Mantide Religiosa
Premessa:
In questo capitolo i personaggi sono totalmente OOC. La trama è fortemente ispirata alla versione animata degli anni '90. Mi sono sempre chiesta: cosa sarebbe successo se Usagi avesse avuto una reazione totalmente diversa da quella che conosciamo dopo la rottura con Mamoru?
A voi i pensieri di un uomo seduto al bancone di una sala giochi, in compagnia di sé stesso.
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Mantide Religiosa
«Che bello questo videogioco. È l'ultima versione di Fast & Furious 8?»
«Non saprei, credo sia il sesto capitolo. Io preferisco di gran lunga Sailor Senshi Saga anche se è vecchio!»
«Le famose guerriere! Non sentivo il loro nome da anni, ma esistono ancora?»
Sailor Senshi.
Sailor Moon.
Usagi.
La mia mente si era focalizzata su quel nome, un dolce suono dai ricordi amari e dolorosi come una lama conficcata in profondità nel mio petto.
Usagi
Quanti anni avevo quando la vidi per la prima vota? Diciassette?
«Che brutto voto! Dovresti studiare di più, Odango Atama!»
«Fatti gli affari tuoi, antipatico!»
Idiota. Ero un perfetto idiota che si soffermava sulle apparenze di un compito andato male giudicando una ragazzina sconosciuta delle medie. Chi l'avrebbe mai detto che in poco tempo quella piccola sbadata sarebbe diventata la donna della mia vita, la linfa vitale e l'ossigeno che mi dava la forza di vivere?
«Mamochan, ti amerò per sempre!»
Il suo dolce sorriso, le labbra così morbide spesso corrucciate dopo una mia predica che divenivano subito vittime della mia bocca. Dolci, succose e provocanti da baciare per ore, morderle e assaggiarne la passione nascente mentre i suoi occhi...mi tuffavo nell'azzurro di quelle iridi luminosi come stelle, limpide come il cielo primaverile senza nubi e cristalline come la purezza del suo cuore.
«Iodai piantala! Mi fai il solletico!»
«Non eri dello stesso parere ieri pomeriggio quando...»
«Shh! Abbassa la voce, potrebbero sentirci!»
«Ti amo, Yoko.»
«Ti amo anch'io.»
Ragazzi alle prese con i primi amori. La sala giochi Crown non aveva perso l'interesse dei giovani nonostante la scalata tecnologica degli ultimi anni.
Amore e promesse per l'eternità.
La mia mente aveva deciso di distruggere l'ultima briciola di lucidità risparmiata dal mio dolore travolgendomi in uno tsunami di ricordi dolci e nostalgici portando a galla frammenti di un passato pieno d'amore.
La mia dolce principessa aveva lottato completamente da sola contro il potere estremo di Beryl, aveva salvato il pianeta per ritrovarsi da sola, senza le sue compagne. Senza di me.
Due alieni si erano insinuati nella sua vita sotto mentite spoglie di ingenui studenti, Ail e Ann, viaggiatori spaziali in ricerca di una nuova fonte di energia per sopravvivere. Una nuova responsabilità pesava sul suo cuore, nuove battaglie e avversari, ma il più difficile da affrontare era la mia totale amnesia condita dalla freddezza e arroganza del mio caratteraccio.
Seijuro Ginga, Ail. Cercava di sedurla con le più stupide delle avance, goffi gesti tipici di un adolescente. Era attratto da lei a causa dell'energia emanata dal Cristallo d'Argento o forse era interessato al lato umano di Usagi. Lui la corteggiava sotto i miei occhi e io, cretino, mi lasciavo abbindolare dagli occhi dolci di Natsumi. Ero caduto più volte vittima delle attenzioni di quella ragazza mentre respingevo i tentativi di Usagi nel farmi recuperare la memoria: io la ignoravo e lei riponeva la propria fiducia nel destino attendendo pazientemente un possibile risveglio di Endymion.
Risveglio.
