12. Tradimento

Ogni tentativo di Diego di concentrarsi viene raso al suolo non appena sua madre entra come una tempesta all'interno del suo ufficio. Si avvicina con passo spedito, facendo risollevare la testa del figlio, per poi battere i palmi aperti contro il tavolo e far sobbalzare gli oggetti presenti.

«Devi rimettere in riga tua moglie. Adesso.»

«Che cosa ha fatto, stavolta?»

«Ohh. Non te lo immagini.»

Né curiosità né rabbia smuovono Diego che arriva solo a pensare a quanto poco diritto abbia sua madre di presentarsi sul suo posto di lavoro così: non tutto le appartiene, quel luogo è stato riservato unicamente al controllo del figlio e lo dovrebbe ricordare.

«Quella strega ha capito che ci saremmo rivolti al solito negozio di abiti da sposa e si è presentata lì, facendo una scenata.»

Se si è presentata in quel posto è stato nel ricordo dell' umiliazione che le hai fatto provare tu, madre, riflette Diego, rammentando fin troppo di quel pessimo passato.
Sofia Grimaldi aveva costretto Valeria ad entrare in quel negozio tremante, ancora scossa e ferita dalla violenza inflitta da Mattia, per poter scegliere un nuovo abito da sposa.
Il candore del vestito era parso una presa in giro.

«Le parlerò» taglia corto lui, tornando al proprio lavoro.

«Per dirle cosa? Nemmeno sai che cosa ha fatto. Possibile tu abbia sempre il desiderio di assolverla da ogni sua colpa, senza remore?»

Diego è costretto a ripristinare l'attenzione verso il disturbo che la madre rappresenta, provando a non mostrarsi infastidito nel rispondere.

«Non la assolvo, sempre, da ogni colpa.»

«Allora un briciolo di cervello ti è rimasto» sputa fuori lei, con una malignità priva di tatto. In Diego, ancora indifferenza. Ha ormai capito quanto la madre vada su di giri nell'assenza emotiva di una risposta. «D'accordo, adesso te lo dico... è entrata nel negozio e dopo una recita teatrale fatta di finte buone maniere ha umiliato Manila Scalzi. Le ha strappato l'abito da sposa e l'ha messa a nudo, di fronte alle commesse. Vuoi sentire altri particolari?»

Diego non è più imperscrutabile e nella stanza cala un silenzio angosciante, pronto ad essere riempito da una lugubre testimonianza.

-

La terra non ha mai tremato tanto forte quanto pare fare l'istante in cui Diego, uscito dal proprio ufficio, percorre il corridoio dirigendosi verso la postazione della moglie. Valeria è incosciente di tutto; sta lavorando diligentemente ed in maniera assorta tanto da sobbalzare non appena la mano del marito si stringe attorno al suo braccio.

«Vieni con me.»

Il tono è perentorio, Valeria non può controbattere ma nello scompenso dato dal ricevere quell'agguato riesce comunque a scorgere, distintamente, la figura di Sofia vicina alla postazione di Emma, avente uno sguardo fiero. L'espressione riporta a Valeria la follia combattiva necessaria per sorriderle, in tutta risposta, mentre i morbidi capelli le vorticano intorno come lunghe alghe scure trainate dal moto marino della corrente. In risposta, Sofia fa regredire la propria, seppure la vera punizione debba ancora arrivare.

Diego sta trainando Valeria verso gli uffici in costruzione del piano, tra teli di plastica e colature pittoriche, ovvero l'unico luogo dove possono essere isolati da tutto il resto, una volta entrati all'interno di una delle molte stanze vuote. Rimasti soli, la presa sul braccio si allenta di colpo tanto da far sorridere Valeria, già sulla strada della rivincita.

«Per un attimo ci ho creduto davvero, sei stato bravo. Tua madre anche pare averci creduto. È stata un'ottima recita.»

«Ma non è una recita. Ce lo siamo detti, no? Basta mentire.»

Valeria sgrana gli occhi dinanzi a simili parole, privandoli della cecità momentanea che li aveva destinati a una bugia. Diego è di fronte a lei ed ha lo sguardo di una furia, tanto iracondo da non permetterle di pensare a niente.

«Sei arrabbiato» sussurra, senza riuscire a crederci sul serio. Non lo ha mai visto arrabbiato. Diego non ha mai alzato la voce o un solo dito su di lei in tutti quegli anni e adesso l'ha trascinata con forza.

