4. Capitolo IV- L'uomo dai mille volti parte 1

Premesse:
Per chi lo avesse dimenticato o non si fosse ancora addentrato nelle dinamiche di Manderley; Luise la donna a cui Mary faceva la dama di compagnia, dopo che ha civettato con Alexander, ha imposto a M di appropriarsi del diario di Alexander per scoprire cosa si cela dietro Manderley. Ma Mary è stata braccata dal ragazzo e, giorni dopo, un uomo ha ucciso Luise per riappropriarsene dopo che la donna era riuscita a rubarlo. L'uomo sembrerebbe essere in combutta con Alexander per occultare i segreti dentro il quaderno.

* * * * *

Pov Mary:

Persa in un etereo rimirare mentre il chiarore crepuscolare si riverbera sul mare; i miei occhi vengono rapiti da quella scia tanto luminosa nel firmamento che, così magica, rassomiglia alla raffinatezza più sottile.

Gli aristocratici sono impegnati a parlottare, bere e ballare in quell'ammasso di vestiti sfavillanti tra il bianco, il dorato delle donne e lo smoking dei gentiluomini.

Le loro voci si disperdono in un eco confuso, lontano e insignificante.

Un brillio invade gli scogli, così imperlati dal movimento dell'acqua.

Le onde sono intente a infrangersi sulla superficie rocciosa in una carezza dolce e delicata, in un suono soave che mi invade i sensi.

Avvolta in un panno coprente che ha le fattezze di una nuvola del firmamento; la luna appare misteriosa, celata dal buio della notte, cupa ma affascinante e penetrante.

Ciononostante le stelle, in armonia con questo spettacolo naturale, tingono il cielo di un'immensa bellezza non dissimile dal candore di un bambino.

La gentile brezza accarezza le spalle scoperte, e una frescura invade la cute raggrinzita.

Indosso un vestito a fiori rosa, molto semplice, che scende sino alle ginocchia; impossibile non avvertire la frescura.

Le ciocche nocciola, al livello delle spalle, svolazzano al suono di questo soffio talmente freddo da farmi rabbrividire, ancora.

Un uomo, in un completo nero da cameriere, simula dei colpetti di tosse per ottenere la mia attenzione; riduce in frantumi quella bolla di silente contemplazione di cui ero una lieta prigioniera.

Mi porge un bicchiere in cristallo che è colorato da una sostanza al suo interno.

<< È Bourbon, signorina. Lo offre il signore. >>, spiega l'uomo appena sopraggiunto, facendo cenno con il dito a un punto della terrazza.

Sobbalzo vedendo, nell'orda di aristocratici uniti nella raffinata arte della danza, un gentiluomo fatto di marmo.

Proprio lui, vestito in modo impeccabile come gli altri.

Immerso nel tintinnio dei bicchieri, ne abbranca uno dal vassoio e protende le labbra su di esso; degusta quell'alcol come se fosse leggero.

Si incammina nella mia direzione.

Il ghiaccio, che riveste la sua andatura rigida e lenta, accompagna un fuoco capace di accapponare la pelle di qualunque fanciulla, che adesso arde nei suoi occhi.

Mi scruta come se volesse denudarmi nell'animo, spogliarmi del più piccolo segreto; come se volesse avere accesso alla camera che racchiude quell'insicurezza in grado di attanagliarmi.

In un istante lo sgorgare dell'imbarazzo più vivo inchioda le mie scarpe ai mattoncini bianchi rendendomi incapace di articolare un qualsiasi movimento, elettrizza ogni singolo centimetro di questa pelle d'oca, brucia sulle guance come ferro caldo.

A ogni suo passo - così ponderato, flemmatico e fiero come una lince - il desiderio di scomparire si impossessa di me.

Trovandomelo di fronte, in quell'armatura di sfavillante compostezza e fascino; sussulto e chino il capo.

Inclina la testa causando un lieve ondeggiare del suo ciuffo riccio sul lato sinistro della fronte, allo scopo di concedersi una visione dettagliata del vestito che indosso.

Arriccia le labbra carnose quasi fosse tentato di dirmi qualcosa; ma desiste restando in quella fortezza inespugnabile che lo protegge dall'invadenza e dagli occhi curiosi della gente.

Esalo un respiro carico di un'ansia quasi impercettibile che preme per uscire e contrastare il rumore di questo silenzio opprimente.

<< La ringrazio Signore, ma declino. >>, mormoro in un timbro basso.

