10. Soffocare
2 Dicembre 1970, Vezza D'Alba (Langhe), Piemonte.
Quale forza interiore consente di provare una feroce rabbia? È forse l'amore? Il desiderio? L'ossessione? L'invidia? L'odio? Il rancore?
A Valeria è impossibile riconoscerlo, perché provando una simile frustrazione è angosciante anche solo il pensiero di concentrarsi su altro.
Quella mattina era giusto riuscita a notare l'assenza di Diego in qualsiasi angolo della casa e sbuffare in una mancanza di sorpresa, in merito alla sua codardia.
Altro magnifico pregio del cognome Grimaldi: la capacità di saper scappare dalle conseguenze di certe azioni. Certo, rispetto al fratello, Diego aveva agito secondo il buon nome della legalità ma era stato comunque mosso da un bisogno meschino.
Se c'era qualcosa che Valeria aveva rispettato del loro matrimonio era stato il bisogno di non mentirsi a vicenda, essendo complici di una frode ai danni di Mattia. Quella fiducia basata sul rispetto di considerarsi alla pari. Non era roba da poco ma nel corso della notte scorsa si era rivelata un assurda delusione. Ora Valeria sa di non potersi fidare di nessuno altro che non siano le sue sorelle. Loro si che l'avrebbero spalleggiata e difesa. Diego sta giocando invece, secondo Valeria, nel modo opposto; lasciandola indifesa e quasi spingendola a ricordare la vita lasciata alle spalle, in modo da farla tornare da lei e abbandonare per sempre la difficoltà delle Langhe. Probabilmente l'ha sottovalutata, il che sarebbe sciocco dal momento che più volte Valeria gli ha mostrato di non voler fuggire. Solo questo, dunque? Un ultimo tentativo patetico di allontanarla dalla famiglia?
Non può impedirselo; Valeria è delusa, si sarebbe aspettata di meglio, almeno da lui.
«Tutto questo è ridicolo» dice a se stessa mentre avanza come una furia all'interno dell'azienda ma sfortunatamente incrocia gli occhi di Emma, seduta alla propria postazione, ricordando di colpo le lacrime della donna e quel compianto.
Capisce in un attimo come una donna perfetta come Emma, ottima segretaria e ottima moglie, non si sia trattenuta un solo attimo a scoppiare a piangere di pietà all'annuncio di un loro possibile divorzio.
Valeria prova un'orrore profondo immaginando come anche altri possano considerarlo un'ennesima vergogna da farle aderire all'anima, pensando bene di attribuirle la colpa per quell'atto estremo. Magari pensando che Diego si fosse stancato di accudirla o avesse perso, nei suoi confronti, ogni speranza. Valeria sente accrescere la rabbia.
Lei non dipende da lui, non vuole farlo, non lo farà mai. Detesta non essere stata la prima a proporre quel divorzio, lei che aveva lottato tanto in passato per tenerlo lontano da sé!, così come odia l'idea di essersi adagiata troppo alla sua vita, pensando di avere già la vittoria in tasca contro Mattia.
Non la ha. Non ha nemmeno Diego, se per quello. I loro anelli di matrimonio continuano a non valere niente.
Lo ripete a se stessa ma di colpo il fiato le viene a mancare ed una violenta crisi respiratoria la raggiunge vicino all' ingresso dei bagni.
No, ti prego, no! Urla dentro di sé, tentando di ispirare con forza mentre il corpo si riversa in avanti nel tentativo di spalancare la porta delle donne. Non ancora, no!
Riconosce l'attacco di panico troppo bene. Sa che è la paura a fomentarlo e lei ne prova fin troppa. Assieme all'ansia e alla mancanza di controllo che le precipitano addosso di colpo.
Riesce ad entrare nella toilette e dirigersi verso i lavabi. Si fissa nello specchio, presente al di sopra di essi, tentando di regolare l'attacco con la calma data dal riflesso. Inchioda gli occhi a quelli del suo doppione, tenta di non registrare la visione di tutto il resto, della bocca spalancata, delle vene lungo il collo, della pelle arrossata, delle mani che sono divenute artigli ad afferrare la ceramica di quel sanitario.
Rifugiarsi in quel bagno significava nascondersi alle altre persone, nella paura di mostrare la propria fragilità, sì, ma anche di fare qualcosa di inaspettato ed imbarazzante: non voleva che gli altri impiegati scoprissero del suo disturbo, né che notassero i tremori corsi a scuoterla.
La sudorazione e la pressione al petto stavano indicando un netto peggioramento della crisi... fissarsi allo specchio non è servito a niente. Valeria si accascia al suolo gelido da sola, spaventata, tremante ed infreddolita da tutto quel sudore che le scivola lungo la pelle.
Pensare a ciò che la farebbe guarire in un'altra situazione la farebbe ridere: occorrerebbe un'altra persona che le parlasse, che la tenesse al sicuro, che la proteggesse e che con lei aspettasse. Quando era in Sicilia, quella persona era sempre stata Margherita. Sua sorella rimaneva al suo fianco, in attesa che il terrore scemasse ma ora non è lì, come non lo era stata quando aveva scoperto la morte della loro madre. Altro trauma che aveva destabilizzato Valeria al punto tale da nascondersi in certi angoli del mondo, da sola, nel tentativo di sparire per sempre durante le crisi.
Ti prego, matri, fa chi passi... L'uomo chi haju sposato mi avi abbandonata, mi avi lassata da sula, o friddu. Ti prego, almìenu tu, proteggimi, matri!
Lo pensa Valeria mentre sta piangendo, al ricordo della madre. Sta stringendo le mani in una preghiera e le braccia al petto, gli occhi in una sottile linea, le sopracciglia in una contrazione di dolore mentre i capelli neri le cadono intorno e la pelle bianca si affaccia solo in certi momenti dagli abiti scuri, dichiarando il suo tremore ancora presente.
Vorrebbe sua madre. Vorrebbe le sue sorelle. Vorrebbe non essere da sola. Da che quel mostro l'ha violata nella mente, nel corpo, teme il dolore con tutta se stessa e questi attacchi di panico non fanno che ricordarglielo. Non fanno che ricordarle... quanto sia cambiata.
«Hai una corona di fiori molto bella. Si abbina all'estate e al tuo sorriso.»
Una voce la raggiunge nella mente, come un ricordo lontano. I singhiozzi di Vale rallentano mentre le lacrime proseguono, rimanendo spettatrici di quel ricordo.
