"Dovrai stare attenta a non perdere te stessa. Quella è gente abituata al denaro. Continua a ricordarti da dove vieni."
Queste erano state le parole della sua dolce madre dinanzi la scoperta del suo promesso sposo, dai racconti e dalle testimonianze del bacialè in merito a Mattia, e per molto tempo era rimasto l'unico problema al quale Valeria si doveva riferire.
Trovarsi di fronte alle porte dorate di questo importante hotel glielo ricorda.
Diego sembra essere a proprio agio, pur non essendosi cambiato d'abito ed indossando quindi dei semplici jeans al di sotto della giacca imbottita, mentre rimane intento a fissare l'insegna sui toni di un verde spento, quasi non lo convincesse.
«L'appuntamento è nella hall?» Incede nelle richieste Valeria, sperando di poter captare lo sguardo di lui oltre gli scuri Rayban.
«No, in una delle suite.»
«Davvero un lavoro redditizio, il tuo...»
In risposta riceve solo un accennato sorriso mentre il proprietario di questo è intento ad afferrare dalla tasca retro del pantalone il proprio portafoglio, valutando le banconote riposte. Raramente gira con dei contanti.
«Che cosa ti aspettavi? Il mio cognome mi precede. Puntare in basso è difficile.»
«Sicuro che non sia per una lieve mancanza di umiltà?»
Diego è sempre più divertito dal tono provocatorio della moglie, tanto da decidere di stare al gioco. «Beccato.»
Le lire gli arrivano tra le mani poco prima che il valletto all'ingresso si approcci loro, quasi fosse stato richiamato dall'attraente colore dei soldi.
«Sarà questione di poco, dopo potremmo visitare la città se vuoi» le riferisce il marito, valutando i tempi di reazione della terza figura sulla scena mentre ancora è sufficientemente distante.
«Fai quello che devi, abbiamo tempo.»
Finalmente il valletto li raggiunge e viene premiato dalla banconota allungata da Diego.
«Signor Grimaldi...»
«L'insegna, Ettore.»
«Sì, signore, provvedo subito.»
Valeria alza lo sguardo verso la questione del problema, domandandosi cosa non andasse ma capendo quanto un occhio esterno non riesca ad individuarlo, dopodiché tenta di tenere il passo del marito che nel frattempo ha superato i gradini di ingresso e raggiunto la hall.
«E così, hai un hotel» constata, fissandosi intorno ed osservando quanto ogni cosa presente non assomigli a lui o al suo stile.
«Sì, ma non sono io a gestirlo» lo avverte replicare, distratto da ciò che sta avvenendo loro intorno come il continuo viavai di gente ad invadere il corretto transito verso la zona ristoro a pochi passi dall'ingresso.
«Allora di cosa ti occupi?»
In un attimo riesce a riottenere contro tutta la sua attenzione, portando Diego ad appoggiare un gomito sul bancone della reception per potersi rivolgere a lei come si conviene.
«Ti arrendi?» Domandarlo è da spudorati, lei vorrebbe vincerla quella loro misera sfida per cui non riesce a pronunciare una risposta corretta. Stringe tra loro le labbra, intrappolando sulla lingua la resa, tanto arditamente da farlo divertire per la reticenza dimostrata.
«D'accordo, te lo dico lo stesso... Sono un investitore immobiliare. Acquisto fondi solitamente in disuso, li rimetto a nuovo e poi li rivendo o li affitto per ottenerci un guadagno. Nei primi tempi ero parte di una società ma ora agisco da solo, o meglio... agivo. Puoi indovinare chi sia il mio nuovo socio.»
«Claudio» mormora Valeria, rimettendo assieme i pezzi e vendendo suo marito annuire.
Un lavoro perfetto per Diego: aggiustare situazioni irreparabili e metterle a nuovo. È più o meno quello che aveva fatto anche con lei, guadagno escluso visto la poca felicità che la loro conoscenza deve avergli donato, per cui del tutto appropriato. Si chiede come abbia fatto a non pensarci prima.
«Per cui sei venuto qui per firmare il contratto di vendita?»
«Non appena i compratori si paleseranno, sì.»
«Stanza 402, signore.»
La voce dell'uomo alla reception giunge tra loro accompagnata dall'oscillare di un paio di dorate chiavi, riportanti il numero della suite.
Non appena entrano entrambi all'interno dell'ascensore dell'hotel, lo sguardo di Vale si sofferma sullo specchio alle loro spalle mentre Diego rimane immobile. Lei volge la testa rimanendo a fissare il vetro, il suo viso rivolto e la nuca, poco più in alto, appartenente al marito. Chissà come appaiono all'esterno, così diversi. Valeria se lo domanda spesso.
La pelle di Diego ha un sottotono caldo, regge bene il confronto con i capelli scuri ed evidenzia il suo sorriso bianco, da sfoggiare alla stregua di un'arma. Inoltre viene rifinita sempre con colori intensi, marrone, rosso, beige, verde scuro, in grado di renderla ancora più tenera ed elegante. Mentre lei... nell'esatto opposto rappresenta come la lama di un coltello, affilata e tagliente persino negli zigomi, nell'arcuatura delle sopracciglia, nel sorriso provocatorio con cui arriva a deridere le persone che le si rivolgono spudoratamente. Pelle tanto trasparente da mettere in mostra le vene, risaltata dagli abiti neri.
Sì, sono l'esatto opposto... ma chissà se dall'esterno risultano così individuali oppure una coppia, chissà come gli altri li vedono, non approcciandosi nemmeno alla dolcezza di una stretta di mano mentre camminano a fianco poiché persino quella era stata vietata da Valeria a tempo debito.
Non sembriamo sposati, ecco tutto, riflette Valeria, separandosi da quel crudele specchio per poter tornare parte dell'attesa condivisa nella risalita verso il quarto piano, calamitandosi contro lo sguardo del marito.
Nel silenzio, si guardano negli occhi. Due espressioni diverse; quella di Valeria sembra a caccia di qualcosa, quasi tentasse di carpire ogni emozione corrente lungo lo sguardo del marito, e quella di lui concentrata ma rilassata, quasi arresa nel farsi analizzare.
Già, chissà a cosa pensa Diego. In simili momenti appare come chiuso in una camera stagna.
Non appena giungono al piano, si dirigono verso la suite con insolita lentezza, inserendo la chiave ed entrando all'interno della stanza ancora vuota ma illuminata dalla luce esterna.