Un condominio distrutto per metà e lei tra le mie braccia priva di sensi. La chiamavo per svegliarla, per riportarla alla realtà e donarle tutto l'amore che palpitava nel mio petto. Quando i suoi occhi si aprirono provai un tuffo al cuore, non era più la ragazzina petulante, curiosa e allo stesso tempo interessante, lei era la principessa Serenity, la guerriera Sailor Moon. La mia piccola e dolce Usako, il mio unico e grande amore.
Amore.
La nostra prima volta fu bellissima, romantica e irripetibile. Avevo da poco recuperato la memoria, frammenti di vita confusi come i mille riflessi di un caleidoscopio uniti all'improvviso in una sorgente luminosa per incanto illuminando le zone buie del mio passato perduto. Eravamo riusciti ad allontanarci dalla vigile Luna, Artemis e le altre guerriere, correvamo per le strade deserte verso il mio appartamento; la tenevo per mano e non volevo lasciarla mai più.
La porta chiusa alle spalle e le nostre labbra finalmente si unirono, lontani da occhi curiosi, indiscreti e invidiosi. Mi incollai alle sue labbra stringendola forte al mio petto, le baciai ogni centimetro della sua pelle vellutata: la bocca, le guance, il collo.
La presi in braccio senza staccarmi da lei, il principe sorreggeva tra le braccia la propria principessa. Mi riempii di ogni suo dettaglio, assaporavo l'aroma della sua pelle, dei capelli lunghi, il dolce sapore dei suoi baci, la passione e la paura riflessa nei suoi occhi.
«Mamochan, farai piano? Sono ancora vergine e-»
«Usako, prima volta anche per me, ma giuro che sarò delicato. Se dovessi farti del male avvisami che-»
«Mi fido di te.»
Baci dolci e innocenti che divennero presto passionali e profondi, i suoi primi gemiti di piacere soffocati dalle mie labbra voraci e affamate. Il dolce sapore della sua femminilità innocente pronta a varcare il confine di un mondo sconosciuto ad entrambi senza più ritorno. I nostri corpi uniti e incastrati perfettamente, roventi per la passione che bruciava dentro di noi pronta ad esplodere come un fuoco d'artificio. Sentii il suo respiro così vicino al mio volto, il mio sguardo puntato sui suoi occhi spalancati sì per la tensione, ma tremanti per l'eccitazione, per il desiderio di fondersi con me in un unico corpo.
La baciai sulle labbra per trasmetterle amore, dolcezza e serenità mentre entravo lentamente nel suo corpo dove mai nessuno si era addentrato. Succhiai dalla sua bocca l'ultimo respiro della sua ingenuità per accogliere il primo gemito di passione della donna appena nata.
Calore, umido e salato. Bevvi le lacrime che le rigavano il viso, sussulti e sorrisi nel suo pianto liberatorio come il vagito di un neonato appena affacciato alla vita.
«Ti amo, Usako. Sei la mia ragione di vita.»
«Sì Mamochan, ci ameremo per l'eternità.»
Sogni e incubi.
Un sontuoso matrimonio e il coronamento del nostro amore, una voce misteriosa e una sentenza di morte.
Usako. Cosa potevo fare per salvarle la vita? Allontanarla da me. Sì.
Dovevo separarmi da lei, il tempo necessario per scoprire chi minacciasse la mia principessa.
Lacrime, mille gocce come stelle cadenti.
«Usako, non ti amo più.»
«Mamochan. Io... Io cambierò per te! Ti prometto che-»
«Non hai capito. Non ti voglio, non provo nulla per te, lo capisci?»
«Allora due giorni fa...»
Due giorni prima. Il momento più bello della mia vita, il nostro amore suggellato dall'unione dei nostri corpi, il calore e la passione travolgente come il mare in tempesta. I nostri sentimenti intrecciati dal passato e dal presente, il sogno e il desiderio di costruire insieme un nostro futuro. Insieme.
«Due giorni fa abbiamo fatto l'amore, ci siamo divertiti. Ok?»
Demente. Come diamine mi venne in mente una frase del genere? Non potevo dirle semplicemente "Ti ho amata, ma ho capito di essere influenzato dal passato?". No, scelsi le parole peggiori del mio vocabolario, le più taglienti e crudeli per essere sicuro di farmi odiare, per salvarle la vita.
Non dimenticherò mai la delusione che lessi nel suo sguardo, una smorfia di dolore e di tristezza infinita.