«Ti ringrazio, anche tu hai un bel sorriso.»
«Grazie!»
Valeria apre gli occhi, tornando partecipe delle piastrelle del bagno erette attorno a lei come una fortezza, maledicendosi per la forza emotiva che quel ricordo le provoca.
«Non sei di quaggiù, non è vero? Da noi si dice "Quannu lu diavulu t'alliscia voli l'arma."»
«Come?»
Valeria se la ride, per poi tornare seria nel tradurre. «Significa, "quando il diavolo ti adula vuole l'anima".»
«Ti assicuro di non aver avuto cattive intenzioni. Solo dirti quanto tu fossi bella.»
«Se è solo per un apprezzamento, allora ti ringrazio, straniero.»
Il pianto è passato assieme all'attacco di panico. Quello che resta in Valeria è solo la vergogna.
Quando era iniziato, tutto questo? L'odio per Mattia aveva soffocato il resto e lasciato un ombra oscura sul passato, tanto pesante da far ricordare a Valeria solo il disprezzo. Solo il disprezzo che li aveva seguiti come un cane fedele, fin dall'inizio del loro matrimonio.
19 Giugno 1962, Palermo, Sicilia
Schiamazzi di risate e passi affrettati rimbombano per le strade illuminate e piene di sole di Palermo, nelle quali un gruppo di avvenenti ragazze, in abito bianco, sta correndo in preda all'euforia e alla gioia.
Donne più anziane studiano la loro allegria da sedie in plastica, sul bordo strada, mentre sono immerse nel tentativo di sventolarsi con sottili fogli ripiegati di carta, per poter sopportare la calura dell'estate.
Un movimento veloce del polso, l'improvvisato ventaglio che continua a sventolare, poi le mani che arrestano ogni azione quando quel gruppo di giovani ragazze volteggia dinanzi loro, in modo da poter cambiare la loro mansione: d'improvviso, i palmi di quelle mani solcate dall'età prendono a battere tra loro per poter dare la musicalità di un tempo sostenuto, il ritmico suono di un tamburo vivo, vibrante, che fa arrestare le ragazze al fine di improvvisare una danza a piedi scalzi.
Si riuniscono in gruppo ed al centro di esse ve ne è una sola a rappresentarle. I capelli di quella donna sono lunghi e neri, il sorriso dai denti perfetti più bianco della tunica che indossa e dei petali della sua corona di fiori d'arancio, posta sul capo. Balla ridendo, si tiene stretta in una mano il lungo vestito affinché non possa intromettersi nella tarantella, mentre l'altro braccio è dispiegato verso il cielo creando movimenti ritmici del polso, alla stregua del movimento compito dalle anziane poco prima con i loro ventagli.
I piedi scalzi della ragazza sono veloci, toccano appena il suolo ricoperto di sampietrini ardenti, eppure le donne attorno a lei, battendo le mani al tempo di musica, la incitano a non rallentare.
«Avanti accussì, Vale! Avanti, cchiù lestu! »
Valeria ride alla richiesta di sua sorella Carla, parte integrante del loro cerchio, ma non si lascia sconfiggere: velocizza ancora, compiendo strette giravolte, così come si fa più restringente la musica di strada, fino a raggiungere il suo apice.
Un ultimo battito, una fragorosa risata. La danza si arresta con una Valeria ridente, abbracciata di slancio dal gruppo di sue amiche e sorelle. Non si è mai sentita più felice di così e più forte, più libera.
«Sarrai 'na mugghieri trùoppu bedda, Vale!» Replica sua sorella Angela, baciandole la guancia.
«'Na mugghieri chi quegli uomini nun meritano!» Prosegue a dire Margherita nel fiancheggiare l'idea di quell'addio.
«'Na mugghìeri chi ancùora nun conosce u so futuru maritu» contesta così Vale, generando un coro di sospiri e lamenti capace di farla sorride.
«E nzoccu vvoi chi fussi! U bacialè ti avi assicurato chi l'uomo jè beddu, no? Fidati ri iddu e stattene carma.»
Valeria ci prova a stare calma, ma il suo futuro sposo è pieno di misteri. Non conosce il suo viso, né il suo carattere.
«Mi chiedo si a bbiddrizza possa abbastari...» mormora appena, tradita dalle sue paure alle quali, però, amiche e sorelle non le consentono di cedere.
«Avanti, chi cos'altro occorre? 'N omu beddu e chi ti protegge, àutru nun serve» replica ancora Margherita, e a quel punto Vale cede. Sua sorella ha ragione, se il suo futuro marito saprà proteggerla ed occuparsi di lei allora altro non potrà occorrere.
Qualcosa riesce a distrarla da simili pensieri ad un tratto ed è la figura di un uomo, proprio al termine della strada. La sta fissando con uno stupore genuino, la bocca appena aperta, il che fa ridere Valeria permettendole di allontanarsi dal gruppo. Le altre, come da tradizione, salutano le vecchie signore del paese che hanno accompagnato il loro ballo, baciando loro le mani e portandosene il dorso alla fronte, in una riverenza capace di far ridere quelle donne e gettare allegria dentro il cuore. Valeria invece muove i suoi passi scalzi in direzione di quell'uomo estraneo, alto ed illuminato dal sole, rendendosi conto di quanto la sua bellezza sia accentuata dalla vicinanza.
«Scusami, non avrei voluto interrompere, stavo solo passando di qui per caso» le dice ed è così che Valeria, notando il suo accento dalla calata nordica, lascia correre lo sguardo anche sulla differenza dei loro abiti. Non coglie una particolare eleganza in quelli dell'uomo quanto un pregio nel materiale all'apparenza semplice, ma di classe. Unito alla strana cadenza del suo accento, Valeria arriva a pensare che sia abituato a ben altri luoghi.
«E ti è piaciuto il ballo?» Domanda con provocazione e gli occhi di quell'uomo sembrano percorsi di un luminoso lampo.
Sì... è particolarmente bello, con i suoi capelli corti ma confusi sulla testa di un castano chiaro, gli occhi marroni ed una notevole altezza. Particolarmente vicina, Valeria nota una cicatrice sulla sua tempia destra, nei pressi del sopracciglio. Piccola, a malapena visibile se solo non fosse per quella prossimità.