«Tra quanto arriveranno i compratori?»
«Questione di minuti, credo.»
«Che genere di persone sono?»
«Degli stranieri piuttosto arroganti.»
«Non sembrano andarti molto a genio.»
«Infatti è così.»
«Allora perché hai deciso di vendere?»
«Non posso dare più nulla a questo posto, ho fatto tutto il possibile. Quando si arriva a questo punto tanto vale vendere.»
Di colpo i passi di Valeria si arrestano ed al marito occorrono poco meno di due soli istanti per rendersi conto di come la conversazione stia per subire un cambiamento di tono.
«E così vuoi arrenderti? Rinunci a tutto ciò che hai migliorato e festa finita?»
«È il mio lavoro, Vale», replica lui, inclinando le sopracciglia quasi non riuscisse a capire sul serio quello che sua moglie, priva di coraggio, tenta di dire. «Vivo in costante rapporto con le vendite di mercato. Sono le regole.»
Al solo riferimento della diligenza, Valeria tace poiché consapevole di quanto il marito ci tenga. Diego è sempre stato un uomo razionale, a tratti persino freddo e distante. Il suo esatto opposto, ancora una volta.
«Le regole, certo...»
Diego prende da bere al piccolo minibar della suite mentre lei è intenta a fissare ben oltre il proprio riflesso alla finestra: a piano terra, Ettore sta usando una scala per poter sostituire l'insegna e nonostante la giovane età sembra traballare d'insicurezza in ogni minima mossa.
«Perché hai voluto che cambiasse l'insegna?»
«La vecchia non mi piaceva.»
«Avresti potuto evitargli tanta fatica, visto che quest'hotel non sarà più di tua proprietà» commenta lei ma con un tono troppo basso che il marito non riesce ad udire, capace persino di essere sovrastato dal rumore del vuoto bicchiere in vetro posato sul tavolo.
«Vale... guardami.» Richiamata da quel comando, obbedisce senza pensare. «Siamo qui per trascorrere del tempo insieme e per parlare. Non hai niente da chiedermi?»
«Credevo di avere molte domande...»
«Ed invece non è così?»
Riflettere sulla misteriosa e taciturna figura del marito la porta ad ottenere la risposta corretta in meno di un attimo.
«No... no, ne ho molte ma non so da dove partire.»
«Riguardo a che cosa?»
«A noi.»
Le pare, solo per un istante, di vedere gli occhi di Diego percorsi da una vivida emozione ma il contatto con quei soggetti si interrompe non appena uno degli addetti entra nella stanza domandando se avessero bisogno di qualcosa. Nel tentativo di celare il rossore che le è salito alle guance, Valeria volge la testa nuovamente in direzione di Ettore poco più in basso mentre Diego mantiene il proprio tono pacato nel riferire una negazione. Non appena la porta si chiude di nuovo, Valeria percepisce come la tensione salire tra loro, incrementata dall'incedere dei passi di lui.
Non le chiede di tornarlo a fissare ma lei lo fa spontaneamente, lasciando risalire con timidezza involontaria lo sguardo fino ad arrivare agli occhi di lui.
«Voglio provare a parlare, anche se non sarà semplice.Le domande sono tanto difficili da non poter essere pronunciate?»
«Sono a disagio» confessa lei, per la prima volta nei loro sette anni di matrimonio. «Non solo a parlartene ma... perché mi hai presentata al giardiniere come tua moglie?»
«È quello che sei.»
«Avrei potuto non esserlo. Almeno, non in questa tua seconda vita.»
«Ho solo una vita, Vale, ed in quella vita sono sposato con te.»
«Allora cos'è tutto questo?» Mormora lei, indicando l'intorno con una mano troppo stanca per rimanere tesa nell'aria a lungo.
«Solo una distrazione. O meglio, un ricordo.»
«Hai comprato questo hotel per una ragione? Per... il ricordo di tuo padre?»
«Sono i posti che abbiamo frequentato insieme, sì.»
«Allora perché hai deciso di vendere?»
«Puoi chiamarla elaborazione del lutto. Mi dona l'impressione di aver guarito il suo ricordo ed essere andato avanti.»
«Ma così facendo, continuando a vendere i vostri ricordi, non credi che non possa rimanere niente?»
Diego aggrotta la fronte, dinanzi a quella prospettiva. «Confido nella memoria.»
«La memoria svanisce se non è alimentata da dei richiami. Volti, oggetti, qualunque cosa serva a revocarla.»
«Questo significa che firmando quel contratto di divorzio e tornando a vivere con la tue sorelle, lontano dalla nostra casa e dai Grimaldi... potresti dimenticare ciò che mio fratello ti ha fatto?»
Non è in alcun modo una provocazione quanto, piuttosto, la prima domanda seria che Diego si è posto l'obbligo di rivolgerle nel corso della loro uscita.
Valeria deglutisce prima di poter pronunciare una frase in grado di generarle dei brividi.
«La mente può perdere tutto, tranne la memoria di un contatto. Piacevole o spiacevole che sia. Questo è stato il motivo per cui ho sancito la nostra prima regola.»
Rimangono muti a fissarsi, ricoperti lungo tutta la pelle di immaginarie impronte rosse che sono stati i palmi delle reciproche mani. Hanno avuto infiniti contatti, casuali o volontari. La pressione di quelle impronte ne traccia l'ardore. Ricorda di quella notte trascorsa sul tappeto del loro soggiorno quindi con quale mancanza di pietà permette la visione di altri colori? Altre impronte hanno decorato la loro epidermide, tanto furiose da nascondere quasi del tutto il rosso. Entrambi le avevano realmente viste dipingere costellazioni di polpastrelli e di graffi ed era stato impietoso. Supporre e poi comprendere lo era stato.
«Valeria» parte con il dire Diego ma la porta della stanza torna di nuovo ad aprirsi, lasciando questa volta entrare un gruppo di uomini. Sul volto del marito non vi è più presente la stessa serenità che poco prima aveva rivolto a chiunque, risultando finalmente sincero nella sua insofferenza.
«Signore, sono pronti per iniziare» comunica a Diego lo stesso cameriere sopraggiunto poco prima ed ora presente al termine della fila.
«Non ci metterò molto» promette il marito in un sussurro nella direzione di sua moglie, chiudendo la conversazione che stava per diventare spietatamente sincera, ancora una volta.