<< Lei mi offende. >>, replica increspando le labbra in un sorriso accennato.

<< Mi scusi. Non vorrei offenderla, ma mi sento incomoda ad accettare un regalo da un uomo come lei... >>, sussurro incrociando le braccia, spinta dal desiderio irrazionale di proteggermi da costui.

Si avvicina concedendo l'ebbrezza del suo respiro libero di invadere il mio, in un connubio letale ed elettrizzante che pervade sin nelle viscere.

<< E perché proprio da me? La metto a disagio, Mary? Sono intimidatorio e... >>, nella sinfonia delicata di queste parole, quasi azzera le distanza.

Occhi contro occhi.

Labbra contro labbra quasi.

<< E? >> boccheggio, tesa come una corda di violino.

Animata da un mare funesto che mi travolge nell'animo.

<< Me lo dica lei. >>, sillaba in una nota bassa, pervasa da una suadente provocazione.

Il suo sguardo ammaliante si posa sulle labbra.

Mi discosto da lui, come se avessi ricevuto una scossa, prigioniera di una gabbia in cui non esiste ossigeno.

<< Non sta bene quel che lei sta facendo, signore! >>, sbotto elevando la voce di un'ottava.

<< Lei mi sta provocando per insinuarsi nelle... >, seguito per poi tacere colta da un moto di vergogna, evitando il suo sguardo eloquente.

<< Nelle sue grazie? >>, termina la frase in una domanda retorica; il tono beffardo pizzica come spilli.

Ghigna.

Dei risolini mi inducono a sollevare il viso.

<< Corteggiarla al solo fine di giacere con lei sarebbe un atto così barbaro! Non è da me. >>,mi spiega con fare pacato e indifferente alla questione.

Non sembra toccarlo minimamente, la mia velata accusa.

<< Lei mi confonde! Ha sempre mostrato acredine nei miei riguardi e adesso mi offre un bicchiere di Bourbon. Non capisco la ragione di tale gesto. >>, confesso palesando confusione, aggrotto la fronte.

<< È semplice galanteria che desidera mascherare questo carattere burbero e cancellare le parole ben poco lusinghiere e pungenti che le ho rivolto. >>, ribatte imperscrutabile, malcelando un lato di sé così ostentatamente lezioso.

Si appressa a me.

Di nuovo vicini.

Una ciocca del cioccolato più dolce contamina il nero algido del suo vestito.

Il mento, precedentemente all'altezza della mia fronte, si abbassa cozzando lievemente con essa.

Il volto adesso è a una spanna dal mio.

<< Anche lei mi confonde, sa? Riesce a spogliarsi di una ragnatela di ritrosia e timidezza per esprimere parole che trafiggono come spade. >>, mi sussurra, dolce e carezzevole.

<< La rende tesa il mio respiro che si confonde con il suo? >>, insiste, opprimente, dominante, pericoloso.

Un brivido attraversa la schiena nell'avvertire la sua mano posarsi su di essa.

<< Ha ragione. Io posso essere tanti uomini. L'uomo altero e glaciale che tratta le classi umili con sufficienza, con un tono sprezzante. >>, continua lasciando delle carezze dall'alto verso il basso, ben attento a evitare di toccare il fondoschiena.

<< Il gentiluomo galante che tenta invano di ottenere le scuse di una fanciulla che non ha trattato educatamente. >>, pronuncia in modo ipnotico proprio nell'istante in cui altri polpastrelli si spostano sul braccio.

Lo percorrono con lentezza, fino ad articolarsi intorno alla nuca.

<< L'uomo passionale che desidera scoprire il sapore di queste labbra, di sentirle su di sè. >>.

Una spinta decisa mi fa cozzare con una bocca inesplorata; si appropria delle mie labbra per plasmarle a suo piacimento.

Si impongono vorticosamente, in modo rude e impetuoso: sembra vogliano divorarmi, piegarmi al loro volere.

Con il braccio sulle spalle mi mantiene avviluppata a sé, portando le nostre bocche ad aderire sempre di più e a danzare impetuosamente. L'altra mano accarezza velocemente il braccio, per poi fermarsi sul fianco.

Mi lascio travolgere da questo vortice di passione, mantenendo il ritmo così incalzante, veloce e ardente. La lingua si introduce lentamente nella bocca.

Lo fa senza chiedere il libero accesso attraverso colpi rapidi e non profondi.

Stuzzica in una toccata e fuga, alternando una rotazione; la mia tenta di reagire con ritrosia per poi ritirarsi.

