15. In nome dell'amore
Il rumore di sottofondo alla scena è un coro di voci dai toni provocatori ma troppo distanti per poter essere tradotte. O almeno a Valeria non interessa farlo, essendo appena entrata nella vecchia camera di Diego con lui al seguito, stanco e distrutto dalla cena che poco prima ha avuto termine, tanto da chiudere la porta alle proprie spalle con un gesto a malapena accennato e sdraiarsi l'attimo dopo sul letto, premendo con una mano contro il dolore percepito alla fronte.
Valeria rimane ad osservarlo, stringendo tra le mani lo schienale della sedia dietro di lei. Non è la prima volta che entrano insieme in quella vecchia stanza; era capitato molto spesso di dover scovare un luogo in cui parlare da soli, sottovoce, senza essere uditi da altri e la camera di Diego garantiva la perfetta intimità. Nessuno osava entrare in una stanza ospitante moglie e marito, tantomeno provava il desiderio di appoggiare l'orecchio contro la porta per poter venire a conoscenza di chissà quali segreti i due potessero celare poiché il matrimonio garantiva facilmente l'isolamento di una vita privata, assieme a tutti i doveri che comportava.
«Non resteremo molto, devo solo farmi passare questo mal di testa prima di mettermi alla guida» le comunica Diego, continuando a tenere gli occhi serrati e la mano premuta contro la testa, tanto da far sollevare la giacca al seguito e far restringere appena la camicia sul petto.
Valeria fissa il nodo della cravatta di lui domandandosi come non gli venga a mente di allentarlo. Sarebbe la prima cosa che farebbe lei, in caso di malessere. La sola idea di arrivare davvero a farlo però le fa abbassare gli occhi e la porta a sospirare, andando a caccia di nuovi pensieri.
«Hai bevuto troppo» constata, senza però alcuna nota di giudizio nelle parole.
«L'atteggiamento di mia madre mi spinge a farlo, sì.»
«Te la sei cavata bene, riguardo la questione di Claudio.» Diego rimane in silenzio, forse a causa del mal di testa, dando modo poco dopo a Valeria di continuare. Non parlargli mentre è nella sua stanza la farebbe sentire strana, quasi stesse invadendo la privacy di un momento privato mentre innestare una comunicazione la fa sentire in contatto. «A che cosa pensi si riferisse tuo fratello, dicendo che eri "uno sbaglio"?» Ancora silenzio, dall'altra parte. «Diego?»
«Non voglio parlare di Mattia, Vale. Ho già il mio mal di testa.»
I limiti imposti da Diego nell'avanzare conversazione la portano a guardarsi attorno, familiarizzando con l'ambiente.
Assomiglia alla sua nuova camera, arriva a pensare Valeria, notando l'essenzialità data dai mobili, capendo come suo marito sia riuscito a farsi spazio con il proprio stile e carattere dentro quella villa austera e dall'animo antico.
«Ma hai voglia di parlare con me, giusto?» Domanda con una nota di esitazione, non potendo fissarlo perché troppo concentrata sui libri classici di letteratura russa riposti in uno degli scaffali, anticipati da piccoli ricordi. Oggettistica per lo più di basso calibro, con l'eccezione di un paio di gemelli che Valeria riconosce: appartenevano al padre di Diego.
«Ho sempre voglia di parlare con te. Non parlare ci rende distanti.»
«Anche se siamo arrabbiati?»
Diego sorride ed abbassa la mano, fissando Vale mentre la testa gli riposa sul cuscino. Averla nella sua camera lo tranquillizza, quasi come se quella stanza fosse un porto sicuro nella tempesta. Possono essere loro stessi, solo qui. Possono dialogare con calma.
«Di che cosa vuoi parlarmi?»
Ci sarebbero tante cose da chiedergli, Vale ne ha un'infinità. Potrebbe aggrapparsi alla presenza dei gemelli sul ripiano e parlare del padre di lui, sapendo, seppur non abbastanza, quanto fossero legati e chiedere il perché abbia prevalso la voce di Pietro Grimaldi sulle attribuzioni della società. No, non quel perché. Quel perché era piuttosto chiaro; il capo era rimasto lui e tutti avevano dovuto obbedire. Il perché reale riguardava Mattia, perché proprio lui? Perché non Diego come proprietario della società?
Ma a suo marito viene mal di testa al solo sentir nominare il fratello per cui si esime dal farlo.
«Mi hai lasciato quel contratto di divorzio e non sei più tornato a casa, però mi dici che vuoi parlare e che non mi vuoi abbandonare...»