Valeria si stringe le braccia al petto, chiudendosi in se stessa mentre torna rivolta verso la finestra. Attende che suo marito sia sufficientemente lontano ed abbia preso posto al tavolo, assieme agli altri compratori, per poterlo spiare e si accorge di provare uno spietato bisogno di lui ogni volta che si allontana.
Irrompendo nei suoi pensieri di tremori, Diego si rivolge al resto del gruppo parlando in un fluente francese dal tono di una melodia. Nel discorrere con spigliatezza, estrae dal taschino interno agli abiti la propria penna stilografica mentre un altro uomo gli pone, esattamente dinanzi, il foglio d'acquisizione.
Diego si zittisce e lo legge, ruotando la penna tra le dita della mano. Trascorrono lunghi minuti in cui è intento a valutare quelle condizioni, il resto dei francesi a rivolgersi sguardi tra loro e Valeria a concentrarsi su di lui, nel tentativo di anticipare la sua futura mossa. Non appena Diego rialza lo sguardo rivolge una secca frase in francese ad uno dei uomini e smette di far roteare la penna. Tra di loro avviene uno scambio di informazioni, forse semplici domande nelle quali nessuno tenta di interferire, che si concludono solo una volta che Diego si solleva dalla sedia, riponendo la penna al suo posto senza aver concluso il contratto.
La riunione pare terminare in un breve saluto che lascia nel pieno dello stupore Valeria, non appena il marito torna da lei ed il resto delle persone abbandona la stanza.
«Non hai firmato» commenta sorpresa.
«No, non alle loro condizioni.» Qualsiasi siano le ragioni, Valeria è felice del risultato. «Torneranno per poter avere un nuovo compromesso, non avevano l'autorità di stabilirlo tra di loro. L'uomo con cui ho parlato, il capo, non era presente.»
«E adesso cosa si fa? Dobbiamo visitare Cuneo?»
«Vuoi andare in città?»
«No. Non particolarmente» sussurra, avendo percepito il tono intransigente nella voce del marito. Si accorge, infatti, di aver dato la risposta giusta prima ancora che Diego glielo possa confermare, ostentando soddisfazione.
«Bene, allora torniamo a casa.»
La proposta spinge entrambi a ricordare quale casa sia effettivamente la loro, immersa nel verde di un'altra città e di altri ricordi, facendo nascere una sorta di inguaribile tristezza nei loro animi.
«Vale... sei felice di essere qui, con me?»
Sarebbe la domanda più semplice del mondo ma tra di loro niente è semplice. Persino nello sguardo del marito, sempre così spudorato, regna il timore di aver richiesto troppo e troppo presto, ma non è riuscito a trattenersi avendo bisogno di sapere.
«Non sarei venuta, altrimenti.»
«Non voglio obbligarti a niente. Se vuoi tornare a Vezza D'alba...»
«No. No, mi va bene restare.»
«Qui, in hotel?»
«No... a casa.»
Sono rimasti in quella suite per un tempo approssimativo di una mezzora eppure suo marito pare, ottenuta una simile risposta, felice nell'andarsene. Le volge le spalle, pronto a partire, ed il gesto la disorienta a tal punto da farle male.
«Diego» sussurra, tendendo la mano fino ad intrappolare, per l'istante necessario a farlo voltare verso di se, la sua. «Sono felice tu non abbia firmato.»
Diego fissa le loro mani intrecciate, solo per un attimo, per poi tornare occhi negli occhi con lei.
«Sono felice anche io di non averlo fatto.»
Solo per un breve istante, stringe la mano di lei nella sua, rafforzando la stretta, ed in quella morsa il coraggio e la fiducia reciproca tornano a scorrere serenamente, dando slancio ai loro passi.
Tornati alla macchina, Vale si interroga su quale domande rivolgergli, una volta tornati a casa.
Porre delle domande e aspettare risposte intransigenti è spietato. Riceverne di non volute è anche peggio. Come potrà comportarsi di fronte alla piena ammissione di Diego di un possibile amore avvenuto in passato e condiviso con un'altra donna? E perché desidera tanto rivolgergli una simile domanda?
Vivere dentro la sua realtà parallela la sta riempiendo di dubbi e di amarezza, spingendola a chiedersi quanto di ciò che al momento sta vivendo abbiano vissuto anche altre ragazze. È doloroso e crudele, non avrebbe il diritto di interrogarsi su niente ma da tempo ha scoperto di provare invidia nei confronti di Diego. Non solo per la sua estraneità nei confronti di un dolore con cui è lei l'unica a dover convivere ma anche per la via di fuga costantemente presente nella sua vita.
Diego può liberarsi del suo flagello in ogni modo che vuole, è liberissimo di farlo.
«Quando torneranno i compratori?» Sussurra Vale mentre la macchina procede lungo la linea rettilinea della strada.
«Tra qualche giorno o forse tra una settimana.»
La domanda è circostanziale, lei non sta prestando attenzione: quello a cui davvero pensa è che Antonio è a Vezza D'Alba che la aspetta, domandandosi che fine possa aver fatto, dal momento che non è nemmeno riuscita a informarlo, mentre lei è isolata in un comune estraneo con suo marito, provando una pericolosa sensazione di vicinanza.
Le dita, come d'abitudine, tornano a giocare con la fede.
"Giochi sempre con la tua fede, perché? Che cosa vuoi? Preferisci che Diego ti stia lontano, non lo sopporti? Oppure è perché vuoi averlo più vicino?"
Le parole della sua amica Silvia tornano a tormentarla, non avendo ancora modo di offrire risposte a simili quesiti ma sapendo solo una cosa: affezionarsi a Diego continua ad essere pericoloso perché un giorno loro due si lasceranno, forse anche prima del tempo a causa di quel contratto di divorzio.
Come saranno, allora? Come si comporteranno?
Terminata la storia di Mattia, vendicata la vendetta, scesi a patti con una meritata pace mentale, che cosa accadrà loro? Arriveranno mai ad incrociarsi distrattamente per strada, come due estranei o come durante il loro primo incontro? E che cosa faranno? Forse si sorrideranno e poi decideranno, di reciproco avviso, di volgersi entrambi le spalle, dimenticandosi quella loro vecchia storia per sempre?
