1. Comprati un cameriere.

Il Pacha è uno dei locali più chic di New York.
Chiunque sia riuscito ad entrare qui dentro non ha mai dimenticato la notte infuocata che questo posto riesce a garantire.
Io non vi ho mai messo piede prima d'ora.
Solamente entrare costa più di un rene ed io avrei dovuto vendere la mia casa per pagarmi il biglietto.

Questo prima che mio nonno schiattasse, ovviamente.
Morisse.
Scusa, nonno.

«OH MIO DIO!», Addison, la mia migliore amica, saltella e batte le mani come un bambino davanti ad un gelato.
Povera quanto me, anche per lei è la prima notte al Pacha.
Io sorrido e ridacchio, soddisfatta del regalo che ho deciso di farle.
I biglietti per questa serata sono la prima cosa che ho comprato con i soldi dell'eredità e so già che la seconda cosa sarà una bottiglia di champagne.

«È meraviglioso!», grida ancora al mio orecchio per sovrastare la musica assordante, quindi mi appoggio alla ringhiera del balconcino su cui mi trovo e guardo al piano di sotto dove una marea di gente balla a ritmo di musica.

La sala sembra immensa, le scale che portano ai piani superiori sono larghe e illuminate da luci blu che trovo adorabili. Per non parlare dei divanetti in pelle morbida e dei tavoli trasparenti che si illuminano all'interno grazie alle luci al neon.
Wow.
Credo di amare questo posto.

«Ti amo, Sarah! Lo giuro, ti amo!», Addison ferma un cameriere e afferra una tartina dal vassoio, quindi punta i suoi occhi azzurri nei miei e saltella ancora, «È salmone!», strilla eccitata ed io non posso fare a meno di ridere.
«Smetti di ingozzarti e andiamo a ballare».
Annuisce e si affretta ad ingurgitare la tartina, poi butta giù il boccone grazie all'aiuto di un cocktail.
Afferro la sua piccola mano per evitare di perderla tra la gente e raggiungiamo il piano di sotto, pronte a passare la notte più bella della nostra vita.

Addison alza le braccia e le porta ai lati della sua testa, quindi comincia a muoversi lentamente con gli occhi chiusi.
Decido di imitarla e mi rilasso anch'io, cercando di ballare senza uccidere il piede di nessuno con il mio tacco di dodici centimetri.
Il ritmo della musica è incalzante, le canzoni sono una più bella dell'altra e un quarto d'ora dopo io ed Addison ci ritroviamo accaldate e su di giri.
La mia amica più di me, ad essere sincera.

La sua faccia allegra e spensierata diventa seria di colpo mentre guarda qualcuno alle mie spalle, quindi corrugo la fronte e mi giro anch'io per vedere, ma a parte dei ragazzi che ballano nella semi oscurità io non vedo niente di eclatante.
La mia amica afferra il mio polso e mi tira giù per farmi arrivare all'altezza del suo metro e cinquanta.

Dice che deve ancora crescere, ma io ho qualche dubbio.
È ferma a quell'altezza da quando avevamo tredici anni e non è più cambiata.

«C'è il mio collega!», strilla al mio orecchio, «Lo vedo sempre in facoltà. Ti ricordi? Te ne ho parlato!».
Arriccio le labbra e cerco di fare mente locale, ma non impiego molto tempo per ricordare le sue esatte parole riguardanti il suo compagno di corso bello, ricco e altamente scopabile.
Vi risparmio il resto dei dettagli per non bloccarvi la crescita.

«Jonas?», provo ad azzeccare il nome e lei annuisce convinta.
«Io vado a rimorchiarlo», annuncia e mi agito immediatamente.
Ha mangiato troppe tartine.
«Il salmone ti ha fatta rimbabire?», sbotto e lei inarca un sopracciglio.
«No! Ti prego, fammi ballare con lui! Giuro di non toccargli il sedere!»
«E mi lasci da sola qui?», mi muovo nervosamente, improvvisamente più agitata di prima.

Odio quando le mie amiche riescono a rimorchiare, lasciandomi da sola a fingere di essere in compagnia.
E, lo ammetto, mi succede dai tempi dell'asilo.

«Dovresti provarci con qualcuno anche tu! Comprati un cameriere!», e detto questo, si allontana in fretta in direzione del ragazzo biondo che appena la vede apre le sue labbra in un sorriso enorme e afferra la sua mano per farle fare un giro su se stessa.