«Molto» replica con fervore, al che Valeria arrossisce. Che sfrontato, quel ragazzo! Valeria si domanda se si comporterebbe allo stesso modo sapendo che quel ballo improvvisato è sinonimo di un fidanzamento ma la cosa non le dispiace. Si lascia osservare da quegli occhi gentili che la stanno accarezzando con dolcezza.
«Hai una corona di fiori molto bella. Si abbina all'estate e al tuo sorriso.»
Davvero molto spudorato! Ma Valeria non sa resistere. «Ti ringrazio, anche tu hai un bel sorriso.»
«Grazie!»
L'allegria con cui ha lasciato libera una simile riconoscenza concede tenerezza al cuore di Valeria e la voglia di trattenersi ancora con lui del tempo. Magari... chi lo sa, quel ragazzo è il suo futuro marito.
«Non sei di quaggiù, non è vero? Da noi si dice "Quannu lu diavulu t'alliscia voli l'arma."»
«Come?»
Valeria se la ride, per poi tornare seria nel tradurre. «Significa, "quando il diavolo ti adula vuole l'anima".»
«Ti assicuro di non aver avuto cattive intenzioni. Solo dirti quanto tu fossi bella.»
«Se è solo per un apprezzamento, allora ti ringrazio, straniero.»
A quel punto è lui a sorridere con maggiore resa e Valeria lo fissa incantata. Vorrebbe restare con lui, raccontargli della sua folle pazzia di acconsentire al matrimonio con un perfetto estraneo quando poi la voce di Margherita la richiama, rammentandole le tradizioni della giornata.
«Soru, nun fari notti! Avemu ancùora molti posti pi cui iri! A famiglia du maritu ti aspetta!»
Molti posti in cui andare e poco tempo per raggiungerli tutti.
«Adesso devo andare» dice al ragazzo, riflettendo sulla possibile prossimità delle loro età. Lui temeva un epilogo del genere per cui non si esenta dal dire:
«Spero di rivederti presto.»
Valeria torna a fissare quella piccola cicatrice sul lato destro del viso, pensando a quanto sia in armonia con la fronte alta e gli zigomi affilati, il volto ovale, l'espressione rilassata e cordiale.
«Forse sarà possibile, chi lo sa. Solo se è destino» gli dice, volgendogli poi le spalle ed iniziando a camminare a piedi nudi sulla sua terra.
Diego continua ad osservarla finché, riunita alle sue amiche, non raggiunge il termine della strada, senza che nessuno dei due sappia quanto i loro destini siano condannati a intrecciarsi.
16 Marzo 1963, Roddi (Langhe), Piemonte
L'abito bianco del matrimonio ha un bustino soffocante o forse è solo l'idea di prigionia che questi tradisce. Suo marito è rimasto in silenzio per tutto il tragitto di ritorno all'hotel nel quale era stata presa una camera in affitto a loro nome. Valeria, in piedi sulla moquette di quella stanza incapace di celare lo squallore di una simile situazione, ha il volto solcato dalle lacrime ma una tempesta negli occhi che non esita a scagliarsi.
«Allora? Vuoi dirmi che cosa hai intenzione di fare, adesso? Mi hai sposata, bravo, hai rimediato agli errori della tua famiglia salvandone l'onore... ma non credere per un solo istante di aver comprato la mia felicità. Io odio tutti voi, con tutta me stessa.»
Parole tanto nere non dovrebbero essere pronunciate nel candore di un simile abito. Non con ancora il profumo d'incenso che era stato sparso in chiesa. Non si adeguano ad una neo sposa ma Valeria non si è considerata per un solo secondo tale. È arrabbiata, o meglio furibonda, e la sola persona contro cui scagliare se stessa è lui. L'uomo che in uno smoking leggermente stretto alle spalle, essendo destinato al fratello, si è avvicinato alla finestra della stanza per poter vedere al di fuori i festeggiamenti che ancora si tengono in strada. Il corteo fragoroso di risate, schiamazzi e musica si sta allontanando dalla loro camera al terzo piano, con una lentezza capace di provocare una latente agonia. La stessa covata, subito dopo, nella voce di lui.
«So che è così, non mi aspettavo altrimenti.»
«Perché hai accettato di sposarmi?»
La richiesta di Valeria fa staccare a Diego gli occhi dalla finestra con una forma, mal nascosta, di sorpresa. Aveva pensato che una simile domanda sarebbe arrivata più avanti, nel corso del loro matrimonio, ma Valeria sembra decisa a voler concepire ogni cosa, all'istante.
«Dico sul serio, perché lo hai fatto? Sapevate tutti quanti che avevo abortito. Ve l'ho detto, sono venuta in casa vostra a riferirvelo. Che cosa desideravi, nel momento in cui ti sei fatto avanti?»
«E tu perché hai accettato, Valeria?»
«Per quello che mi hai detto, chinandoti verso di me.» Afferma con sincerità, dirigendo il mento verso l'alto per mostrare autorevolezza. «Per la promessa che mi hai fatto, di garantire per la mia vendetta.»
In un attimo si rivede in lacrime riversa sul pavimento di casa Grimaldi a seguito dello schiaffo di quella donna, Sofia. Da sola, in una terra che le era ostile, aveva visto Diego inginocchiarsi di fronte a lei per poi sentirlo sussurrarle quella frase, in un orecchio.
"Avrai la tua vendetta. Farò in modo che sia così".
«Ed è quello che farò, non devi preoccuparti. Ti vendicherai di Mattia per tutto quello che ti ha fatto.»
«Odi tuo fratello così tanto?» Chiede senza fiato, sorpresa quanto infastidita da quella situazione, con lo stupore che vince su tutto. Non potrebbe mai pensare di tradire una delle sue sorelle, quale errore può essere stato tanto grave da spingere Diego a pensare di farlo?
«Da piccoli ha provato ad uccidermi» le dice, fissandola negli occhi nel riprendere a parlare. «Eravamo nel giardino di casa nostra e Mattia ha afferrato una grossa pietra. Mi ha steso a terra ed ha iniziato a colpirmi più volte alla tempia. Sono stato in coma per giorni.»
Sulla tempia... la cicatrice!
Valeria la ricorda, è stata la prima caratteristica di Diego che ha notato, prima che la distrazione causata dall'attrazione per quell'altro uomo che tanto le aveva fatto male non l'aveva condotta a valutare altre caratteristiche in quei volti così simili. Ed a quanto pare quella cicatrice simboleggiava il dolore che il loro matrimonio cela in sé, in un immenso segreto. L'odio per Mattia e per ciò che è in grado di fare.
