18. L'assenza di parole
8 Dicembre 1970, Vezza D'alba (Langhe), Piemonte.
A seguito di settimane in cui i suoi occhi erano rimasti fissi in direzione del paesaggio visibile oltre le finestre del soggiorno, finalmente Manila riesce a comprendere che cosa non le vada a genio delle Langhe: la vista è mozzafiato eppure la natura è così sotto controllo, sfruttata in maniera quasi maniacale pezzo dopo pezzo quasi da fare stonare, nel contesto di coltivazioni, quei lotti di terra rimasti inviolati ed ancora selvatici. Troppa razionalità e troppa astuzia.
Non poteva immaginare che Valeria la pensasse allo stesso modo ma in ogni caso di una cosa è certa: nel giro di pochi anni i più ricchi imprenditori agricoli, famiglia Grimaldi compresa, massacreranno e ridisegneranno l'intero paesaggio tanto da rendere avvistabile, dall'altezza della vetta, un uomo ai piedi di una collina grazie alla totale assenza di alberi che intralcerebbero la coltivazione. Ecco quale è il punto, tutto il territorio delle Langhe collinare sembra essere un'immensa proprietà privata in cui non lasciar correre i bambini.
Cogliere quell'enorme difetto, passato in secondo piano all'impatto della visuale geometricamente perfetta arrivando, la riempie di rabbia e di nostalgia dei suoi vecchi territori assolati. Degli ulivi e degli alberi d'arancio, in una Sicilia trafitta dalla bellezza e da guerra di mafia.
Mentre il sud impazzisce tra colpi di proiettile e mutismo selettivo di masse governate dalla paura, il nord rappresenta la pace di un mondo distante, lontano da ogni contesto, eppure allo stesso modo spietato.
Manila non vede l'ora di sposarsi e di portare un po' di gioia nella sua vita in contrapposizione alle notizie che sente dai giornali, dai parenti e dagli amici, pur temendo il giorno in cui l'amore con Maurizio sfocerà nella nascita di un bellissimo figlio o di una bellissima figlia. Spetta garantire un futuro, a quella nuova vita, e Manila non sa come potervi far fronte. Aveva immaginato il nord come un posto bellissimo e la terra dei sogni nella quale è possibile trovare sempre di che lavorare e vivere felici, peccato che non la veda più così. Persino la famiglia Grimaldi sembrava vendersi come la famiglia ideale quando invece tra di loro vi sono più scheletri di quanti famiglie rumorose e da tutti considerate fallite potessero vantarne.
Toccare la figura di Mattia è come puntare l'unghia su un nervo scoperto ma con facilità Manila era riuscita a comprendere anche il mistero avvolto attorno alla figura del padre di lui, dal nome impronunciabile a causa del rancore rimastovi ancorato, alla figura di Sofia, del severo Pietro Grimaldi e persino di quel Claudio, erede illegittimo, che aveva abbandonato la prima cena di famiglia a cui Manila aveva presenziato.
Ad un occhio esterno, gli unici intoccabili nel loro amore potevano dirsi Diego e Valeria, per questo Manila li aveva difesi a seguito dell'attacco del suo futuro marito nei loro riguardi, eppure esiste qualcosa nello sguardo di Valeria, un confine stretto con una profonda cattiveria, che l'aveva fatta rabbrividire a quel tavolo. Non le era importato più di tanto l'episodio dell'abito da matrimonio: aveva compreso come Valeria fosse stata mossa dal dolore e l'avrebbe perdonata, l'ha perdonata se non fosse per quella sensazione tutt'ora presente in grado di spingere Manila a pensare che, oltre ciò che le ha manifestato, Valeria possegga maggiore violenza e sia pronta a scagliarla.
A chi dare fiducia, allora, in quel ristretto cerchio familiare se le cose nel suo matrimonio dovessero farsi complicate? A chi credere e chi appoggiare? Chi considerare sostegno per un bisogno o probabile conforto?
Le famiglie non dovrebbero essere queste. Manila se lo continua a ripetere, camminando per i corridoi della villa e fissando il paesaggio presente oltre alle ampie terrazze. Non dovrebbero essere calcolatrici e non dovrebbero pensare al proprio profitto. Nell'amore, riflette al ricordo di Valeria, non ci dovrebbe essere ferocia.
Continuando a procedere per la casa silenziosa, Manila entra a far parte sempre di più dei suoi segreti, arrivando a scoprire fino a che punto l'odio possa mescolarsi al più puro amore.
-
Raramente Antonio aveva dovuto fare i conti con le conseguenze di un forte stress poiché le cose in grado di interessarlo davvero, in passato, erano piuttosto rare. Ora la situazione sembra essere del tutto cambiata.
Ad interessarlo c'è il futuro di suo fratello, innamoratosi di una Greco sullo sfondo di una Sicilia balorda, temeraria, nella quale il modo per fare soldi e garantirsi l'indipendenza risulta facile da trovare, poiché non derivante dalla strada della giustizia. Lo preoccupa il lavoro che lo ha condotto tanto lontano da casa ma più di ogni altra cosa, a lui vicina, gli interessa Valeria. Se ne era reso conto l'istante stesso in cui si erano lasciati di quanto l'interesse fosse profondo, pur rimanendo per la gran parte del tempo sotto una sfera carnale.
Ormai conosce il carattere di lei piuttosto bene da sapere che non sarebbe scomparsa per due giorni senza avvertirlo, specie avendo in programma di venire da lui, per cui o è un modo di vendicarsi persino nei suoi riguardi oppure, in alternativa, doveva esserle successo qualcosa di grave.
