20. Blackout

11 Dicembre 1970, Vezza D'alba (Langhe), Piemonte.

Ore: 11.20

Oltre le finestre della società Grimaldi il mondo sembra sull'orlo di far insorgere un temporale. Le nubi grigie minacciano una pioggia furente e nell'aria vi è l'odore acre di calore atmosferico mescolato alla nocività dei gas di consumo, rendendo l'ossigeno quasi impossibile da incanalare.

Molti dei dipendenti, rincuorati dal rifugio sicuro offerto dall'enorme castello in cui alloggiano ogni giorno, pagando il prezzo di una dose sempre maggiore di tristezza, ora ringraziano di non essere parte degli eventi. Di non essere l'adolescente ragazzo che con lo zaino in spalla sta attraversando la strada, intento a fissarsi attorno quasi pensasse sotto a quale cornicione potersi rifugiare nel caso la pioggia torrenziale arrivasse a scendere, così da non bagnare i fumetti con i quali ha riempito la cartella. Oppure la giovane signora che porta a passeggio il proprio cane: proprio quella mattina aveva fatto indossare alla povera bestia, lungo tutto il corpo, una mantella blu scura che potesse coprirla dalle intemperie, solo perché odiava l'odore di cane bagnato per casa. Sicuramente, una fortuna risulta quella di non essere nel corpo dell'anziano signore che, seduto alla postazione esterna di un bar, ha alzato gli occhi al cielo perché i dolori alle ossa avevano previsto con largo anticipo la precipitazione in arrivo. In guerra, dolori simili lo avevano risparmiato dalla polmonite.

Di fatti, se l'ossigeno non risulta respirabile a sostituirlo è in offerta la paura; avvertenze meteo di quella portata mettono a rischio coltivazioni ed impianti, rendono inaccessibili le strade e distruggono la tranquillità della quale Vezza dell'Alba vanta un primato assoluto, secondo standard di benessere. Chi resiste alla paura è considerabile un vincente ed i Grimaldi non hanno puntato a niente di meno.
Messi in sicurezza i campi di raccolto, hanno incaricato le figure di vetta dell'azienda di destreggiarsi in sorrisi di pura convinzione nei riguardi dei timorosi e dei complottisti in grado di dichiarare "al fallimento" prima della reale perdita di introiti.

Un vero regime di cui Pietro Grimaldi avrebbe potuto andare fiero e che pare osservare con divertito compiacimento dalla fotografia che lo ritrae in un tono autoritario, appesa quasi fosse di guardia, davanti alle scrivanie nell'open space degli impiegati.

Nonostante l'imposizione della tranquillità, però, qualcuno riesce ancora a ragionare di testa propria: Valeria mostra la preoccupazione senza alcuna dose di orgoglio, riflettendo su come i suoi ricordi abbiano sempre messo in relazione importanti precipitazioni ad eventi crudeli. Pioveva forte il giorno in cui i militari giunsero a casa dichiarando a sua madre la morte del proprio marito e pioveva il giorno in cui, da bambina, Valeria si accorse di come le persone più grandi di lei non fossero invincibili ma solo ricettacoli di preoccupazioni che ancora non conosceva. Pioveva persino il giorno in cui sua sorella Angela rimase coinvolta in quell'incidente che l'aveva portata a zoppicare per sempre. Era infatti stata colpita da una macchina mentre camminava sul ciglio di una strada.

Scuotendo energicamente la testa, Valeria convince se stessa che si tratta solo di preoccupazioni sciocche. Non era mai stata superstiziosa. Raramente tutt'ora cede l'interesse alle motivazioni che possono aver reso storta una giornata, quindi niente adesso a cui dover pensare.
Rincuorata da questo pensiero auto commissionato si concentra sulle parole di suo marito mentre questi si staglia, al di sopra del gruppo riunitosi, come una statua equestre, portatrice di nuovi comandi.

