Capitolo 1

<<Sei stato convocato nella sala centrale. La Messaggiera vuole vederti, subito.>> un bestione alto quanto una colonna greca mi impone di seguirlo, scortandomi con poca delicatezza dove la sua padrona ci attende.
La stretta salda delle sue mani sulle mie spalle mi fa irrigidire più del dovuto, <<Datti una calmata, Polifemo, ho imparato a camminare da tempo ormai, non ho bisogno di papino a tenermi la mano.>> ringhio a denti stretti.
Storce le labbra in un'espressione contrariata; il suo capo pelato e la cicatrice che ha sul mento lo rendono seriamente inquietante.
I lunghi corridoi scuri sembrano le varie traverse di un labirinto, mi guardo intorno intimorito; nonostante la mia permanenza qui da tre mesi pieni, ammetto di non essere ancora capace di raggiungere tutti i meandri di questa immensa magione.
Le luci soffuse, riprodotte da strane sfere luminose che ballonzolano sulle nostre teste, rendono l'ambiente ancor più tetro.

<<Sai perché vuole parlarmi?>> sbuffo irritato.
Scuote il capo in segno di diniego, infilandosi, poi, un dito nella cavità nasale.

"Ora vomito."
<<Potresti passare l'aspirapolvere nel salotto in un altro momento? Possibilmente quando non ci sono io!>> sbotto, aprendo le braccia esasperato.

Frena il suo cammino e piazza la sua immensa figura davanti a me; sorride sornione, mostrandomi vittorioso una pallina verdognola tra il pollice e l'indice, con la quale giocherella per un po'.

"Se mi tocca di nuovo, anche solo per sbaglio, lo frantumo."

La getta vicino ai miei piedi. Mi trattengo dal dargli un ceffone in pieno viso, solo perché al momento sono nettamente svantaggiato.

Prendo un respiro profondo e cerco di distendere i nervi. Non devo cedere alle provocazioni, mi devo attenere al piano e non posso commettere errori.

Il bestione zozzone apre le ante della grande porta alle sue spalle; una luce forte mi acceca per qualche istante, costringendomi a serrare le palpebre per alcuni secondi.

<<Luke, caro.>>
La sua voce accattivante mi desta dallo smarrimento iniziale, i miei occhi si abituano pian piano alle forti illuminazioni presenti e finalmente riesco a scorgere l'enorme salone.

Il pavimento a scacchi lucido fa da padrone ad un luogo spoglio come l'anima di chi lo abita. Le pareti sono piene di quadri, all'apparenza pesanti come mattoni, che con le loro cornici in oro trattengono volti di uomini e donne a me sconosciuti. Un lampadario di cristallo pende dal soffitto, risplendendo e catturando ogni riflesso, delicato e pacchiano allo stesso tempo, proprio come lei.

<<Entra, non stare lì impalato sulla porta.>> mi fa cenno con una mano, invitandomi ad avvicinarmi.

Seduta su una comoda poltrona rossa, posta al centro della stanza, mi guarda in attesa. Il gomito poggiato sul bracciolo della sedia, il palmo aperto a reggerle la chioma nera; l'altro braccio piegato verso il grembo arido.

Gonfio il petto per infondermi coraggio e sentirmi più sicuro, sfoggiando un sorriso falso che ripongo tra le mille facce che gestisco nella vita quotidiana e mi affretto a raggiungerla.
<<Mia regina,>> mi inginocchio al suo cospetto e chino il capo, <<perché mi avete fatto chiamare?>>

Sollevo lo sguardo, giusto quanto basta per spiare la sua espressione.
Mette un leggero broncio, come una bimba offesa, <<Come vorrei che questo tuo atteggiamento arrendevole fosse sincero!>> accavalla le lunghe gambe, sollevando il vestito bianco fin sopra la coscia. <<Perché non posso piacerti e basta?>> si esprime in un lamento fastidioso.

"Perché? Vuole la lista, forse?"

<<Non posso far altro, accontentatevi di questo, regina. Imparerò con il tempo ad apprezzarvi.>> mento spudoratamente.

<<In che rapporti sei con Zachary? Ti hanno visto spesso bazzicare nei dintorni della sua cella.>> picchietta le dita sulla sua rosea carne.
"Un invito chiaro ad azzannarla?"

<<Gli porto semplicemente i viveri necessari, come faccio con gli altri reclusi.>> scrollo le spalle con noncuranza.

<<Perché ti ostini a mentirmi?>> il suo sguardo sprezzante mi irrita nel profondo. <<Non farlo, Luke. Potresti perdere la libertà che ti sto concedendo.>>

<<Non sto mentendo.>> sfido i suoi
occhi gelidi.

<<Vattene!>> mi ordina con disprezzo.
Non me lo faccio ripetere una seconda volta.

Mi sollevo da terra, tornando fiero e dritto, <<Con permesso, regina.>> muovo il capo in verticale, accennando ad un saluto apparentemente rispettoso.

Giro i tacchi e mi avvio lontano da lei, ma vengo bloccato sull'uscio da un'ultima affermazione, che mi colpisce alle spalle con un fendente di cui la mia mente ne ripete l'eco.

<<Non la riavrai mai indietro, di' al tuo cuore di arrendersi.>>

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top