È folle, avventata ed arrabbiata ed Antonio non vorrebbe che si fosse messa nei casini. Quando aveva sentito alla radio la notizia di Mattia Grimaldi in stato di fermo per aver aggredito due giovani, un uomo ed una donna, era quasi saltato in piedi dalla sedia del bar su cui era accomodato. Le notizie riportavano una descrizione precisa del ragazzo ed era stata somigliante, spudoratamente, a quella di Diego. Della ragazza non si era saputo molto poiché dopo visite di controllo si era recata alla centrale per poter sporgere denuncia e la stampa, all'ora della notizia, non era ancora riuscita a scorgerla.
Antonio si era adoperato subito: aveva composto il numero della società Grimaldi ed atteso in linea, dimenticandosi del tutto che fosse domenica, dopodiché aveva riagganciato e, con una punta insolita di coraggio, aveva afferrato dal giubbotto un piccolo foglietto di carta, riportante una serie di numeri che da tempo non aveva cercato.
Portandosi la cornetta all'orecchio aveva sentito il suo cuore battere forte contro l'interfono. Era il numero di casa di Diego e Valeria e non lo aveva usato che un'unica volta. Questo perché di solito era Valeria a chiamare per poter fissare i loro incontri ma quell'unico giorno, in cui era stato lui ad alzare per primo la cornetta, ricorda di aver provato il bisogno di sentirla.
In termini superficiali, da primo amore, si potrebbe descrivere quella sensazione come una prima fase di ipotetico innamoramento; Antonio aveva gli occhi sognanti e persi nel vuoto mentre la telefonata veniva inoltrata ed un sorriso idiota sul viso affatto in linea con la sua faccia o il suo comportamento da cattivo ragazzo, eppure non si era trattato di niente di tutto questo perché tra loro non vi era la profondità di un sentimento.
Il giovane siciliano si trovava preda di quella delirante estasi avendo avuto recentemente modo di comprendere quanto fossero realmente affiatati dentro un letto, coordinati in una simbiosi perfetta che lo aveva condotto a reagire, quel giorno, verso un approccio inedito.
Era dunque la reazione ad un evento carnale, pronto ad essere esplicitato attraverso il telefono con parole che sapeva Valeria voleva farsi dire ma non appena la chiamata era stata accettata, e dall'altra parte era stato percepibile solo il silenzio, Antonio era entrato all'interno di un clima gelido. Non aveva trovato le forze per parlare per primo, sapendo chi fosse stato a rispondere dall'altra parte. Era rimasto in ascolto di parole iniziate con una terribile inchiesta: «sei tu, non è vero?»
Da quell'evento non aveva più provato a mettersi in contatto, a eccezione di quella domenica in cui Mattia aveva fatto scattare la rissa ed aveva condotto Antonio a starsene in piedi, accanto alla cornetta del telefono del bar, a sperare che chiunque dall'altro capo arrivasse a rispondere. Persino Diego, perché avrebbe significato che quella coppia, definita dal notiziario riportante gravi ferite, non erano loro.
La mancanza di risposta aveva lasciato i suoi pensieri disperdersi a largo finché non era accorsa, con violenta irrequietezza, anche la domanda di Carla Greco, in una delle telefonate tra di loro nate con cadenza mensile.
La terza delle sorelle Greco, l'unica a conoscenza della sua storia con Valeria, gli aveva infatti avanzato un preciso quesito: «come sta mia sorella?»
Non aveva saputo rispondere ed è per questo motivo che al momento si trova protagonista, ancora una volta, di un'azione che prima di allora non era stato solito compiere di frequente. Si trova nel posto di lavoro di Valeria, appartato in un angolo del corridoio del piano in cui lavora, a metà tra le scale e lo sguardo fisso di quella bionda segretaria che si è accorta di lui. A quanto ha capito, è il braccio destro di Diego quindi non lo sorprende né lo scandalizza che possa essersi fatta una propria opinione del suo rapporto con Vale. Chissà come giudica il loro peccato, dalla sua perfetta scrivania...
Dei passi provenienti dalle scale lo fanno arretrare in uno spazio maggiormente appartato, consapevole come è, dentro di sé, di stare compiendo un azione sbagliata nel frequentare una donna sposata. Provando peccato, infatti, si sente sporco eppure non del tutto colpevole. Un uomo come lui difficilmente si addossa la colpa. Gli è più facile pensare di essere semplicemente ciò di cui una donna passionale come Valeria ha bisogno, non ricevendo attenzioni dal marito.
Un gruppo di signori incravattati sfila di fronte al suo sguardo attirando in lui pensieri funesti e denigranti rispetto al codice di abbigliamento del nord, privo di caratterizzazione ed unicità, almeno finché poco dopo a quel corteo non si palesa la figura di Valeria.
Antonio si tende in avanti, afferrandola per un braccio e trascinandola via.
«Che cosa-?» Sussulta lei, rigida in ogni minima parte del corpo, specie sul punto in cui fa pressione lui al fine di trainarla verso uno spazio secondario a quel corridoio. Il fatto che Valeria si sia arrestata nel parlare è dovuto solo alla paura. Senza essersi resa conto dell'uomo che la sta trascinando via, Valeria ha reagito per istinto nel sussultare ma ora è governata dal terrore, incapace di andarsene con facilità persino quando Antonio si volta e la guarda.
Lui ha reagito condizionato dal tormento avuto nell'animo all'accumulasi delle ore, passate senza avere risposte, eppure ha dimenticato che una donna come lei non può essere presa di forza, né alla sprovvista, per ovvie ragioni.