«L'azienda rimarrà aperta fino a che l'allerta meteo non sarà terminata e per il momento la fine del temporale è prevista per domani mattina. Dobbiamo garantire alle persone che non possono rientrare nelle loro case un posto in cui restare. Lasceremo a disposizione coperte e sposteremo la gran parte dei divani nella sala comune. Molti dei mezzi pubblici sono stati soppressi per cui, a gruppi, faremo in modo che le persone possano utilizzare gli stessi taxi. Sarà un pomeriggio lungo ma dovremmo assicurarci che torni la calma.»

In parte sembra già essere recuperata: il tono con cui Diego motiva ogni questione irrisolta è capace di tranquillizzare, senza alcuno sforzo. Merito forse della sua disponibilità o capacità innata ma, ad ogni modo, non prestargli fede appare impossibile.

Valeria osserva dalla sua porzione di cerchio creato da coppie di infinite scarpe lucide da lavoro le persone che si avvicinano al marito chiedendo che tipo di incarichi svolgere per primi, se amministrativi o legati all'emergenza, per poi osservare come Diego dimostri di avere controllo e pazienza con tutti. Risponde alle domande, lascia dei consigli ed infine, come se non bastasse, si offre di prendersi carico di determinate mansioni, in modo da alleggerire il lavoro dei dipendenti.

Non tutti i reparti possono vantare un'organizzazione simile e di questo sembrano esserne coscienti tutti i personaggi coinvolti nella riunione, Vale compresa.
Nutre lo stesso rispetto ma a differenza del restante personale le viene concesso il modo di rimanere da sola con l'uomo verso cui tale sensazione è esternata, una volta terminata la riunione.

«Sei stato bravo» gli dice e Diego, voltando la testa verso di lei e rendendosi conto di essere finalmente da soli, si rilassa visibilmente mostrandole l'effettività della propria stanchezza.

«So gestire le emergenze, ho visto mio padre farlo milioni di volte.»

«Ci sono già stati temporali simili?»

«Non di questa portata, ma non sarà un problema, sapremo cavarcela.» Valeria annuisce, rassicurata dalla sua certezza, prima di notare il suo sguardo perso in direzione delle scrivanie dei dipendenti.

«A che cosa stai pensando?»

«Devo mandare Silvia a casa. Non può rimanere qui con il bambino.»

«Non se ne andrà facilmente.»

«Per questo ho chiamato Claudio. Prima che la tempesta inizi farò in modo che siano entrambi a casa, dai loro figli.» Un lento bussare alla porta dell'ufficio desta l'attenzione dei coniugi e la voce, più profonda, di Diego che raddrizza la schiena, tornando al proprio ruolo. «Avanti.»

Giulia Ferrara si affaccia nell'ufficio con uno sguardo che muta alla vista di Valeria, prima di assumere un contegno professionale.

«Signor Grimaldi, ho saputo dell'organizzazione alla quale aveva pensato per questa giornata e volevo darle la mia piena disponibilità.»

«È gentile da parte tua, Giulia, ma non dovresti restare. Abiti dalla parte opposta della città e sarebbe meglio che tornassi insieme agli altri.»

«Non sarebbe la prima volta che mi trattengo in ufficio fuori dall'orario di lavoro, mi è già capitato di dormire qui altre notti.»

Valeria sogghigna, abbassando il tono di voce per esternare i propri pensieri privati ma finendo per farli udire anche al marito.

«Vuole proprio che faccia una battuta di cattivo gusto...»

«Ti ringrazio, Giulia, più tardi vedremo cosa farti fare.»

Congedata, la Ferrara si allontana con un cenno d'assenso lasciandoli così nuovamente soli.
Diego la sta già fissando.

«Che cosa c'è? Non posso dire niente su Manila e ora nemmeno su Giulia?»

«Per entrambe: niente della loro vita ti riguarda, quindi no, a mio avviso non dovresti dire niente del genere.»

«Tutto qui?»

«Sì, è tutto.»

«Le difendi molto.»

«Difendo molto di più te, ma non da loro perché non hanno mai detto nulla nei tuoi riguardi.»

«D'accordo, ho capito, puoi anche smetterla.»

Ed affermato questo Valeria espira con forza, infastidita dal modo che ha il marito di proteggere altre donne ma ancora di più nel comprendere quanto possa aver ragione. Diego invece, consapevole di ogni pregio e di ogni difetto di sua moglie, sposta lo sguardo altrove, direzionandolo alla tempesta.