«Puoi scommetterci che lo sia.»

«Perché?» Sussurra lei e la sua confusione non desta sorpresa nel marito ma quasi una sorta di malessere che lo costringe a vomitare le successive frasi.

«Che cosa hai fatto a Manila Scalzi?»

Valeria è sconvolta. Non può credere che glielo abbia chiesto. «Sei arrabbiato per questo?»

Diego avanza e Valeria retrocede, senza staccargli gli occhi di dosso.

«L'hai denudata. L'hai umiliata.»

«Te lo ha raccontato tua madre?»

«Le ho creduto perché so che saresti in grado di farlo. Perché so... il perché lo hai fatto.»

«Allora perché sei arrabbiato con me?»

«Davvero non lo capisci?» Le chiede, continuando ad avanzare ed obbligandola ad arrestarsi solo una volta raggiunto, con la schiena, uno dei vuoti armadi presenti. Riesce a farsi vicino fino a costringere se stesso a rendersi conto della situazione: troppo vicino non riuscirebbe a pensare lucidamente, la sua rabbia non è lucida, per cui ruota su se stesso e cambia strada, decide di riprendere le distanze, ma i suoi pensieri rimangono stabili come punti cardine.

«Come credi si sia sentita dopo che l'hai attaccata in quel modo?»

«Non la conosco. Non mi interessa.»

Sono le parole necessarie a far scattare di nuovo Diego verso lei, arrivandole ad un centimetro dal viso e rimanendo visibilmente più feroce di ogni sua parola.

«Devi smetterla di fare così» le dice, senza urlare ma rivolgendosi quasi con un sussurro.

«Così, come?»

La palese incoscienza di ciò che raffigura il loro presente riuscirebbe a far salire l'amaro in bocca a chiunque ma Diego è finito per essere disgustato da tutto questo e a lottare contro qualcosa all'apparenza invincibile.

«Tentare di prevaricare su tutto e su tutti, mostrando indifferenza.»

Alle parole del marito, Valeria solleva un sopracciglio per poi scoppiare a ridere. Scioccata sarebbe troppo poco per definire lo stato in cui verge. Delusa sarebbe più appropriato.
Il termine più giusto, il sentimento più sbagliato.

«Ma io sono indifferente sul serio. In una stanza piena di donne come credi che possa essersi sentita?»

«Umiliata. Da te. Senza motivo» le riferisce sintetico lui, chiudendo ogni porzione di frase con un tono sempre più accentuato di giudizio. Valeria riprende a camminare, guadagnandosi il suo spazio perché stavolta è lei a volerlo tenere lontano: non lo ha mai visto in questo stato, non saprebbe che cosa è in grado di fare.

«La stai difendendo sul serio? Senza conoscerla?»

«È innocente.»

«Lo ero anche io.»

«Allora dovresti sapere come si è sentita.»

Eppure Valeria non sa cosa pensare; la sicurezza del marito la sta destabilizzando e non riesce davvero a capire l'origine di tutto questo. Le volte in cui Diego aveva perso il controllo si potevano contare sulle dita di una mano: la prima, quando aveva iniziato a picchiare suo fratello nel corridoio della società, replicando forse il macabro ricordo del loro incontro nel giardino di casa, a soli sei anni, con protagonista la pesante pietra nella mano di Mattia, la seconda volta quando aveva alzato la voce contro la madre, a seguito di inchieste troppo approfondite su di loro nei primi anni di matrimonio, e la terza adesso, con lei.
Sentirsi, in una squallida esclusiva, non più il motivo per cui la voce di Diego sia stata costretta ad imporsi su ogni altra le genera un fastidio latente che è costretta a soffocare con l'ironia.

«Lo vedi? Ti arrabbi perché mi detesti. Perché sai che avevo ragione: vuoi questo divorzio perché ti sei reso conto di quanto l'avermi vicino ti stia rovinando la vita» afferma lei con semplicità, aprendo le braccia verso il mondo attorno a loro, quasi ad evidenziare l'evidenza di un qualcosa che anche solo gli occhi riuscirebbero a tradurre ma Diego non vede. Diego non sente.

«La tua è stata una violenza. Mentimi, se devi. Dimmi che te ne rendi conto.»

«Cosa cambierebbe, il farlo?»

