4. crystal
La serra del college era uno dei miei luoghi preferiti, era il posto perfetto per meditare e ascoltare musica, lasciarsi abbronzare dal sole, farsi ispirare da mille fiori e dai loro colori, osservare la vivacità degli studenti che si rilassavano nel cortile del college all'ora di pranzo, dopo lunghe e intense ore di lezione. Era una piccola struttura in vetro e metallo situata sul terrazzo del college, popolata da piante e fiori di ogni tipo; quando ci mettevo piede, sembrava di ritrovarmi all'interno di una fitta foresta amazzonica.
Quel pomeriggio, mi trovavo prevedibilmente sola, cosa che capitava spesso; infatti, mi ero sempre chiesta il motivo per il quale nessuno ci andasse mai, forse perchè tutti erano allergici al polline o avevano paura delle api, tutti tranne me. L'inverno tardava ad arrivare quell'anno in California, la temperatura era eccessivamente alta per quel periodo autunnale ma a me, non dispiaceva affatto.
Dopo aver passeggiato brevemente tra le piante, uscii dalla serra ritrovandomi in mezzo al terrazzo immenso e desolato dell'Otis College. Affacciata al balcone, osservavo un ragazzo che non frequentava mai i corsi se non quello di fotografia, aveva sostituito il nero con una maglietta bianca e un'enorme giacca di jeans che gli copriva le mani. Aveva rubato il cappello ad una ragazza e alzandolo in alto, guardava la sua amica saltellare nel tentativo di afferrarlo, ridendo di gusto in contrasto con l'espressione infastidita e frustrata della ragazza. A primo impatto, dava l'impressione di essere un arrogante, qualcuno da cui è meglio stare lontani ma per me, rimaneva semplicemente un tipo strano, poco equilibrato e a cui piace divertirsi senza pensare alle conseguenze. Forse l'aveva avvertito il mio sguardo sulla sua testa rossa perchè, come se si fosse sentito chiamare, la sollevò e mi vide un attimo prima che potessi voltarmi per osservare il nulla. Lo sguardo sa bruciare la pelle, non passa inosservato.
Fissai per pochi minuti una nuvola a forma di elefante prima di riportare lo sguardo sul cortile sotto di me. Con la coda dell'occhio, notai che Michael non c'era più, vidi solo quella ragazza magrolina con il cappellino di lana nero che era tornato nuovamente sui suoi capelli ramati scuri; ancora una volta fui beccata e anche lei, alzò a sua volta lo sguardo e mi osservò in modo strano ed enigmatico. Aveva uno sguardo magnetico e ipnotico, quasi gelido, ti entrava nelle ossa, mi sentii quasi come se mi stesse uccidendo con gli occhi ma non riuscii a distogliere lo sguardo finché qualcuno, non arrivò alle mie spalle distraendomi dal quel contatto visivo.
"Per fortuna questo college ha l'ascensore."
La voce nasale e del tutto inaspettata di Michael, fece irruzione facendomi voltare verso di lui e scoprendo il suo solito sorriso accennato; io gli sorrisi semplicemente come facevo per salutarlo quando lo incontravo per strada. Lui parlava così tanto ed io così poco, ma era un piacere ascoltare il suo tono di voce calmo e pacato. Pensai che in quel momento, avrebbe potuto parlarmi di qualsiasi stupidaggine ed io, sarei rimasta a sentirlo in ogni caso. Si appoggiò al parapetto del balcone in cemento imitando la mia posizione e si lasciò baciare dai raggi di sole che ci proteggevano dalla secchezza del clima invernale. Lo osservai chiudere gli occhi e sollevare un angolo della bocca arricciando leggermente il naso. Lo guardai divertita prima di riportare lo sguardo sulla gente seduta sul prato dello spiazzo del college beandomi di quel silenzio e delle maniche del mio maglione che mi riscaldavano inutilmente le mani.
"La tua ragazza continua a guardarmi in modo strano" gli feci notare confusa.
"Ti guarda perchè è la mia ex" ridacchiò osservando la ragazza raccogliere dei quaderni sparsi sul prato per poi riporli in una borsa nera di pelle.
"Ah, è ovvio" mormorai facendogli scappare una risata.
"Ignorala, è sempre stata gelosa di chiunque mi rivolgesse la parola" pronunciò con la stessa naturalezza di chi si sta confidando con il proprio migliore amico. Mi diede l'impressione che avrei potuto chiedergli qualsiasi cosa e allora, le domande nella mia testa, cominciarono a ricomparire più martellanti e impertinenti di qualche giorno fa.
"Per questo l'hai lasciata?" ipotizzai voltandomi verso di lui; lui aprii finalmente gli occhi e mi sorrise annuendo, soddisfatto che avessi indovinato.
"Ma ci tengo ancora a lei, ci conosciamo da tanto."
"Eravate innamorati?"
"Io, probabilmente. Lei, sicuramente lo è ancora. Forse è per questo che continua a volermi come amico" rispose facendo spallucce e continuando a guardarla con gli occhi velati di nostalgia. Fu in quel momento che capii che io ero come lei, ancora, indubbiamente innamorata di qualcuno che mi aveva già etichettato come la mia ex. Ander mi sparò nel cuore in quell'esatto istante sotto forma delle parole e del viso di Michael.
"Le fai del male" lo accusai atona; lui mi osservò attentamente e dopo attimi interminabili di silenzio, mi rispose scuotendo la testa.