«Mi fai schifo!»
Il dolore che provò il mio cuore fu più forte dello schiaffo che ricevetti in pieno viso. L'avevo delusa, ferita e umiliata. Lasciare Usako, la donna per la quale avrei dato la mia stessa vita, era come morire.
«Yumi! Hai saputo di Nozomi?»
«Chi? La ragazza del terzo anno?»
«Sì! Ho sentito che ha tradito Hisayuki, l'hanno vista in gelateria con Saburo e-»
Un sorso di caffè amaro per spegnere un mio sorriso. Considerare una semplice uscita in gelateria pari a un tradimento era da stupidi.
Ragazzine. Sì, era quella la vera adolescenza, struggersi d'amore per il nuovo senpai, studiare per gli esami di fine anno ed evadere dagli impegni scolastici per rifugiarsi dentro qualche karaoke o correre a giocare a qualche consolle ludica ancora in voga al Crown. Gli adolescenti non dovrebbero sgattaiolare via dalle finestre in piena notte per combattere contro entità sovrumane, avere sogni premonitori e viaggiare nel tempo.
Tradimenti.
Usako, amore mio. La mia folle decisione ti cambiò per sempre, ti avevo delusa profondamente trasformandoti in una donna senza cuore e senza amore, o almeno eri così solo e unicamente con me.
Chibiusa, la piccola peste venuta da chissà dove, aveva portato con sé un mare di guai, dai sogni premonitori che infestavano ogni notte la mia mente fino agli invasori del clan Dark Moon.
Nemesis e il Trentesimo Secolo. Una guerriera misteriosa e le porte del Tempo. Avrei potuto immaginare qualsiasi cosa, ma non un incontro con il me stesso del futuro e scoprire che mi auto infliggevo gli incubi da solo per testare il mio amore con Usako. Avevo fallito.
«Fammi capire, tu mi hai lasciata perché il tuo ego del futuro ti ha ordinato di farlo tramite un sogno? Ma sei forse un idiota?»
«Usako, non sapevo fossi io...cioè King Endymion! Oh insomma...quella voce mi diceva che saresti morta! Lo vuoi capire? Non potevo perderti!»
«Ma come fai a non riconoscere la tua stessa voce! Hai creduto in un incubo e non in me!»
«Ho avuto paura per la tua vita. Farei di tutto per te! Ti amo Usako e vorrei-»
«Tu, ma io forse non più.»
Fiducia.
Non avevo avuto fiducia in lei. Le sue parole furono una pugnalata al cuore, ma trovai un barlume di speranza quando scoprii la vera identità di Chibiusa: era nostra figlia, mia e di Usako.
La meraviglia e l'imbarazzo furono intensi come la gioia e la felicità che brillavano negli occhi della mia amata. Un futuro certo con lei scritto tra le pagine del destino, una sicurezza assoluta di vivere la mia intera esistenza con lei. Mi avrebbe perdonato.
«Ma sei proprio sicura che Nozomi abbia tradito Hisayuki per un semplice gelato? Non farmi ridere Himeko, le corna sono ben altra cosa! Devi sapere che la sorella della mia vicina ha-»
La bustina di zucchero ancora sigillata era un ottimo antistress tra le mie mani, la osservavo mentre la rigiravo tra le dita immaginando di capovolgere una clessidra e far scorrere il tempo a ritroso.
Tempo.
Quante volte avevamo viaggiato nel tempo? Una o forse due, di certo Chibiusa e Setsuna avevano varcato più volte la Porta Proibita da Chronos, un varco temporale che portava a infiniti universi, tra cui i Trentesimo Secolo.
Crystal City. Il nostro regno, maestoso e meraviglioso minacciato da un potente invasore: Prince Diamond.
Esiliato dalla Terra, era tornato per vendicarsi dell'onta subita dalle leggi del Silver Millennium. Attaccò il regno e mi privò della mia ragione di vita: Usako.
Corsi come un pazzo col cuore in gola e il fiato corto. Quel bastardo l'aveva rapita e portata nel suo castello mentre il terrore crebbe sempre più in me per quello che le avrebbe fatto.