«Tu dimmelo, Vale» le chiede, tornandole vicino. Stavolta lei non si allontana perché la tristezza che scorge in lui le impedisce di provarci. «Per me è importante.»

«Tutto questo è ridicolo...» Adesso è decisa a non voler restare. Non si sente in pericolo ma odia il suo giudizio, perché sapere che il marito non la stima è un conto ma accettarlo è un altro e Valeria non è pronta.
Odia, per questo, che ancora lui le impedisca di andarsene.
Diego le si impone davanti, vincolandola alla sua postazione con una sorta di pacatezza che Valeria non prova.

«Vuoi sapere davvero perché sono tanto arrabbiato?» Le sussurra e in un attimo qualcosa tra di loro cambia: Valeria osserva di sfuggita le sue labbra, nella speranza di non essere stata notata, continuando appena a retrocedere ma senza convinzione mentre Diego preserva la sua rabbia ma finisce con il mescolarla al bisogno di esserle più vicino. «Lo sono perché so che mia moglie non è solo questo. Hai rammentato tu, per prima, quella notte.... l'hai resa di nuovo reale. Nel nostro soggiorno, su quel tappeto, quella sera eri un'altra. Eri dolce, tenera.»

«Avevamo bevuto» sussurra Valeria, rabbrividendo però non appena Diego le sfiora il collo con una mano. Un brivido. Lo saprebbe giustificare. Mattia l'ha toccata più di una volta in quel modo, facendo però scivolare la mano fino allo sterno. Quelle volte era presente solo il disgusto ma la tensione si può giustificare.

«Davvero è solo per questo?» Diego si fa ancora più vicino e le sue mani continuano ad essere tenere mentre la sfiorano. Le accarezzano il viso, scendendole lungo il collo, le spalle e poi le braccia...

«Smettila di toccarmi.»

«Perché non vuoi che lo faccia?...Continui a ritrarti.»

«Erano questi gli accordi» sussurra lei, dovendo però chiudere gli occhi dinanzi al loro contatto.
La punta dei loro nasi si sfiora appena, data la vicinanza, finché Diego non inclina la testa per poterle sussurrare all'orecchio, continuando ad accarezzarla.

«Non quella sera» le ricorda, per poi posarle un bacio lento lungo il collo.
Valeria registra la pressione di quelle labbra addosso e viene investita da un milione di flashback. Il cuore ha ripreso a battere sui toni di quel ritmo che Valeria avverte solo quando è con Diego, destinandola per alcuni istanti all'incoscienza prima che la consapevolezza la faccia tornare in sé.

Si ritrae rapidamente, posandosi di piatto una mano sul collo dove lui l'ha baciata, ma non abbastanza da impedire a Diego di compiere un'ultima mossa: quella di sollevare per tempo la testa e consentire, grazie a quella ritorsione di lei, alle loro bocche di sfiorarsi.
Stavolta il brivido è tanto violento da costringere Vale ad imporla, la distanza.

«Smettila.»

Quasi lo supplica, se non fosse per l'uso di quel tono perentorio.

«La vendetta non si ottiene solo con l'odio, Vale. Puoi rimanere gentile come lo sei quando sei con me.»

«Non avevo motivo d'essere arrabbiata con te, almeno non prima che tu facessi tutto questo.»

«Sei arrabbiata, ora? Con me?»

«Dai per scontato che non possa esserlo» gli dice, lasciandogli intuire quanto, in verità, in un momento simile lo detesti.

Perché Valeria odia sentirsi così, odia dover premere la mano su quel bacio, quasi stesse tamponando il sangue di una ferita mortale, per potersi impedire di avvertirlo distintamente sull'epidermide, odia non avere controllo. Odia che lui le chieda di essere qualcosa sulla quale non ha alcun controllo anche in presenza delle altre persone su cui dovrebbe esercitarlo. Perché Diego desidera tutto questo? È da matti.
No... no, non è da matti, è da persone astute, riflette Valeria, che di colpo viene raggiunta di nuovo dal terrore all'idea che lui le abbia sul serio voltato le spalle.

Che cosa vuol dire odiare, rimanendo gentili? Significava solo una cosa: arrendersi. Diego le sta lasciando credere di poter ottenere la propria vendetta quando in verità... forse gliela nega? O forse...