Non so come muovermi.
Non pensavo avrei mai baciato l'inarrivabile e algido Signor De Winter.

Esiste solo il disagio che sto provando per via della solita inesperienza, per via del luogo ben poco consono in cui mi sta baciando come se non ci fosse un domani.

Malgrado ciò, a lui non sembra importare, impegnato com'è nell'assalto con morsetti e rotazioni vorticose.

Dopo un tempo indefinito, avverto un leggero rallentamento dei movimenti di lingua e labbra.

Improvvisamente sembra voler accarezzare la lingua che, lasciandosi guidare, inizia un andirivieni con la sua.

In seguito, in una totale armonia, nel rumore sordo prodotto dalle pulsazioni del mio sangue, aumenta il ritmo.

Una danza frenetica e incontrollabile è assoluta protagonista, a cui né io né tantomeno lui desideriamo sottrarci.

Con la mano ancorata alla testa, si assicura che io non mi stacchi; nel mentre la sua bocca duella con la mia e, con una bramosia prepotente, flette la testa per assaporare ogni millimetro.

Una fiamma mi rattrappisce, dopo aver sciolto totalmente la muraglia di ghiaccio eretta da Alexander prima del bacio.

Tutto ciò avviene in concomitanza al galoppare così ritmico del cuore.

All'improvviso un rumore irrompe, e un vociare persistente aleggia.

Ci discostiamo l'uno dall'altra, totalmente ansimanti, con le labbra gonfie e lievemente doloranti.

Brancolo nel buio nel tentativo di dare una spiegazione alla passione travolgente di questo giovane uomo e alla calca di gente giù, all'ingresso principale, in un lampeggiare di luci e sirene che si odono anche quassù.

È calata la nebbia, e solo Dio sa quanto io la detesti.

- Cosa sta accadendo! Ci sono i poliziotti? -

Getto un'occhiata furtiva ad Alexander che scruta con aria pensierosa e cupa l'accalcarsi dei poliziotti intorno a un anziano signore, ora inginocchiato a terra.

Quest'ultimo si solleva permettendomi di vedere in modo confuso cosa il suo corpo occultasse.

Un cadavere giace, immobile, in un mare di sangue.

Le sinuosità di quel corpo mi sembra di riconoscerle: la signora Luise.

La signora Luise è morta.

<< Pare che sia stata trovata morta nella vasca! >>, odo da alcuni poco distanti da noi.

Un tremito mi attraversa e un mancamento mi assale.

La testa, immersa nelle fiamme, mi porta a socchiudere gli occhi; ma un mano forte e decisa mi afferra prontamente evitandomi di ruzzolare.

Alexander è il mio salvatore; fissa incessantemente quel punto, senza muovere anche un solo muscolo come se fosse imbalsamato.

Sicuramente è inorridito anche lui, chiunque lo sarebbe dinanzi a una simile atrocità.

<< Forse è meglio che lei vada, potrebbe perdere i sensi. Meglio che non veda. >>, quasi mi ordina perentorio e non replico.

Senza proferire altra parola mi ritiro nelle mie stanze attraversando la soglia della porta della terrazza.

* * * * *

Narratore esterno:

Il nobile De Winter, dopo essere sceso al piano terra, passando per l'ennesima porta in vetro nero, percorre la larga scalinata di un'entrata secondaria.

Scalino dopo scalino, in modo lento che si addice a una marcia funebre.

Nulla traspare dai lineamenti che sembrano essere stati scolpiti dal marmo.

Porta con sè un bicchiere di Whisky che sospinge oltre l'epiglottide con assoluta nonchalance.
Aderisce con la schiena al muretto in pietra bianca che circoscrivere il giardino esterno.

Scruta l'orizzonte mentre ogni singola goccia di alcol attraversa la sua gola, e non si rende conto della presenza di fianco a sè.

Quando questi si appoggia lì, proprio dove lui si è appoggiato pocanzi, si volta verso il nuovo arrivato.

Strabuzza gli occhi che immediatamente si riducono a due fessure nell'incontrare le iridi scure che mai avrebbe potuto dimenticare, la mascella squadrata che rende il volto dell'uomo troppo duro nei lineamenti, i capelli leccati all'indietro e totalmente baciati dal sole.

Lo sono sempre stati, naturalmente, anche quando vigeva il buio della notte.

<< Ho visto il siparietto con Mary. >>, esordisce ridacchiando << Sta cadendo nella tua rete. Mi fa tanta pena, non sa cosa l'attende a Manderley. In quel castello folle! >>, conclude.