«Non sarà facile, ma dovremo provare ad accettarci. Portare questo matrimonio avanti, fingere che funzioni.»
Valeria si riprende dai pensieri, tornando feroce nel chiedere la sua opinione.
«E come può essere possibile? Non fingerò che tu mi piaccia.»
«Credo che si tratti proprio di questo, invece» afferma risoluto Diego, portando Valeria a sbuffare di insofferenza, tenendo le braccia strette al petto.
«Se avessi dovuto fingere allora avrei ingannato direttamente Mattia e non il suo gemello.»
«Con il rischio che mio fratello tornasse a farti del male?»
Diego ha ben capito come funzioni solo l'irruenza, con Valeria: in questo stato di ferocia, parole tanto dure sono le sole che ascolta e per questo l'uniche a permettere all'uomo di ricevere contro i grandi occhi di lei, assieme alla sua attenzione.
«Non ti toccherò in alcun modo, Vale, senza il tuo permesso ma dovremmo stabile un limite con il quale fingere in presenza della mia famiglia. Stabilisci tu le regole.»
Valeria tace per lungo tempo, in quell'abito bianco che la riempie di pizzo e di ricami rimanendo in mostra al centro della stanza, finché la decisione non la costringe a parlare.
«Adesso scenderai nella hall, prenoterai un'altra camera e ci passerai l'intera notte. Non ho intenzione di vederti per un solo istante in più, né di ascoltarti. Sono stanca di tutti voi.»
Diego non può dire niente, non può replicare. Le parole di Valeria sono tanto sincere e piene di ferocia da condurlo ad abbassare a terra la testa e maledirsi per aver tirato fuori quell'argomento troppo presto.
«D'accordo... faremo come vuoi tu.»
Abbandona lesto la stanza, fino a che Valeria non arriva ad essere davvero sola come non lo era stata per giorni.
Libera, finalmente, di essere solo se stessa.
Scoppia a piangere tappandosi il viso con le mani, quasi a voler celare a se stessa l'orrore della sua vita, dopodiché parte a strapparsi di dosso l'abito.
Molti bottoni saltano, la stoffa trasparente di certi ricami viene lacerata portando allo scoperto la nuda pelle. Un corpo che è stato profanato ed una mente che è stata violata. Delle lacrime che continuano a scendere assieme ai lamenti, ai gemiti rotti.
Appoggiato con la schiena alla porta del corridoio Diego sente ogni cosa e chiude gli occhi, attraversato dal pensiero funesto che non tutte le cose possono essere riparate.
24 Maggio 1963, Vezza D'Alba (Langhe), Piemonte
Quasi il contatto l'avesse ustionata, Valeria Grimaldi priva velocemente la mano del marito della propria, schiaffeggiandolo in pieno viso, una volta raggiunto il giardino, per le libertà che si è concesso.
«Eri tu quello che non mi avrebbe toccata almeno che non fosse stato per mia volontà?»
Si era trattenuta anche per troppo tempo, aveva atteso che arrivassero fuori dalla villa dei suoi.
«Si è trattato solo di un bacio sulla guancia, Vale. Quelle persone si aspettavano di più.»
«Non mi interessa un accidente di quello che si aspettano!»
Diego affonda una mano in tasca, la stessa alla quale Valeria aveva rinunciato con tanta facilità, assumendo una posa calma ma concentrata su di lei, in modo da poter ricavare tutta la pazienza necessaria per riferirle il suo punto di vista.
«È questo che vuoi? Mostrarti ancora debole?» Ogni lucido pensiero si azzera in Valeria, che mai avrebbe creduto di sentirsi dire proprio da lui una frase del genere. «Puoi esserlo con me. Puoi arrabbiarti, quando siamo soli, ma non mentre siamo in presenza della mia famiglia. Non gli daresti che modo di vincere ancora, di continuare a tenerti d'occhio. So che hai notato come ti guardava mio fratello... non smetterà mai di farlo se tu continui a dimostrati così scossa.»
«Sono passati solo due mesi!» Gli urla di ritorno contro, ancora sconvolta da quanto possa essere spudorato ma... quella frase? "Puoi essere debole con me" è più che un invito, è una sorta di resa a cui Valeria non aveva mai minimamente pensato.
Si rende conto in quel preciso istante di aver sempre considerato anche Diego parte stessa dei suoi problemi ed il motivo era piuttosto semplice... Non perché lui era un Grimaldi, non perché era il gemello di quel mostro, non perché avesse il suo stesso viso o le stesse movenze ma perché era stato il primo a ritrovarla a seguito di quella notte di violenza. Il primo. L'ultimo che Valeria avrebbe voluto, arrivato in un ritardo che se scampato le avrebbe permesso di mettersi in salvo.
Non si mostrerà mai più debole in sua presenza come quella sera, perché quella sera verrà abolita per sempre.
«Non potrai avere la tua vendetta, né lasciare in silenzio mio fratello, finché non dimostri loro che hai dimenticato quella vecchia storia per sempre.»
«Come posso dimenticare se tu ti avvicini tanto senza avvertirmi!»
La frase è urlata e lascia in silenzio entrambi, a covare percezioni diverse.
Valeria voleva provare a dirgli di avere ancora paura del contatto con un uomo dopo ciò che Mattia le ha fatto, fargli sapere che non era pronta, che quel bacio sulla guancia sì non era niente ma era capitato d'improvviso, facendole credere che fosse altro.
Diego, invece, riflette solo su una cosa: sulla paura che la ragazza deve aver provato a vedersi arrivare tanto vicino il volto identico a quello del suo stupratore. Aveva provato a comunicarle le sue intenzioni con una serie di sguardi ma lei non li aveva colti perché tra di loro ancora non c'era comunicazione e senza un'intesa erano destinati a fallire prima ancora di cominciare. Questo Diego lo sa, ma di colpo è come se venisse svuotato di tutta quella forza d'animo che l'aveva condotto a compiere quel minuscolo gesto per la prima volta in due mesi.
Una piccola azione che aveva avuto una ripercussione violenta.
«Scusami» le sussurra, abbassando la testa nel tentativo di sfuggire da lei. Di nasconderle quanto più gli è possibile il proprio volto. «Ti prometto che non si ripeterà. Aspetteremo che tu sia pronta.»