«Magari arriverà il giorno in cui io e te smetteremo di avere discussioni simili. Mi auguro che sia una delle cose che si porterà via questa tempesta.»

Anche Valeria ora osserva il mondo al di fuori dell'ufficio, studiando con parsimoniosa cura le gocce di pioggia che hanno iniziato a scivolare lungo un vetro, dimenticando quanto essere superstiziosa non sia nel suo carattere e facendo prevalere una sensazione al di sopra delle altre.
La goccia focalizzata dai suoi occhi scende lungo lo specchio in un lento pianto.

«Non succede mai niente di bello quando piove.»

-

Ore: 14.43

Il rumore è insopportabile. L'intero ufficio sembra essersi trasformato in un'enorme metropolitana all'ora di punta: l'infuriare del temporale contro i tre quarti delle pareti della stanza rende l'acustica insostenibile e conduce le persone ad urlare sempre più forte alle cornette dei telefoni, in linea con operatori e clienti fuori regione, gli uni sugli altri, tanto da rendere quasi inudibile la ricezione di nuove chiamate.

Valeria massaggia le tempie con forza, tentando di rimanere neutra nelle proprie emozioni mentre il resto della compagnia sembra aver perso del tutto il controllo. A niente erano serviti gli incoraggiamenti aziendali: il personale continuava a ricevere notizie dall'esterno ed ognuno di loro si era domandato che fine avessero fatto i propri cari, prefigurandosi scenari di difficile ricongiunzione a causa di gravi intromissioni. Problematiche con i voli aerei, incidenti stradali e la follia delle persone in grado di sfruttare momenti simili a danno dei più deboli.
Solo Valeria, la quale non ha niente che possa tenerla legata al Piemonte, riesce ad essere se stessa e rispondere ancora, con il giusto tono di voce, ai clienti completamente estranei alle vicende.

«Qui la società vinicola Grimaldi, come posso aiutarla?»

«Buonasera, sono proprietario di una catena di ristoranti e volevo dare vita ad una collaborazione...»

Il tappo della penna di Vale, aprendosi secondo la spinta di una sua nera unghia, diviene il solo suono ravvicinato sul quale lei si concentra prima di iniziare a prendere appunti, seduta al fianco di una scrivania vuota.
Silvia è stata scortata poche ore prima fuori dall'azienda da suo marito. A convincerla a lasciare tutto era stato il pensiero dei suoi figli: Gaia odia stare da sola durante i temporali ed il più piccolo piange ogni volta che un fulmine si infrange contro il suolo. Il più temerario rimane il mezzano ma è pur sempre solo un bambino.

«Certamente. Disponiamo di diversi tipi di contratti, a seconda della mensilità. Per quanti mesi aveva intenzione di beneficiare del nostro servizio?» Valeria porge la domanda consultando la modulistica presente sulla propria scrivania ma un lungo silenzio la raggiunge dall'altro capo della cornetta. «Pronto?» Ancora nessuna risposta. Valeria preme i tasti del telefono per mettersi in contatto con il centralino e chiarire se la chiamata ha avuto termine prima di accorgersi dello spaesamento comune e dell'arrivo di Diego, giunto dall'ufficio nel quale era rimasto da dopo la riunione.

«Un'interferenza alla rete telefonica rende inutilizzabili i telefoni ma non dovete preoccuparvi: siamo riusciti a prenotare tutte le vetture richieste per il ritorno. L'arrivo dei taxi davanti alla hall è previsto entro i prossimi dieci minuti. Per il resto, luce e riscaldamento sono garantiti da un contatore autonomo. Chi vuole può tornare a casa mentre chi preferisce restare anche per la notte è ben accetto. La società si prenderà carico di tutto.»

Il sollievo si desta nell'animo di tutti i presenti che, vinti, abbandonano la presa attorno alle cornette dei neri telefoni con un sospiro di gratitudine ed esternazione di malessere, per poi tacere e lasciare solo alla tempesta il compito di gridare.
La calma è tornata come un profondo respiro mentre il mondo infuria. Diego la analizza con occhio critico, pronto da sempre a fare i conti con reazioni violente.

