9. La promessa

Venne la notte, poi il giorno, un'altra notte e un altro giorno.

Axsa percepiva giusto i cambiamenti di luminosità dell'ambiente intorno a lei; incurante degli stimoli fisici, si nutrì solo di dolore e restò con lo sguardo rapito dal viso di Alerdhil.

Era così bello nella sua immobilità e pareva riposare. L'incanto che la bambina aveva provato a compiere su di lui per riportarlo indietro aveva sortito qualche effetto, perché la pelle dell'elfo era rimasta intatta, anche se fredda, e i tessuti sembravano non volersi deteriorare.

Axsa non dormì, non mangiò, non si alzò.

Voleva spegnersi accanto a lui, ma la magia della lacrima la teneva sveglia e in salute.

In quei due giorni in cui restò a vegliare sul cadavere dell'amico, Axsa si chiuse nella mente, aggrappandosi ai ricordi felici della sua lunga esistenza; erano pochi rispetto a quelli orribili, però c'erano e lei li rivisse ancora e ancora, desiderando di poter tornare indietro e rifare tutto da capo.

Ma c'erano desideri che neanche Alanmaeth avrebbe potuto esaudire e riscrivere il passato era uno di quelli, anche se lei era la Signora del Tempo.

Quando qualcuno atterrò davanti a lei, generando un cospicuo spostamento d'aria che innalzò la polvere del marmo nero che ricopriva ogni cosa, la bambina non ci prestò attenzione. Avrebbe potuto essere un grande uccello, un celeste o uno spirito in persona giunto per finirla: ad Axsa non poteva fregare di meno.

«Shi'nnyl Inthuulurl, emissaria di Varodil, ascendi, adesso! O preparati ad affrontare me, affinché ti costringa a farlo.»

Ecco, a lei non aveva pensato.

Riconobbe la dolce voce dell'emissaria di Serendhien anche se non l'aveva mai sentita così determinata. L'aveva chiamata per nome, quell'odioso nome che tutti continuavano a pronunciare come a farsi beffe di lei, rendendo palese che la piccola Shi'nnyl mai si sarebbe potuta liberare dai fili che la tenevano legata al volere degli spiriti.

Eatiel era giunta da chissà dove a disturbare il suo cordoglio, quindi, ed era certo che non l'avrebbe lasciata in pace, né uccisa; no, lei la voleva far ascendere.

Axsa sarebbe stata disposta anche a morire, ma non sarebbe diventata uno spirito: era questione di principio, ormai.

Lentamente, alzò la testa per guardare l'altra emissaria e restò impassibile nel vedere che non solo la sua determinazione era cambiata, poiché i capelli ricci dapprima candidi si erano tinti del rosso delle fiamme e dalle sue scapole spuntavano una coppia di ali draconiche formate da vento e magia.

Axsa non aveva idea di cosa cazzo le fosse successo, ma al momento non aveva la lucidità per fare delle ipotesi e nel cervello rimbombava solo quel nome che non le apparteneva.

«Quante volte te lo devo dire, eh, stupida elfa?»

Era da giorni che non parlava e la voce le fuoriuscì roca, sporcata da una furia crescente alimentata anche dal potere che ricominciò a vorticarle intorno, incontrollato. Fu con odio che Axsa gridò la sua frustrazione, puntando un dito contro Eatiel.

«Il mio nome è Axsa!»

Dall'indice scaturì un raggio verde di pura energia arcana e l'elfa riuscì a schivarlo per un soffio, muovendo le grosse ali per darsi la spinta e fluttuare a mezz'aria.

Non c'era razionalità in ciò che la bambina aveva appena fatto e una parte di lei lottò per rendersene conto, però Eatiel l'aveva riportata con cattiveria alla realtà, a quella realtà che Axsa non riconosceva più e della quale non voleva fare parte.

Forse fu per quello che la odiò, assieme al fatto che ora poteva vedere le conseguenze del rituale di Alerdhil, nonostante fosse stata in quel luogo per due giorni.

Del grande tempio di Varodil era rimasta solo cenere nera che era andata a ricoprire i ciottoli verdi della piazza. Nubi grigie lasciavano che fossero pochi i raggi solari a insinuarsi per raggiungere la terra e anche la statua dello spirito dell'amore era nell'ombra; non avrebbe più potuto riflettere la luce tutto intorno, perché era crollata, lasciando soltanto macerie.

Il tempio di Galadar e quello di Deladan erano in piedi, però, anche se erano parecchie le vetrate distrutte, i resti sparpagliati nella polvere.

