoi sapere come ti ho toccata io?»

Glielo dimostra presto. Le mani di lui si posano sui suoi fianchi per poi risalire lungo tutta la sua schiena.

A Valeria corre lungo il corpo un brivido, specie non appena una sua mano si serra all'altezza della nuca di lei, facendole sporgere in avanti la testa, e le sue labbra si posano lente sulla sua fronte a lasciarle un bacio, poi sulla tempia, sulla guancia... quando si avvicinano alla bocca, Valeria compie l'azione di ritrarsi ma lui non la stava puntando.

Non l'aveva baciata in quel modo, detesta farlo quando lei non è cosciente perché le dona solo modo di schermarsi con una scusa. Continua a toccarla scendendo di nuovo verso i fianchi, aprendo un palmo sul suo ventre e soffermandovisi. Valeria è tramortita da quel gesto, le vengono in mente mille supposizioni: l'aborto, il desiderio di Diego per un figlio che non potrà mai avere, Mattia, il collegamento di lei con Mattia ed altre mille cose che le avvelenano il sangue ma per fortuna la mano scivola ancora via, tanto da arrivare ad accarezzarle una coscia, all'altezza del ginocchio e poi appena più verso l'interno. Dopo aver toccato la morbidezza di quella pelle, torna al termine della sua schiena e si sofferma poco oltre la nascita dei glutei.
Valeria deglutisce, sforzandosi di continuare a fissarlo negli occhi con naturalezza.

«Sei stato sfrontato.»

«La sincerità lo comporta. Ti ho toccata perché toccarti mi calma, proprio come a te calma essere toccata da me. Non mi vergogno di questo.»

«Nemmeno io lo faccio.»

«Allora dimostramelo.»

Non dovrebbe proprio farlo per se stessa, per consentirsi di dimenticare, ma alla fine anche le sue mani si sollevano. Diego rimane immobile dinanzi a lei, in attesa di qualsiasi contatto.

Timorosa, Valeria procede per gradi. Per prime, le sue dita si perdono tra i morbidi capelli di lui, proprio come avevano fatto poco prima del suo risveglio. Da sotto di essi, gli occhi con cui Diego la fissa sono caldi, immobili su di lei. Poi, dai capelli scivola al viso. Non si sofferma troppo; gli ha toccato solo gli zigomi e poi, appena, ha sfiorato le sue labbra. Diego inclina la testa a quel contatto e solleva un sopracciglio, mantenendo la serietà.

Sembra volerle chiedere "sul serio?" ma Vale non si lascia intimidire, continua con la sua verità. Le mani passano a toccare le orecchie di lui per poi soffermarsi, piatte, contro il collo. Diego raddrizza la testa, beneficiando di quel tocco. Gli piace, Vale lo ha capito da tempo. A Cuneo l'aveva morsa proprio dopo che lei lo aveva toccato in quel modo. Il perché potrebbe essere riconducibile ai ricordi, oltre che a quella mappatura di nervi che corre al di sotto della sua pelle: prima di baciarlo sulle labbra in maniera sincera, Vale si sosteneva sempre al suo collo in quel modo a causa della differenza di altezza che, certe volte, impediva il bacio.

Inoltre, anche a lei piace farlo. Avverte il battito del suo cuore contro il palmo e con le dita può sfiorare i suoi morbidi capelli, ogni volta che ne ha voglia.

Reggendo il pesante confronto con lo sguardo di lui, Vale mantiene il contatto il tempo esatto con cui l'ha tenuto nel corso della notte, per poi passare ad un'altra parte del corpo.
Si rende conto di stare facendo tutto questo perché lui l'ha sfidata e perché desidera, come non mai, dimenticare il tocco di Mattia impresso sulla pelle ma si stupisce della dipendenza che provoca.

Scendendo lungo le spalle di lui, arriva a toccargli il torace. L'attillata maglietta di Diego risalta il capezzolo indurito sul pettorale da quelle attenzioni: Vale vi passa la mano, intrappolandolo tra pollice ed indice e ricevendo contro il respiro spezzato di Diego. Non l'aveva fatto nel corso della notte ma ora non ha saputo resistere. Accarezza il bicipite che l'aveva stretta a sè e che ancora sporge dalle maniche corte della maglia, prima di compiere l'ultima azione.

A palmi aperti, percorre le costole di lui fino ad incentivarlo a separare appena dai fianchi le braccia, consentendole di passare. Dopodiché, arrivando alla sua schiena, risale fino ai muscoli delle spalle e vi si sofferma, attirando Diego a sé affinché possa essere mantenuta la stessa distanza avuta la scorsa notte.

«Sei felice, adesso?» Gli domanda lei, fissando quegli occhi seri che nemmeno per un'istante si erano allontanati da lei.

Diego tace, immobile e stretto tra le sue braccia, accostato al suo petto, come aveva desiderato da tempo di essere. Decide di servire un'ultima dose di spietata verità.

«Sono felice quando anche tu sei felice.»

In un primo momento Valeria non capisce come la melodia di simili parole possa esserle familiare, dopodiché sgrana gli occhi capendolo. Quella è la frase che dice sempre a Gaia, a seguito di ogni sua inchiesta, senza rispondere davvero. Le impediva di mostrarsi, di lasciarle capire i propri veri sentimenti, donandole solo l'irrimediabile affetto che provava per lei... è quello che sta cercando di fare anche Diego?

«Questa discussione non ha portato a niente.»

«No, non è vero. Ho scoperto che non stai firmando il divorzio perché non vuoi scegliere, non perché hai già scelto. E ho sentito come mi tocchi quando niente ti frena. Devo solo sapere un'ultima cosa: di che cosa hai bisogno per capire che donna vuoi essere? Ancora un incentivo? Ancora rabbia?»

«Ho anche io una domanda per te. Tuo fratello mi ha detto di averti visto sulla terrazza, la sera del suo rientro. Eri lì prima ancora che lui mi toccasse ma a me avevi detto di essere stato troppo lontano, di non aver fatto in tempo ad arrivare da me.»

«E nonostante questo sei venuta lo stesso a cercarmi, nel tuo attacco di panico?»

«Era vero?»

«Sì. Ero lì.»

Il cuore di Vale velocizza e le sue mani scivolano via dalle spalle di lui. «Come? Perché?»

«Perché ho capito una cosa, e recentemente questa ipotesi è tornata come una verità. Mio fratello ti ama, questo è vero, ma odia anche me. Qualsiasi cosa io desideri, qualsiasi cosa a cui io tenga, la sua mente la moltiplica mille volte di importanza e lo spinge ad averla. Più disinteresse provo per te, più potrà lasciarti in pace. Da settimane non fa altro che chiedersi se qualcun altro mi abbia visto su quella terrazza... il pensiero di un tranello lo spinge più lontano da te.»

"Qualsiasi cosa io desideri, qualsiasi cosa a cui io tenga". Valeria registra simili parole prima di arrivare una conclusione che è puro blackout nella sua testa.

«Abbiamo sbagliato fino ad adesso.»

«Qualsiasi cosa vuoi che diventi questo matrimonio, se mai firmerai quel divorzio, sappi che prima di allora tutto dovrà essere diverso. Tabula rasa. Tra noi, alle cene di famiglia, più alcun contatto. Non rischi niente, le tue sorelle sono assicurate dai soldi degli investimenti immobiliari, mia madre non può farti del male... e mio fratello, vedendo il mio mancato interesse, non ti cercherà. Sarà come hai sempre sognato: due perfetti estranei.»

Valeria abbassa del tutto le braccia, trafitta dal gelido rintocco scandito da quelle parole.

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