Capitolo 2
Era la quarta volta che provava a leggere quella riga, eppure non riusciva a concentrarsi. La testa china sul libro, le unghie sporche d'inchiostro e la penna d'oca, che aveva smesso di gocciare, in bilico tra l'indice e il medio. Emise un lungo sospiro, poi sollevò lo sguardo verso la clessidra, che riposava placida alla sua destra, e storse il naso con disappunto, mentre gli ultimi granelli scivolavano verso il basso.
In quel momento si udì il cigolare dei cardini e, prima ancora che la porta potesse sbattere contro il muro, una voce roca proruppe con un: «Allora, Adalric, hai finito?».
Quella, si disse, era l'unica domanda alla quale avrebbe preferito non rispondere; tuttavia sollevò un angolo delle labbra e abbozzò un sorriso. «Credo di sì» mormorò.
«Come sarebbe a dire "Credo di sì"?»
Si strinse nelle spalle e posò la penna d'oca sulla scrivania, accanto alle scartoffie che aveva ammassato. «Credo di sì, Erdmann, perché mi hai lasciato da solo, nello studio di Rasputin, assieme a dei testi così antichi che stento a capire come siano stati scritti» spiegò laconico. Batté una mano sulle pagine ingiallite e gli vide sgranare gli occhi.
«Non trattarli così, sono dei libri rari.»
«Dei libri che potrebbero costarci la vita» fece a mezza bocca, tirandosi in piedi. «Mettili a posto, non voglio vederli.»
«Ma almeno hai copiato ciò che ci serve?»
Adalric sollevò una mano e indicò la scrivania, trattenendosi dal roteare gli occhi verso il soffitto con le assi esposte. «Cosa pensi che abbia fatto finora?» sputò.
«Non lo so, non sembravi così certo fino a un attimo fa.»
Sbuffò e si passò le dita tra tra i capelli, portandoli indietro, lontano dalla fronte. «Lasciamo perdere» borbottò. Mise la sedia al proprio posto e impilò un paio di libri. Poi gli si avvicinò con passo svelto, storse le labbra in un grugnito e glieli sbatté contro il petto. Uno sguardo serio, penetrante, tagliente come una lama, e disse: «Rimettili dov'erano, Erdmann. Se qualcuno ci trovasse qui, finiremmo con la testa sul ceppo».
Lui deglutì, annuì e li afferrò con una presa ferrea. Mormorò solo un: «Ho capito». E poi seguì Adalric con la coda dell'occhio, lo vide sparire oltre la soglia, si disse che lo avrebbe aspettato fuori, in strada, per accertarsi che nessuno, tantomeno Rasputin, rientrasse in casa nel momento meno opportuno. Così, una volta solo, si affannò verso la scrivania e osservò dall'alto il suo meticoloso lavoro sulle pergamene arricciate. Un leggero sorriso gli si dipinse in faccia, mosse i baffi neri come ali di corvo e gli brillò nello sguardo. «Ben fatto, amico mio» sussurrò compiaciuto. Posò i libri accanto alla clessidra e iniziò a raccattare le copie appena trascritte per arrotolarle e legarle con il cordoncino grezzo che aveva in tasca. Solo allora, dimentico dell'inchiostro e della penna d'oca, passò agli antichi tomi. Ne prese un paio alla volta e, dopo aver spostato un pesante tappeto intrecciato di rosso e blu, li nascose sotto un'asse mobile del pavimento.
Fu allora che dei passi provenienti dal corridoio lo gelarono sul posto.
Sgranò gli occhi, si alzò in piedi e mosse appena il tacco dello stivale per sistemare le frange bianche. Il respiro che gli mancava nel petto, si guardò attorno senza muovere un muscolo e pregò di non aver dimenticato niente.
Ma poi li vide: erano lì, in bella vista, al centro della scrivania, gli scritti di Adalric.
Si maledì mentalmente e immaginò di poter essere arrestato, di essere sul punto di un'esecuzione pubblica. Così iniziò a sudare freddo e divenne una statua di cera.
Tuttavia, Adalric comparve di nuovo sulla soglia della porta e gli fece schiudere le labbra per emettere una risata gutturale.
«Cosa diavolo stai facendo?» chiese crucciato, avvicinandosi.
Lui posò una mano sulla scrivania, si sorresse e, scuotendo la testa, continuò a ridere. «Lascia stare, non capiresti» biascicò tra gli spasmi. Chiuse gli occhi, cercò la calma perduta, infine allungò la mano e, a tentoni, raggiunse il rotolo. Lo afferrò, lo infilò nella cinta e subito lo nascose sotto il corto mantello nero.
In tutta risposta, Adalric sollevò un sopracciglio. «Sembra che tu abbia perso il senno» commentò sottovoce. Lo vide farsi vicino e attese di essere raggiunto, perfino superato, prima d'incamminarsi ancora lungo il corridoio.