Mi inoltrai nel territorio nemico per raggiungere la torre più alta del Castello Nero, punto accessibile grazie all'ampia vetrata ed unica barriera che mi divideva da Usako. Mi appoggiai alla lastra e lo vidi: Diamond era sopra il corpo della mia donna, la possedeva con forza ed io, al di là della vetrata, ero totalmente impotente. La mia rabbia era immensurabile, riuscii a rompere quel muro di cristallo nero preparandomi psicologicamente a sentire le sue urla disperate mentre invocava il mio nome per essere salvata, ma le mie orecchie udirono altro. Gemiti, urla di puro piacere e incitamenti. Sentii il sangue gelarmi nelle vene, mi feci coraggio e cercai di superare la mia paura per voltarmi verso di loro e osservarli: Usako era sotto di lui, gli graffiava la schiena e con le gambe gli cingeva la schiena. Mi osservava, lei mi guardava compiaciuta, mi sorrideva e ansimava ad ogni forte spinta che riceveva, lo spronava a continuare, urlava il suo nome.
Lei, la mia piccola e fragile Usako si stava facendo...
Un conato di vomito, uno strappo alla bustina di zucchero e la vuotai nella mia gola. Quel ricordo bruciava, era una lama rovente sulla pelle, doloroso come le sue parole al vetriolo dopo aver ucciso Diamond a fine amplesso come una mantide religiosa.
«Non ti ho tradito. Tecnicamente non stiamo più insieme e io sono una donna libera.»
Vendetta.
Giocava come il gatto col topo prima di divorarlo, lei era la cacciatrice ed io la preda. La supplicai più volte di tornare insieme, di essere di nuovo una coppia, ma lei rispondeva con le lacrime della delusione, della sofferenza sapendo bene che la sua tristezza mi lacerava l'anima.
«Tu hai deciso per me, Mamochan. Come posso fidarmi quanto tu non hai avuto un briciolo di fiducia e rispetto nei miei confronti? Dovevamo discuterne insieme e invece sei scappato senza ascoltare la mia voce.»
Mea Culpa. Era completamente colpa mia. Presuntuoso. Avevo deciso per entrambi tenendola all'oscuro di tutto, impedendole di dar voce ai suoi pensieri. L'avevo considerata infantile e ottusa, ma ero così spocchioso da non rendermi conto di essere io l'immaturo e lei l'adulta.
«Spara, Takimori! Non vedi che il mostro è davanti a te?»
«Voglio fargli un'imboscata. Mi nascondo qui dietro e poi entro dalla finestra così gli-»
Finestra.
Le imposte spalancate e la sua sinuosa silhouette illuminata dalla Luna. Si trasformava in Sailor Moon per correre veloce da me, per sorprendermi nella notte intrufolandosi furtivamente in camera mia. Vederla sciogliersi la trasformazione per mostrarsi in intimo era per me una visione celestiale, divina.
Il calore del suo corpo, i seni morbidi e perfetti, il dolce sapore delle sue labbra erano una droga. La possedevo con forza, con passione e amore, ero totalmente affamato di lei. Bramavo le sue labbra come un assetato nel deserto, assaporavo la sua femminilità con foga, desiderio, con la voglia di sentirla urlare il mio nome. Tremava sotto il mio corpo, mi sgraffiava le spalle, la schiena lasciandomi segni come se volesse marcare il suo territorio mentre io mi perdevo nei suoi gemiti e urla di piacere come un marinaio incantato dal soave richiamo di una sirena.
«Mamoru, vuoi un altro caffè?»
«Solo dell'acqua. Grazie Motoki.»
«Ti fa male stare qui al Crown, lo sai? Tra poco...»
«Dammi solo dieci minuti e poi vado. Se sei libero ci vediamo stasera?»
«Non so se mia moglie ha preso impegni. Ti telefono quando chiudo, ok?»
Motoki Furuhata. Il mio amico di sempre, il mio compagno di sbronze e confidente. L'unica persona in grado di capire Mamoru senza farsi influenzare dall'essenza di Endymion.
«Sei un coglione, Chiba! Non so cosa ti ha spinto a lasciare Usagi, ma devi reagire! Fa qualcosa! O vi rimettete insieme o troncate qualsiasi tipo di relazione!»