A seguito di Mattia, il suo istinto era declinato in immobilità e paura. Può non crederlo. Valeria può convincersi che non è così, eppure in certi momenti di pura sorpresa la paura la blocca e torna ad essere la ragazzina che non era stata capace di difendersi, stesa con forza sull'erba.
Odia Antonio per averglielo ricordato.
«Dove accidenti sei stata?»
Si sono appartati in un piccolo spazio al lato del corridoio ed Antonio non le ha ancora lasciato il braccio. Valeria fa scendere lo sguardo, solo per un attimo, su quella presa, prima di vestirsi con la solita freddezza che indossa ogni volta che sono fuori da un letto così da rispondergli con irriverenza.
«Non ti deve importare il dove sia stata.»
«Avevamo un appuntamento» ghigna fuori lui in un primo attimo, per poi riacquisire parte del controllo. «Carla mi ha chiesto se stessi bene e non ho saputo risponderle.»
Al nome della sorella, una breccia si fa largo nell'indifferenza di lei ma l'espressione delle sue labbra strette non lo tradisce.
«Ho sentito alla radio la notizia che Mattia ha aggredito due persone. Ho pensato che una delle due fossi tu, l'altra a detta dei telegiornali assomigliava a Diego.»
«Eravamo fuori città» sussurra lei, spostando gli occhi più lontano, in direzione della finestra affianco. Antonio sgrana gli occhi per la sua indifferenza.
«"Noi", chi?»
«Io e Diego.»
Lei e Diego.
Antonio vorrebbe trovare una ragione precisa per smettere di sorridere in modo tanto maligno. Trovare un'idea che scacci lontano i suoi pensieri ironici e pieni di crudele sarcasmo, riguardo a quei due. Moglie e marito che passano del tempo insieme, nei weekend.
«Mh... e dimmi, vi siti addivirtuti??» Continua a chiedere, incapace di non tirarsi dietro il suo palese divertimento in un irriverente siciliano. «Avanti... Si finalmente filici ri èssiri 'na signura Grimaldi? Facisti pace cu l'avere 'n maritu e festa finita.»
«Ri chi stai parrannu?»
«Della tua tranquillità, Vale» torna all'italiano Antonio, prima di sussurrare il resto della frase. «T'haju rittu ri Mattia e tu te ni esci fùora dicendomi chi eri cu Diego. Chi me ni futti chi eri cu Diego...»
«A mia nun futti nenti ri chiddu chi fa Mattia purché mi stia luntanu.»
Antonio solleva la fronte, non credendo affatto alle sue parole di indifferenza ed in quello stesso momento Diego giunge dalle scale. Li nota subito e fa scendere gli occhi, proprio come aveva fatto lei, sulla presa che Antonio ancora esercita sul suo braccio. Valeria, invece, resasi conto di quei passi che si erano bloccati alle loro spalle, ha ruotato la testa indietro finché non ha trovato suo marito, immobile dinanzi le porte a vetri dell'ufficio.
Si guardano, solo per un istante, dopodiché Diego rafforza la presa attorno al manico della ventiquattrore stretta in una mano. Fissa Antonio, poi l'ingresso e compie così i pochi e lenti passi che lo conducono in ufficio. Non si volta una sola volta, camminando con apparente tranquillità fino alla segretaria bionda con ancora gli occhi diretti a loro.
«Chi succedi? U ficimu siddiari?» Continua a domandare Antonio, impertinente.
«Non è arrabbiato per niente ma toglimi questa mano di dosso!»
Prima ancora che possa farlo, però, Valeria se ne libera con forza, stanca della presenza dell'amante su quel luogo di lavoro e delle occhiate che continua a lanciarle Emma dalla sua postazione.
«Ascolta, adesso richiami mia sorella e le dici che va tutto bene. Che io sto bene. Dopodiché te ne torni da dove sei venuto e ti dimentichi questa storia.»
«Sei tu quella arrabbiata, quindi... che storia mi devo dimenticare, Vale? La nostra? Devo supporre che sia stato bello passare del tempo con Diego...»
Quel confronto li porta a fissarsi alla stregua di una prova di forza, per poter capire chi dei due arriverà per primo a cedere.
«Non sono geloso di tuo marito, Vale, e non desidero nemmeno che vi lasciate. Lo sai, parte del mio interesse per te è legato proprio al compiere un'azione avversa al tuo matrimonio. Se non ci fosse un matrimonio allora che gusto ci sarebbe? Sono solo arrabbiato perché hai smesso di parlare con me. Anni fa ti sei confidata in merito a ciò che ti ha fatto Mattia, dicendomi che la violenza che uso mentre siamo a letto è la sola cosa che ti fa accettare di avere ancora un rapporto di quel genere. L'ho capito ed ho apprezzato che tu me ne parlassi, ma ricordati che non sono solo l'uomo con cui scopi. Finita la tua vendetta, quando anche il tuo matrimonio sarà concluso, io sarò l'unica persona a conoscenza di ciò che hai dovuto affrontare, una volta che sarai tornata a Palermo. L'orgoglio o la paura di una mancata accettazione non ti hanno fatto parlare di ciò che sta avvenendo con le tue sorelle e non lo faranno nemmeno in futuro... ma a me hai raccontato tutto ed io sarò lì, Vale. Sarò l'unica persona che ti sarà rimasta.»
«Lo so» conferma lei, avendo già pensato a quel futuro un milione di altre volte. Antonio abbassa il capo appena, con un sorriso meno sarcastico e più sincero, in modo da poterla fissare meglio negli occhi.
«Allora cerca di riferirmelo, se un nostro appuntamento salta. Non sono la tua badante... sapessi quanto mi sono sentito idiota nel non saper rispondere a tua sorella.»