È plausibile anche pensare che da un momento all'altro l'intera folla possa agitarsi: la società li ha tenuti a lavorare persino in un giorno simile ed ora li costringe a vivere le conseguenze, ma il popolo è mansueto. Abbandona semplicemente la propria postazione seguendo, in maniera inconscia, quasi lo stesso schema utilizzato nelle prove antincendio ed alcuni persino giungono fino a Diego ringraziandolo con sincerità dell'interesse dimostrato.
Hanno scoperto che l'operatività del Grimaldi, capo dell'intero piano, è stata un'azione mossa solo nei loro riguardi. Diego aveva provato infatti a convincere anche gli altri capi reparto a seguire le sue gesta ma non avevano sentito storie, né avevano dimostrato abbastanza spina dorsale per fare di testa propria, e così si era preso carico delle sue scelte, portandole avanti. Ora, i suoi impiegati possono tornare a casa in sicurezza. Vorrebbe aver potuto far di più per gli altri.

Valeria si avvicina al marito nell'istante in cui uno degli impiegati più anziani, ed il più giovane al tempo di suo padre, gli stringe con rispetto la mano. Attende che si allontani per poter parlare.

«Stavo concludendo un contratto di vendita prima che i telefoni ci lasciassero. Sono a malapena le tre, che cosa dovremo fare? Ho sentito i discorsi della gente: chi rimane conta di avere del lavoro da svolgere, in modo da non pensare.»

«Se i telefoni non vanno, torneremo al cartaceo. Dobbiamo fare in modo che l'equipe di agronomi si riunisca per valutare il pre impianto sui terreni recentemente acquistati, fornire loro la documentazione poi richiamare l'enologo per seguire i processi della cantina e riferire della vinificazione. Fortuna che sono tutti nello stesso edificio, in piani diversi. Noi, invece, seguiamo una nuova idea di lancio: cerchiamo i vecchi acquirenti al tempo di mio padre e creiamo una nuova parte di marchio. Nuova spartizione di quote, nuove regole.»

Valeria sorride della tranquillità dimostrata nel parlare mentre gli occhi di lui continuano ad intercettare i volti delle persone attorno, quasi tentasse di assicurarsi che tutto possa andare bene.
Nemmeno sembra rendersi conto di quanto impegno ci metta, riflette lei con stupore, dovuto alla sua stessa constatazione.

«Maurizio è il responsabile di cantina con cui far interfacciare l'enologo. Verifico che anche lui sia rimasto.»

«Non accadrà niente di brutto, oggi. Non so come tu sia arrivata a pensarlo» commenta lui d'un tratto, interrompendo le sue parole, per poi rivolgersi verso sua moglie a caccia di risposte.

«In passato non ho vissuto mai niente di bello, in momenti simili. Anzi... posso dire di odiare la pioggia.»

Diego valuta quale strada sia la migliore da percorrere, optando per quella più distante dalle reali motivazioni poiché Valeria non sembra desiderosa di esternarle.

«Quanto Gaia?» Chiede, quindi, facendola sorridere in modo stanco.

«Molto più di Gaia.»

«E che cosa ti piace, invece? Il sole, il mare, una parte della tua isola?»

«Direi di sì a tutto ciò che hai detto.»

«Forse anche tutti loro arriveranno ad odiarci» commenta Diego, fissando le persone che afflitte da malevoli pensieri rivolgono a terra la propria testa, andandosene. «Questa azienda li prosciuga.»

Ma Valeria sa che non è vero: tutte quelle persone sono rimaste per il ricordo di integrità che la figura di Diego eleva. A nessuno di loro interessa di Mattia, Sofia o tantomeno di Maurizio. Sono rimasti perché lui è figlio di Davide Cerruti, l'uomo del quale era stata tentata di estirpare la memoria. Prima aveva prevalso il cognome dei Grimaldi, poi il rancore aveva cancellato anche il nome ma le persone ricordano e sanno.

«Potranno odiare questa azienda ma non te.»