Non ha mai avuto un ragazzo, Vale. Non sa che tipo di sapore abbia l'addio ma lo teme, avendo dato da sempre un valore ai legami. È cosciente di quanto le fratture sappiano rendere malconcio il cuore, creando un vuoto abissale e lo teme, perché involontariamente sente che Diego è riuscito ad occupare uno spazio enorme in lei, molto più di quanto gli abbia concesso.
«Ti va di camminare un po', invece che arrivare con la macchina?» Gli domanda nella necessità di prendere una boccata d'aria, non appena nota il loro ingresso nel giardino della casa di proprietà, al che Diego senza dire una parola accosta, abbandonando la macchina all'ombra di un vecchio albero con una lentezza che favorisca la calma. Ha notato il tono febbricitante di lei e pieno di paura, così con piccoli gesti tenta di ammortizzarlo.
Tutto questo è folle, pensa Valeria uscita dalla macchina ed aggrappandosi allo sportello, mentre il vento le sferza contro creandole sulle guance una patina gelida.
Diego si limita a scendere studiandola di sottecchi, valutando lo stato emotivo con il quale tenta di prendere il controllo di sensazioni reali, vive come lava incandescente sotto il suo strato artificiale di donna dura ed intoccabile, con il frenato desiderio di portarle alla luce una per una, come un bambino bisognoso di spogliare la corolla di una margherita per poter avere risposte.
«Va tutto bene? Hai freddo?»
Valeria scuote energica il capo, chiudendo lo sportello della macchina e fingendo di non provare il desiderio di una coperta calda ed un caminetto acceso.
«No, il freddo mi fa bene.»
Diego non avanza domande, consapevole di come l'inverno riesca a bucare, con i suoi aghi di gelo, qualsiasi avanzata di sentimenti, resecando a zero i pensieri.
«D'accordo, allora andiamo.»
Lei attende che sia lui per primo ad avanzare, per poi seguirlo con una serie di tremanti passi.
La casa non è troppo distante ma in questo modo, camminando dall'inizio del viale, riescono ad avere una visione più completa dell'intera tenuta.
Valeria riesce ad individuare il limite visivo del giardino ed anche un vecchio rudere, a molti metri di distanza dalla casa. Lo punta con un dito, attirando l'attenzione di Diego.
«Anche quello è tuo?»
Diego segue la direzione dell'indicatore, per poi produrre con la bocca una specie di smorfia.
«Non ancora» mormora, destando l'interesse di lei.
«Hai intenzione di comprarlo? Sembra un vecchio magazzino per gli attrezzi da giardino. Magari Fausto potrebbe usarlo...»
«È quello che era.»
«Ci sei già stato dentro, quando tuo padre vi portava qui in vacanza?»
L'espressione di Diego è in grado di confermarglielo ma altro non può rivelarle per cui spetta alle parole il compito di continuare.
«Ho un brutto ricordo, legato a quel posto.»
«Riguarda tuo padre?»
«No.»
Prova paura nel domandarglielo, ma si fa forza nel riuscirci lo stesso.
«... Mattia?»
Bersaglio centrato.
Diego la fissa in un modo che pare supplicarla di non continuare e sarebbe da persone ignobili far presente come il loro viaggio abbia il compito di far uscir fuori la verità. Tanto ignobile che dopo la vicinanza avvertita nelle ore precedenti Valeria sente il bisogno di continuare a domandare.
«Che cosa ti ha fatto?»
«Preferirei non parlare di lui.»
«Siamo venuti qui per avanzare domande ed avere risposte, no?»
«E ciò che ci riguarda lascia sempre includere anche lui, nei nostri discorsi?»
Questo la colpisce, sapendo che, per sua sfortuna, la maggior parte delle volte non è così. Se solo Diego fosse semplicemente il fratello dell'uomo che odia tutto finirebbe con più semplicità, senza paranoie o bisogno di distacco. Peccato che Diego non sia solo questo per lei e che sia protagonista di ben altre domande capaci di esularlo dal resto della realtà. Ciononostante è testarda nel negare.
«Come il nostro primo incontro ci lega a lui, anche il nostro presente lo fa.»
«Preferirei ignorarlo e tornare a noi.» Ancora quel pronome capace di far rallentare il battito del cuore. «In fondo, anche le tue domande ci riguardavano.»
«È una domanda anche l'ultima che ti ho fatto...»
«Un giorno ti racconterò che cosa è successo ma non ora.»
Valeria tace, racchiusa in un silenzio che Diego, in un mezzo sorriso traduttore, riesce a concepire come profonda ferita del suo femminile orgoglio, essendo stata messa al tappeto.
«Che cosa c'è? Non sei più tanto testarda? Riesci a cedere ad un compromesso, Vale?»
«Non ho voglia di litigare con te, per cui finiscila.»
«Nemmeno a me piace mai farlo, ma capita se ci si confronta.»
Valeria si ferma lungo la strada, spinta dal bisogno di battere metaforicamente i piedi a terra e sancire la sua posizione.
«Smettila! Sono ancora arrabbiata con te per-»
Inevitabilmente si blocca e Diego la rimane a fissare, immobile anche lui. Attende la sua spinta di coraggio ma ancora una volta è destinato a scontrarsi contro una delle sue molte barriere.
«Per cosa?»
Come può riuscire a dirglielo? È arrabbiata come è arrabbiato lui per quella storia della Scalzi e dell'abito da sposa, o meglio per tutto ciò che ne è conseguito. Quella sfuriata del marito contro di lei, terminata con quel lento bacio che lui le aveva lasciato lungo il collo e per quello che le aveva rubato sulle labbra.
«Devi riuscire a parlarmi, altrimenti non andremo da nessuna parte» constata, provocandola volontariamente con le sue opinioni.
«Con te parlo anche troppo spesso, dovrei smetterla di lasciarmi provocare.»
«Parli con me tutte le volte che vuoi, senza frenarti su niente?» Continua a domandare lui, per quanto entrambi sappiano come la risposta sia un gigantesco no.
«Sì.»
Diego sorride dinanzi la testardaggine della moglie, provando sul fondo del cuore un calore distruttivo, separato ermeticamente dall'ironia che lo avvince.
«Questo non è vero e lo sai ma possiamo lavorarci. Avanti, entriamo adesso. Detesto il freddo.»