«È possibile.»
«Preferisco che tu lo mantenga, mi servi completamente lucido.»
«La colpa è solamente tua» disse in un sospiro. Si voltò a fronteggiarlo e allargò le braccia, muovendo di poco la stoffa che gli pesava sulle spalle. «Sei tornato indietro all'improvviso, per un attimo ho pensato che fossi quel pazzo di Rasputin.»
«Credi davvero che non lo avrei fermato?»
Un suono divertito gli scappò di bocca. «E come avresti potuto? Sono ore che ricopi i suoi appunti, ore che ti sembrano senza capò né coda. Gli sarebbe bastato schioccare le dita per ridurti in cenere.»
«Impossibile, Rasputin è troppo intelligente per fare una cosa del genere» disse. Lo superò, poi si diresse verso l'ingresso e si fermò per indicare la porta ancora chiusa. «Qua fuori brulica di gente, Erdmann, e chiunque avrebbe potuto additarlo come un demonio.»
«La nostra, non è comunque una bella posizione» gli fece notare, muovendo di poco il mantello per mostrare il rotolo nascosto. «Se ci avesse trovato con queste, avrebbe potuto accusare noi di stregoneria. Lo hai detto tu stesso, no?»
Annuì, ma poi disse: «Fortunatamente non è qui».
«Mi sembra il minimo, visto la sfortuna nera che ci portiamo dietro dalla caduta di Damian» borbottò. Gli lanciò uno sguardo serio e poi, divorato dall'ansia, iniziò a tormentarsi i palmi delle mani, a camminare avanti e indietro, a respirare con affanno. «E come pensi di uscire?» chiese.
«Non possiamo aspettare che cali ancora il sole, o finirà che ci scopriranno davvero.»
Si fermò, corrugò perfino la fronte e socchiuse le labbra. «Spero tu abbia un piano, Adalric, un piano serio» scandì. «Siamo chiusi qui da quasi un giorno, sono certo che lui stia per tornare.»
Guardandolo, provò l'impulso di scuoterlo, di colpirlo per farlo calmare; tuttavia non lo fece e si trattenne accanto alla porta di legno tarlato. Lo sguardo vacuo, quasi assente, e una mano dietro il collo, che massaggiava i muscoli tesi. Disse: «Sei stato tu a insistere per venire qui, Erdmann». Gli vide sgranare gli occhi, perdere colore sulle guance e muovere un passo in avanti. Pensò che stesse per gridare qualcosa, perciò lo interruppe subito con un: «Ma adesso siamo in due e dobbiamo restare uniti».
Lui annuì, si lasciò andare a un debole grugnito e ritentò con un: «Cosa proponi?».
«Uscire, semplicemente.»
«Scherzi, vero? Tutti sanno che questa è casa di Rasputin.»
«Eppure non c'è nessuno che voglia parlare con lui» lo corresse. Accennò un sorriso tirato e sollevò le spalle. «Pensaci» disse. «Malgrado abbia un posto di rilievo a corte, è scansato dal resto del popolo. Nessuno sa di preciso cosa nasconda, né dove lo tenga segreto, ma si guardano tutti dal camminargli vicino.»
«Non lo accusano direttamente, però.»
Le labbra gli tremarono appena e lui non riuscì più a mantenere lo sguardo su Erdmann. «Solo perché sanno che rischierebbero la vita» mormorò. Si voltò verso la porta e deglutì a vuoto, inspirando l'aria pesante, che sapeva d'incenso ormai spento.
«Lo so, nessuno vuole finire come mio fratello.» Prese una piccola pausa, infine sollevò il mento con fierezza e osservò le spalle di Adalric. Disse: «Nessun altro dovrà fare la sua fine, perciò apri quella porta».
Così lui spostò il chiavistello con cui si erano chiusi dentro, trattenne il respiro e lasciò che la luce del giorno ferisse entrambi, mentre il sangue gli rombava nelle orecchie.
Note:
Salve, ragazzi.
In questo capitolo avete fatto la conoscenza di altri due personaggi molto importanti, i quali sono stati appena accennati, ma che spero di poter approfondire assieme a voi nei capitoli a venire.
Cosa ne pensate? Per il momento avete qualche considerazione?
Ebbene sì, ho citato qualcuno che sarà presente nella storia: Rasputin. Siete curiosi di conoscerlo? Io. Non vedo l'ora di presentarvelo. Lo ritengo un personaggio molto ombroso, particolare, che mi piace manovrare in "Mandragora" e che ho senz'altro romanticizzato rispetto all'originale per esigenze di trama.
Mi auguro che la lettura vi sia piaciuta. Lasciatemi un commento e una stellina come supporto, grazie.
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