Valeria non lo osserva ritirarsi, né pensa minimamente alle idee che possano averlo attraversato: il dolore l'ha resa egoista al punto tale da ignorarlo o non accorgersi che in quella drammatica situazione sono due i cuori ad essere fragili. E quello di Vale non è certo il migliore dei due a celare segreti.
17 Ottobre 1964, Vezza D'Alba (Langhe), Piemonte
Nessuno avrebbe potuto prevederlo: la frase di Mattia Grimaldi aveva congelato i presenti al punto tale da non portarli nemmeno a respirare, con l'eccezione di una sola scelta.
Diego Grimaldi è corso in avanti, gettando con una serie di feroci spinte suo fratello lungo il pavimento della società, pronto ad innestare un pugno che poco dopo si abbatte sul viso designato.
Non si è trattato di un gesto cavalleresco, né di semplice regola morale. Valeria, in un angolo della scena, riconosce la furia negli occhi arrossati del marito, comprendendo che sia stato l'esaurimento a spingerlo a tanto.
I pugni continuano. Uno dopo l'altro. Mattia sputa sangue e ride. Si concede il lusso di voltare la testa verso Valeria, la protagonista della sua battuta di spirito, ma la cosa non fa che gettare maggiore furore sull'uomo che la protegge.
«Dovresti concentrarti su chi ti mette al tappeto» gli sibila contro Diego, stringendolo per la calotta degli abiti nel tentativo di far rivolgere a sé il volto del fratello. «Non è educato...»
«Nemmeno inscenare un litigio in pubblica piazza lo è.»
«Non sono stato io ad iniziare.»
«Siamo tornati bambini, per caso?» Replica Mattia, sputando fuori un dente, con l'immensa soddisfazione del marito e della moglie presenti. Dopodiché abbassa il tono di voce per poter conferire solo con il fratello. «Non era una battuta, la mia. Conosco il sapore di Valeria, cosa che non si potrebbe dire di te. Nemmeno un piccolo contatto, durante le cene» continua a sussurrare, provocando il sorriso di Diego. Valeria, incapace di sentirli, tenta di tradurli ma anche questo è impossibile. I pugni hanno innestato un bisogno in Mattia di allungare le frasi in maniera serpeggiante a causa del sangue e del dolore. «Nostra madre è sempre più tentata dal rompere l'accordo finanziario e rispedirla a casa. Dice che avere una serpe tra di noi non ci porterà che alla rovina.»
«Di questo sono sicuro anche io» replica il fratello, senza abbandonare la presa attorno agli abiti.
Anche Mattia sorride. «Non sono io il problema, Diego. Lei mi voleva e forse mi vuole ancora, per questo ti rifiuta.»
«Il rapporto che abbiamo non vi riguarda. Lei è mia moglie, ha accettato di sposarmi. Tu e nostra madre dovete farvene una ragione. Ha sposato me... non voi.»
Valeria continua ad osservare i fratelli combattere a parole, finché non è Diego il primo dei due a sancire il colpo mortale. Abbandona al presa su quegli abiti ed una volta tornato in piedi si ripulisce le mani con il fazzoletto da taschino.
Diego e Mattia. All'apparenza due gocce d'acqua, ma Valeria sa bene quanto il cuore li differenzi.
Il marito arriva fino a lei, nascondendo con il corpo della moglie la vista delle sue nocche insanguinate a nuovi visitatori apparsi sulla scena.
«Che cosa vi siete detti?» Gli domanda, ma Diego aggira prontamente la questione.
«Non è importante.»
«Se te l'ho chiesto vuol dire che per me lo è.»
«Mi ha solo provocato.»
«In che modo?» Suo marito non glielo vuole dire, glielo legge negli occhi. «Diego...»
«Ha ipotizzato che tu ancora lo volessi e che fosse per questo motivo se non ti avvicini a me. Hanno notato la nostra distanza e minacciato di interrompere tutto se non si rendono conto del tuo cambiamento.»
«Sul serio?» Sconvolta non rende l'idea di come sia Valeria al momento mentre Diego non ha più di che stupirsi. Termina di passare il fazzoletto lungo le mani all'inchiesta di lei, tornando libero di concentrarsi solo su Valeria affinché ciò che arriva a dirle possa essere chiaro.
«Sono solo parole vuote, non devi stare al loro gioco. Si tratta solo di provocazioni, dovresti ignorarle.»
Dovrebbe farlo... ma quelle parole continuano a rimbombarle dentro per delle ore. L'idea che Mattia possa credere davvero a ciò che ha detto la riempie di orrore e la spinge verso un azione sconsiderata.
Poche ore dopo di quella giornata, al calar della sera, Diego è seduto all'ampio tavolo di famiglia. Sua madre, Sofia, sta parlando con spigliatezza a Maurizio riguardo certi eventi degli ultimi giorni, dirigendo sorrisi spudorati in direzione di Mattia mentre l'altro fratello viene completamente messo da parte. Non che per lui sia importante: la sedia vuota al suo fianco gli fa desiderare di essere altrove, assieme alla moglie. Casa loro, dove Valeria è rimasta, sarebbe il rifugio perfetto per scappare da ciò che lo circonda. Dalla risata della madre e dalle battute di spirito del fratello, permettendogli la libertà di essere l'uomo che desidera diventare.
«Dove l'hai lasciata tua moglie, Diego? Era troppo arrabbiata con noi per presenziare?» Domanda ad un tratto in tono pungente la madre e per un attimo, a causa della distrazione avuta dai pensieri, Diego non sa cosa rispondere. È stanco, ormai. Dopo tutti quei mesi di difficile matrimonio un peso gli è crollato sulle spalle schiacciandolo a terra. La rabbia di Valeria, l'astuzia della madre, la gelosia per suo fratello. Non gli è rimasta molta forza per poter continuare a portare avanti quella bugia, ma cerca ancora le parole. Tenta di averle, per poter proteggere lei.
Separa le labbra pronto a comunicarle quando un paio di gentili e gelide dita si posano al di sotto del suo mento, suggerendo alla sua testa di inclinarsi all'indietro. Valeria è alle sue spalle, vestita con un abito nero che la fascia come una seconda pelle, sfoggiante un sorriso tenero, a lui indirizzato.
La stanchezza se ne va via d'un tratto, alleggerita dalla presenza di lei alla quale tanto vorrebbe chiedere che cosa ci faccia qui, perché non è rimasta in casa sapendo che Mattia sarebbe stato tra di loro, perché si pone in mezzo a tutto questo. Ma Valeria non lo lascia parlare: con lentezza, la donna china la testa in avanti e lo bacia sulle labbra.