No... no, no, no, no! Valeria scoppia a ridere, perdendo ogni tipo di controllo, del tutto incapace di crederci sul serio.

«Oh, ti prego! Non dirmelo!» Esclama Valeria, dimenticando qualsiasi cosa possa essere avvenuta tra loro. Quel bacio, le parole di Diego, tutto cancellato da una supposizione giunta come un lampo nel cielo, tanto assurda da spingere Valeria a ridere. «Abbiamo una nuova Isabella! Grandioso!»

Quale fastidioso demone del passato è appena stato revocato! Tanto potente da far sgranare a Diego gli occhi, stupito che nella loro lite potesse fuoriuscire quel nome.

«Che cosa c'entra Isabella, in tutto questo?»

«Manila è come lei! Avanti, non puoi non averlo notato!» Continua ridendo, per poi scuotere la testa. Troppo combattiva, cattiva e forte... per poterla sconfiggere. «Bionda, gentile e tenera, proprio come piacciono a te!»

Valeria gli ha appena reso pan per focaccia: se il bacio di Diego aveva poco prima invocato i fantasmi del passato ecco che quest'invisibile schiaffo di Valeria ne aveva riportati alla luce altrettanti.

«Anche Emma è bionda e gentile, eppure con lei parli tranquillamente» sibila fuori lui, infastidito dall'ironia che ha raggiunto Valeria.

«Perché un po' di intraprendenza non ti dispiace ed Emma, così tanto posata, sembra uscita da una rivista di perfetta casalinga anni cinquanta. Ma Isabella, ohh! Che cosa non era Isabella!»

Diego intreccia le braccia, sfidando sua moglie ma continuando a mettersi sulla difensiva. «Bacio te e tu pensi sia ancora interessato ad Isabella?»

«Ma non stiamo parlando di Isabella...» commenta Valeria, svincolando di nuovo l'argomento riguardante il bacio. «... quanto di Manila. Mi ha detto che vi siete parlati e ne sembrava particolarmente entusiasta. Poi arrivi tu a difenderla a spada tratta. Se sei così interessato, la prossima volta che la mia cattiveria prende il sopravvento portandomi a strapparle ciò che indossa ti chiamo, in modo che tu possa verificare se ti piace. Così continui a fare la parte del gentiluomo e resti a guardare. Ti riesce bene.»

Un secondo schiaffo violento e mentale ed il tremendo ricordo di un altro pezzo di passato: Valeria stesa sull'erba, sanguinante nel suo abito da sposa, sola, al freddo, tremante lungo quel declino e Diego più in alto, immobile, con i piedi conficcati su quell'erba bagnata di pioggia. In ritardo per qualcosa di orribile anche solo da pensare.

Valeria fissa l'impenetrabilità di suo marito, certa che sia solo uno scudo che negli anni è riuscito a riporsi addosso nel tentativo di non lasciarsi uccidere da lei. Difesa e attacco, sempre, in maniera costante.

«Hai visto?» Sussurra lei, scorrendo gli occhi lungo ciò che rimane visibile oltre quell'armatura. «Vivere con me è impossibile.»

Diego rimane in silenzio, senza muoversi di un ulteriore passo, senza nemmeno quasi respirare e Valeria non riesce più a sostenere quello sguardo. Si allontana da lui con forza, tentando di sopperire al dolore invocato. Inspira profondamente a bocca aperta, incanalando quanto più le è possibile l'aria ma a sé attrae anche tutti i pensieri poco prima invocati. La memoria di Isabella è qualcosa di violento, quasi sadico che Valeria avrebbe preferito dimenticare per sempre ma in certi momenti la malvagità di un dolore subito può essere rivoltata contro come una carta vincente.

Valeria tenta di non pensare a quanto sia stato sleale da parte sua ma giunta nei pressi della sua scrivania un'assurda sorpresa l'attende, con un sorriso dipinto in viso.

«Antonio...» sussurra, avanzando quasi in uno stato di trans verso l'uomo poggiato con i polpastrelli della mano destra al suo tavolo.

«Ciao, bellezza. Scusa l'improvvisata.»

Valeria si guarda velocemente intorno, facendo correre gli occhi verso i presenti trovandoli assorti nel loro lavoro. Nessuno pare concentrarsi sull'estraneo il che indica la preoccupante mole di mansioni da dover assolvere: Antonio non è certo un uomo che passa inosservato.