Diego sorride con più dolcezza della confusione di lei, l'esatto istante in cui Valeria si volta per fissarlo.
«Troppo contraddittorio?» Mormora teneramente e Vale, per un istante, si accorge della difficoltà di separarsi da un simile sguardo.
«Che cosa vuoi, Diego?»
«Ero sincero quando ti ho detto che non ti avrei abbandonato. Ho intenzione di rimanere vicino a te e alle tue sorelle finché lo riterrete necessario.»
Le parole le fanno ricordare sua sorella Carla ed il recente interesse romantico con Carmine, il fratello di Antonio. Il che le fa ricordare Antonio e di quanto sia strano trovarsi in una camera da letto con Diego.
Allontana il pensiero di colpo, volendo continuare a parlargli.
«Lo ricordo. Hai detto che avresti provveduto a loro con fondi diversi da quelli ottenuti dall'impresa. A cosa ti riferivi, ti occupi di altro?»
Gli occhi di Diego sembrano brillare, travolti da nuova idea nata dalle strane richieste della moglie. Prima non si era mai interessata.
«Vuoi vederlo?»
«Che intendi?»
«Venire con me, questo fine settimana, a vedere cos'altro faccio per vivere.»
Valeria non risponde per cui Diego si solleva dal letto per poter avere un confronto diretto.
Le si erge di fronte, riempiendo tutto il vuoto creato nella stanza, sorridendole appena, stavolta in un modo molto più triste, mentre affonda le mani in tasca, assumendo una posa all'apparenza rilassata.
«Hai altro di cui occuparti?» Le chiede.
Antonio. Deve vedere Antonio. Nel corso della settimana per loro è difficile trovarsi a causa dei reciproci impegni ed è per questo che avevano stabilito certi fine settimana per farlo.
Diego si era accorto di quel rituale, già presente nel loro passato? E perché mai avrebbe dovuto? Suo marito, cede nel riflettere Valeria in un frammento di istante, non pensa certo a quando lei dovrebbe vedersi con il suo amante.
Il morso lasciato da Antonio sul collo brucia più del fuoco.
«No» gli risponde, prima ancora di pensare ed il sorriso di Diego diviene sincero, l'espressione più morbida.
«Bene.»
Valeria rimane a studiare la sua allegria, stupita di quanto si renda trasmissibile. Diego sa convincere con molto poco.
«Dove andremo?»
«Non vuoi tirare ad indovinare?» La proposta è allettante ma ardua.
«Non ho alcuna idea in mente.»
«Nemmeno una?»
«È qualcosa che ha di nuovo a che fare con il vino?»
«Affatto.»
Questo le piace. Significa che Diego ha scelto di farsi una nuova vita, completamente diversa da quella imposta dalla famiglia.
«Allora è qualcosa che potrebbe piacermi?»
«Questo non lo so, dovrai dirmelo domani.»
«Andremo lontano?»
«Quanto lontano vuoi andare?»
Valeria si stringe nelle spalle. Il luogo al quale vorrebbe tornare sarebbe troppo lontano, in un'altra regione di Italia e coinvolgerebbe la presenza delle sue sorelle, nell'eventualità. Persino il marito sembra intuirlo ed è per questo che decide di continuare a parlare, in modo da tenere la conversazione su di un tono rilassato.
«Cuneo ti basta?»
«Non è male...»
«La prima città piemontese che potrebbe piacerti» continua a commentare lui, completamente a proprio agio nell'averla tanto vicina così come ammette Valeria a se stessa di esserlo anche lei nei suoi riguardi. Il loro matrimonio crolla e loro si trovano a sorridere. Da fuori nessuno oserebbe pensare che il loro vivere in coppia sia giunto ad una crisi eppure si è dimostrato essere così.
«Quindi stasera a casa non torni?» Chiederglielo le è costato molto ma ha bisogno di sapere che cosa la aspetta.
«Vuoi che torni?» Vale si stringe per la seconda volta nelle spalle, celando il proprio dolore ma Diego persiste. «Non ti va di dirmelo?»
«Non mi piace essere da sola in una casa, mi fa sentire triste.»
Il che è vero, visto il suo essere cresciuta circondata da tanta gente eppure in questo caso vale l'eccezionalità di un'unica assenza: quella di lui.
«Stasera non posso. Se partiamo per il weekend dovrò fare una serie di telefonate e sistemare delle questioni, anticipandomi sui lavori del rientro.»
Forse avrebbe dovuto parlare più chiaramente, vista la negazione che le è appena giunta contro. Forse Diego voleva di più mentre lei non è in grado di darglielo.
