17. how'd we drift so far away?
Il piccolo monolocale di Ashton, era a poche porte di distanza dal nostro. In attesa dell'arrivo di Alaska accompagnata da suo fratello, io, Michael e Luke avevamo fatto rimuovere uno dei due letti già presenti nell'appartamento del residence e avevamo riempito l'armadio con i vestiti che i signori SaintClaire ci avevano spedito.
Intenta a sistemare le caratteristiche giacche di jeans di Ashton sulle grucce, la mia attenzione fu attratta dall'arrivo di un affannato ragazzo dai capelli rossi che, dopo aver spalancato la porta della camera, si diresse verso la scrivania poggiando con la minima delicatezza uno scatolone apparentemente pesante.
"Spero ci siano tutti" mormorò con il fiatone riferendosi ai libri dell'università di Ashton. Si lasciò cadere sulla sedia massaggiandosi le braccia per la fatica che aveva appena dovuto sopportare solamente per fare un favore a me e alla mia migliore amica. Così, mi avvicinai a lui e alzando lievemente l'angolo delle labbra in un sorriso riconoscente, gli scompigliai i capelli vividamente scarlatti. Mi sedetti sulle sue gambe lasciando che le sue braccia mi circondassero il bacino e roteando gli occhi nel fallimentare tentativo di ignorare l'ennesima battuta di Luke che si ostinava a rimanere fermamente convinto di essere stato lui a farmi aprire gli occhi su Michael.
"Forse soffri di amnesia, Luke" risposi promettendo a me stessa che quelle sarebbero state le ultime parole che gli avrei rivolto in proposito "...ti ricordo che non hai fatto altro che insultarmi per tutta la lezione di geometria."
"Non è affatto vero! Ti ho persino fatto del complimenti. Forse quella con problemi di memoria sei..."
La porta dell'appartamento si spalancò nuovamente interrompendo l'irritante voce baritonale del biondino che avrebbe potuto continuare a rinfacciarmi le mie stesse azioni per ore. Il caschetto color platino della mia migliore amica, spuntò da dietro la porta seguita da una figura titanica che non vedevo da davvero troppo tempo. I ricordi della mia adolescenza a Malibu, iniziarono a circolare in un movimento vorticoso per la mia testa non appena incontrai gli occhi color miele e l'enorme sorriso a trentadue denti di Ashton SaintClaire. I ricci castani gli cadevano sulla fronte disordinatamente, mentre sul suo viso, non più tanto scavato come le ultime volte in cui l'avevo visto, le occhiaie avevano finalmente deciso di schiarirsi e il velo di barba che lo invecchiava di qualche anno, era del tutto sparito per lasciare il posto alle guance lisce e piene.
"Ashton!" esclamai alzandomi dalle gambe di Michael e correndo incontro al nuovo arrivato. Con un balzo gli saltai letteralmente addosso stringendolo per tutti quegli anni che era stato lontano da noi, chiuso in un centro di riabilitazione.
Durante il liceo, Ashton era il fratello maggiore di tutte noi. Ci accompagnava ovunque, ci comprava da bere quando non avevamo ancora l'età per farlo e ci aiutava persino con i ragazzi. Aveva sempre avuto uno dei caratteri più dolci che avessi mai avuto l'onore di incontrare, una delle persone migliori che conoscessi malgrado la sua incontrollabile fragilità. Era un genio con i computer, possedeva qualsiasi abilità che lo aiutasse ad intrufolarsi nei meandri più oscuri e nascosti di internet, con un click era capace di scoprire tutti i tuoi segreti ma non aveva mai sfruttato questa attitudine contro gli altri. Al contrario, erano stati proprio gli altri a credere di poterlo sfruttare e la sua infallibile ingenuità, lo aveva sempre fatto camminare per le strade della sua città con una benda sugli occhi e dietro l'angolo, sempre i soliti errori a cui rimediare.
"Ciao, piccola" mi salutò sorridente dopo esserci staccati "...quanto sei cresciuta!" esclamò poi squadrandomi dalla testa ai piedi senza rilassare gli angoli delle labbra.