Un'altra provocazione, dal momento che lei è sempre tanto gelida con lui, ma per sfortuna rimane tale solo nella mente di lui. Vale non la percepisce e si limita a seguirlo, infuriata del mezzo sorriso che nota rendergli più morbida la bocca, fin tanto da giungere all'interno della casa.
Nell'atrio nemmeno si accorge dell' immobilità del marito nel fissarla e si spoglia veloce degli abiti, quasi si fossero incendiati di colpo.
In poco meno di un attimo, dunque, è pronta per acclimatarsi con l'ambiente ma finisce per rendersi conto solo di come il marito sia divertito da lei.
Con tutta la lentezza del mondo, Diego si sfila dal collo la sciarpa sollevandola sopra la testa diverse volte, a causa dell'infinita lunghezza, e nel compiere tale gesto diviene sempre più serio. Consapevole della vicinanza di lei, infatti, capta quella profonda tensione e quella sorta di timore sempre presente non appena arriva a condivide lo spazio con sua moglie.
Diego abbassa gli occhi, sfilandosi del tutto la sciarpa, ferito dalle sue supposizioni e colpito dal bisogno lancinante di avere le giuste risposte, ora più che mai.
Valeria, nel frattempo, è costretta ad allontanare lo sguardo, del tutto spiazzata da ciò che prova. Vedere suo marito sfilarsi di dosso quell'indumento l'ha portata per lungo tempo a fissare il suo collo nudo, accorgendosi di come il nuovo taglio di capelli, recentemente accorciato, lo metta in mostra più del dovuto nella sua forza.
Diego è più alto di lei e possente ma senza essere eccessivamente muscoloso, in forma quanto basta a lasciar intravedere la forma dei pettorali e delle braccia al di sotto del maglione non troppo attillato.
Ci tiene al benessere del fisico, non ne ha mai fatto mistero, assicurandosi che anche per lei fosse lo stesso non appena la tristezza la trascinava verso il fondo.
«E adesso?» Domanda con arrogante irriverenza, dovendo reggere il confronto con il marito tornato con lo sguardo su di lei. «Ci accomodiamo in cucina e ci vomitiamo tutte le domande senza risposta?»
«Con questa tua cattiveria non mi metti in condizione di dire o chiedere niente.»
«Quale cattiveria?» Domanda, con falsa innocenza.
«Ascolta, mi hai appena detto di essere in grado di parlare con me di ogni cosa ed io non credo che sia così. Ti freni costantemente, pur di non parlare con me di cose che non vuoi.»
«Vuoi che ti confermi se credo ancora a ciò che ho detto? Sì.»
«Allora penso di avere un'idea per far fronte a questa bugia. Seguimi.»
Inaspettatamente, Vale non fa domande e segue il marito fin dentro la cucina. Lo vede darle le spalle mentre lei, nel frattempo, si avvicina all'isola di marmo al centro della stanza, accostandosi al frigorifero per estrarre qualcosa che, voltandosi, le mostra. Percepisce il suono della bottiglia prima ancora che si palesi dinanzi ai suoi occhi.
Infatti, una bottiglia di vino rosso è ora presente tra di loro, esortando dopo un lungo silenzio Vale all'ironia.
«Ed io che ti avevo sempre sentito dire di non lasciarlo freddare che perde di sapore.»
«Colpa di Fausto, non mia.»
«Che accidenti vuoi fare?» Chiede, cambiando radicalmente tono.
Diego posa i palmi aperti contro il freddo materiale dell'isola, fissandola negli occhi.
«Testare quanta fiducia tu abbia in me e quante siano le cose che non mi dici.»
«No.»
«Non berrò un singolo goccio e non mi avvicinerò a te senza che tu non lo voglia. Desidero solo che mi mostri quanta ragione avevi nel dire quello che hai detto.»
«No.»
Anche Diego cambia espressione, dinanzi a negazioni tanto dure.
«Non ti fidi di me o di te stessa?» Questa è un'ottima domanda, ma mai quanto la seguente. «Hai paura di rivelarmi cose che non vuoi che io sappia?»
«Sono praticamente astemia, lo sai.»
«Non permetterò che ti ubriachi tanto.»
Si fissano negli occhi, sfidandosi come due avversari.
«È solo vino, Vale.»
Lo era stato anche l'ultima volta ed in effetti non era nemmeno stato quello a farla cedere. Forse è ciò di cui ha bisogno lei stessa, per prima: dimostrarsi di essere cambiata da quell'unica notte. Un po' di leggerezza giustificata potrebbe farle bene.
«D'accordo... lo farò.»
Quasi si aspettava un'espressione di allegra vittoria da parte sua ma Diego non lascia tradire niente. Afferra un solo calice, mantenendo la sua promessa di sobrietà, dopodiché la bottiglia e si avvia verso il soggiorno. Quasi vorrebbe suggerirgli di rimanere in cucina, visto come era andata a finire l'ultima volta insieme, a quelle stesse condizioni, ma preferisce tacere di nuovo.
Rimane ad osservarlo in silenzio mentre posa bottiglia e calice su di un basso tavolo, di fronte al divano, per poi occuparsi di accendere nuovamente la legna del camino.
Hanno preso molto freddo rientrando. Negarlo sarebbe l'approccio di una prima smentita.
Costatando il suo continuo trafficare, si accomoda nel frattempo su uno dei divani, prendendo posto, fin tanto che il fuoco non si accende e lo sguardo del marito torna ad essere rivolto a lei.
In piedi di fronte alla sua attenzione, Diego si erge in una posa rilassata ma autorevole, avendo la consapevolezza di essere al comando della serata per quanto lo sguardo di Valeria tenti di rinnegarlo.
Diego sorride, mantenendo i suoi occhi e sedendole vicino mentre nel frattempo pronuncia una semplice frase:
«Sei molto combattiva ma non tutte le battaglie si vincono con la sola forza bruta. Salute.»
Il vino è versato ed il primo bicchiere è tutto per lei.
Valeria porta il bordo del sottile vetro alle labbra, dinanzi la soddisfazione di suo marito.
-
Una sensazione di torpore rende calda la pelle di Vale fino ai polpastrelli delle dita. Avverte il bisogno di sfregarli tra loro per poter percepire la risposta percettiva del tatto ma la pesantezza alla testa rende ogni suo movimento più lento e artefatta l'immagine di se.
Ormai sono passate delle ore dall'inizio della loro sfida ed accanto al suo bicchiere si è posato quello pieno d'acqua di lui.