«D'accordo.»
«Solo per stasera.»
«D'accordo...»
Fa male, ma Diego sa essere convincente. Lo ha notato in più di un'occasione e questo la spinge a continuare a porgergli domande.
«Come hai convinto Claudio a lasciare la Grimaldi? Sono pieni di debiti, quel lavoro gli faceva comodo.»
«Gli ho offerto un'alternativa lavorativa della quale beneficiare fino a che non si sarà risolto tutto.»
Vorrebbe continuare a parargli per ore, riuscire a godere a pieno della sua compagnia prima che il tornare a casa quella sera le faccia ricordare di quanto sia sola in questa vita, ma avranno molto tempo, se lo ripete a se stessa.
«A che ora passi a prendermi domani?»
6 Dicembre 1970, Vezza D'Alba verso Cuneo (Langhe), Piemonte.
Cuneo dista un'ora di macchina da Vezza D'Alba per cui forse, se solo gliel'avesse richiesto, Diego avrebbe potuto portarla più lontano impedendole di vedere da dietro il finestrino dell'auto quel paesaggio che si ripete in maniera medesima. Ampie distese di vigneti coltivati secondo una razionalità impeccabile in grado di sottomettere la natura, imprigionandola in un rigore che non possiede.
Valeria aveva chiuso gli occhi, a metà del loro viaggio, mentre era rivolta al finestrino. Da dietro le palpebre il sole era riuscito a raggiungerla illuminando la sua visione di un mistico arancio sfumato al giallo e concentrandosi in un punto specifico della palpebra, in alto a sinistra, rafforzava la propria intensità tanto da far perdere importanza a tutto il resto. Di colpo, Valeria non vedeva più la natura frammentata e massacrata dal rigore ma immaginava le infinite distese selvatiche di ulivi della sua Sicilia. Alberi che correvano veloci, contorcendosi nel proprio tronco poiché possessori di un'anima nata dalla bellezza e dal dolore della sua città, mentre lei tentava di intrappolarli con gli occhi, rimanendo sul sedile del passeggero mentre suo padre era alla guida.
Le era scesa una lacrima, non solo per la Sicilia ma per il ricordo della dipartita del padre, ed aveva fatto di tutto per celarla a Diego.
I viaggi in auto con il padre rientravano tra i suoi ricordi più belli ed era raro che la mente glieli riproponesse.
A seguito di quella revocazione, Valeria non aveva più chiuso le palpebre concentrandosi così solo sulla guida rilassata di Diego, giocando nella propria mente ad indovinare quale lavoro potesse svolgere.
La sorpresa la raggiunge non appena la macchina entra all'interno di un viale alberato conducente ad un casolare.
«Siamo arrivati?» Domanda con stupore mentre Diego ruota il volante per poter effettuare la retromarcia e parcheggiare tra due grandi alberi. Le ruote della macchina si scontrano con il pietrisco in ghiaia dell'ingresso, facendo volare lontano qualche sasso.
«Non proprio, ho un appuntamento tra due ore per cui ho pensato che prima avremmo potuto riposarci un po'.»
«Questa casa è tua?» Nel chiederlo, gli occhi di lei corrono ovunque, lungo i particolari rustici dell'edificio come il profilo delle pietre irregolari estese lungo tutta la facciata, la scalinata esterna conducente al primo piano, gli ampi archi fungenti da ingressi a terra, le finestre più strette ai piani superiori, lasciando libere le pupille di fuggire con incostanza, da una parte all'altra, mentre Diego arriva a risponderle.
«Sì, è mia.»
«Hai dormito qui, le scorse notti?»
«È ad un'ora di distanza, Vale» risponde Diego, fissando nello specchietto laterale, posto dalla sua parte, per poter verificare di non accostarsi troppo ad uno degli alberi. «Non mi sarei mai allontanato tanto.»
La risposta risolleva Valeria solo in parte ma non arriva a pensarci per troppo. Non appena Diego scende dalla macchina un grosso cane gli corre incontro, facendogli le feste.
Valeria rimane ad osservare il marito sorridente, intento a grattare dietro le orecchie l'animale per poi agitarlo, scuotendogli il lungo pelo nero per tutto il corpo.
Il nuovo compagno ha un aspetto tenero, la bocca aperta e il fiato affrettato dall'agitazione, quasi una sorta di sorriso, il petto bianco come il naso a contrasto con il resto del pelo sul quale si affacciano macchine di marrone all'altezza degli occhi e sulle zampe. La razza è quella di un pastore Australiano ma l'animo tenero è quello di un bambino, Valeria capisce che nonostante la grossa taglia deve trattarsi solo di un cucciolo.