«Non posso spiegarti nulla, Furu. Ho complicato tutto!»
«Non voglio sapere nulla, quello che so è che lei ha sofferto come un cane e non è più come prima. È cambiata, ma sembra che mostri il suo lato peggiore solo con te! Guardati...sei uno straccio!»
L'innocenza di Usagi spazzata via come foglie secche d'autunno in balia del vento. Era dolce, premurosa e generosa con tutti, tranne con me.
In mia presenza mutava pelle come un insetto che sgusciava fuori dal vecchio esoscheletro liberando il nuovo corpo. Lei, la mia mantide religiosa che si cibava lentamente della mia anima ogni notte, la vampira sadica che giocava con gli altri uomini con l'unico scopo di succhiare il sangue. Si sedeva spesso al tavolino dell'area caffè del crown con uno dei suoi compagni di scuola e civettava con la sua vittima in mia presenza; con finta ingenuità beveva il suo frappè alle fragole con gesti maliziosi, giocava con la cannuccia tenendola tra le labbra, muovendola e leccandola lentamente con la lingua, un gioco erotico che avrebbe mandato in tilt il cervello di qualsiasi uomo.
Usagi torturava la sua vittima illudendolo, mostrando la propria sensualità senza mai concedersi, lo ipnotizzava col solo scopo di eccitarlo. Giocava con lui, ma fissava me negli occhi.
E la notte veniva da me per concedersi completamente, abbandonandosi al piacere allo stato puro. Facevamo l'amore come due innamorati impazziti dalla troppa passione.
«Che bella notizia Naoko! Quindi per quando è prevista la partenza?»
«Quattro mesi. Ho contattato il campus per le ultime scartoffie e sarà tutto pronto!»
«Sono felice per te amore mio! Ho una proposta, e se chiedessi un permesso speciale al mio professore per partire insieme a te? Magari per due mesi.»
«Noi due a New York? Oh, Sawao, sarebbe meraviglioso!»
New York. Stati Uniti.
Ero sicuro di lei, di noi. Fin troppo. Quella sicurezza era rafforzata da Chibiusa, la mia dolce e spensierata bambina che mi sorrideva attraverso una fotografia. La sua immagine impressa sulla carta patinata era la testimonianza della sua esistenza, della nascita del frutto d'amore concepito con Usagi.
L'America. Ancora una volta avevo deciso del nostro futuro senza interpellarla, l'avevo esclusa dalla mia vita nell'esatto momento in cui accettai di partecipare all'Erasmus a Boston.
I nemici? Erano stati sconfitti del tutto. Nehellenia? Distrutta definitivamente. Una nuova minaccia? Impossibile, non ci avrebbero mai attaccato e in caso di minaccia cosa potevo fare? Non ero un guerriero, ero un semplice motivatore lancia rose con l'unico compito di distrarre il mostro di turno. Il vero potere risiedeva nel Cristallo d'Argento, in Sailor Moon.
L'aeroporto e un anello. L'essenza del mio amore racchiuso in un cuore di diamante rosa, un anello d'oro bianco all'anulare di Usako. Lei era mia e di nessun altro.
Non aspettai la sua risposta, mi bastò rubarle un bacio appassionato per assaggiare le sue labbra e perdermi nel suo sorriso, per imprimere nella mente quei frammenti di vita che mi avrebbero accompagnato in quel lungo periodo lontano da lei.
«Usako»
Le mie ultime parole prima di sprofondare nelle viscere dell'inferno, delle tenebre.
Buio e vuoto assoluto. Non avevo memoria di quel periodo di transizione, in perenne bilico tra la vita e la morte. Per quanto tempo ero...morto? Ore? Giorni? Mesi?
«Mamoru, non mi sento pronta. Voglio restare un po' da sola.»
Vittima e carnefice. Usagi burattinaia e Mamoru pupazzo erano tornati. Lei flirtava con il suo nuovo amico e la notte si infilava sotto le mie lenzuola.
Flirt. Si presentava al Crown con Seiya, un alieno venuto dal lontano Spazio. Era un abitante del pianeta Kinmoku ed era una guerriera, Sailor Star Fighter, una donna che si travestiva da uomo.
