Capitolo 8
<<Dopo lo scontro avvenuto, il tempo di pace che ci tenne in stallo fu minimo: quanto bastava per piangere i nostri caduti...>> mio padre riprende il racconto da dove lo aveva interrotto, lasciandomi immergere con lui nel suo dolore.
Mi guardo la punta delle scarpe, per quanto possibile sia focalizzarle, a causa delle lacrime che continuo a versare ininterrottamente.
Le spalle si muovono a saltelli, seguendo il ritmo di quei singhiozzi che non riesco a fermare.
"In tutti questi anni non ho mai trovato un attimo per dirgli ciò che avevo dentro, per confidarmi con lui, chiedergli consigli al di fuori della vita del branco; non sono riuscito a dirgli mai: ti voglio bene.
Pensavo di essere un uomo fatto e finito, quando alla fine sono solo un moccioso perso e senza più una guida."
Stringo i denti e aspiro l'aria con rabbia, un esercizio inutile che non fa altro che riempirmi di frustrazione e senso di vuoto.
<<Vivi. Vivi intensamente, Thomas. Percorri la tua strada a testa alta, credi sempre in quel che fai e abbi fiducia in ciò che sei. In questo modo, figlio mio, non potrai mai provare pentimento per le tue azioni, neanche per quelle più folli.>> Il timbro caldo della sua voce continuo a rimembrarlo in ogni frase da lui pronunciata, quasi mi stesse dando adesso il suo conforto.
<<Ti chiedo perdono, papà. Ti chiedo perdono per tutte le volte che mi hai trovato con i pugni stretti lungo i fianchi, fermo e immobile da qualche parte, a frignare come un debole; ti chiedo perdono per tutte le volte che ti ho urlato addosso quanto mi facesse schifo essere tuo figlio: te lo giuro sulla mia vita, non l'ho mai pensato veramente una sola volta...>> sussurro le mie scuse, lasciando che le lacrime si adagino sulle labbra secche e disidratate.
Mi porto i palmi sul viso e mi lascio cadere con le ginocchia al suolo; i pantaloni neri si sporcano di polvere, che con le sue chiazze chiare pare voglia sbiadire il mio dolore.
<<Mi pento per tutte le volte che ho rifiutato di specchiarmi in te, nei tuoi insegnamenti...>> il capo pesante si spinge all'indietro, volgendo il mio sguardo verso le nuvole. Verso il cielo.
<<Mi hai insegnato a vivere...>> tiro su con il naso e mi prendo pochi secondi per riempire i polmoni di ossigeno, gridare ancor di più il mio dannato malessere a quel clima troppo limpido e soleggiato per il mio stato d'animo, <<ma tu, tu, non hai mai iniziato veramente a farlo! Ti sei donato al branco, hai messo loro prima di ogni cosa, e per inseguire i tuoi ideali di leader sei morto in mezzo ai tuoi fratelli!>> premo i polpastrelli sul volto con ira, quasi a volermi strappare la pelle, tirarla via come fosse un fastidio, fino a sbattere poi le nocche verso il terreno con forza; mi ferisco lievemente, ma quei tagli bruciano più del dovuto.
Grido furioso, scarico tutto quel marcio che mi dilania dentro. <<Era a me, William e la mamma che dovevi regalare il tuo cazzo di tempo! Dovevi sopravvivere per noi!>> strappo ciuffi d'erba e li lancio intorno a me. Sotto le unghie la terra si deposita, facendomi sentire più sporco di quanto già non mi veda. <<Noi!>> ripeto.
<<Quante cose avrei voluto chiederti, ma non abbiamo fatto altro che guardarci negli occhi in silenzio e vivere in esso. Non ho mai avuto neanche il coraggio di domandarti, anche solo una volta, come ti sentissi.>> il petto mi si alza e abbassa a ritmo frenetico, mentre il suono del mio stesso cuore mi martella i timpani. <<Maledetta paura di non essere mai abbastanza per te!>>
Tutto tace, tranne me.
<<Ora sei morto. Morto, cazzo! Tutti i tuoi sforzi e i sacrifici fatti, spiegamelo, a cosa sono serviti?!>>
Delle braccia fini mi avvolgono il busto, si stringono attorno a me con fare protettivo; il peso di un secondo corpo si unisce al mio, che stanco si accascia contro il prato, nascondendo il volto nel verde.
La leggera figura mi segue nel baratro; è sopra di me, accoccolata contro la mia schiena a offrirmi un silente conforto.