Le domande erano state semplici, fin troppo. Le avevano dato l'impressione di aspettare quell'annebbiamento di sensi che adesso pare averla raggiunta, avendo quasi terminato del tutto la bottiglia a stomaco vuoto. Credeva di reggere di meno ed invece era stata brava, aveva mantenuto la coscienza attiva mentre adesso si sente scivolare di dosso la propria barriera fin tanto da arrivare a domandarsi quanto tempo potrebbe ancora trascorrere prima che anche lui lo noti.
Mantenendo il meccanico equilibrio del gioco, lei non era stata altrettanto clemente. Anzi, supponendo la sua ravvicinata mancanza di raziocinio aveva fatto ogni tipo di domanda legata al loro passato o al loro presente, qualsiasi cosa, non troppo delicata da ferirsi lei stessa, che le venisse in mente e lui aveva risposto con semplicità e muto rispetto. Lo aveva apprezzato seppur preferendo il vasto spettro dei suoi sentimenti.
«Ora tocca a me chiederti qualcosa, ed ho la domanda perfetta.»
Sì, prima era stata schietta ma mai tanto come adesso, come in questo momento in cui è possibile intravedere l'emozione dietro l'affermazione. Diego lo nota immediatamente e qualcosa nel suo sguardo cambia rendendosi più acceso, più vivo.
«Allora avanti... domanda.»
«Prima che ti chiedessi di smettere... facevi sempre quello che volevi, nonostante i miei no.»
Una frase tanto piena di resa e di imbarazzo tenero lo spingono verso una dolcezza sincera.
«Non mi avevi mai detto di no... prima di chiedermi di smettere del tutto, ma qual'e la domanda?»
Stavolta è a Vale che occorre un lasso di tempo rubato per poter elaborare simili parole perché è vero, lei non gli aveva mai detto di no. Né quando l'aveva abbracciata, stringendola a se, davanti a sua madre Sofia né in qualsiasi altro momento del loro recente passato.
«L-la foto che tieni sulla scrivania dell'ufficio, di noi due, che ci stringiamo la mano... mi chiedevo perché me l'avessi stretta, quel giorno. Non ci deve essere un motivo specifico, non ti chiedo di giustificarti, solo sapere il perché, dal momento che credo ci sia stato un perché...»
Articolare un discorso simile vivendo la distorsione di parole e azioni causato dall'alcol era stato difficile ma ci era riuscita ed ora, come un premio meritato, riceve la serietà del marito nella sua completezza.
«Quel giorno avevo saputo che Mattia stava tornando e volevo farti sapere di essere con te, di averti dato tutto il mio supporto.»
«Sì... immaginavo fosse stato per questo.»
«Sta a me, adesso.»
«Qualcosa mi dice che le domande tenere sono finite...»
«Perché, da dopo quell'incontro con mia madre in giardino, mi hai proibito di toccarti?»
È inevitabile per Vale, che non riesce più a controllare ogni singola emozione da esternare; arriva ad arrossire ricordando quella negazione di strette e baci.
«Il contatto favorisce la vicinanza...» sussurra, sperando senza accorgersene che lui percepisca di che tipo di vicinanza parli.
«Quindi per paura. Hai paura di essere in intimità con me ma non con chiunque altro.»
Sono discorsi pericolosi e Diego pare aver perso qualsiasi tipo di limite.
«Se parli di fedeltà, non te la dovevo.» Sibila lei, cercando dentro di se la donna piena di grinta che quel vino ha indebolito.
«Nemmeno quella emotiva?»
Non la starà toccando, ma quelle parole di Diego sono impronte rosse belle e buone sulla pelle. Di che genere non sa dirlo, se carezze o graffi, perché se la voce tradisce tenerezza gli occhi di lui non sembrano farlo.
«Vuoi parlare di tradimento emotivo? Dopo la morte di mia madre è vero, mi sono fidata di te. Ho compiuto l'errore di credere quanto fosse buono il tuo cuore proprio nell'attimo stesso in cui eri pronto a voltarmi le spalle!»
Diego cambia posizione, rendendosi più distante lungo il divano.
«Parlare di Isabella ti fa ancora arrabbiare, è meglio che eviti.»
«Mi fa arrabbiare eccome perché mi ha fatto capire quanto tu non fossi diverso da tutti loro!»
Nell'affermarlo si è sollevata dal divano appena, facendo forza sullo schiena con una mano per potersi sorreggere nonostante l'ingombrante presenza di cuscini e la poca stabilità del suo stato, e così dal basso Diego la guarda con sguardo di fuoco, in una espressione che senza volerlo lo rende identico a Mattia.
«Isabella era innamorata di me.»
«E tu di lei!»
Non nega. Non nega! Valeria sta per sentirsi male.
«La tua rabbia è ancora egoismo? Sei arrabbiata perché a quel tempo non ero stato dalla tua parte ma dalla sua?»
«Non è il tuo accidenti di turno di fare le domande!» Lo rimette apposto lei, per poi crollare sul divano, tornando alla sua postazione. Non si sarebbe mai aspettata che il vino le procurasse una simile rabbia. Forse era rimasta repressa in lei per troppo tempo ed ora aveva finalmente trovato una valvola di sfogo.
L'intimità che temeva è messa a tacere in un angolo.
Crollando, così, fisicamente, Vale acquista la forza mentale trasferibile in tenacia non appena usa il suo turno di domanda.
«Quale è stato quel cattivo ricordo al capanno qua fuori?»
Sì, il tono è duro ma nasconde il bisogno di conoscere misteri che per Diego sono difficili da esprimere. Peccato che l'eviscerarli così, quasi sotto la tortura di ferree regole di gioco, risulti un'azione da bastardi.
Diego alza gli occhi al cielo e proclama un "ah!" contrariato dall'inchiesta. Dopodiché sfida sua moglie a reggere il carico da novanta che sta per metterle sulle spalle.
«Ti ricordi di Fergus?»
Valeria aggrotta la fronte, non capendo come questo lo possa riguardare. «Il cane che avevi da bambino, sì.»
«All'interno del capanno ho visto Mattia provare a ucciderlo colpendolo alla testa con una grossa pietra. È stato prima di riuscire a colpire me, mesi dopo. Si stava esercitando.»
Valeria tace. Dopodiché si alza di scatto dal divano ma Diego l'afferra, rimettendola apposto.