«D'accordo, Tonio, lo farò» lo rassicura lei con un tono decisamente più rilassato di voce.
«Bene, ti ringrazio.»
«Devo andare a lavoro, adesso. Dentro mi aspettano.»
«Se hai bisogno di qualcosa chiamami. A qualsiasi ora, lo sai.»
Valeria annuisce, prima di rientrare a far parte di un mondo tornato ad osservarla come un'estranea.
La prima persona su cui posa gli occhi è Emma: la segretaria, quasi con una sorta di impertinenza, sta giocando con una penna mentre è occupata a continuare a fissarla, dopodiché torna con l'attenzione al suo lavoro producendo una sorta di smorfia contrariata.
Decide che non le importa e a passo deciso percorre la distanza che la separa dall'ufficio di lui, passando accanto alla scrivania di Emma con il mento sollevato in segno di superiorità. Sono entrambe testarde, fingono di ignorarsi.
Aperta la porta dell'ufficio di lui poco dopo, invece, quello che vede è Diego, in piedi di fronte ad uno dei due scaffali della libreria. Lo trova di profilo, nella silhouette di una posa rilassata e coronata delle mani riposte nelle tasche del pantalone dal taglio largo rispetto alla strettezza della vita. Ad una prima valutazione, abbastanza tranquillo per potergli parlare con distacco.
«Sono qui per chiederti che cosa devo fare. Ho terminato con la schedatura dei prodotti di questo mese, hai i fascicoli sulla scrivania.»
«Ed io che credevo fossi venuta qui per prenderti il resto della giornata libero» commenta con sarcasmo lui, ricordando eventi realmente successi in passato a seguito delle sporadiche visite, o chiamate, dell'amante nel posto di lavoro e continuando a fissare le intestazioni di quei volumi pur di non vedere lei.
Vale raddrizza le spalle, assumendo maggiore coraggio nel parlargli con spudoratezza.
«Io e Antonio sappiamo anche parlare, oltre che scopare.»
Diego sorride con maggiore ironia. «Buono a sapersi...»
«Allora, che devo fare?»
«Niente, puoi pure andare a scopare» riferisce con freddezza, prima di prendere un volume dalla libreria e dirigersi al tavolo. «Ho da fare e non ho tempo per starti dietro.»
«Non sembra che tu abbia da fare.»
«Se vuoi ci possiamo sedere per discuterne, sempre che tu riesca a farlo senza bere prima litri di alcol.»
Valeria intreccia le braccia al petto, guardandolo con stupore e maligna ironia.
«Quindi anche tu sai essere cattivo.»
«Ognuno di noi è cattivo e libero di scegliere in che percentuale esserlo.»
«E tu ora lo sei perché...?» Diego solleva la testa verso di lei, finalmente guardandola negli occhi e sfidandola a dire solo un'altra parola in merito al suo stato d'animo. La sua rabbia, tenera come è, la porta a sorride più serenamente. «D'accordo, ho capito. Ma Antonio è venuto qui solo perché era preoccupato. A quanto pare Mattia ha aggredito due persone, questa domenica.»
«Lo so.»
«Lo sai?»
«Me l'hanno detto.»
«Chi te l'ha detto? Tua madre?»
«È così importante?»
«Visto che non fa altro che difendere tuo fratello, sì.»
«Mia madre è innocua in tutta questa storia, ma mio fratello no. È stato arrestato e si è preso una denuncia per aggressione.»
«A quanto pare, una delle due persone aggredite ti assomigliava» sussurra Valeria, continuando a rimanere con gli occhi in quelli severi del marito, mentre è intento a sfogliare la prima pagina del proprio libro. «Perché ti odia tanto? Che cosa puoi avergli fatto da bambino per spingerlo a detestarti così?»
Diego adesso cede a quel confronto aperto di sguardi inviolabili. «Non sempre deve accadere qualcosa, perché ne avvengano altre.»
«Vuoi dire che non hai fatto niente per farlo scattare?»
«Come ti ho detto, Vale, ho da fare.»
Avvertendo la sua reticenza, lo sguardo di Vale si posa sulle pagine del libro del quale non è riuscita a scorgere la copertina. Vede solo una sorta di dedica scritta a penna, nella prima pagina.
«D'accordo, ma io non me ne vado. Mi trovi alla mia scrivania, se hai bisogno di me.»
E così dicendo, senza suo marito che possa confermarle di aver capito, Valeria esce dalla stanza. Si chiude la porta alle spalle ed è con la coda dell'occhio che nota una figura, all'angolo della visuale: non è certa possa trattarsi della persona che crede ma la somiglianza è molta, tanto che le occorre un solo minuto in più, una diversa inclinazione dello sguardo, per scegliere la mossa da compiere.
Avvicinandosi alla scrivania di Emma, si siede sui propri talloni per poterle parlare più da vicino, in una segretezza da migliore amiche in periodo scolastico.
«So che sei arrabbiata con me e so che hai sentito tutto della conversazione che si è appena tenuta» sussurra in direzione della segretaria che arresta la penna, dando il chiaro segnale di pieno ascolto. «Come dice mio marito, queste pareti sono troppo sottili. Ad ogni modo, ti ha fatta capire che ci sto provando. Quello che hai visto poco fa è il mio amante, è vero, abbiamo avuto una storia e Diego lo sa, ma fino ad ora questo non ha rotto il mio matrimonio. Se, per amicizia a Diego o per decoro o per buonsenso dell'ufficio, vuoi ancora che sia così allora devi farmi un favore.»
Emma volge la testa più in basso, verso di lei, finalmente coinvolta in una complicità richiesta dall'inizio della loro conversazione.