Diego è completamente arreso, abbandonato con la testa all'indietro mentre quella figura eterea lo sta baciando e non prova a ritrarsi. Anzi, ricambia il bacio di quelle labbra estranee schiudendole a sua volta contro le proprie in una calma che, finalmente, lo mette in contatto con lei. Non vorrebbe esagerare ma è Valeria per prima a farlo: lascia incontrare le loro lingue in una carezza lenta che entrambi, ad occhi chiusi, interiorizzano come il loro più intimo contatto.
Dura la lentezza di un bacio negato da troppo tempo e termina con il respiro rotto, da parte di entrambi.
Diego la guarda, mantenendo la testa abbandonata all'indietro e gli occhi sul suo sorriso, senza aver alcun controllo sul proprio cuore.
«Ciao, straniero» gli sussurra Valeria, a pochi passi dalle labbra che ha abbandonato.
Diego sorride, nello stesso identico modo di quel loro primo incontro, dopodiché si alza per spostarle la sedia, continuando a fissarla, ed in quell'istante, intrappolato nel tempo, il destino torna ad unirli, celandosi nell'importanza di un sostegno reciproco.
9 Dicembre 1966, Vezza D'Alba (Langhe), Piemonte
Risate genuine si sollevano fino ai soffitti della loro casa, intrappolando all'interno di quel luogo privato la libertà di essere semplicemente se stessi.
«Sei stato troppo severo. Avanti, puoi ammetterlo» lo rimbecca Valeria, osteggiando il suo calice di vino rosso in una mano mentre tiene la schiena posata contro il tavolino del soggiorno, accanto al divano, nella stessa posa assunta da Diego. Quel marito che si limita a sorridere appena, quasi non volesse dargliela vinta.
«Avanti!» Torna a riprenderlo lei, nel tentativo di abbattere la sua costante perfezione. «Io ho ceduto al vino, sai quanto poco ne beva...»
«Non direi. Da sola hai quasi terminato la seconda bottiglia» commenta Diego, sollevando un sopracciglio.
«Solo perché questo è particolarmente buono» commenta, facendolo seriamente divertire adesso.
«Sono contento che ti piaccia. Sei ubriaca?»
«No... non proprio, mi sente solo la testa. E a te?»
«Lo stesso.»
«Stavo dicendo che se io posso bere allora tu puoi ammettere di essere troppo severo. Con te stesso ma anche con gli altri.»
«Persino con me stesso?»
«Soprattutto!»
«D'accordo... giusto un po'.»
Valeria avvicina pollice ed indice tra loro, a dimostrare la grandezza di una simile bugia, per poi tornare a sorseggiare il rosso vino mentre Diego la guarda. Gli occhi del marito si soffermano sulle labbra di lei lungo quel vetro, per poi discendere lungo il collo finché questi non intercetta il colletto bianco del maglione di cotone.
Diego non allontana lo sguardo, gli occhi sembrano essersi fatti più pesanti con il vino ma una concentrazione lo tiene in allerta, tanto da non volergli far sfuggire il benché minimo particolare.
«Ti sta bene, il maglione» le dice, facendola sorridere una volta allontanato da se il bicchiere.
«Grazie di avermelo prestato. Ho messo tutto in lavatrice e questa casa è gelida.»
«Il riscaldamento ancora non è entrato in funzione.»
«Non preoccuparti, adesso non ho freddo.»
Non l'aveva più vista indossare qualcosa di bianco dal loro primo incontro. Le dona e inoltre l'idea che indossi qualcosa di suo impedisce a Diego di concentrarsi.
Nella parte inferiore del corpo indossa solo dei pantaloncini stretti, a fasciarle metà gamba, a malapena visibili oltre la lunghezza del maglione per cui le gambe, nella loro lucentezza, sono esposte alla vista. Diego prende un altro sorso di vino.
«Silvia è la sola amica che mi sono fatta, là dentro» ragiona ad alta voce Valeria, ricordando la giornata appena trascorsa. «Sono certa, però, che se continuerà a fare di testa propria tua madre finirà per licenziarla.»
«Non credo che a Silvia dispiaccia. È intelligente e brava nel proprio lavoro ma preferisce provocare.»
«Penso che sia proprio per questo che mi piaccia.» Diego sorride, essendoselo aspettato dalla prima volta che le aveva viste chiacchierare tra loro. «Hai detto che suo marito, Claudio, è un figlio illegittimo dei Grimaldi?»
«Sì, è così. Per questo sono isolati dal resto della famiglia.»
«Potranno anche esserlo, ma il loro è un rapporto bellissimo. Si supportano... si amano.» La voce di Valeria si disperde al punto tale da condurre il marito a verificare che stesse bene. «Il loro è un matrimonio perfetto.»
E all'interno di una simile frase, imbevuta nella malinconia, ci sono i sogni infranti di una ragazza rimasta delusa. Speranze a cui non era più tornata a dare voce ma che in questa notte di semplice complicità, seduti come sono sul pavimento di casa loro, risvegliano Diego al punto tale da impedirgli il controllo di qualunque emozione.
«Credi che il nostro non potrà mai esserlo?» Le domanda, esortandola a fissarlo negli occhi.
A Valeria il cuore batte forte. Tanto forte, non appena Diego le torna a parlare con dolcezza.«Siamo sempre insieme, abbiamo imparato a fidarci» le dice, sollevando a seguito una mano per spostarle una ciocca di capelli dagli occhi.
Troppo forte, il cuore non ha pietà mentre le guance le si importano di rosso e gli occhi le scendono fino alle labbra di lui.
«Vale...»
Non ha mai provato il bisogno di arrivargli tanto vicino come in quest'istante. Passando il bicchiere con lentezza da una mano all'altra, Vale finisce per abbandonarlo sul tavolino alle loro spalle, per poi concentrarsi su Diego.
L'euforia alcolica del momento la sta per spingere a compiere un gesto incauto, ne è certa, lo ripete a se stessa perché prova paura nel prendere in considerazione l'altra opzione che le sta rimbombando in testa: il loro ultimo bacio, in casa Grimaldi, si era interrotto bruscamente a causa delle persone presenti attorno a loro in una maniera tale da non lasciare altro che insoddisfazione.