«Anche quello è tuo?» Il tono con cui Valeria lo chiede è reso triste dall'aver scoperto una vita parallela di Diego nella quale sembra regnare la stabilità ed è tanto afflitto che il marito deve voltarsi verso di lei per poterla rassicurare, mentre è ancora intento a fare le coccole al cane.
«No, è del giardiniere che si occupa della casa quando io non ci sono ma si è affezionato molto. Lo vuoi conoscere?»
Preferirebbe non lasciare a quel cane il ricordo di un odore che non sentirà più, perché quella è la vita di Diego e lei non vuole introdurvisi, ma arriva ad avanzare a causa dell'espressione d'attesa del marito, finendo per inginocchiarsi al fianco di questi e schierarsi davanti allo sguardo simpatico dell'amico peloso.
«Valeria, lui è Zampa. Zampa, Valeria» svolge le proprie presentazioni Diego, abbandonando le orecchie del grande cucciolo per permettergli di avvicinarsi a lei che con esitazione parte ad accarezzarlo.
«"Zampa"? Come mai si chiama così?»
«È un cane piuttosto pasticcione, ama rotolarsi nel fango ed i primi mesi entrava in casa lasciando impronte ovunque.»
Anche questa scena è facile da immaginare: Diego chino in direzione di un pavimento estraneo, di una casa sconosciuta, intento a ripulire il tracciato di quelle piccole orme.
L'immagine le trasmette tristezza e pace al tempo stesso.
«Non è da molto che ho questa casa» le confessa Diego, rimanendo per un attimo intrappolato nella visione delle finestre presenti nel prospetto principale, immerso come pare essere nella stessa tristezza raggiunta da lei. «Ho solo instaurato un bel rapporto con il giardiniere, ecco tutto.»
«Non entriamo all'interno?» Taglia invece corto Valeria, resecando qualsiasi ipotesi di ulteriore dolore. Zampa è il primo a recepire il cambiamento drastico di conversazione e muovere veloce i suoi passi verso l'allontanamento. Sfugge al controllo di entrambi al punto tale da costringerli a risollevarsi eretti dinanzi un'unica scelta.
«Prima vorrei presentarti al giardiniere. Si chiama Fausto. Sicuramente è sul retro.»
Perché mai dovrebbe farlo? Valeria non riesce a spiegarselo. L'ha portata all'interno di questa sua doppia vita ed ora la lascia a prenderne parte. Non avevano mai condiviso qualcosa di privato nel loro matrimonio, per cui pensa solo che sia sbagliato. Certo, era stata lei a richiedere spiegazioni in merito al suo secondo lavoro ma non si aspettava tutto questo. L'idea di fuggire lontano le appesantisce i passi, portandola a rimanere alle spalle di Diego mentre questi raggiunge Fausto.
Una nuova casa, un cane, un amico, un nuovo lavoro... sembra quasi la realizzazione di un sogno inespresso dunque perché aggiungervi lei? Non era, infondo, la sua assenza ciò a cui quel contratto di divorzio aspirava? Sì, l'aveva messa sotto altri termini Diego, eppure rimane un dato di fatto. Firmando lei non sarebbe rimasta con lui. Suo marito non può non averlo considerato.
Un uomo sulla cinquantina, completamente vestito di verde e con un rastrello in mano, Fausto a quanto pare, si arresta non appena Diego avanza verso di lui. Per un attimo parlano tra di loro e lei non li sente, persa nei propri pensieri.
«Fausto, questa è mia moglie. Valeria Grimaldi.»
C'è soddisfazione, in quella affermazione? Valeria non è più in grado di definirlo, avendo perso del tutto il proprio intuito nel decifrare Diego.
Tende la mano in direzione del giardiniere, avvicinandosi così al marito mentre questi la fissa dall'alto.
«Molto piacere» afferma cordiale, ricevendo un dolce sorriso in risposta.
«Piacere mio.»
«Rimaniamo solo qualche giorno, dopodiché ripartiamo.»
"Questa è mia moglie. Valeria Grimaldi."
«Allora vedrò di non disturbare. Tua moglie è davvero bella, da quanto siete sposati?»
"Mia moglie. Valeria Grimaldi."
«Sette anni.»
«Però... niente male come primo traguardo. Ci si avvicina al decennio...»
Zampa torna tra loro poggiando la testa contro la gamba di Vale che sobbalza, del tutto colta impreparata da quell'arrivo, prima di venire richiamato dal padrone che si allontana, a seguito di un congedo di saluto.