«Andrò nella sala delle riunioni, la numero 5. Devi fare in modo che l'avvocato Giulio Ruggeri entri subito dopo. So che è qui per parlare con mio marito ma non lo farà. Parlerà con me, senza sapere di stare per farlo, se tu lo concederei.»
La proposta fa sorridere Emma con un'arguzia degna dell'età che detiene: «d'accordo, signora Grimaldi.»
Ringraziandola, da il via al proprio piano iniziando a camminare il direzione della sala numero 5.
All'interno, il tavolo delle riunioni composto da infinite sedie vuote sembra sfidare la segretezza dell'incontro che sta per avvenire, ospitando invisibili personaggi dall'aria impaziente ed affamata di novità.
Quando l'avvocato entra nella sala invece non mostra nessuna delle due emozioni: il suo sguardo apatico verge in assoluto stupore alla vista di Valeria con la mano tesa nella sua direzione.
«Credo proprio che lei già mi conosca, ma preferisco presentarmi. Sono Valeria Grimaldi.»
Ripresosi dall'iniziale stupore, Giulio si sistema la cravatta quasi fosse l'interruttore che occorre per schiarirsi la voce.
«Io, mh-. Ecco, signora Grimaldi, io non dovrei essere qui. Ho un appuntamento con suo marito e a quest'ora mi starà già aspettando.»
«Non ho dubbi che lei abbia un appuntamento con Diego ma temo che per oggi dovrà accontentarsi di me. Mi deve non poche risposte.
Prego, si sieda.»
Seguendo l'imperativo imposto, l'avvocato si siede senza poterci pensare due volte.
Aveva sentito parlare spesso di lei attraverso Diego e molti altri, riuscendola a vedere di sfuggita giusto in brevi istanti, ma ora che l'ha davanti si rende conto di quanto sia vero tutto ciò che ha sentito nei suoi riguardi: Valeria è magnetica, nello sguardo ma soprattuto nell'atteggiamento, sapendo come imporsi al di sopra di tutto il resto con un fascino ed una bellezza tale da stregare.
I lunghi e lisci capelli neri, sciolti fino ad arrivarle dieci centimetri sotto il seno, sono la scala di colore su cui si basa il resto dello scuro vestiario, composto da un abito nero con ricamati grigi geometrici e maniche lunghe, molto larghe dall'altezza del gomito, calze e neri stivali in pelle terminanti al ginocchio.
Quando accavalla le gambe, sedendosi di fronte a lui, questi ultimi vengono resi ancora più evidenti con una sensualità di cui in parte forse è consapevole.
Giulio sorride, accorgendosi di che genere di donna sia capitata al suo amico.
«Signora Grimaldi, lei può avere voglia di parlare ma io sono qui per svolgere il mio lavoro, non per rispondere a questioni personali» commenta, riacquistando parte dell'invidiabile distacco che gli aveva fatto vincere tante cause in tribunale. Valeria però sorride in risposta.
«Avrebbe dovuto pensarci prima di portare all'interno dell'ufficio di mio marito la nostra pratica di divorzio. Come so che l'ha fatto? La segretaria vi ha sentiti ed era tanto sconvolta da non riuscire nemmeno a parlarmi, poco dopo. Una donna di questi tempi reagirebbe esattamente così, con disgusto ed incomprensione, ma io posso assicurarle, avvocato, di avere solo una grande curiosità.»
«Lo immagino.»
«Può fare chiarezza?» Domanda quindi, inchiodando ora Giulio con uno sguardo di fuoco in grado di rendere ancora più neri i suoi occhi. «Perché mio marito vuole separarsi da me?»
«Magari non la ama più.»
«L'amore non c'entra niente.»
«Strana cosa da dirsi, a proposito di un matrimonio» ferisce l'avvocato, mettendo a segno il suo primo punto.
Valeria però non si dimostra scalfita.
«Forse l'ho sopravvalutata, signor Ruggeri. Ho immaginato fosse amico di mio marito più di quanto in realtà non lo sia.»
«Può darsi che non lo conosca bene, sì.»
«E questa è una cosa strana da dirsi per un'amicizia di vent'anni» ferisce di spada lei, portandoli alla parità. «Mi sono informata, nei suoi riguardi. So che è parte della cerchia ristretta di amicizie di mio marito. Non volevo essere da meno, lei deve sapere così tanto su di me...»
Giulio ora è molto più che affascinato, è... estasiato.
«Lei è esattamente come Diego l'ha dipinta: distaccata e astuta.»
Qualcosa di impercettibile causa una fessura nello sguardo di lei, come era successo poco prima al solo nominare la sorella.
«È questo che dice di me?»
L'avvocato sospira. «Per i primi tempi, forse. A seguito dei vostri primi mesi di matrimonio le parole sono state altre.»
«Perché vuole divorziare da me?»
«Diego crede che sia la cosa migliore da fare, ciò che lei desidera da tempo, non avendo mai pensato di sposarlo dal principio.» Valeria tace, sapendo che c'è di più. L'avvocato sospira, una seconda volta, prima di continuare. «Che cosa si aspettava? Questo giorno sarebbe arrivato prima o poi, non essendo mai nata tra voi due una storia romantica.»
«Siamo stati gelosi, l'uno dell'altra. Lo siamo tutt'ora» difende le nuove emozioni recentemente scoperte Valeria, tentando di non sembrare una bambina con poca esperienza, ma l'avvocato la rimette presto in linea.
«E dunque? La gelosia può scaturire da molte cose. In primo luogo, dall'egoismo. Poi dalla paura e dall'incertezza ma non è parte dell'amore. Tutto questo lo pensa anche Diego, glielo può domandare... se lo vuole.»