O era un uomo che si trasformava in donna? Ad essere sincero, non mi era chiara la sua vera natura.
Tranquillo. Quella frequentazione era uno dei tanti giochi di Usako e aveva coinvolto il povero Seiya nell'operazione "Facciamo ingelosire Mamochan". Li vedevo spesso seduti al tavolino con le mani intrecciate tra loro a scambiarsi sorrisi e nella mia testa si formarono diverse immagini di loro due abbracciate, completamente nude sul letto a baciarsi, toccarsi fino al piacere estremo giungendo al punto di non ritorno. Mi figuravo Usagi ansimante porgere la sua mano verso di me e supplicarmi di unirmi a quel gioco a tre dove...Maledetto testosterone!
«Altezza, siete troppo sicuro di voi stesso. Dovete fermare Usagi, intervenite prima che sia troppo tardi.»
«Non preoccuparti, Setsuna. Conosciamo il nostro destino. Lei si diverte a provocarmi...»
«A giocare col fuoco ci si scotta, Principe.»
«Michiru, Seiya si è coalizzata con lei per farmi ingelosire. Usagi non mi tradirebbe mai, con una donna poi!»
«Ottuso.»
Ottuso. Haruka.
Poche parole come sempre. Le Outers mi avevano messo in guardia sul rapporto tra Seiya e Usagi, ma ero troppo sicuro del mio destino. L'avevo visto e toccato con man, guardavo tutti i giorni la fotografia di Chibiusa seduta in mezzo a noi. Ancora tre anni e sarei diventato padre, dovevo solo pazientare.
Imbecille.
Attendevo l'arrivo della notte come un bambino sveglio davanti al camino per vedere Babbo Natale. Usako, la donna del mio cuore, appariva ogni notte sul davanzale della finestra, bella come una fata. La amavo con tutto me stesso, la possedevo, facevo l'amore con lei con passione, trasporto, desiderio mettendo completamente a sua disposizione il mio cuore e il mio corpo.
Il mio amore.
Usako si saziava del mio corpo, respirava fino all'ultimo mio gemito, si nutriva di me fino placare la sua sete e lasciarmi da solo. Divorava la mia anima ogni notte, morso dopo morso spolpandomi fino alle ossa.
Un pomeriggio, quel maledetto pomeriggio il mio cuore smise di battere. La vidi arrivare al Crown, mano nella mano con Seiya. Normale amministrazione, ma quella volta fu diverso: Usako si era seduta al solito tavolino in attesa del frappè alla fragola, il suo preferito, quando Seiya la abbracciò teneramente per donarle un bacio lento, dolce e sensuale. Lei aveva gli occhi chiusi per assaporare a pieno le labbra di quel ragazzo, per nutrirsi dei suoi sentimenti e ricambiare il gesto con carezze, abbracci e altri baci. Non ci fu alcuno sguardo malizioso in mia direzione, Usagi e Seiya avevano creato un universo tutto loro ed io ero spettatore di quel momento.
Rabbia.
Se Usako voleva farmi incazzare, aveva raggiunto a pieno il suo obbiettivo. Trascorreva tutti i pomeriggi in sua compagnia e spesso si fermavano al Crown, si divertivano sfidandosi con gare di Formula Uno, parlavano per ore davanti a coppe gelato e frullati scambiandosi effusioni, baci e carezze. La osservavo mordergli il labbro inferiore per scoppiare a ridere e divenire a sua volta vittima delle stesse attenzioni.
Odiavo Seiya, odiavo le sue mani che accarezzavano il corpo di Usagi, poggiate sui suoi fianchi per scivolare troppo volte sui glutei. Era entrato a pieno nella sua vita condividendo con lei ogni singolo istante della giornata, dai banchi di scuola fino alla notte immaginandoli insieme, travolti nel turbine della passione a scambiarsi baci infuocati e carezze lascive.