«Va tutto bene?» Diego glielo domanda, fissandola con preoccupazione evidente. Lei deglutisce per poi annuire. Si era estraniata ma ora è tutto sotto controllo. «Avanti, allora. Entriamo.»
«Non credo che dovrei.» Prima d'ora non avevano mai condiviso il proprio privato ma nemmeno erano arrivati a mentirsi, per questo Vale sente il bisogno di riferirgli ciò che pensa. «È la tua vita e non penso sia giusto.»
«Perché lo credi?» Sarebbe troppo difficile da spiegare perché risulterebbe quasi sbagliato nel venire riferito ma non può non capirlo. La loro relazione si basa, o meglio si limita, a questo: ad imporre della distanza. «Se non ti avessi voluto non ti avrei portata, sai?» Eppure l'imbarazzo è comunque presente, tanto da impedire loro, in un primo momento, di distanziarsi per non rompere l'equilibrio del momento. «Sei arrivata fino a qui... non ti va di accompagnarmi?»
Lo sguardo di lui sembra quasi chiederle di cosa possa aver paura. Di un semplice cane o di una casa fatta di sole pietre? È un arte che Diego possiede, quella di minimizzare cose che possono apparire troppo importanti oppure capaci di destare timore e preoccupazione in lei, ed è qualcosa di molto bello poiché, come tutto ciò che lo riguarda del resto, riesce a fornire del supporto, sostegno ed il giusto tempo di reazione per consentire a Valeria una scelta. Per questo motivo giunge fino al marito decidendo di accompagnarlo.
Diego compie per primo il giro esterno della casa, sentendo la moglie procedere pochi passi dietro di lui, estraendo dai pantaloni un esile mazzo di chiavi grazie al quale aprire la porta di ingresso. Non appena entrano, il primo odore che raggiunge Vale è come di pino, misto a qualche altra essenza. Dona concretezza alla sensazione di pulito che si ottiene al solo fissare l'ordine al di sopra dei mobili del soggiorno, luogo all'interno del quale giungono una volta superata la porta di ingresso venendo investiti dal colore marrone scuro con il quale è stata decorata la sala.
La luce del giorno proveniente dagli ampi archi consente il filtraggio della luce e la possibilità di vedersi attorno ma Diego preme lo stesso alcuni interruttori di seguito, mettendo in mostra anche le zone più buie e consentendo così a lei di spiare tutto quanto.
I giubbotti pesanti ed imbottiti che hanno addosso li hanno preservati dal freddo esterno, dato il clima di montagna, ma ora intrappolano il calore dei loro corpi al punto tale da creare la condensa nuvolosa di ogni respiro. Lasciano che la porta si chiuda, sigillandoli nel calore interno alla casa, prima di poterseli sfilare.
«Dove posso...?»Parte a dire Valeria, sostenendo il proprio giubbotto in una mano.
«Lascia, faccio io» risponde lui, nell'abitudinaria consuetudine di ogni ospite nei riguardi del proprio invitato. Diego afferra il giubbotto di lei e parte a camminare in direzione di un muro, a lato del soggiorno e conseguente alla cucina che lo affianca, andando a caccia dell'attaccapanni sul quale lasciare appese le loro cose mentre Valeria si guarda intorno.
Qualche istante dopo, i passi di Diego si allontanano per poco, distanziandosi da lei il tempo di farle compiere un mezzo giro su se stessa per poter fissare oltre i vetri dell'arcate l'isolamento creato dalla barriera di verde posta attorno a loro.
«Mio padre prese in affitto questa casa per un mese, quando eravamo piccoli. Ci passammo le vacanze di Natale. Credo che il periodo sia lo stesso» annuncia lui con naturalezza, tornando nel soggiorno con le mani nelle tasche e senza il proprio soprabito.
Valeria sorride, stringendosi le braccia al petto e tornando la donna perspicace di sempre.
«Devi guadagnare molto con il tuo nuovo lavoro per riuscire a comprare una casa simile senza intaccare i fondi della società.»
«Chi ti dice l'abbia comprata?»
«Ho provato ad indovinare, sei in affitto?»
«No.»
«Lo sapevo.»
Diego sorride mentre la osserva camminare lungo la stanza, tirando un sospiro di sollievo mentale al solo saperla lì con lui. Nemmeno vestita completamente di nero, per giunta: ha optato per un jeans piuttosto scuro ma scolorito sulle gambe, abbinato ad un pullover grigio. Una sorta di vestiario che pare assomigliare più a lui che a lei e questo lo spinge ancora di più a sorridere, nel pensiero che inconsciamente Vale sia arrivata ad imitarlo.