Alexander ride, ma non si tratta di un sorriso radioso o divertito: una luce sinistra e pericolosa lo illumina.

<< E sentiamo Charles, come pensi di impedirmelo? >>, lo stuzzica ma quest'ultimo ricambia il ghigno.

<< Mi chiedo cosa accadrebbe se Mary sapesse cosa ti ha spinto a corteggiarla oggi, se sapesse cosa la lega a te e a Manderley... >>, scandisce con estenuante lentezza ogni parola in un'intonazione minacciosa e subdola.

Ma Alexander non è da meno in questa guerra tra leoni pronti a sbranarsi.

<< Non ti conviene avvicinarti a lei... >>, parla lentamente con indifferenza e tracotanza.

<< Se lei sapesse la verità, diventerebbe un pericolo per te e per Manderley. >>, rivela cripticamente mentre il diretto interessato, l'accusato, se ne sta tranquillo nella degustazione dell'alcolico.

<< Ciascuno indossa maschere, quella più conveniente in relazione allo scopo, all'istinto di sopravvivenza... un po' come te adesso, ma quello che la getterà sarai tu e non io. >>, ribatte imperscrutabile.

Il suo interlocutore si affretta a scomparire nella nebbia, mimetizzandosi in essa così come quando è apparso.

La sagoma viene risucchiata dalla coltre così fitta, portando via con sè un mistero inestricabile.

Rimane appoggiato al muretto, in uno stato di immobilità, dopo aver arieggiato la bocca in modo calcolato, come un romanzo stampato.

Così meticolosamente perfetto da essere prossimo alla pubblicazione, perché rispecchia le esigenze della gente, ciò che loro bramano o che non sapevano di desiderare.

Tuttavia, ha commesso un errore animato dalla rabbia, ha affrettato i tempi e ciò potrebbe costargli caro.
Mary potrebbe non fidarsi di lui e avrebbe ragione.
Ha dato la fallace sensazione di essere un maniaco, ma questo è quanto di più lontano dalla realtà.
Ella non sa che al nobile non intrigano le sue grazie.

Deve aggiustare il tiro, ritornare in quella bolla di rettitudine e galanteria  che gli ha sempre permesso di conquistare una donna.
Ne va della buona riuscita del piano, d'altronde tutto ciò richiama...

Un gioco a scacchi in cui si studia l'avversario e poi...

- Scacco matto, Mary ! -


                      ******

Note Autore:
Ammetto che questo capitolo è forse quello che crea dissonanza cognitiva.
L'atteggiamento di Alexander, sebbene sia pervaso di freddezza e dialoghi costruiti, è assurdo, anticonformista per il 900.
Tuttavia posso dirvi che lui per alcune cose segue l'etichetta, per altre no, ha un carattere a sé. Il bacio dato a Mary - o meglio il bacio di Giuda xD - ha un significato ben preciso nel suo agire: possiamo subito ipotizzare che lui abbia fretta di conquistarla e portarla a Manderley, il tempo stringe!
Ciononostante non possiamo sapere se nel suo modo di conquistare una donna lui sia davvero così, o se questo sia solo un atteggiamento che riserva a Mary per questa fretta che lo anima.

In quanto a Mary, sì lei simboleggia la donna un po' dimessa all'uomo, timorata, che teme di realizzarsi professionalmente, che sogna di trovare marito e mettere su famiglia come molte donne del tempo.
Pur essendo pudica, in questo capitolo si lascia baciare senza opporre resistenza mostrando una sorta di emancipazione; ma lo ha fatto solo perché, come nel classico originale che mi ha dato ispirazione con un'altra protagonista, lei è una ragazzina sognatrice che non ha conosciuto uomini, ancora di più uomini come Alexander, quindi resta per un attimo ipnotizzata dal suo modo di parlare e di sedurla.
Può sembrare irreale essere a 23 anni così ingenue, ma ricordiamoci che nel passato le donne non avevano esperienze, perché si preservavano prima del matrimonio, c'era maggiore ingenuità.
Però ciò non significa/non è detto che capitolerà tra le sue braccia, semplicemente lui le ha rubato un bacio (per ragioni che sa solo lui) e lei non ha saputo reagire per ora.
Vedremo come si comporterà la giovane Mary nel capitolo V.

Concludo dicendo che mostrare due personaggi che seguono pedissequamente l'etichetta, non mi avrebbe appassionato e non avrebbe costituito in alcun modo originalità.

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