<<Rispondimi, papà!>> stringo le palpebre fino a provocarmi un dolore lancinante alle tempie, mentre la bocca spalancata non smette di esprimere lamenti convulsi. <<Rispondimi!>>
Le dita magre di chi mi consola, scendono e salgono timide sui miei avambracci, le sue labbra morbide si posano sulla base della mia nuca, <<Shhh...>> la punta del suo naso mi solletica il lobo sinistro, provocandomi dei brividi piacevoli lungo la spina dorsale, nonostante la marea che mi alberga nel costato.
<<Per ogni giorno in più che passerai senza Sebastian, il suo ricordo diverrà sempre più presente e assiduo, ma la ferita brucerà di meno.>> soffia leggera, e il fiato caldo mi riscalda la pelle.
<<Amy, non voglio questa responsabilità, non sono alla sua altezza...>>
La mano pallida di lei si deposita sui miei capelli, in una successione di tenere carezze. <<Non sarai solo, Thomas. Io veglierò su di te, sempre.>>
Annuisco, lasciando che le memorie dei momenti con mio padre scivolino via dai miei occhi sotto forma di pianto: "posso cadere a pezzi se c'è lei a raccogliere i miei cocci."
<<Hai fallito, papà. Volevi rendermi invincibile, ma io sono capace solo di perdere.>> mormoro un po' più libero dal peso che mi grava sul petto.
<<Thomas...>> dice melodiosa il mio nome, mentre una ciocca lattea della sua chioma mi sfiora la guancia, <<so che hai paura, ma non c'è tempo di avere timore; la Madre Messaggera vuole incontrarti, questo è il momento di reagire. Sfoga la tua rabbia contro chi ci porterà alla disfatta, perché un demone ha saggiato l'anima di uno di noi.>>
Stringo gli occhi in due fessure e mi sollevo dal terreno, costringendo Amy ad allontanarsi da me, quanto basta per essere seduti entrambi a guardarci. <<Di cosa stai parlando?>> passo le dita sulle gote per eliminare la scia di pianto che continua a segnarle.
<<Noi della congrega abbiamo avuto una visione.>>
<<Da quel momento tutto precipitò nel caos, distruggendo la nostra stabilità e creando una guerra interna tra noi membri di Turbinio.>>
<<Chi era Amy?>> domando con interesse, vedendo gli occhi del mio vecchio illuminarsi nel frangente in cui pronuncia il suo nome.
<<Amy...>> ripete, permettendo alla lingua di carezzare quelle tre semplici lettere con tenerezza.
<<Una ragazza molto speciale, l'unica che riusciva a dissipare ogni mia preoccupazione.>> mi guarda negli occhi con intensità, sorridendo mestamente. <<Ecco, ogni qualvolta mi veniva chiesto dove stessi andando, ed era lei la mia direzione, rispondevo semplicemente: vado a stare bene.>>
Le mie labbra si schiudono per la sorpresa, mentre un moto di empatia mi spinge a riconoscermi nei suoi sentimenti.
Mi gratto il capo a disagio, volgendo la mia attenzione sul cumulo di libri alla mia destra.
<<Quello che sono lo devo a lei, in parte. È stata la mia forza, quando credevo di non farcela.>> lo sento sospirare. <<Ci davamo sempre appuntamento lungo le sponde del Söleryo, al calar del sole, per poi passare notti intere a fissare quel cielo trapuntato di stelle.>>
Nel suo timbro ritrovo una nota di nostalgia forte, gravata da una mancanza a cui non posso che dare un'unica spiegazione.
Il filo conduttore delle nostre vite si muove sulla base di questo sentimento, per molti fallito.
<<Amavi questa donna?>> una domanda a brucia pelo, semplice e diretta, che per alcuni istanti sbianca la carnagione del suo volto.
<<Avevo una cotta per lei, ma ero solo un ragazzino. Proprio come te, Luke.>>
<<Non hai mai parlato della mamma come parli di lei. Non mi pare solo una stupida sbandata di un immaturo adolescente. E comunque, io sono uscito dalla pubertà da un pezzo se non te ne fossi accorto.>>
Apre la bocca per richiuderla pochi istanti dopo; si stropiccia il volto, e prende un profondo respiro. <<Luke...>> mormora abbattuto, <<sai perché ti ho permesso di crescere al suo fianco?>>
<<Non trovo il senso di questa domanda, ora. Presumo sia per il fatto che tu non avessi tempo per badare a me, per cui mi hai lasciato da zio William, di conseguenza con Reneè.>> faccio spallucce.
<<A tuo tempo rimproveravi il tuo vecchio per gli stessi sbagli di cui io ti rimprovero adesso.>> scuoto la testa, <<Ironica la vita, eh.>>
<<Sei in errore, figlio mio.>>
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