«Non voglio firmare il divorzio.»
Giulio inclina lo sguardo, riuscendo finalmente anche lui ad intravedere quell'incertezza in lei di cui gli ha parlato Diego. Decide di completare gli stessi passi del suo amico, copiandone le reazioni poiché Valeria altri non sente se non copie di lui.
«Anche questo può essere egoismo. Ma nel caso fosse altro, allora glielo dovrebbe dimostrare.» E detto questo, recupera la borsa che era stato costretto, dallo stupore, ad abbandonare più lontano, così da ergersi di fronte a lei con fiera austerità. «Sono un avvocato penale, signora Grimaldi, e non un intermediario. Ciò che ho fatto è stato solo soddisfare la richiesta di un mio cliente ed amico e procurare le dovute carte. È stato lui ad apporvi la firma, senza alcuna pressione da parte di terzi.»
Parole tanto dure provocano in Valeria un distaccamento totale ed una forma di sofferenza oltre la comune percezione. Ora Giulio riesce a distinguere chiaramente quelle due facce e vorrebbe correre ai ripari. Dirle che ciò che le ha riferito è scaturito dalle sue vesti di avvocato, ma come amico ha da farle presente che Diego ha esitato. Lo ha fatto fino all'ultimo, ha provato in tutti i modi a non afferrare quella penna... ma Giulio non può dichiararlo, perché lo ha promesso proprio a Diego: completo distacco se sua moglie dovesse venire a parlargli ed assoluta indifferenza.
Eppure, se il suo amico lo avesse davvero voluto non gli avrebbe raccontato di quanto Valeria sapesse essere fragile.
«Diego sta affrontando un periodo difficile, lo sappiamo entrambi», parte con il dire in un tono di voce più consapevole della delicatezza della questione, «anche io sono coinvolto nella questione delle quotazioni, mi occupo di verificare che tutto segua la legge e lo affianco, da molto, in questo senso. Non è facile, per quanto voglia dare a credere il contrario. Si sta schierando contro una famiglia che è stata la sua sicurezza, fino al vostro matrimonio. Se c'è qualcosa che non è stato in grado di capire, di vedere, allora dovrebbe parlargliene e andargli incontro, visto quanto sta già facendo. Credo, in fondo, che ogni matrimonio possa essere un compromesso.»
Valeria solleva lo sguardo, ormai visibile nella propria fragilità, completamente nuda solo perché dinanzi a se ha un uomo che l'ha conosciuta attraverso altri occhi, da sempre i migliori per analizzarla.
«Grazie» riesce a dire in un mezzo sussurro e Giulio sorride. Dopodiché si allontana dalla sedia e si avvicina alla porta, rendendosi conto di quanto le sue emozioni siano cambiate tra l'ingresso in quella sala e la sua dipartita. Valeria è davvero una donna complicata o forse la più semplice di questo mondo, una volta compresa.
Peccato che lo stesso non si possa dire di Diego, lui sembra così semplice, all'apparenza, riflette Giulio con tristezza e mentre chiude la porta della sala arriva a sperare che quel loro matrimonio possa funzionare.
Era nato secondo cause ostili ma forse maturando si è trasformato in qualcosa di buono.
Il senso di legge e di giustizia avevano da sempre spinto Giulio verso le scelte migliori e le vittorie ma, oltre ad essi, erano in pochi a conoscere quale fosse la sua vera arma; uno spiccato ottimismo, mescolato ad una dose di pazienza verace.
-
Preda della confusione, Diego si guarda spaesato attorno, una volta uscito dall'ufficio.
«Emma, avevo un appuntamento. Ruggeri è già arrivato?»
«No, signore. Qui non si è visto.»
Diego fissa il piccolo libro che poco prima aveva afferrato dalla libreria e che ancora tiene in mano, prendendo una decisione.
«D'accordo, non importa. Adesso devo uscire. Segnati il nome di qualunque cliente chiami, stiamo aspettando conferma per un carico da esportare in Germania. Se si fanno presenti i compratori, inoltrali sulla terza linea.»
«D'accordo, capo. Posso chiederle dove sta andando?»
«Solo affari personali, Emma. Niente di cui preoccuparsi.»
«Se dovesse chiedermelo suo fratello, signore?»
Diego solleva gli occhi dal libro, mordendosi distrattamente un labbro. «Mio fratello, mh?» Emma annuisce, fornendogli un'idea. Dopo essere rientrato nell'ufficio, Diego si affaccia di nuovo alla scrivania di lei porgendole un foglio.
«Se mio fratello dovesse chiedere di me, tu rispondi di non saperne niente, che sono uscito per affari privati, ma fai in modo che, tra le tue cose, noti questa.»
Emma prende tra le mani il foglio porto, iniziando a leggere le prime righe. «È un contratto di acquisto... di un vecchio capanno in disuso.»
«Sì, Emma, niente di importante... ma in questo modo mio fratello capirà dove mi trovo.»
«D'accordo, allora.»
«Ti ringrazio, e ricordati: inoltra sulla linea tre.»
Emma annuisce, vedendo Diego vestire il proprio soprabito ed allontanarsi sempre di più verso le scale, con il libro appresso.
Inserisce il contratto di acquisto all'interno di una cartella, dopodiché rendendosi conto dell'inutilità sposta quel foglio verso l'esterno, rendendolo maggiormente visibile nei dettagli.
Chi lo avrebbe mai detto, una donna composta come lei! Complice di due cospirazioni in un solo giorno e la mattinata non è ancora conclusa...