«Lo credi sul serio?»

«Ne sono certa.»

Ciò lo rincuora al punto tale da suggerirgli la resa nei confronti della diffidenza. Arriva a valutare lo sguardo di sua moglie pensando a come lei non avesse nemmeno considerato l'idea di salire su uno di quei taxi e andarsene, preferendo rientrare con lui nella loro casa. Rimane quindi così, a fissare la certezza di lei, mentre il vento al di fuori si unisce impietoso alla pioggia creando un corrente gelida che impedisce a chiunque di continuare a camminare per le strade di città.

-

Ore: 19.05

L'impegno è stato sempre considerato da Valeria un potente afrodisiaco in grado di estraniare da ogni situazione, specie la più scomoda. Eppure, la giornata lavorativa sta per concludersi. Poche ore prima Diego le aveva chiesto di avere un ultimo confronto riguardo la produttività raggiunta ed ora è lì che si sta avviando; all'appuntamento con lui allo stesso piano ma dal lato opposto dei loro uffici, verso le stanze in cui si sono confrontati gli agronomi.

Tiene le cartelle strette al petto mentre procede, avvertendo nel silenzio dato dall'assenza di ulteriore personale una sorta di conclusione alle sue mansioni che la spinge a chiedersi che cosa avverrà nelle prossime ore.

La stanchezza le fa provare la sfibrante sensazione di rilassare i muscoli non appena la tensione scivola via, portandola ad applicare una leggera pressione con la punta delle dita su una delle spalle, a pochi centimetri dalla nascita del collo. Dal punto premuto scaturisce una tale fitta di dolore da farle chiudere per un attimo gli occhi ed aprire la bocca in un rantolo di sofferenza. Quando li riapre, il corridoio in cui si trova è completamente al buio. Totale blackout.

Vale ruota su se stessa, captando con gli occhi solo pochi particolari dell'intorno: ormai è sera e la luna insorta risulta essere l'unica fonte luminosa, esente dalla rete elettrica pubblica, in grado di rischiarare quel poco che alcune finestre rendono visibile.
Troppo poco per essere certi, perso ogni orientamento, verso dove procedere.

Alla stregua di un automa, Vale si avvolge nuovamente su se stessa tentando così di recuperare la correttezza della sua posizione, optando quale delle due scelte rimaste sia la migliore: tentare di raggiungere la sala delle riunioni o rientrare verso la sua scrivania, per poi parlare con Diego spostando altrove il confronto. La seconda le pare l'opzione migliore oltre che la più semplice.

Avanzando lungo i corridoi della società, le sue scarpe dal leggero tacco producono la marcia dei suoi passi affrettati.
Si domanda cosa possa essere successo.
Stando a quanto aveva detto Diego, luce e riscaldamento erano garantiti autonomamente. L'ipotesi di un eventuale guasto le fa storcere la bocca e confidare nel calore delle calde coperte fornite ad ogni membro rimasto del personale. Pensa a questo, mentre svolta in fretta lungo le deviazioni del corridoio fino a che non sente dei passi molto più lenti alle spalle.

Rallenta i propri, rimanendo all'ascolto di quel suono. Rallenta fino a fermarsi ed i rumori si arrestano con lei.

«Non so cosa possa essere successo, deve trattarsi di un guasto. Il Grimaldi aveva assicurato che ci sarebbe stata l'energia!»

La prima voce di quello che sembra il primo di un gruppo di uomini interrompe l'attesa di Valeria nello scoprire chi possa avere alle spalle, facendole fissare di fronte a se la nascita di quel suono.

Raddrizza la testa e getta indietro le spalle, camminando con sicurezza verso quel gruppo in protesta.

«Posso aiutarvi?»

«La signora Grimaldi?»

«Sì, sono io» risponde lei alla sagoma indistinta e blu scura, nel medesimo contesto cobaltico assunto dalla scena.

«Ci era stato riferito che la luce sarebbe rimasta garantita. Abbiamo importanti documentazioni da valutare.»

«Voi siete gli agronomi?»

«Sì.»

«E Diego non è ancora arrivato?»