«Vuoi sentire segreti che dovrebbero rimanere tali, dopodiché scappi?» La provoca, togliendole subito dopo le mani, che le si erano strette ai fianchi, di dosso poiché aveva promesso di non toccarla con un solo dito in quello stato.
«Tuo fratello è un pazzo.»
«Non è pazzo. È malato e avrebbe bisogno di aiuto.»
«Ne avrebbe avuto bisogno prima di rovinare la mia vita ed ancora prima la tua!»
«Sì, ne avrebbe avuto.»
La resa delle parole serie di Diego mette a tacere la furia di Vale, costringendola a rimanere solo immobile a fissarlo fintanto che lui non recupera parola.
«Adesso, rispondi alla domanda che ti ho fatto prima.»
«Non sono arrabbiata per quello che pensi. Sono invidiosa di lei.»
Diego tace, avvertendo un malessere nel cuore nel dover inghiottire il "perché". Non è il suo turno di fare domande, solo di parlare.
«Non devi esserlo. Per nessun motivo.»
«Tu credi?» Ride di tristezza lei, valutando l'esorbitante peso del loro passato. «Una donna come lei brillante, solare e grintosa che è riuscita ad ottenere ciò che voleva nella vita mentre io mi sono spezzata. Come credi che possa sentirmi al suo confronto? Ha ottenuto tutto ciò che io non ho!»
Ed ad avvertire quel "tutto" Diego è costretto a deglutire per poter fermare la fuoriuscita del cuore. Non può supporre, Vale parla per mezze parole.
Eppure non ha più alcun tipo di pietà quando arriva a chiedergli, con tono di voce secco, la domanda che come una spada punta dritta ai loro cuori, lasciandola uscire con un neutro tono di voce.
«La amavi?»
Dio santo, quel vino le ha dato il coraggio di mille battaglioni.
Diego la fissa negli occhi ebbri volendo incidere, all'interno di quell'euforia alcolica, il ricordo delle parole che sta per dirle.
«Sono stato legato emotivamente a lei per lungo tempo ma no. No, non la amavo. So che amare è un'altra cosa.»
Un uomo come lui, sempre così controllato e distante, finito per esporsi tanto.
Quelle parole si incidono in Valeria tanto a fondo da colorarle il viso e costringerla a fuggire.
«Devo andarmi a lavare la faccia con acqua fredda. Sento che si sta intorpidendo.»
È la sola cosa che dice prima di alzarsi ed abbandonare Diego, dopo quella confessione spudorata.
Si incammina verso il bagno di una delle stanze, trovando fortuitamente la camera da letto di lui, mentre Diego si siede sul divano con i gomiti posati sulle ginocchia e le mani a sorreggere la testa, immergendole nei capelli.
Deve obbligare se stesso a non seguirla in quella camera. Glielo aveva promesso.
Si sente sconfitto sotto ogni punto di vista, debole nel continuare ad imporsi divieti, così come si stava costringendo a fare da anni.
Ha il cuore che gli trema, la mente confusa e ogni tipo di emozione sfavillante intrappolata negli occhi che però non sono visti, dal momento che quelli di sua moglie sono intrappolati nel riflesso dello specchio del bagno.
Come è finita per scappare via? Se lo chiede mentre l'acqua del rubinetto continua a scorrere dando un'illusione acustica di false azioni all'uomo che ha abbandonato nell'altra stanza.
Un tempo avrebbe avuto la forza per non ritrarsi e fronteggiare una simile conversazione a testa alta.
Ora però avverte ogni certezza tremare con inaudita violenza. Che cosa è rimasto di concreto in lei e della sua personalità passata?
È mai stata forte davvero o era solo frutto di una giovinezza dimenticata alle spalle?
Ha ventotto anni e trema come una ragazzina a causa di un uomo più grande di lei che con le parole più coincise del mondo l'aveva messa al tappeto.
D'accordo, non aveva amato Isabella, ma sa che cos'è l'amore e concepirlo è spietato, riempie di dubbi e tachicardie, supposizioni a cui Vale non ha la forza di dare credito.
Chiude l'acqua del rubinetto, fermando anche la concitazione del suo fiato, per poi tornare a fissare il suo riflesso grondante gocce d'acqua e trasparente nelle emozioni che semplici parole avevano scosso tanto violentemente.
Non appena esce dalla stanza si accorge di doversi appoggiare alle pareti per procedere. La testa le gira e le pulsa in una sensazione odiosa. In un momento di lucidità, Valeria si avvicina al comodino fiancheggiante il letto di lui per poter andare a caccia di medicine.
Ne riemerge a mani vuote, rimanendo bloccata alla visione della scatola di preservativi presente in un angolo.
Si ferma a fissarla per troppo tempo ed a solo ad una cosa riesce a pensare; non è la prima donna che è stata qui con lui. E se non è capitato ad Isabella, sfortunata come lei a non essere riuscita a guadagnarsi l'amore, allora sarà stata qualcun'altra... forse, qualcuna di speciale.
Chiude lo scompartimento lentamente, lasciandovi sepolti i segreti, per poi tornare al divano del soggiorno.
Diego è ancora lì, nella stessa posa con la sola differenza di aver bandito anche lui ogni emozione dal volto per non rimanere privo di armi dinanzi la forza feroce di lei.
«Questo gioco finisce con il termine della bottiglia» lo avverte dire, prima di spostare lo sguardo dinanzi il poco liquido rosso rimasto all'interno dello scuro vetro.
«Hai dato tu l'inizio a tutto questo, quindi puoi anche deciderne il finale.»
E così dicendo, si accomoda stancamente sul divano, sollevando le gambe al petto e posandole di lato, contro il cuscino.
«A chi sta?» Domanda, preda della confusione.
«A me» replica freddamente lui, in maniera tanto intransigente da farle buttare giù, in un solo sorso, le tre dita di vino rimaste all'interno del bicchiere. Solo poco dopo si accorge che, così facendo, ha deliberatamente dichiarato la fine del loro gioco. Più nessuna domanda se non quest'ultima, di Diego.
Suo marito si rivolge a lei con tutta la calma che il quesito richiede, abbandonando la presa delle dita nei capelli per potersi distendere più comodamente lungo lo schienale.