-
Quando è ritenuto possibile poter affermare di vivere in un'abitudinarietà una situazione estranea?
Diego si è seduto su queste sedie d'attesa un'unica volta eppure gli sembra di conoscerle da sempre, quasi vi si fosse accomodato durante i sogni, così come gli risulta familiare persino il melodico suono di avanzata.
Quella sorta di gin gol lento scaturito dall'interruttore luminoso sopra la porta dell'ufficio oltre cui attende, in avvertenza della conclusione o dell'inizio di un turno.
Si solleva in piedi, cessando di essere parte di un loop infinito di pensieri e continuando a stringere il suo libro in una mano. L'altra, libera da ogni costrizione, la usa per aprire la porta dello studio.
Anche qui è tutto come ricordava, seduta in pelle del proprietario di questo posto compresa.
«Per un attimo il cuore mi si è fermato, lo confesso. Ha cambiato taglio di capelli, signor Grimaldi. È identico a suo fratello» commenta Paolo Sanna, ripristinando la compostezza persa a seguito dell'ingresso di Diego. «Sta diventando una sorta di abitudine, quella di presentarsi sotto falso nome.»
Diego sorride della provocazione.
«Stavolta non per mia volontà. Sarei dovuto venire qui con Giulio ma non si è fatto presente. Ho saputo che vi siete conosciuti.»
«Un tipo piuttosto particolare» commenta lo psicologo mentre osserva Diego prendere posto comodamente sul divano riservato agli ospiti. «Mi ha ricordato l'inesperienza di un bambino, per certi versi. Per poco non si faceva scoprire da Mattia... mostrarsi meno imprudente sarebbe stato l'ideale ma anche l'ingenuità è una bella sorpresa.»
«Giulio è tra le persone più buone che conosca»commenta un Diego sorridente, del tutto accomodatosi nel ruolo di paziente tanto da provocare una microscopia soddisfazione nel volto di Sanna. Erano giorni che desiderava vedere Diego in quel ruolo.
«Ad ogni modo, sono contento di avere a che fare solo lei. Mi ha sorpreso che abbia chiesto un confronto tra noi tanto presto.»
«Sono venuto per chiederle come stesse procedendo con mio fratello e per lasciarle una cosa.»
Affermandolo allunga il libro, conservato nel corso dell'attesa con cura, nella direzione dello psicologo, sempre più divertito.
«Ho più che mai l'impressione che le nostre sedute si svolgano al contrario. Con lei che conduce l'analisi ed io che arrivo a raccontare cose a cui non avrei mai pensato.»
«Non vorrei mai approcciarmi ad eguagliare il suo ruolo ma ci tenevo che lo avesse: è il libro di racconti che mio nonno leggeva a mio fratello quando eravamo piccoli.»
«Interessante» commenta Sanna, sfogliando le prime pagine e trovando nell'indice titoli di racconti del tutto sconosciuti, forse perché piemontesi.«E come mai crede che mi possa essere utile? Si è già fatto un'idea su cosa possa avere suo fratello?»
«Io un'idea l'avrei ma non intendo condizionarla. Aspetto il suo responso con impazienza ma ci tenevo comunque a farle avere questo libro.»
«D'accordo, gli darò una possibilità.» Un silenzio ineguagliabile si staglia tra loro. «C'è altro?» Domanda Paolo al fine di interrompere quell'assenza di suono e provocare l'interlocutore presente.
«Speravo toccasse adesso a lei parlare.»
Poche persone sono davvero a conoscenza di quanto lo psicologo sappia essere auto ironico e divertente. Diego pare averlo compreso, giocando una sorta di sfida nei suoi riguardi per poter rubare parole difficili da afferrare.
Non è solitamente nel suo ruolo raccontare aneddoti interessanti, essendo stato per anni l'orecchio in grado di udirli da altri, eppure con involontaria resa arriva ad aprirsi, muovendo piccoli passi.
«Ha uno sguardo piuttosto intenso, gliel'ha mai detto nessuno? Mentre suo fratello risulta sfuggevole, lei, all'opposto, non pare vacillare.»
«Tutto è dovuto ad una differenza di carattere. Io affronto i problemi. Mattia, invece, non se ne è mai curato.»
«Fa riferimento a sua moglie?»
«A tutto quanto.»
Sanna accavalla le gambe, picchiettando le dita contro il taccuino su cui è solito trascrivere appunti e che quel pomeriggio è rimasto chiuso.
«Rimanendo in tema di sguardi, suo fratello mi ha paragonato in espressività a vostro nonno e non è stato il solo campo con cui il paragone è sceso a patti...»
«Mi scusi se non l'ho informata prima della somiglianza.»
«È stata una mossa astuta, dico sul serio. Suo fratello diffida di tutto e di tutti ma grazie a questo particolare con me si confida. Vuole sapere che cos'altro ho scoperto? Ho scoperto che la odia, e che ha tentato di ucciderla.»
Ecco il preciso attimo in cui la socialità di Diego viene frenata da quel qualcosa in grado di rendergli più cupo lo sguardo, scendendo come il velo di un ombra all'interno di un ritratto.
«Ciò che le ha detto è vero, non è stato accidentale.»
L'avvocato attende ulteriori parole che non sopraggiungo, venendo quindi costretto a dire la propria.
«In un primo momento ho pensato che riguardasse il vostro essere gemelli. Ho creduto che, colpendo lei, Mattia potesse pensare di colpire se stesso ma poi ho scoperto un altro aspetto del suo carattere: è narcisista e questo impedisce il destarsi di un egocentrico odio facendo prevalere solo l'esaltazione. Voleva ferirla e sono certo che comprendere il perché risolverebbe il mistero.»