«Quando hai detto che è, l'appuntamento?»
«Tra un'ora.»
«E che cosa possiamo fare in un'ora?»
Diego in un primo momento tace, per poi riferire una proposta: «posso intanto accendere il camino, se hai freddo.»
«Più tardi torneremo qui?»
«Stasera, sì.»
«Come mai vuoi rimanere più di un giorno? Il lavoro ti ruba tanto tempo?»
«Ho solo pensato che entrambi avessimo bisogno di staccare un po'. Ci eravamo accordati sul parlare, giusto? Durante questa permanenza potrai chiedermi ciò che vuoi. Ed io vorrei poter far lo stesso.»
L'ultima parte della frase desta in Valeria milioni di campanelli d'allarme. «Non suona molto piacevole, sai?»
«Solo per l'ultima parte?» Domanda Diego con ilarità, rimanendo stabile nella metà esatta del soggiorno, mani nelle tasche e gambe ben divaricate.
«C'è qualcosa che vuoi chiedermi?»
«Adesso e nello specifico? No.»
«Vuoi allungare l'agonia, ho capito» commenta Valeria sorridendo e fissando in direzione del soffitto, quasi tentasse di raggiungere il supporto di qualche santo nella volta celeste. È sempre stata molto religiosa e l'aver perso credibilità nella fede si può dire sia sia dovuto solo all'incontro con Mattia e con ciò che lui le ha fatto. Quell'uomo aveva cambiato molte cose. Dopo aver scoperto chi fosse, Valeria non poteva fare a meno di chiedersi perché la malvagità riuscisse a rimanere più integra del buonsenso, restando legata ad un'insieme di ben altre conseguenze in svariati campi.
«Metto della legna al fuoco... in senso letterale, si intende» commenta Diego, continuando a stuzzicarla ma lasciandola sorridente mentre è costretto ad abbandonare la sala.
-
La prima volta che si conobbero Valeria notò la bellezza del suo sorriso ma nel corso degli anni ha compreso quanto la personalità estetica di Diego sia da attribuire ai momenti in cui rimane in silenzio, con lo sguardo rivolto verso terra o poco più lontano, vivendo la tranquillità dei propri pensieri. Osservarlo le dona pace, le rallenta il battito del cuore e le fa credere, unicamente in quegli istanti di analisi, di poter essere solo una donna in compagnia di un affascinante quanto silenzioso uomo dalle ciglia più lunghe delle sue, dal cuore più tenero del suo e dagli occhi più brillanti dei suoi, non appena glieli indirizza contro.
Vivere il calore del fuoco beneficiando di quella vista le dona una tranquillità che difficilmente riesce ad ottenere. Che cos'altro può rubare di lui? Sogna di percorrere con le dita il profilo del suo volto, scendendo dalla fronte alla gobba al centro del naso, fino a sfiorare le morbide labbra rosee che la rifrazione del fuoco mette in luce. Valeria otterrà vendetta, ne è certa, ma dopo di essa che cosa avrà? Silvia che cosa sta ottenendo?
L'amica ha avuto la propria rivincita su Sofia Grimaldi e che cosa ha avuto indietro? Forse, solo l'amore di un marito legato a lei per sempre ed una famiglia stabile. Non è cosa da poco ma Valeria non è destinata ad ottenerla, perché con il suo divorzio perderà Diego per sempre. Sarebbe giusto firmare, allontanarlo da se, ma ha paura nel farlo troppo in fretta. Paura che momenti simili, di lieta tranquillità, spariscano per sempre lasciando solo l'odio e quello corrode, ti arde viva, fino a renderti una persona diversa. Diego la fa essere migliore ma non è solo questo: le dona pace durante la sfibrante battaglia che porta avanti, riuscendo a salvarla un'istante prima che possa perdersi per sempre, offrendole in dono la propria tranquillità.
Sono nate nuove rughe sulla fronte, arriva a pensare Valeria, appoggiata con la testa allo schienale del divano mentre continua a fissarlo, seduto al suo fianco. I capelli le nascondono appena.
In un attimo l'espressione adirata di Maurizio le arriva contro, assieme alle parole tramite le quali aveva difeso Manila e attaccato loro: "voi due siete innamorati, no?".