Era stato diverso dagli altri. Era nato in un momento privato, in un istante in cui si erano sentiti isolati dal resto dei presenti ed era divampato. Si trovavano seduti, abbracciati, su un divanetto del giardino, isolati da Maurizio e da Sofia ancora accomodati, come loro, alla tavola apparecchiata che marito e moglie si trovavano dinanzi, collocati come erano a capotavola su quella seduta improvvisata. Sofia e Maurizio stavano osservando, compiaciuti, i fuochi d'artificio sparati a chilometri di distanza, a simboleggiare una festività locale, ma ogni tanto si voltavano a lanciare loro sguardi ed era stato questo a condurre i due ad avvicinarsi.
Credevano che un piccolo bacio non avrebbe fatto la differenza ma non avevano considerato ciò che stava avvenendo tra loro: l'intesa era cresciuta, pur non tramutandosi in amicizia ma porgendo la mano verso il reciproco rispetto ed una forma di latente passione covata all'idea di condividere momenti tanto intimi.
Ora Valeria rivuole quel suo bacio. Desidera poterne ricevere il finale, a settimane di distanza. Diego lo capisce e non la ferma, non può fermarla, non lo desidera.
Lascia che Valeria si avvicini, vedendola posare le mani attorno al suo viso per poi far congiungere le loro labbra. La bacia con dolcezza e familiarità, cosciente di provare un emozione sempre nuova ad ogni loro contatto, dopodiché il bisogno strappa le redini alla prudenza.
Diego le posa una mano dietro la testa, avvicinandola a se, ed una su un fianco, al di sopra del maglione bianco che le ha prestato. Erano ancora più vicini quella notte a casa sua. Tornano ad esserlo presto.
Diego la accosta al suo corpo e Valeria finisce per sedersi su di lui, per non tradire l'urgenza di quel contatto. Stringe il volto del marito tra le mani, al contempo del bacio, e con il pollice della mano sinistra percorre la cicatrice alla tempia mentre da sopra il maglione la mano di lui passa ad accarezzarle la pelle.
Si sarebbero spinti tanto in là, quella notte? Non di fronte agli altri ma alla sera, tornati nella loro casa. Sarebbe accaduto ciò che sta prendendo vita adesso se solo Maurizio non li avesse interrotti?
Non ci pensano più di un attimo: il bacio sta crescendo di intensità, divenendo violento.
Le mani di Diego sono incise a fuoco sulla pelle di lei che, insoddisfatta, sente sempre più caldo, sempre più il bisogno di averlo vicino. Per lui è lo stesso, lo ha scoperto da tempo: vuole Valeria più di ogni cosa, la vuole per sé, lontano dalla sua famiglia, tanto da sperare che un simile momento, in cui era lei a baciarlo di propria iniziativa trovandoli soli in casa loro, arrivasse presto e lo ha guadagnato. Non vuole perderla, la vuole più vicina.
Le stringe le braccia attorno facendola sdraiare lungo la moquette bianca del tappeto mentre rimane sopra di lei, a guardarla per un istante.
Valeria si solleva, quanto basta per far incontrare di nuovo le loro bocche. Non lo ha rivendicato una sola volta ma ben due, due!, il che dona libertà a Diego di distendersi lungo il suo corpo ed abbandonarsi a tutto ciò che il cuore gli comanda.
Valeria, invece, si stupisce di non provare paura. Dalla violenza di Mattia non ha più avuto un solo uomo, solo quei baci con Diego e questi sguardi. Possibile che il suo corpo non se ne ricordi? Che non inizi a scalciare per levarsi di dosso quel volto impietosamente identico a quello odiato? Non prova sdegno né ritorsione perché vuole suo marito, la mente sa che si tratta di lui mentre il cuore soffre di ben altre paure: quelle legate al bisogno, alla necessità che prova di sentirlo lungo il corpo, supplicando affinché la sua mano da dentro la maglietta possa risalire.
Probabilmente il vino sta favorendo quel loro contatto, ma Valeria sa benissimo che se non si trattasse di Diego non lo avrebbe concesso e teme un'affermazione simile, si chiede verso dove porti.
La mano di lui arriva davvero a risalire, si intromette al di sotto del maglione, della coppa destra dell'intimo. Arriva a stringerle un seno ed i fianchi di Valeria si incurvano verso i suoi, in risposta. La bocca interrompe per un istante il bacio, in modo da poter recuperare aria ma il resto di loro è ancora avvinto. Persino le gambe sono intrecciate l'une all'altre, favorendo una negazione di spazio.
Diego ha bisogno di un suo consenso. Ha bisogno, spostando la mano dal seno alla schiena, percorrendo la spina dorsale della moglie, che Valeria gli dica di sì e lei lo fa. Un attimo prima che quel tocco bollente raggiunga l'inizio dei pantaloncini neri, al di sotto del bianco maglione, Valeria glielo concede in un semplice sguardo. Non occorre altro.
La labbra di Diego scivolano via dalle sue per potersi posare sopra ai capezzoli che sporgono, al di sotto della stoffa, lasciandovi dei baci lenti per poi discendere ancora lungo la linea centrale del suo corpo. Solleva il maglione sulla pancia, mentre l'altra mano le sfila i pantaloncini, e rilascia una piccola impronta della sua bocca sul nudo ombelico.
Valeria rimane ad osservarlo, con la tachicardia per l'azione che sta per vedergli compiere: Diego la priva della parte inferiore degli abiti lasciandola nuda e poi, lentamente, posa la bocca al centro del suo corpo. Valeria stringe forte gli occhi, tenta di resistere: non lo ha mai provato e la lingua di lui è troppo lenta, la sua bocca troppo morbida... le piace da impazzire e deve stringere tra le mani i suoi capelli per non soccombere al delirio di stelle filanti che ha inciso nelle palpebre.
Lui, invece, ha il cuore che gli scoppia e l'incapacità di saper credere che tutto questo sia reale.
«Diego...» geme lei e lui richiamato solleva la testa per poterla vedere. Il viso di Vale è completamente arrossato, così come il collo e non è mai stata più bella mentre tenta di lottare con le dita di lui sostituitesi alle labbra.
Il braccio le si è interposto nell'apertura delle gambe, la mano è posata oltre il pube a fermare quella di lui e Diego vede ogni cosa, vede loro due, al centro del corpo di lei e non riesce a smettere di desiderare.