Seiya, era al tavolino insieme a Taiki e Yaten, altri alieni come lui. Rideva, scherzava con Rei, Ami, Makoto e Minako, parlavano dei vari eventi trascorsi insieme, le gite fuori porta, uscite di gruppo terminate in pigiama party. Usako, la mia Usako, era al suo fianco serena e rilassata, lo guardava con occhi sognanti traboccanti d'amore: era il ritratto della felicità.
Sailor Star Fighter alias Seiya Kou, una stella errante proveniente da un'altra galassia, aveva rubato il mio posto, aveva spodestato il futuro sovrano Endymion dal trono.
Serenity ed Endymion. Mi ero illuso di poter vivere la mia vita con lei grazie al destino già scritto dalle stelle e invece quel futuro non esisteva più per colpa mia.
Addio Trentesimo Secolo.
Addio Crystal City.
Addio Chibiusa.
Piangevo su quella foto custodita gelosamente nel mio portafoglio. Chibiusa. Il dolce visino paffuto, il sorriso sbarazzino e i grandi occhi ambrati attenti e curiosi. Lei viveva nei miei ricordi e nelle fotografie, istanti di vita passata catturati da una pellicola.
«Vi avevamo avvisato, Principe.»
«Perché non mi avete detto la verità? Setsuna, tu lo sapevi che il futuro era cambiato!»
«Il futuro lo creiamo noi con le nostre stesse mani.»
Setsuna. La saggia Sailor Pluto tornata di guardia alle porte del tempo. Mi aveva lasciato da solo, abbandonato al mio destino così come Haruka e Michiru trasferite in Europa.
Non esisteva più un regno da proteggere, così come le guerriere Sailor. Come la mia vita.
Le Inner avevano preso la propria decisione ed erano rimaste fedeli a Sailor Moon rimanendo al suo fianco.
In fin dei conti, chi ero io?
«Sono sempre stata io a proteggere il tuo pianeta fin dall'antichità! Tu non hai mai sviluppato il tuo potere...tanto c'erano le guerriere Sailor! Ti ricordo che le Inner sono le mie guardiane, non le tue!»
Le guardiane di Serenity. Luna non accettò la presa di posizione di Usako. A malincuore e con il cuore a pezzi abbandonò la sua principessa per trasferirsi da me insieme ad Artemis. Pianse per notti intere, amava la sua "benedetta ragazza" come se fosse sua figlia e quella separazione la distrusse completamente. Le mie stupide azioni avevano causato non solo la mia di sofferenza, ma anche quella di tante altre persone, Luna compresa.
Motoki mi portò il bicchiere d'acqua richiesto, un sorriso per ringraziarlo e bevvi un sorso del gelido liquido che rinfrescò la mia gola secca. Provai a respirare lentamente per ingoiare e lacrime riaffiorate a causa di quei ricordi dolorosi come una ferita aperta nella carne vive, appoggiai il bicchiere sul tavolo pronto per alzarmi dalla sedia quando la vidi entrare nel Crown: splendida nel suo abito amaranto, dolce come il sorriso sulle labbra rosse, innamorata come l'uomo al suo fianco che teneva per mano.
«Che gelato vuoi?»
«Fragola!»
«Come sempre! Piace anche a mamma, sai?»
Chibiusa. Così piccola, paffuta e bellissima. Era nata il trenta giugno come stabilito dalle stelle, ma il padre era Seiya. Era una Kou e non Chiba.
Usako negli anni passati faceva l'amore con me con l'unico scopo di concepire la piccola Chibiusa. Per me era amore, per lei solo sesso; ero un mero strumento di riproduzione, un donatore volontario di spermatozoi, ma quando si innamorò di Seiya non riusciva più ad avere alcun contatto intimo con me.
Lo amava, si era innamorata di quell'uomo e lo sposò dandogli la possibilità di usurpare il ruolo di marito che era mio di diritto. E da lui ebbe Chibiusa.
Non più nostra, non più mia.
Era la figlia di Seiya.
«Mi scusi, signore!»
«Niente piccola, non è successo nulla.»
Una macchia rosa sul mio gomito. La piccola Chibiusa mi aveva urtato con il cono gelato. La guardai con il cuore gonfio di tristezza, il suo visino dolce, le guance arrossate, il timbro della sua voce e morbidi e voluminosi capelli rosati. La seguii con lo sguardo mentre correva per farsi prendere in braccio da Seiya, suo padre.