Che cos'è l'amore? Valeria se lo domanda, conoscendo bene cosa siano rancore e odio ma non quello, quello non l'ha mai provato se non per le proprie sorelle ma relazionarsi ad un uomo è diverso. Implica che lo vostre menti siano simili, e fino ad ora non aveva trovato altri che Antonio ad assomigliarle ma è certa di non essere innamorata di lui, così come non si può amare il proprio riflesso senza narcisismo. Inoltre, Valeria sa che è richiesta una tensione di fondo, come un cavo di elettricità ad unire due innamorati pronto ad accendersi tramite la corrente al solo gesto azzardato di uno dei due ma non può indagare su questo. Non può perché il solo senso di smarrimento ricevuto dal contatto lo ha avuto con Diego e per i motivi più disparati. E poi, che altro? Complicità, affiatamento, rispetto e serenità? Le sembrano i temi di certe fiabe.
Come si può amare un uomo? Secondo quale logica e quali stadi? Se lo chiede perché ormai è certa di aver sbagliato tutto nella sua conoscenza con Mattia, credendo di amarlo e di essere pronta a sacrificare tutto per lui, ma non lo vuole ricordare ora. Diego è al suo fianco ed è un uomo diverso.
Valeria allontana gli occhi dal marito poiché consapevole che la mente, dopo il ricordo di Mattia, agisca per conto proprio nel ricollegare le somiglianze tra i volti dei due fratelli, fin tanto da infastidirla. Osserva le scaffalature estese lungo tutta una parete del soggiorno, notando l'esorbitante numero di libri presenti.
«Leggi davvero molto, sei un uomo di cultura» riflette Valeria, riuscendo a carpire in maniera confusa i nomi famosi di alcuni autori consigliatele persino nel periodo d'educazione scolastica. «A confronto tuo mi sento un ignorante. Te l'ho mai detto che ho abbandonato gli studi? Appena terminata la scuola dell'obbligo. Ho svolto molti lavori manuali, anche di sartoria, per cui conosco certi termini e materiali ma per il resto ho solo nozioni di base.»
Diego solleva gli occhi verso di lei, inclinando all'indietro la testa in una mossa che la esorta a tornare a fissare la sua tranquillità. La stessa con la quale arriva a rivolgersi a lei.
«Perché hai abbondato?»
«Dovevo lavorare per aiutare le mie sorelle. Lo sai... la morte di mio padre e tutto il resto.»
Non era stato semplice ma aveva fatto come aveva potuto per essere di supporto alla madre e non se ne era mai pentita. Certo... il confronto con Diego era difficile da sostenere ma sperava che a lui non importasse.
«La scuola non ti prepara a ciò che affronti nel mondo del lavoro, ti apre solo la mente.»
«Che scuola hai fatto, tu?» È assurdo ma prima d'ora, in sette anni, non ne avevano mai parlato. Momenti del genere, di perfetta solitudine, si contavano sulle dita di una mano.
«Alberghiero, ristorazione. Avevo scelto l'indirizzo di enogastronomia.»
«Lo avevi scelto o ti è stato imposto?»
Diego sorride alla richiesta. «Mio padre non avrebbe voluto. Secondo lui avrei dovuto optare per un percorso umanistico, magari legato ad un futuro di insegnamento.»
«E ti sarebbe piaciuto?»
«Non lo so, non ne sono sicuro. A quell'età si è troppo giovani per decidere cosa fare nella vita.»
«Quindi chi ti ha indirizzato?»
«Mio nonno, ovviamente. Si è visto mai che un Grimaldi non entrasse nella ristorazione.»
«Ma tuo fratello ha fatto altro. È entrato a giurisprudenza...»
«Lui era il favorito di mio nonno. Poteva fare ciò che desiderava tranquillamente.»
«Perché lo preferiva?»
Si stringe nelle spalle, arreso ad un'idea avuta da molto tempo, tornando a fissare il fuoco. «Si assomigliavano molto, caratterialmente, mentre io sono sempre stato simile a mio padre. Non era un uomo che amava imporsi ma il suo silenzio significava molto. Potevi leggere approvazione o disgusto in meno di un istante.»
Tocca a Valeria sorridere, confermando dentro di sé quanto potesse essere vero. In certi casi Diego era facile da leggere, specie quando lo sguardo era direzionato a lei e non tentava di proteggersi dai suoi discorsi malvagi. Avrebbe voluto poter conoscere suo padre... ma sapeva ben poco, per giunta nemmeno il suo nome.
«Perché non so come si chiama? In questi sette anni nessuno me lo ha mai detto» riflette, arrivando a ripercorrere nella mente tutti i momenti in cui l'esistenza di quell'uomo era stata declassata ad un oblio di irriconoscenza, quasi non fosse mai esistito.
«Per mia madre è ancora un nervo scoperto, da dopo il suo tradimento con la madre di Claudio.»