«Qualche ora fa ti ho detto che non ti avrei toccata se non fossi stata tu a volerlo. Lo abbiamo concordato dall'inizio del nostro matrimonio e niente è mai cambiato. Oggi, inoltre, mi hai confessato che i ricordi più forti che hai sono stabiliti dal contatto e che ti sei allontanata da me solo per paura. La mia ultima domanda è questa; cosa provi quando sono io a toccarti? Non mi riferisco a niente in particolare ma ho bisogno di sapere cosa provi. Sono la fotocopia di mio fratello, ad oggi più che mai, ed ho bisogno di sapere se, inconsciamente o meno, non sia stata solo la paura a farti allontanare. Se vedi solo me o anche lui ogni volta che siamo vicini.»
La domanda è tanto spietata e la più difficile fino ad ora che Valeria teme quasi di non conoscere abbastanza se stessa per donargli certezze. In fondo, chi conosce davvero il proprio inconscio? Può solo dirgli quello che teme di provare, quello che è tanto difficile da riferire quando non è uno stordente a spingerti a parlare.
«Ho sempre saputo che eri tu. Ogni singola volta.»
«Che cosa provi?» Ripete lui, con mancata severità ma sicurezza, dovendola costringere con questa sola occasione a parlare.
«Mi sento al sicuro se sei tu a toccarmi anche se... non ho forze, quando lo fai.»
«Quindi è per questa paura che ti sei allontanata...»
Gli basterebbe parlare con Silvia per sapere che non si è trattato solo della paura di perdere il controllo: Valeria ha paura dell'amore, paura di innamorarsi di lui, paura di ricadere di nuovo in un gigantesco sbaglio e perdere se stessa. Diego non è uno qualunque, è il figlio di un ramo gerarchico sbagliato, è parte dell'orrore e destinatario del suo rancore, per quanto non abbia commesso lui il peccato... Come spiegarglielo?
«... per questo che mi hai cancellato.»
Valeria non riesce a capire a cosa si riferisca per cui chiede «come?» confusa e Diego, in risposta, con una sola mossa le sposta i lunghi capelli dal collo, scoprendole la giugulare sulla quale gli occhi si soffermano.
«Hai parlato di invidia, poco fa, per Isabella. Cosa credi che provi io sapendo che permetti ad un altro uomo di avvicinarsi e marchiarti a questo modo la pelle?»
Una dolorosa fitta di calore al basso ventre raggiunge Vale non appena Diego accarezza il segnaletico livido lasciato dai denti e dalla lingua di Antonio, vedendo tutta la tristezza che trasmette nello sguardo rivolto solo e spudoratamente a quei segnali.
«So che non ci siamo promessi di essere fedeli ma non mi piace che quell'uomo ti lasci così tanti lividi addosso. Non mi piace la sua violenza, non mi piace che sia tu a lasciarglielo fare. E non mi piace che tu gli abbia concesso questo morso nel punto in cui ti ho baciata l'ultima volta. Ho lasciato che l'infedeltà entrasse in questo matrimonio per troppo tempo, ora ti chiedo di non cancellarmi, per quanto tu sia arrabbiata con me.»
Valeria non riesce a muovere un solo muscolo, trafitta dal modo con cui simili parole sono state pronunciate e da come Diego la guarda o l'accarezza... quasi con una sorta di venerazione lacerata da una tetra idea.
Solleva gli occhi verso di lei, accertandola.
«Perché glielo hai concesso, non è vero? O se l'è preso?»
«Gliel'ho chiesto» sussurra lei e Diego inspira dal naso, incassando quel colpo doloroso tirando appena la testa all'indietro e fissandola dall'altro.
«Questo è spietato» confessa anche lui sottovoce, provando il viscerale bisogno di comprenderla.
«È come hai detto tu; ero arrabbiata con te e volevo cancellarti. E non... non volevo quel bacio mentre era lui a toccarmi.»
Diego continua a fissarla dall'alto ed accarezzare la pelle trafitta da quei denti estranei dopodiché decide la sua mossa. Con una lentezza in grado di renderla partecipe dell'azione che sta per compiere, la priva dei capelli anche dall'altro lato del collo e poi si china su di lei, verso quella zona rimasta immacolata.
Sa che potrebbe dirgli di no. Sa che basterebbe una parola per farlo allontanare da se eppure non riesce a pronunciarla e non per una paura del contatto. L'ha provata per molto tempo, a seguito dello stupro, con gli uomini che provavano ad avvicinarla finché la violenza controllata da lei stessa di Antonio non le era sembrata l'unica scelta possibile. No, non è quel genere di paura, ma è totalizzante perché mescolata ad un altro reattore chimico che le manda in pappa il cervello: vuole che la baci e vuole anche lei che sia nell'unico punto in cui Antonio non ha ancora lasciato il suo segno.
Quale incoerenza, nella sua testa, ma l'acuta fitta di desiderio che avverte nel ventre le fa rendere conto di provare ancora una reazione fisica troppo forte con Diego. Troppo persino per potersi sottrarre e quindi permette che avvenga: permette alla lingua di lui di posarsi, in un bacio accompagnato da labbra morbide, sulla sua pelle fino a lasciarle la fredda percezione del distacco non appena si allontana. Lascia che quella bocca risalga e scenda dove vuole con lentezza, sfiorandole la pelle alle volte, marchiandola in altre con una lentezza in grado di farle rendere conto di ciò che prova.
Per non soccombere a quel contatto, senza nemmeno pensarlo ma agendo e basta, solleva le mani e le intreccia ai capelli di lui, tirando appena le ciocche non appena lui la bacia, finendo poi per far scorrere una delle due lungo l'orecchio di lui così da finire posata contro il collo.
I denti di Diego affondano appena nella carne, lasciandole un segno troppo debole per resistere alla vista dei giorni ma abbastanza deciso da poter essere conservato nella mente di lei per sempre.
«Ricordati di questo quando ti lascerai baciare» le sussurra all'orecchio mentre ancora Valeria gli accarezza i capelli e il collo.
Non ha la forza per resistere alla carica erotica di quelle parole e rimane immobile persino quando Diego scivola via da lei, allontanandosi con passo lento dal divano una volta afferrata la bottiglia vuota.
Lo avverte posarla sul marmo della cucina e poi avviarsi con lentezza in camera, chiudendo la porta. Lasciandola lì, tramortita nel cuore e con le macerie tutto attorno delle proprie barriere.
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