«Avevamo un appuntamento?»

«Dovevamo trovarci io e lui qui per discutere di nuovi prodotti.»

«No, signora, il Grimaldi non c'è.» Le parole escono con il sibilo di una sottintesa provocazione dalla bocca di quello che sembra essere il componente più distante del gruppo. Cariche di disprezzo al punto tale da far comprendere a Vale di dover reagire.

«Allora proverò ad occuparmi io della questione, cercando di capire cosa possa essere successo al contatore.»

«Sa come arrivarci?»

«Dovrebbe essere al termine di questo piano, mi ci reco immediatamente.»

«Grazie» torna a parlare il portavoce del gruppo, distinguendo di sfuggita l'ombra di lei mentre si allontana.

Immersa nel buio, Vale sembra muoversi con insolita sicurezza e velocità. Il resto del personale, affacciatosi con confusione nel corridoio, brancola a mano tesa nel tentativo di toccare il limite di una parete e non raggiungendolo pare afflitto da una simile perdita.

Quando Valeria raggiunge il contatore, a pochi passi dalle scale e dall'ascensore, tenta di tirare verso l'alto la leva che si era abbassata prima di poter scoprire quanto il gesto sia inutile.
Prova a replicare un'ulteriore volta per poi lasciar perdere del tutto.

«Al diavolo», Diego saprebbe darle una versione più immediata del problema per cui decide di cedere solo nella speranza di poterlo trovare.

Volta il corpo in fretta, pronta a cercarlo in ogni angolo dell'edificio se necessario, quando ad un tratto una mano le arpiona un braccio e la trascina via verso un'oscurità ben più profonda.

Non ha il tempo di domandarsi il perché di quell'imposizione che quei passi veloci, incoraggiati dall'interfacciarsi della luna dall'esterno fino le pareti del corridoio, le consentono di scoprire a chi appartenga. Ed una reazione, automatica ed incontrollabile, scatta subito in Valeria come un pupazzo a molla schizzato via dalla sua scatola.

«Lasciami subito! Lasciami!» Urla con tutto il suo fiato ma come risposta riceve solo il serrarsi più forte di quella mano fin tanto che non raggiungono la meta agognata.

Tornata libera si accorge di quanto siano lontani da tutto il resto. Con un rapido scatto tenta una disperata fuga nella direzione delle scale ma la mano di lui si posa contro il suo sterno, premendola così all'indietro in tempo per rendere vano il suo tentativo patetico.

«Calmati, Valeria. Siamo solo noi» sussurra Mattia, fissandola con una straordinaria dose di dolcezza e calma.

«Come mi hai trovata?»

«Mi sono fatto dire dove fosse la tua scrivania ed è da questa mattina che non faccio altro che seguirti. Aspettavo un momento in cui potessi essere da sola ma ho finito per dovermi creare la situazione perfetta.»

Un inquietante serie di supposizioni si interfacciano nella mente di Valeria che, sottovoce, le esterna in un profondo timore.

«Hai staccato tu il contatore?»

«L'ho fatto, per quello che mi hai detto due anni fa: troppe telecamere.»

A seguito di una simile risposta, Valeria si guarda attorno con una preoccupazione che traspare chiaramente... ma non nella visione di Mattia.

«Ho pensato molto a quello che ci siamo detti l'ultima volta e il giorno prima che partissi per l'America. Perché mi hai detto quelle cose? Le pensi davvero, Vale?»

«Adesso devo andare. Devo tornare a lavoro.»

Prova ad allontanarsi ma quel palmo è ancora lì, pronto a posarsi con puntualità contro il suo corpo per rimetterla apposto.

«Mi hai detto quelle cose ed io ti ho seguito alla lettera. Tutti credono che sia partito sotto suggerimento di mia madre ma sappiamo entrambi che non è così. L'ho fatto solo perché eri stata tu a chiedermi di farlo. Ho seguito ogni cosa di ciò che mi hai detto, quindi perché vuoi ancora scappare?»