L'infedeltà del marito coronata da un figlio illegittimo, ricevuto come uno schiaffo in faccia. Questa storia è ben nota, ma Valeria desidera sapere particolari non noti, le verità che la famiglia cela.
«Ti va di dirmi come si chiamava?»
Diego torna a fissarla, regalandole un sorriso dolce per quella richiesta tenera.
«Davide. Davide Cerrutti.»
Davide. "Davide" assomiglia a "Diego". «È un bel nome» commenta Vale, constatando l'amore che l'espressione del figlio rivolge al padre.
«Era anche un uomo fantastico. I miei ricordi più felici sono con lui.»
«Per me è lo stesso, con mio padre» gli confessa, dandogli anche lei un pezzo di sé che finora era stato solo accennato.
«Che genere di uomo era?»
«Uno di quelli che sacrifica tutto per la famiglia.»
«Questa è una bella cosa... del mio non posso dire lo stesso ma se è da valutare l'amore credo che anche il mio avesse buon cuore, nonostante il suo tradimento verso mia madre.»
«Sono certa che sia così.»
«Lo dici solo perché la detesti?» Domanda Diego, appena ridendo ed appena più serio.
«No, lo dico per la sua richiesta di inserire Claudio nella società e per il modo con cui ti ha cresciuto. Un uomo senza amore non avrebbe lasciato un simile lascito.»
«Credi che abbia fatto un buon lavoro?»
«Il migliore.»
Eccola, l'espressione tenera con la quale Diego pare ringraziarla, prima di tornare alle proprie idee, portando avanti un discorso mentale.
«Credo che fin da subito, nonostante l'importanza del cognome, mio padre abbia sposato mia madre per amore ma che qualcosa negli anni gli abbia cambiato il cuore. Forse mia madre era stata manovrata troppo da mio nonno al punto tale da non avere una propria indipendenza mentale... forse chissà cos'altro, ma ad ogni modo credo che sia stato sempre l'amore a smuoverlo e a farlo correre costantemente, per riuscire ad acciuffarlo, pure a costo di finire in un guaio.»
Diego è divertito dai ricordi ma non si rende conto di come il paragone creato inconsciamente tra se ed il padre stia dando modo di pensare a Valeria alle loro somiglianze. Non è più il volto di Mattia quello sceso ad un confronto fisico con il fratello ma quello di loro padre, in termini puramente caratteriali.
«Penso che anche Claudio ne abbia ereditato il carattere. O almeno, sotto l'aspetto empatico.»
E l'errore di far cadere lo sguardo su altre donne, all'infuori della moglie. Con Isabella era capitato, Silvia lo era venuta a sapere ed era successo quello che era successo con la differenza che l'irrimediabile sbaglio era stato evitato, grazie ad una serie di strategie che l'amica e Valeria avevano messo in atto. Chiunque altra proverebbe vergogna per le azioni compiute ma loro no. Loro non si sono date il diritto di farlo, perché stavano agendo spinte da una forza di reazione, tanto potente da radere al suolo intere città.
«È vero, anche io e Claudio ci somigliamo.»
Certo. Vi piacciono le stesse cose, le stesse ragazze, riflette Valeria, mordendosi la lingua al fine di non pronunciare una simile frase avvelenata all'interno di quella casa. Tenendo lontani i fantasmi, ancora per un po'.
«Vorrei solo che mia madre ricordasse l'uomo che mio padre era, ed arrivasse a perdonarlo per ciò che le ha fatto» sussurra Diego, fissando verso l'abrasione del fuoco prima di essere raggiunto dalla voce di Valeria.
«Ma non può farlo, non può perdonare. Un torto non si dimentica, specie se ci ha feriti.»
Diego solleva lo sguardo, vincolandolo a lei ed a questo nuovo paragone che schiera in campo amore e dolore, riscatto e redenzione.
«Io invece credo che l'amore possa aggiustare le cose. Devo solo capire dove ha nascosto il cuore.»
Valeria torna a posare la testa lungo il divano, chiudendosi in se stessa e tenendo al sicuro quell'organo, da lui nominato, da carezze inaspettate o improvvisi terremoti in grado di frantumare la spessa roccia di cui si è rivestito. Si tiene al sicuro, proteggendo la propria rabbia ma avvertendo come la sensazione che in presenza del marito questa non serva ed assuma quasi una sorta di trasparenza. Diego vi vede attraverso, riuscendo a scorgervi la verità tanto chiaramente da farla tremare all'idea del giorno in cui arriverà a superarla e a raggiungere lei, stringendola a sè.
Quel giorno... che cosa le resterà?
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