Seiya, così diverso e così simile a me, avevamo in comune il colore degli occhi, dei capelli, l'amore per la stessa donna e ora lui abbracciava quella bambina che una volta era mia figlia.
Mi alzai dalla sedia per dirigermi verso l'uscita quando mi sentii toccare una spalla: Usako.
«Ciao, Mamoru.»
«Usagi, cosa vuoi?»
«Volevo solo sapere come stai...»
«Come sto? Secondo te? Saranno almeno sei anni che mi hai escluso dalla tua vita, da quando ti sei sposata con Seiya.»
Uno scambio di sguardi e notai in lei quel bagliore che la rendeva unica: era raggiante, felice, ma vidi una piccola lacrima di compassione sfuggirle dai suoi occhi. Era triste per me.
Io la rendevo triste mentre suo marito le aveva ridato la spensieratezza e solarità di una volta. Vidi Seiya raggiungerci e affiancarsi a lei per abbracciarla con un braccio mentre con l'altro sorreggeva Chibiusa.
Stava marcando il territorio e io ero di troppo.
Uscii dal locale col cuore a pezzi e corsi verso il parco vicino. Senza rendermene conto mi ritrovai sul piccolo molo dove, dodici anni prima, io e Usako ci scambiammo il nostro primo bacio da fidanzati per essere interrotti dall'arrivo di Chibiusa.
Lei, la mia dolce e piccola Lady. Riguardai la foto, noi tre abbracciati e felici durante un picnic sotto i ciliegi in fiore. Non avevo capito che lei sarebbe nata ugualmente, era una discendente della Luna, la legittima erede del Silver Millennium, la futura detentrice del Cristallo d'Argento. Era una bambina al di fuori del comune.
Come sua madre.
Lei era nata, ma non era mia figlia.
Se solo potessi tornare indietro!
«La mia permanenza è giunta al termine e devo tornare alla Porta del Tempo. Principe, voglio donarvi questo e con esso ripongo in voi la mia massima fiducia. Siate saggio. Addio, Vostra Maestà.»
Infilai la mano nella tasca della giacca e presi la chiave del Tempo donatami da Sailor Pluto.
Siate saggio. Rigirai il prezioso artefatto tra le dita fissandole piccole pietre rosse incastonate sulla superficie argentea.
Cosa fare? Tornare indietro nel tempo? Sì, avrei rimediato a tutti i miei errori e non avrei perso la mia unica ragione di vita: la mia famiglia. Usako e Chibiusa.
Usako. Sarebbe stata felice al mio fianco nei panni della Neo Queen Serenity?
Non lo sapevo... Rinunciare al trono e vivere come semplici umani, essere semplicemente i coniugi Chiba? Era fattibile.
Cosa fare? Lei era felice, in pace con se stessa, circondata dalle amiche più care e amata incondizionatamente da Seiya. Lui l'aveva resa felice come non mai, chi ero io per impedirle di vivere la sua attuale vita?
Io non avevo smesso di amarla e soffrivo per lei, ma Usako era felice.
Cosa fare? Rinunciare per sempre a Usako e Chibiusa per tutelare la loro felicità e annegare nel mio dolore oppure tornare indietro nel tempo ed essere io l'uomo della loro vita?
Strinsi forte la chiave di Chronos facendomi coraggio per la prima volta e presi la mia decisione definitiva.
Fine
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Angolo Autrice
Eccomi alla fine di questa storia a sé.
questo capitolo lo dedico a SaraStar88, amante della coppia Usagi-Seiya.
Il finale è aperto quindi sta a voi lettori scegliere se Mamoru rinuncerà alla sua felicità per amore di Usagi o se viaggerà a ritroso nel tempo per rimediare ai suoi errori. In entrambi i casi la sua scelta sarà molto coraggiosa e avventata.
Premetto che sono una fan della coppia Mamoru/Usagi quindi scrivere un brano dove Mamochan ne esce sconfitto è stata molto dura, ma amo le sfide e i confronti con temi opposti ai miei gusti personali :)
Spero vi sia piaciuto!
A presto!
Amnisya
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