Capitolo 2.2

Due occhi caldi come il cioccolato fuso mi scrutano. Una scintilla divertita accende quelle iridi tanto profonde e mi perdo per alcuni istanti: non trovo nessuna via d'uscita da quello specchio sporco, che non riflette la mia immagine, quanto il mio stato d'animo.
Mi sento maledettamente vulnerabile.
Stringe il labbro inferiore in una morsa famelica, due canini appuntiti spuntano e feriscono la morbida carne.

I capelli lisci sono raccolti in una coda alta, il loro colore richiama quello delle querce secolari del bosco di Turbinio; oscillano elegantemente oltre le sue spalle, carezzando la pelle del collo lasciata scoperta.

Avanzo senza rendermene conto, elimino quella fastidiosa distanza, anche se breve, per poter guardare quell'essere così affascinante più da vicino. L'unica barriera tra noi, ora, è solo il ferro che la custodisce.
Inizia a camminare nervosamente avanti e indietro, le sue dita sfiorano la ruggine e contano le sbarre, <<Sei umano.>> assottiglia lo sguardo.
Il completo nero che indossa le fascia il corpo snello e allenato; il tacco dei suoi stivali produce un rumore ritmato, che si trasforma in un eco costante.

Mi umetto le labbra secche e distolgo lo sguardo da lei, puntandolo verso un angolo imprecisato alle sue spalle. <<Al momento.>> rispondo alla sua affermazione, troncando freddamente la questione sul nascere.

Sorride di sbieco e annuisce, non cerca di approfondire l'argomento per mia fortuna.
Con un cenno del capo indica il piatto che ho tra le mani, <<Che roba è?>> storce le labbra disgustata.
<<La tua cena.>>

Sbarra gli occhi e inarca le sopracciglia: sembra sconvolta. <<Non mangerò mai quella...>> si blocca per qualche istante, alla ricerca del termine più consono, <<brodaglia indefinibile.>>

<<Non c'è altro oltre questo. Tutti i prigionieri si accontentano, dovrai farlo anche tu.>>
Ride divertita, <<Io non sono tutti.>> stringe le labbra in una linea sottile, soffocando quel suono cristallino.
<<Non ti hanno detto di cosa mi nutro, non è così?>>

Scuoto il capo in segno di diniego.
<<Bene!>> solleva le braccia per poi lasciarle cadere nuovamente lungo i fianchi. <<Di' alla tua sovrana che non mi sottometterò mai al suo impero.>> mima le virgolette sull'ultima parola. <<Inoltre,>> solleva l'indice verso l'alto, <<se non mi verrà fornito il giusto nutrimento mi lascerò morire, senza dare alla cosiddetta regina le informazioni che tanto brama.>> incrocia le braccia al petto e mi dà le spalle.

<<Non è la mia sovrana.>> infilo il piatto nello spazio apposito, lasciandole la possibilità di cambiare idea. <<Non farti troppe illusioni, huntress. Non cederà al tuo ricatto. Troverà il modo di farti sputare comunque il rospo, della tua vita non le importa nulla.>> indietreggio cautamente.

La vedo rivolgermi un'occhiata da sopra la spalla, ma non replica nulla.

Prendo un respiro profondo, la brezza notturna mi solletica le narici; affacciato dalla finestra ad arco, nell'ala destra del palazzo, trovo la tranquillità di cui ho bisogno.
Al piano terra i lacchè di Zara continuano ad allenarsi senza tregua, il loro baccano copre il canto degli animali notturni.

Divisi in tre gruppi, si suddividono lo spazio del giardino e i compiti:
A sinistra vi sono i tiratori, coloro che si cimentano con le armi da fuoco; colpiscono finti bersagli, scaricando su quelle sagome di legno e paglia un intero caricatore di pallottole d'argento.
Il rumore degli spari si espande tra le fronde degli alberi, mi procura dolore ai timpani e mi ricorda quanto impotenti sono i licantropi davanti a quel dannato materiale. Un solo colpo, ben piazzato, e per noi è la fine.

Il gruppo al centro si sfida in scontri corpo a corpo, ma non a mani nude; tra le dita stringono lame di ferro o paletti di legno,  pronti per essere piazzati nel petto di un demone o vampiro, a seconda della specie da affrontare. Si rotolano nell'erba, ammassati l'uno sopra l'altro, lanciando versi simili al grugnito dei maiali.

Il terzo gruppo, invece, osserva tacitamente.
Non si sporca le mani, viste le loro capacità non ne vedono il bisogno.
Le tuniche scure che indossano coprono ogni centimetro della loro pelle, perfino le scarpe vengono inghiottite da quella stoffa pesante.  Il capo è coperto da cappucci appuntiti, tanto larghi da coprire anche l'intero volto, rendendo i loro tratti indistinguibili. Solo le mani sono esposte alla luce, lasciate libere da ogni impedimento.
Codeste presenze sono in realtà semplici uomini, dotati però di un'ampia conoscenza dei libri sacri: volumi preziosi che insegnano a chi li possoede a inclinare la volontà di qualsiasi essere sovrannaturale e non.
Malefactoribus, questo è l'appellativo con il quale sono conosciuti.

Mi porto le braccia dietro la nuca e inarco la schiena, cercando di svegliare i miei muscoli assopiti e indolenziti.
"Trattenere la trasformazione sta diventando più pesante del previsto."

Da quando non posso più rilasciare la bestia che risiede in me, sto patendo vari problemi fisici che dall'adolescenza non avvertivo più. Non ricordo l'ultima volta in cui mi sono ammalato, sbucciato un ginocchio o storto la caviglia.
Quando la licantropia prese il sopravvento avevo dodici anni, e quella notte il mio corpo è mutato non solo esteriormente ma anche geneticamente, debellando ogni sofferenza prettamente umana dalla mia persona.

"Ma ora... ora è diverso."

<<Hai sentito cosa è accaduto nella cittadina di Lefebvr?>> uno dei soldati si allontana dal gruppo di combattenti e si avvicina ad un tiratore, asciugandosi il sudore dalla fronte con la manica della maglia isozzata dall'erba.

Mi desto dai miei torbidi pensieri, attirato dalla questione posta in discussione.

<<No. Di che parli?>>

Si guarda attorno prima di rispondere, come per premurarsi di non essere udito da terzi; istintivamente mi appiattisco contro il muro, coperto dalla rientranza in pietra, per nascondermi dai loro sguardi.
<<Una rivolta, amico mio.>> diminuisce il tono di voce, ma non abbastanza da impedirmi di ascoltare.

<<I Bersekly?>>
<<No, Demoni.>>

Mi sporgo leggermente, coinvolto dal discorso, a mio parere sempre più interessante.

<<Scherzi? Zara ha stipulato un contratto con loro, i vantaggi che hanno sono innumerevoli. Perché mai dovrebbero creare caos!>> gesticola animatamente, incredulo.

Lo sono anche io.
"Un patto con i demoni? Questa mi è nuova."

<<È il demone che si pone a capo di questo gruppo di ribelli che Denver doveva catturare questa sera, non la huntress. E->>

<<TACETE!>> uno degli incapucciati si scaglia contro di loro, <<Non è questa la sede o il momento per affrontare il discorso.>> li rimprovera sgarbatamente.

I due uomini borbottano delle scuse, il capo chino in segno di sottomissione e le mani giunte davanti ai volti.
Si allontanano e riprendono il loro addestramento, sotto gli occhi attenti dei malefactoribus che pronunciano preghiere per benedire l'operato di questi individui, sotto il comando della strega.

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