Cazzo, però.
Non poteva essere gay?
E che diavolo faccio adesso io?

Sbuffo e stringo i pugni, poi mi dirigo in direzione del piano bar e incrocio le braccia al petto mentre aspetto il mio turno.
Prima di me ci sono almeno venti persone, quindi decido di sedermi su uno sgabello e di aspettare con calma.
Tanto non ho niente da fare.
Ho buttato parte della mia eredità nel cesso.
Addison me la pagherà.

Mordo l'interno della mia guancia e fisso il barista che è intento a preparare i cocktail.
Osservo le sue spalle larghe e la sua camicia bianca, in realtà.
Per non parlare del suo lato B...
Forse dovrei comprarlo.
Ha ragione Addison.

Scaccio via i miei pensieri e mi schiaffeggio la fronte, quindi prendo la mia borsetta e tiro fuori delle banconote per pagarmi un cocktail.
Voglio qualcosa di forte.
Molto forte.
Il barista adesso si gira ed io deglutisco.

Voglio comprare lui.
Si può fare?

Lui mi guarda distrattamente e per un solo istante i suoi occhi verdi incontrano i miei, poi si concentra su un cliente e non mi rivolge più nemmeno un minimo di attenzione.
Ne approfitto per guardarlo meglio e schiudo le labbra davanti a tanta bellezza.
I suoi capelli neri sono scompigliati e il suo ciuffo ricade sulla sua fronte in modo disordinato, la sua espressione concentrata mentre versa un liquido arancione dentro un bicchiere lo fa sembrare dannatamente sexy e credo di sentirmi svenire quando morde il suo labbro rosso e carnoso.

Oh, mio Dio.
Sarah Jessica Torres, ricorda di non poter spendere l'eredità del nonno per una notte con un barista.
O forse sì.
Insomma, mica si offenderebbe.
Non verrebbe mai a saperlo dieci metri sotto terra.
A meno che non mi stia guardando dall'alto...

«Ciao, cosa ti porto?», una voce calda e sensuale mi fa tornare alla terra ferma e sussulto, quindi le mie guance decidono di andare a fuoco quando mi accorgo che a parlare è stato proprio l'oggetto delle mie fantasie.
Ha un sorrisetto malizioso stampato sulle labbra e attende che io dica qualcosa.
Cosa mi porta?
Ma in che senso?

«Come, scusa?».
Corruga la fronte e si avvicina ancora di più al mio viso, «Vuoi ordinare o no?».
Ah.
Giusto.
Oddio.
Che figura di merda.

«Scusa», annaspo, «Non avevo sentito! La musica e tutto il resto...», farfuglio in imbarazzo, «Vorrei qualcosa di forte, comunque. Fai tu!».
Annuisce in fretta e si gira di spalle, concedendomi ancora una volta una splendida visuale della sua schiena larga e possente.

Compralo.
Compralo ora.

Dopo un po' si gira e poggia un bicchere con un liquido quasi trasparente al suo interno, un limone è sistemato sull'orlo.
Mi fa l'occhiolino e si passa una mano tra i capelli, «Tieni. Offro io»
«Cos'è?»
«Un Margarita».

E l'ultima cosa che ricordo è il modo in cui si allontana per servire altri clienti e il mio desiderio di chiedere perdono a nonno Victor per tutto ciò che vorrei fare con i suoi soldi.

BUONA Domenica! 🍸
Scusate, ma non ho resistito e ho deciso di pubblicare oggi il primo capitolo.
Magari all'inizio aggiornerò questa storia più spesso per farvi appassionare un pochino.
Quindi aspettate anche i prossimi capitoli molto presto. 🙈
Ho tutto nella mia testolina e mi sento molto ispirata.
Quindi spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia divertito almeno un pochino, in modo da poter continuare con più motivazione.
Fatemi sapere di cosa ve ne pare! Cosa ne pensate di Sarah, Addison e che ve ne pare del nostro
barista?
Anche se ancora non ha parlato molto, vi anticipo che lo odierete. 🤗
Adesso vi lascio, buon pomeriggio e grazie di tutto.
Ps. Se conoscete qualcuno a cui potrebbe interessare ciò che scrivo non esitate a segnalare le mie
storie se volete.
Ne sarei davvero felice. 🤗
Un bacione. ❤️

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