Valeria gli si avvicina e lo abbraccia di slancio, lasciandosi stringere morbidamente prima di ricordarsi del tempo trascorso tra loro. Non lo vede da mesi ed ora lui si presenta sul posto di lavoro, nonostante tutti gli accordi presi.

«Che cosa ci fai qui?» Gli domanda, allontanandosi per poterlo fissare in viso.
È rimasto lo stesso uomo di sempre, persino il suo stile pare essere immutato: giacca nera in pelle che si abbina ai suoi capelli scuri, almeno quanto quelli di Valeria, un sorriso astuto ad enfatizzare la forma quadrata del viso e a dare lucentezza al marrone degli occhi, un maglioncino a collo alto ed un paio di jeans scuri. Lo stesso ragazzo di sempre.

«Non vorrei metterti soggezione... ma possiamo parlare da un'altra parte? C'è una ragazza bionda, poco più in là, che sembra non far altro che giudicarmi.»

Valeria volge lo sguardo sapendo bene con quale volto finire per scontrarsi: Emma, alla sua postazione, non leva loro gli occhi di dosso, iniziando a mettere in ordine dei mentali pezzi di puzzle che disintegrano, uno alla volta, la compassione provata per Valeria. Quest'ultima avverte della pena, ma solo per un istante: Emma non è parte del loro matrimonio, tantomeno ora che sta giungendo al termine e che quella regola relativa all'ingresso degli amanti sul luogo di lavoro era stata annullata.

«D'accordo, andiamocene» ribatte, afferrando borsa e soprabito nell'istante stesso in cui, con un sorriso, Antonio torna a replicare:

«Sì, credo sia meglio.»

È solo l'ironia con cui pronuncia una simile frase a spingere Valeria a volgere di nuovo lo sguardo in direzione di Emma, finendo per trovare Diego al suo fianco, con gli occhi rivolti verso di loro. Chinata per afferrare la borsa, sotto lo sguardo del marito Valeria si risolleva, posando i manici su una spalla con lentezza.

Se ne sta andando, è chiaro, assieme ad un altro vecchio ricordo e Diego non la può fermare. Ciò che poco prima le ha detto, quello che si è spinto a fare, sono i principali motivi per i quali è costretta a fuggire via. Rimanere per poter far battaglia a quelle parole è una sfida troppo grande, specie dal momento che queste sopravvivono all'interno di una guerra che ancora non ha avuto fine. Si sono già feriti a morte. Altro non resta, adesso, che lasciar colare il sangue da quei profondi tagli.

-

Erano giunti poco oltre l'ingresso della casa di Antonio quando le loro bocche si erano unite per dar vita a un violento bacio. Non c'erano state parole, se non la richiesta soffocata di Vale quando la lussuria dell'amante si era resa palese: «non prendermi nel soggiorno.»

Antonio non aveva fatto storie, né aveva chiesto il perché: sapeva che se lo avesse fatto Valeria non gli avrebbe risposto, dal momento che non era mai stata il genere di ragazza incline a raccontare le proprie motivazioni, e così aveva eseguito. Caricandosela addosso mentre lei gli stringeva le braccia attorno al collo, l'aveva condotta nella sua stanza e lasciata cadere sul letto, per poi privarla dei vestiti. Riscoprire il suo corpo nudo era stata la meraviglia di sempre: non era cambiata per niente e non aveva alcun segno addosso, lungo la pelle pallida. Antonio si domandava come il marito riuscisse a controllarsi fino a quel punto: lui e lei avevano avuto una relazione lunga qualche anno e qualche mese, con i suoi alti e bassi, ed in tutto quel tempo Antonio non era mai riuscito a scorgere il segnale latente del marito. Continuavano a fingere di star insieme, dunque, senza alcuna passione. Quasi non riusciva a credere che Valeria continuasse ad essere solo sua.

L'aveva presa con foga al solo pensiero, si era goduto quella ricongiunzione mentre Valeria, come sempre, restava con gli occhi chiusi a guidare il rapporto: era lei a decidere, posizioni e istanti, lei ad invocare o a far cedere l'intensità, nonostante fosse lui l'attivo in ogni posa e ad Antonio andava bene. Voleva fare il massimo, voleva che Valeria avesse tutto, per questo, vicino al culmine, non si era lasciato accecare dalla passione non appena l'aveva sentita richiedere un'ultima azione. Era dietro di lei, chinato sul suo corpo sollevato sulle ginocchia, con il torace premuto contro la schiena di lei e la faccia affondata tra la sua clavicola ed il collo. Stava leccando quest'ultimo quando poi, giunto in un punto specifico, l'aveva sentita sussurrare, in preda all'estasi: «ti prego, mordimi.»