"Anche tu" dissi facendomi influenzare dalla sua espressione "...e sei sempre più bello" gli scompigliai i capelli. Luke e Michael arrivarono alle mie spalle porgendo una mano ad Ashton e presentandosi amichevolmente, trovandosi poi piacevolmente soddisfatti nel venire a conoscenza che Alaska aveva già parlato molto di loro due a suo fratello. Il ricciolino iniziò a parlare animatamente con i nostri amici, mentre con sguardo curioso e prevedibilmente nostalgico, passava le dita affusolate sopra i suoi cappotti di jeans che avevo personalmente sistemato all'interno dell'armadio.
Si era creata una serena armonia, una di quelle che scacciarono via tutti i miei pensieri lasciandomi ad osservare con un sorriso fiero il movimento scatenatosi in quel piccolo monolocale. Anche quando Alaska si affiancò a me con espressione orgogliosa, mi resi conto che non avrei più dovuto risponderle con una scia di facce confuse e di non lo so, perché di quello che avevo deciso nei giorni passati e che avevo immediatamente riferito alle mie migliori amiche, ne ero finalmente al cento per cento sicura. Un leggero bacio si poggiò dolcemente sulla mia guancia, un po' come se fosse il saluto dopo qualche giorno di lontananza, un po' come se fosse un gesto di contentezza nello scoprire com'erano cambiare le cose al suo ritorno. Conoscevo bene i miei polli, le ragazze non avevano mostrato veli di incertezza nel venire informate del legame che avevo deciso di istaurare con quello che loro continuavano a chiamare il ragazzo della libreria, ma al contrario, erano scoppiate in fuochi d'artificio di euforia e schiamazzi acuti tentando di nascondere gli occhi lucidi di chi spera che la propria migliore amica, riesca finalmente a superare un brutto periodo. Si erano categoricamente rifiutate di ascoltare i dettagli ma "aspettiamo la prossima reunion per quelli" avevano stabilito usando la solita parola con la quale ci piaceva denominare le nostre rimpatriate.
Ashton non poteva superare il primo giorno a Los Angeles senza assaggiare la red velvet di & other stories, così quella sera ci trovammo tutti e cinque lì ad osservare impazienti la reazione del riccio al primo boccone di torta. Il gelato alla vaniglia nascosto tra il pan di spagna e per lui del tutto inaspettato, gli congelò i denti provocandogli una momentanea emicrania che lo portò ineluttabilmente ad arricciare il naso e stringere gli occhi per il dolore, mentre dei piccoli sorrisi divertiti nascevano sulle nostre labbra.
"Quindi cosa c'è tra voi due?" aveva in seguito domandato notando lo scambio di sguardi complici tra me e Michael. Il rosso accanto a me sollevo impercettibilmente un angolo della bocca lasciando a me la parola o la decisione di cambiare argomento e di posticipare ad un futuro prossimo la risposta alla domanda di Ashton.
"Noi" mormorai abbassando gli occhi sulle mie dita che giocavano con il mio nuovo anello zodiaco a forma di scorpione "...stiamo insieme, vero?" chiesi a Michael non avendo ancora ufficializzato il tutto. La sua risposta fu un semplice annuire senza che la sua espressione dolce e premurosa abbandonasse il suo viso, donandomi la pace interiore che spesso cercavo durante le mie giornate.
Improvvisamente, la solita incessante vocina nella mia testa, mi diede modo di convincermi totalmente che la piega che avevano preso le cose, non avrebbe fatto altro che aiutarmi a migliorare giorno per giorno, che quelle iridi verdi si sarebbero rivelate essere il tesoro che avevo cercato per anni seguendo la mappa sbagliata. Un piacevole tepore si espanse per il mio petto nel realizzare a chi appartenessero le spalle larghe e perennemente annoiate che stavo seguendo durante la mia marcia verso il mare e Ander, era già pensiero lontano, abbandonato come un naufrago su un'isola di corallo in mezzo all'oceano.
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