1.2
CAPITOLO V
Era ormai buio pesto e Alice perse ormai del tutto le speranze.
- È tutto il giorno che cammino. Non so davvero dove andare. Qui tutti si ostinano a farmi domande, o richieste o discorsi strani, a cui non so rispondere o dare una soluzione! O meglio, se ci provo è del tutto errata! Non ne posso proprio più!- Si lamentò.
- La smetti di fare tutto questo baccano? Qualcuno qui vorrebbe dormire!
Alice si voltò meravigliata: su di un albero vide acciambellato un grasso gatto con un sorriso largo sul suo viso stampato.
- Mi dispiace...- Balbettò Alice, ancora incredula per il suo curioso aspetto.
- Non importa.- Le rispose il gatto sbadigliando e sgranchendosi le zampe.
- Mi chiamo Alice Liddell...Mi sono persa, Signor Gatto...
- Lo vedo ed ho udito bene. Comunque chiamami Stregatto. Non mi piacciono le formalità. Le trovo noiose e futili.- Continuò lo Stregatto che saltò su di un ramo inferiore.
- Puoi, gentilmente, indicarmi quale strada devo prendere per uscire da questo bosco?- Chiese timidamente la ragazza.
- Beh, tutto dipende da dove vuoi andare.
- Non lo so...Ho sentito parlare di un certo Giardino Incantato. Vorrei proprio andarci, ma non so come arrivarci.
- Allora non posso aiutarti.- Asserì il gatto mentre pian piano si dissolveva nell'etere.
- Aspetta! Per favore! Va bene qualsiasi altro posto, voglio uscire di qui, ti prego! Sto diventando matta, non vedo che alberi e pietre da miglia e miglia ormai!- Esclamò di impeto Alice.
Lo Stregatto comparve dietro di lei fluttuando nell'aria.
- Non lo stai diventando, sei già matta! Come lo sono io e tutti gli abitanti di questo Paese! Se tu fossi ordinaria, di certo non avresti mai potuto accedervi!
- Tu puoi volare?! Comunque, sappi che non è carino dire alla gente che è matta!
Lo Stregatto rise di gusto a quel rimprovero.
- Perché credi che essere matti sia un insulto? È una caratteristica e io mi ritengo molto fortunato a possederla! Posso vedere cose che nessuno può o lontanamente immaginare!
- Davvero? Il mio medico dice che immaginare cose sia sbagliato, che bisogna concentrarsi sulla realtà.- Rispose lei.
- E tu sei sicura di concentrarti sulla realtà?- Domandò lo Stregatto.
- Io...non so più chi sono!
Alice iniziò a piangere. Era così tanto tempo che non lo faceva. Fu un pianto lungo e liberatorio. Il gatto era lì con lei, appollaiato su di un ramo basso, mentre in silenzio muoveva la coda, aspettando che le lacrime si placassero.
- Mi dispiace. Non volevo.- Disse la fanciulla singhiozzando ancora, asciugandosi le lacrime.
- Oh, non fa nulla! Ti senti meglio, adesso?- Le chiese lo Stregatto.
- Sì...mi sento un po' meglio. Grazie, Stregatto.- Gli sorrise.
- Ora, dicevamo, vuoi davvero uscire dal bosco?
- Sì...
Il gatto saltò sul ramo più alto di tutti.
- Chiudi gli occhi Alice...
- Ma...
- Solo dentro di te troverai tutte le risposte alle tue domande.- Si alzò in volo, nel cielo blu notturno puntellato di graziose e brillanti stelle. Alice continuò a osservarlo mentre pian piano spariva. Prima la punta della coda folta e poi il resto, fino a rimanerne solo il sorriso con i suoi denti bianchi affilati e brillanti. Ella si sentì strana, le palpebre si fecero pesanti e faticò a tenere gli occhi aperti.
- Fidati di te stessa. Sogni d'oro piccola Alice, buon risveglio piccola Alice.
Detto questo rimase la mezzaluna a vegliare su di lei, che nel frattempo era piombata in un sonno profondo e sereno. Sognò la sua vita prima della catastrofe, che era perfetta così com'era. Abbracciò sua madre che le disse che le voleva bene e che non doveva mollare. Cos'è infondo il paradiso? Dove si trova? E se fosse una condizione? E se bastasse stare con chi si ama, se bastasse solo stare in pace con se stessi?
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