Lo aveva fatto, lasciando l'impronta dei suoi denti e l'ematoma rosso scuro, permanente, del loro contatto.

No, Antonio non era mai stato un uomo tanto controllato, né era mai risultato capace di non lasciare tali espliciti segnali. C'era stato un tempo in cui Valeria aveva creduto lo facesse solo per gelosia nei confronti di Diego, quasi non aspettasse altro che l'occasione giusta nella quale il marito avrebbe notato su di lei la palese essenza del suo tradimento, ma poi aveva capito che non era niente di tutto questo quanto, piuttosto, il solo modo di Antonio di sfogare la passione.

Ora giacciono esausti lungo il letto di lui, nudi e sudati, Valeria ancora ad occhi chiusi. Sul corpo, sfoggia non pochi lividi: la maggior parte di essi si attarda sulle natiche ma sono presenti anche all'interno delle gambe, lungo la schiena, sui fianchi, vicino ai seni, quali segnali evidenti delle strette delle mani di lui.

Rossi polpastrelli ad indicare i punti sui quali Antonio aveva esercitato più pressione, in modo da afferrarla.

Lungo il corpo di lui, lo stesso campo di battaglia. Neanche Valeria era stata da meno, lasciando adesso Antonio con un sorriso compiaciuto nel constatarne i risultati, non avendo potuto dimenticare il modo che aveva Valeria di scopare. Violenta, selvaggia ed instancabile. Una donna a tutti gli effetti, la sola che lo aveva spinto a ritornare sui propri passi per riaverla.

«Che cosa significa?» Mugugna lei contro il cuscino, riaprendo gli occhi nella direzione della stanza. Antonio sorride ancora, chiudendo in uno stretto nodo il preservativo sfilatosi di dosso per poi lasciarlo cadere a terra, a fianco del letto.

«Che mi sei mancata, ecco che significa.»

Valeria si solleva, mettendosi a sedere con lentezza. Le labbra rosse e gonfie per quei violenti baci, i capelli ancora allineati ma sporchi di sudore, i muscoli esausti ma sempre la superbia di poter giudicare l'amante dall'alto.

«Toniuccio» replica, revocando un soprannome da presa in giro che per lungo tempo era stato usato dagli amici di lui, all'interno dei loro privati discorsi.

«Tesoro...»

Valeria sorride ma scuote il capo, arresa dalla sua mancanza di risposta. «Avanti, dove sei stato?»

Eccoli tornati al loro rituale, a quelle domande di circostanza che si scambiavano al termine dei loro incontri amorosi. Un motivo come un altro per raccontarsi la reciproca giornata anche se, la maggior parte delle volte, era sempre Antonio a dover replicare a quell'interrogatorio perché Valeria detestava avere uomini in grado di celare tanto bene i loro segreti. Ma stavolta... la sorpresa generata dal ricevere la risposta di lui non può essere anticipata.

«Sono tornato a casa.»

Valeria volge lenta lo sguardo, oltre la nuda spalla dal momento che gli aveva rivolto la schiena, restando a fissarlo.

Antonio è palermitano, proprio come lei. Si conoscono da tempo, decenni ormai, anche se tra di loro non c'era mai stato niente ai tempi della scuola. Era noto che ad Antonio piacessero le cattive ragazze e, parola di lui stesso, a quel tempo Valeria non era entrata nel suo radar. Non la conosceva bene. Sapeva che era una tosta, in grado di prendersi carico della sua intera famiglia senza mai farsi mettere i piedi in testa, ma non si aspettava certo che fosse agguerrita fino a questo punto o malata di peccato, come si considera ammalato lui, uscendo con un altro uomo mentre era sposata con un ricco imprenditore del nord. Davvero... esagerata, e l'incarnazione stessa di ogni suo desiderio, motivo per il quale è tornato da lei.

Valeria volge di nuovo la testa verso il resto della stanza, tentando di ripristinare pacatezza nelle proprie parole.