«Questo non è il luogo per parlare di cose simili. Siamo a lavoro. Riaccendi le luci così noi potremmo-»

«Stai fingendo» afferma Mattia, inclinando la testa di lato e storcendo la bocca alla stregua di un bambino accortosi dell' inganno del genitore. «Anche Diego lo fa, altrimenti perché ci avrebbe lasciati soli?»

«Non ci ha lasciati soli. Tu mi hai trascinato via.»

«Non oggi ma quella sera... in terrazza. Lui c'era. Mio fratello c'era già da prima ed è rimasto in disparte...»

Ad avvertire una simile frase gli occhi di Valeria sgranano, uscendole quasi dalle orbite.

«È una bugia.»

«No, non lo è.»

«Vedi cose che non esistono.»

«Non fate altro che ripeterlo...» Commenta lui ridendo e gettando la testa in dietro senza però mancare di afferrare Valeria per una mano e rimetterla apposto quando tenta ancora di fuggire. Abbassa il capo, quindi, e la fissa dritto negli occhi mentre lei, spalle alla parete e parallela al raggio lunare penetrante dalla finestra, vede chiaramente il suo volto familiare macchiarsi di quella sfumatura pericolosa ed incontrollabile.

«Voglio conoscerli, Vale. Tutti loro. Sai di cosa sto parlando.»

«No, non lo so.»

«Perché continui a fare così? Te l'ho detto, siamo soli.» Mentre Mattia tenta ancora di capirla, gli occhi di lei continuano a scrutare ogni angolo del corridoio oltre le spalle di lui, tanto da attrarre nella mente dell'uomo nuovi pensieri. «Hai paura che Diego possa sentirci?»

«No.»

«Invece sì, hai paura che possa scoprire quanto mi ami» sussurra, sollevando poi la mano rimasta libera per poterla scorrere sul viso di lei che si ritrae, quasi ustionata.
«D'accordo, Vale, ho capito. Non qui. Tu invece hai capito che cosa ti ho chiesto? Lo farai?»

Valeria deglutisce prima di poter rispondere. «Sì.»

«Bene.»

Sentirglielo confessare lo ha maggiormente rilassato, al punto tale da fargli nascere un sorriso spontaneo ed analizzare con più attenzione la figura controversa che ha di fronte.

«Ti batte forte il cuore» constata, avendo ancora l'altra mano, non impegnata a stringere la sua, contro lo sterno di lei. Valeria non risponde, deglutendo visibilmente la saliva mente Mattia continua a toccarla.

«Non vedevo l'ora di parlare con te da solo come adesso da quando sono arrivato. L'America faceva paura, Valeria, nemmeno ti immagini quanto. Sono contento di essere tornato a casa da te... qui mi sento al sicuro.»

Valeria tenta di parlare, la bocca le si apre ma allo stesso tempo le si richiude con una palese difficoltà. Le labbra le tremano ma Mattia di tutto questo non nota niente: continua ad accarezzarla e a studiare la sua pelle, centimetro dopo centimetro, meravigliandosi di quel pallore etereo fino a che il coraggio non torna all'interno della voce di lei, donandole parole.

«Adesso devo andare. Riattacca il contatore.»

«Sì, amore, lo farò. Non vedo l'ora che sia di nuovo sabato. Lo scorso l'abbiamo passato felici.»

Ma lei sabato scorso era con Diego, a Cuneo.

«Sabato?» Mattia solleva a mezz'asta gli occhi verso di lei, fin tanto da farla sorridere falsamente e annuire. «Ma si, certo, sabato.»

«Non vedo l'ora di replicare. Sei stata fantastica.»

E così dicendo termina le proprie parole con un lento bacio sulla bocca di lei, prima di andarsene via.

Valeria fissa il vuoto, udendo il rumore dei passi di lui diradarsi. Dopodiché solleva gli occhi al soffitto e deglutisce di nuovo. Tenta di trainare indietro la discesa delle lacrime e riesce a farlo. Le fa sparire al punto tale da poter abbassare di nuovo la testa e dover solo mordersi il labbro inferiore per ostacolare il tremore che ne traspare.

La luce torna nell'attimo esatto in cui, separandosi dal muro, Valeria decide di vestire di nuovo con interezza le sue piene forze.

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