«Non credo di essere più importante di quanto lo sia stato per lui nostro nonno.»
«Lei crede? E se invece tutta la storia legata a sua moglie fosse solo vendetta nei suoi riguardi?»
«Allora mi detesterei» risponde Diego, fissando nel vuoto il disperdersi delle idee. «Se tutto ciò che è capitato a mia moglie dipendesse da me non me lo perdonerei.»
«Ma lei non ha fatto niente, ha fatto tutto suo fratello.»
«Per causa mia.»
«Questo ancora non ci è dato saperlo.» Riferisce lo psicologo, valutando di aver sbaglio fratello riguardo all'odio relativo al proprio riflesso.
«Mi parli piuttosto di suo nonno, il padre di sua madre. Mattia non la coinvolge mai all'interno dei loro ricordi.»
«Io e lui non avevamo un buon rapporto, da che ne ho memoria. Non ci assimigliavamo affatto e ritengo ne fosse felice. Aveva individuato in Mattia l'erede perfetto ed in me l'errore del parto. Credo che lei ancora non lo sappia e speravo fosse mio fratello a rivelarglielo ma anche mio nonno era il primo di due gemelli. Suo fratello morì a solo pochi mesi dalla loro nascita e la mia bisnonna, sua madre, da quella morte non si riprese mai.»
A questo punto, tacciono entrambi poiché a conoscenza di quanto una simile informazione appesantisca notevolmente il peso del presente.
«Dunque suo nonno può aver proiettato in Mattia se stesso e avergli fatto credere che avere un gemello fosse sbagliato. Se la madre non si era ripresa dalla morte neonatale del fratello, magari arrivando ad ignorare l'altro figlio rimasto in vita, suo nonno può aver pensato al fatto che vi fossero state delle preferenze tra loro, il che avrebbe provocato il suo odio. E di conseguenza un bisogno di rivalsa, realizzabile tramite Mattia.»
Diego tace, essendo stato proprietario per molto tempo di quelle stesse opinioni.
«Se desiderava che fosse suo fratello a parlarmene allora perché me lo ha raccontato?»
«Perché non mi rimane molto tempo.»
Ad una simile risposta, lo psicologo aggrotta la fronte in preda alla preoccupazione.
«A che cosa si riferisce?»
Fornire una risposta precisa richiede a Diego dei lunghi secondi.
«A mia moglie e alla sua vendetta» sussurra poi, volgendo così lo sguardo verso il soffitto della stanza quasi stesse osservando qualcosa di intangibile oltre esso. «Credevo che parlare con lei sarebbe stato più facile ma sono trascorsi troppi anni. Siamo diversi e non siamo in grado di comunicare. Tra di noi è una continua assenza di parole.»
«Contava di far cambiare idea a sua moglie, riguardo a Mattia?»
«Per tutto questo tempo ho pensato che fosse più tenera ed in parte lo è. Lo riesce ad essere ma solo quando si arrende. Non era così prima.»
«Che cosa vuole per sua moglie?»
«Voglio che non si perda. Otterrà la sua vendetta ma rimanendo se stessa, dimenticando l'apatia.»
«Una persona vendicativa non è apatica.»
«Lei riesce ad esserlo. Sa diventare distante in meno di un attimo e sa come fare per non parlarmi. Riusciamo ad essere noi stessi solo quando è troppo ubriaca per impedirlo.»
Lo psicologo sorride. «L'ha fatta ubriacare?» Domanda ma Diego non riesce a sentirlo, arrivando a sussurrare a se stesso solo una ridicola frase.
«Antonio invece è perfetto. Tra una scopata e l'altra addirittura parlano!»
Diego ride prima di passarsi disperato le mani sul volto, quasi tentasse di cancellare i cattivi pensieri. Sanna non dice una sola parola, fissando compiaciuto come anche Diego riesca ad essere se stesso solo parlando di lei.
«Avevo creduto fosse più facile» afferma poi il più giovane dei due, avanzando con maggiore sicurezza e continuando a fissare il soffitto ed è a questo punto che Sanna si rende conto di quanto un suo intervento possa essere necessario.
«Sono certo che sua moglie continui ad essere la donna che crede. Il fatto che glielo confermi non appena è indifesa significa che una parte di lei, seppure involontariamente, desidera concederglielo. Deve solo trovare un modo affinché quella parte possa emergere in piena coscienza. Rifletta su cosa la rende indifesa, quali cause dovute a quali azioni?, e tenti di farle avere a che fare con esse sempre più di frequente finché non saranno parte della normalità. Solo allora capirà di avere ottenuto la sua completa fiducia, così da parlarle di situazioni tanto delicate come quella di suo fratello.»
«Ho sempre dovuto affrontare ogni situazione in modo analitico, metodologico, mentre ad altri era concesso tutto senza il minimo sforzo.»
«Caratteri simili sono in grado di comprendersi ma non di migliorarsi e da quello che ho capito di lei, signor Grimaldi, difficilmente lei è simile a qualcuno...»
Diego si rivolge allo psicologo voltando la testa e separando gli occhi dal soffitto, cancellando così l'ombra scura che poco prima gli era calata sul viso.
«Era lei a credere che le nostre sedute si svolgessero al contrario?»
Sanna sorride, rendendosi conto di come il suo taccuino sia rimasto pur sempre chiuso.
«I miei consigli non erano consigli da psicologo, piuttosto li consideri come ricordi di un vecchio uomo sposato. Ho amato mia moglie finché la vita me l'ha concesso e gliel'assicuro... era la più testarda di tutte.»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top