«Per questo sei tanto abbronzato.»

Antonio sorride, abbassando il capo verso il pallore delle lenzuola a contrasto con la sua pelle color caramello.

«Non mi chiedi niente?»

«C'è qualcosa in particolare, che ti dovrei chiedere?»

«Ho delle novità, ma non ci crederai mai.» Antonio aspetta che Valeria torni a fissarlo per poter lasciare fuoriuscire dalle sue labbra arricciate in un sorriso, che spingono l'altra a riprodurne una pallida imitazione, un succulento gossip che non vedeva l'ora di raccontarle. «Tua sorella Carla esce con mio fratello, Carmine.»

La bocca di Valeria, a questo punto, si spalanca davvero in un sorriso sincero. «Che cosa?»

Né è felice. Più che felice, Carmine è un bravo ragazzo, da quello che ricorda... Carmine non è suo fratello, è un tipo astuto ma calmo. Spera non sia cambiato.
Riesce facilmente a capire quanto a Carla sia riuscito facile stregarlo.

«È il fascino delle sorelle Greco» replica Antonio, percorrendo con un dito la schiena di lei, «non posso certo rimproverarlo.»

«Come sta mia sorella?»

«Ancora sopravvive come una tua fotocopia, ma con maggiore ironia. Angela, invece, continua ad essere rimproverata da Margherita ma ultimamente è riuscita anche lei a scappare dalla dittatura della maggiore vedendosi con un giovane del paese. Credo si chiami Giovanni, ma non ne sono certo. Rita, invece, è ancora tanto bambina, continua la sua vita da adolescente.»

«Lasciala divertire... se lo merita, avrebbero bisogno tutte loro di essere felici.»

«E tu no, Valeria?» Mormora Antonio, continuando ad accarezzarla con lentezza, mormorando poi i suoi dubbi con metà del fiato necessario. «Continui a tenere gli occhi chiusi, mentre lo facciamo...»

«È più intenso, così» replica lei, ma lui non ne è del tutto convinto.

«A volte mi viene da pensare che tutta questa violenza non ti piaccia. Altre, invece, che la desideri più di te stessa.»

«Non mi sono mai lamentata di te. Non è il motivo per cui abbiamo chiuso» gli ricorda ed Antonio continua a scorrere gli occhi lungo la schiena nuda di lei, accarezzando le docili colline appartenenti alla spina dorsale.

«È vero, si è solo chiuso tutto nel niente. Il nostro non è un impegno, ci chiamiamo quando abbiamo voglia.»

«È così.»

«Possiamo continuare a farlo?»

Valeria torna a guardarlo, rimanendo volontariamente incatenata a quegli occhi scuri e a quello sguardo magnetico, intrappolato al di sotto delle ciglia appena sollevate.

«Solo se hai altre storie su Palermo da raccontare.»

-

Il freddo di Dicembre nella terra delle Langhe si è materializzato all'interno della nuvola di respiro di ogni abitante, specie se residente nella città di Dogliani dove la temperatura scende a velocità allucinante al solo accostamento al Natale.

Diego tenta di tenersi al caldo, affondando le mani nelle tasche dello spesso cappotto marrone e respirando all'interno del bavero alzato fino alle orecchie. Non si stupirebbe se d'un tratto scendesse la neve e nella tristezza covata all'interno del suo animo arriva ad immaginare l'allegria di Gaia di fronte all'ipotesi di un tale evento.

In piedi dinanzi alla porta della casa contro cui, appena pochi istanti prima, aveva bussato, Diego sorride dolcemente nel ricordo della piccola fino a che, al fianco di quest'ultima, non si materializza la femminile figura di una donna dai capelli più neri dell'inchiostro. Diego chiude gli occhi, tentando di tenersi insieme e di darsi la forza per continuare a lottare ma nel farlo altro non rivede che il loro ultimo incontro, il modo con cui le labbra di lui si erano macchiate d'errore nel posarsi sulla pelle di lei.

«Diego?»

Una voce femminile si affaccia tra i suoi pensieri e lo esorta ad aprire gli occhi velocemente, per allontanarli.

La donna lo sta fissando con un sorriso, stringendo i lembi della vestaglia, contornata dalla bionda aurea data dai suoi mossi capelli biondi. Isabella appare come un angelo e Diego... Diego è parte stessa dell'inferno.

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