Con lentezza, Valeria apre gli occhi e lo guarda, pensa a come sia stato da sempre semplice riconoscerlo, a come continui ad essere uno "straniero" ai suoi occhi nonostante gli anni che hanno condiviso. Che genere di uomo è, Diego? Come può guardarla con un simile bisogno, quando il resto della famiglia di lui la disprezzava tanto? Come aveva potuto chiederle di sposarlo quando tutti e tutto le avevano girato le spalle?
Che genere di strano legame era il loro?
Valeria vuole smettere di pensare. Per una sola notte. Vuole smettere di pensare. Abbandona il tocco contro la mano di lui e con l'altra arriva a slacciargli la cintura. Gli supplica di farla smettere di pensare, almeno per alcuni minuti in cui ricordare di essere solo una donna in compagnia di un uomo mentre tra loro vive forte il bisogno di appartenersi ed essere da soli... anche solo per un istante.
I neri pantaloni di lui calano lungo i fianchi una volta che anche la cerniera viene abbassata. Diego non si muove, continua solo a toccarla in lenti cerchi ed è così che Valeria ricambia la carezza, introducendosi nei suoi slip e scoprendo quanto donare piacere sia bello quasi come riceverlo.
Diego deve chiudere gli occhi, la mano di lei attorno a sé è troppo, eppure poco dopo si accorgono che non è abbastanza. Hanno bisogno di qualcosa di più, entrambi.
Diego le bacia con calma il collo, al di sopra del maglione, tenta di rassicurarla. Hanno quasi tutti i vestiti addosso e nessuna forma di pensiero riguardo al toglierseli.
L'unica cosa di cui hanno bisogno è di essere uno solo.
Diego inclina i fianchi ed entra in lei, mentre è ancora distesa sul tappeto del loro soggiorno.
Le prime spinte sono lente, tentano di trovare un equilibrio tra i loro corpi ma capiscono presto quanto sia facile scovarlo: vivono in un'armonia perfetta. Altro non rimane, ora, che farsi sconfiggere.
Valeria tenta di aggrapparsi a lui con forza non appena velocizza. Affonda le dita nella sua schiena, lascia libera la voce di gridare ogni scompenso e lo bacia, si baciano fino a farsi mancare il fiato e si stringono, forte. Se solo potessero vedersi uniti in questo istante penserebbero di essere invincibili ma i problemi sono pronti a subentrare di traverso nella vita, specie in momenti tanto felici.
La passione li ha ridotti a delle grida, a dei corpi che si infrangono tra loro per cercare pace, senza voler essere i primi a cedere. Hanno bisogno che tutto questo continui, vogliono essere ancora loro stessi per delle ore... ma il piacere li squassa, li costringere ad abbracciarsi ancora più forte in modo da resistere al violento impatto, a bearsi di ciò che hanno prima che la vita ancora li disorienti ed è una volta giunti alla deriva, una volta che il piacere è scemato, che Diego vede Valeria piangere.
Ha le mani sugli occhi ma le lacrime colano oltre esse. Non esce un solo singhiozzo da lei eppure la tristezza è solcata in ogni anfratto che quello scudo non è in grado di celare e Diego, d'improvviso, si sente a pezzi, colpevole di aver commesso un'azione troppo sbagliata.
«Vale...»
Al sentir pronunciare il proprio nome, Valeria lo guarda furibonda e di slancio lo allontana da se, costringendolo a uscire di scatto dal suo corpo.
Diego la osserva mentre si siede nuda, tremante, con le gambe sollevate e serrate in modo da celargli la nudità.
«Non posso mai fidarmi di voi» sibila fuori aspra, stringendosi all'interno del maglione e Diego non sa che dire, né cosa pensare. Il piacere di averla avuta gli ha annebbiato il cervello al punto tale da portarlo a dover riflette, in maniera disordinata, su cosa possa aver sbagliato ma poi vede il suo sperma colare da Valeria e vorrebbe uccidersi.
«Vale.»
Lei non lo sta a sentire e di colpo si alza in piedi, allontanandosi dal soggiorno per potersi nascondere in camera, lasciando a Diego la violenza di un ultimo ricordo.
10 Dicembre 1966, Vezza D'Alba (Langhe), Piemonte
Parlarsi risulta difficile dopo ciò che hanno condiviso, ma Valeria tenta di farlo lo stesso. In fondo, è giusto che Diego si accorga di non essere finito nello stesso guaio del fratello, pur avendone ripetuto lo sbaglio.
«Questa mattina mi è venuto il ciclo. La seconda gravidanza indesiderata è stata evitata» gli comunica con una schiettezza tale da far rabbrividire persino un uomo senza cuore. Diego posa su un ripiano la propria tazza da colazione mentre Valeria gli da le spalle, certa che le occorra tutto il distacco possibile per poter pronunciare le parole che seguono.
Era cresciuta in una famiglia numerosa e l'aveva sognata, molte volte, per la sua vecchiaia...
«Ho intenzione di farmi chiudere le tube. Troverò qualche medico disposto a farlo.»
«È il tuo corpo» sussurra lui «quindi una tua scelta.»
È tornato l'uomo razionale di sempre, pensa con fastidio lei, chiedendosi il perché non lo sia stato la scorsa notte. Attribuendogli tutta una colpa che dovrebbe essere condivisa.
Sarebbe bastato che uno dei due si ricordasse il preservativo o che chiedesse di fare attenzione ma erano entrambi troppo coinvolti e Valeria non può accettarlo. Non può accettare di essersi arresa a se stessa una notte in cui avrebbe dovuto combattere il doppio per fargli la guerra, né ammettere che si è trattato di qualcosa di troppo intenso per poterlo fermare.
Detesta Diego più di prima, ora, perché con lui è ormai certa di non avere alcun controllo.
«Puoi fare ciò che desideri ma devi sapere una cosa: avrei dovuto usare il preservativo, è vero, ma nessuno dei due ha una relazione extraconiugale o è malato. Questa è la sola cosa da cui avrebbe dovuto proteggerci, da qualche malattia venerea. Non rischi di rimanere incinta. Sono sterile, Vale. Non posso avere figli.»
Quante sono state le volte nelle quali ha pensato, con egoismo, solo a se stessa? E perché riflettere su di loro, adesso, più che riempirla di spirito combattivo la fa affogare nel disgusto per se stessa?
Si volta di slancio per poter parlare faccia a faccia ma Diego si è già allontanato, assieme a tutti quei misteri che cela nei suoi silenzi.
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