"Ha scelto lei di rimanere, io l'ho già lasciata andare da tempo. Non l'ho fatto per cattiveria ma per protezione, sia mia che sua..." mi spiegò mostrandomi di non avere nessuna difficoltà a confidarsi con gli sconosciuti "...non funzionava niente in quel periodo, ci stavamo distruggendo a vicenda e nonostante io pensi ancora che sia bellissima, sono sicuro che voglio smetterla di continuare a calpestarmi i piedi da solo. Sicuramente non le impedirò di essere mia amica se è quello che vuole, ma a suo rischio e pericolo."
Se ne lavava le mani come Ander stava facendo con me. In ogni caso, lo giustificai: noi ragazze tendiamo ad essere masochiste, amiamo troppo e poi ne paghiamo le conseguenze. Siamo anche combattenti però, siamo delle rocce contro le quali si infrangono le onde, noi rimaniamo lì, frastornate e coperte di salsedine, non ce ne andiamo mai aspettando qualcosa che non accadrà. Diventiamo stalattiti, cristalli, così belle ma così tristi.
L'espressione di Michael si rabbuiò ed io abbassai la testa.
"So come ci si sente..." sussurrai "...dai tutta te stessa e poi non ti rimane niente."
Mi guardò stranamente comprensivo rilassando la fronte.
"A lei non è rimasto il niente, è rimasto quello che ha voluto."
"Se ne pentirà" dissi quasi impercettibilmente guardando un punto indefinito nel cielo.
"Vedrai, andrà tutto bene..." lo disse con una convinzione alla quale era impossibile non credere. Improvvisamente mi sentii meglio, come se la me pessimista fosse stata sconfitta da qualcosa o qualcuno di molto più forte.
"...Essere single è figo, devi solo rimorchiare qualcuno ogni tanto e la tua vita è perfetta!" esclamò alzando le mani al cielo. Scoppiai a ridere attirando la sua attenzione, fiero di sé quando mi vide di nuovo allegra.
"Come fai ad essere così sicuro di te?" gli chiesi divertita; lui corrugò la fronte e ridacchiando, scosse la testa come se avessi detto un'assurdità.
"Non lo sono per niente! Credo solo a quello che penso nonostante so che può essere giusto solo per me ma mai per la società. Sono un emarginato, quindi posso dire tutte le stronzate che voglio" scherzò.
"Forse sei solo pazzo" lo insultai sogghignando. Lui mi sorrise senza far vedere i denti, mostrandomi i suoi occhi verdi che si schiarivano alla luce del sole, erano particolarmente espressivi, di un colore diverso dal normale, come lo era lui del resto. Il problema si mostrò immediatamente appuntito nella mia testa: non avevo mai visto occhi talmente belli, superavano persino quelli di Ander che ti facevano venire il desiderio di tuffartici dentro, ma erano freddi e pungenti, ti mettevano in soggezione o ti ipnotizzavano. Non raccontai mai alle ragazze di quanto mi piacessero gli occhi di Michael. Avrebbero immediatamente pensato che provavo qualcosa per lui, ma un altro segreto che mi portavo dentro come una spina in un dito, era che da mesi, non provavo nulla. Vivevo in una specie di trans, mi risvegliavo solo quando ero con loro; per questo, avere Alaska sempre vicino mi faceva bene, mi teneva allegra, protetta e spensierata.
"Scusate, ho interrotto qualcosa?"
La voce della mia migliore amica, ci fece voltare entrambi verso di lei; io scossi la testa mentre Michael, annuì facendola ridacchiare. Poi si avvicinò a noi e si presentò al ragazzo accanto a me con un sorriso a trentadue denti; lui fece lo stesso complimentandosi con lei per il color platino dei suoi capelli. Pure io li adoravo, il suo nuovo taglio fino a sopra le spalle, le stava benissimo. Pensai che avrei dovuto tagliarli anch'io, erano cresciuti troppo ultimamente e la frangetta non mi piaceva più, la tenevo sempre divisa come se fosse un semplice ciuffo che sbucava dai miei capelli castani.
"Sono solo venuta ad avvertire River che per oggi, le mie lezioni sono finite..." disse lei con tono arzillo. Io mi abbassai e afferrai lo zainetto che avevo appoggiato a terra, accanto ai miei piedi.
"...Sono troppo pigra per prendere la patente ma per fortuna, ho il mio amore che mi accompagna ovunque" spiegò a Michael riferendosi a me. Usò un tono dolce e sorridente, come se fosse una bambina.
"D'accordo, Ally..." cantilenai scuotendo la testa "...ora possiamo andare" dissi prendendola per una mano e trascinandola verso le scale che portavano al piano di sotto. Il ragazzo con i capelli rossi, aveva osservato la scena in silenzio, con un sopracciglio alzato e un ghigno divertito.
"É stato un piacere Michael!" esclamò Alaska alzando in alto la mano e salutandolo da dietro la rampa delle scale.
"Anche per me Africa!" rispose lui alzando a sua volta la voce. Io mi fermai ad aspettare la risposta della mia amica che "É Alaska!" urlò prima di raggiungere il pianerottolo. Io e Michael scoppiammo a ridere e scossi la testa pensando a quanto potesse essere ingenua la mia migliore amica per non aver capito lo scherzo del ragazzo sul suo nome. Prima di scendere anch'io le scale, Michael mi salutò con il gesto del signorsì ed io con il mio solito sorrisetto, saltellai giù per le scale raggiungendo Alaska, saltammo in macchina e dopo essermi accorta di un bellissimo cielo viola color tramonto, guidai, finalmente, verso casa.
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