Solo allora Axsa si accorse di quanto lisa fosse la tunica nera che stava indossando e di come il suo viso fosse ancora rigato dalle lacrime. Aveva mai smesso di piangere, o aveva ripreso quando Eatiel l'aveva risvegliata dal torpore?

Non trovò una risposta e dovette concentrarsi su altro, poiché l'elfa richiamò i fulmini tra le dita e glieli scagliò addosso, costringendola a erigere uno scudo per proteggersi.

«Perché resisti? Non vedi cos'hai fatto? Hai ucciso chi ti chiamava maestra

Eatiel le urlò addosso parole pregne di tristezza e Axsa, nascosta dietro al suo muro invisibile, sentì un forte singhiozzo lottare per sgorgarle dalle labbra.

Che senso aveva negare? In pratica Alerdhil si era suicidato, ma l'elfa aveva ragione: quell'inutile morte era colpa sua.

Quando i fulmini la lasciarono libera, Axsa alzò il capo per guardare la figura di Eatiel in volo e il pensiero di essere ancora una volta più in basso rispetto agli altri fu intollerabile. Brillò della sua aura viola e prese a fluttuare per arrivare all'altezza dell'elfa con la magia di Alanmaeth che si mischiava alla sua e fremeva per sgorgarle dalle membra.

Col primo attacco aveva provato a ucciderla, ma più gli istanti passavano e più Axsa ricordava le emozioni che l'avevano portata a salvare quella ragazza anni prima. Avrebbe potuto provare a cancellarla dal tempo per qualche minuto come aveva fatto col drago di Zellania, ma a cosa sarebbe servito? Non c'era un posto dove l'elfa oscura avrebbe potuto rifugiarsi per sfuggire alla realtà e nemmeno avrebbe avuto senso farlo.

Osservando quel viso rammaricato, Axsa trovò opportuno eludere le sue domande per porne di nuove, perché doveva capire cosa aveva spinto Eatiel a raggiungerla e attaccarla in quel momento.

«Da quando hai deciso di soccombere agli spiriti? O forse sei sempre stata un loro cagnolino ubbidiente, eh? Magari li hai anche ringraziati per averti maledetta! Per averti fatto sopportare una vita di angoscia!»

Eatiel assottigliò le palpebre e s'irrigidì. «Devo mantenere una promessa fatta a Varodil.»

Axsa deglutì, incupendosi a dismisura nel rendersi conto che il suo spirito si era messo a circuire anche gli altri emissari.

La bambina era divisa a metà, la testa che scoppiava per trovare una soluzione che non comportasse l'ammazzare quell'elfa. Abbassando lo sguardo sul corpo di Alerdhil che le guardava con occhi vitrei, Axsa strinse i denti; c'erano già stati troppi morti ed era evidente che Eatiel era stata manipolata. Non doveva ucciderla, ma liberarla.

«Non puoi fidarti di Varodil: qualsiasi cosa abbia detto per convincerti è di certo una menzogna.»

Eatiel scosse i boccoli rossi e l'elettricità riprese a vorticarle intorno, prima che le parlasse afflitta. «Ti sbagli. Allan stava per morire e io l'ho condotto da Varodil perché lo salvasse. Lo spirito della magia ha accettato di maledirlo per rendere la sua vita eterna, come ha fatto con te, ma in cambio io gli ho promesso che ti avrei costretto ad ascendere per portargli la lacrima.»

Ah, stavano così le cose, quindi.

Coi pugni chiusi e le iridi al suolo, la bambina si ritrovò a sorridere, colma di amarezza. Eatiel continuò, con la determinazione che aveva ceduto il posto al rammarico.

«Capisci, adesso? Tu Allan l'hai conosciuto per poco, ma ho visto quanto vi siete legati. Ti prego, Axsa, ti supplico! Compi il tuo destino e metti fine a tutto questo.»

Il suo destino... certo. Axsa si era sempre rifiutata di credere nel destino, in qualcosa di ineluttabile contro cui è impossibile combattere. Loro erano mortali, ma non pedine inermi nelle grinfie di quegli stronzi.

Col volto scurito dall'odio che non avrebbe mai smesso di provare nei confronti degli spiriti, Axsa negò. «No. Dici di aver salvato il cantastorie, ma quello che lo aspetta è una vita terrificante. Resterà bloccato nel tempo, vedrà i suoi amici invecchiare e morire. Dovrà dire addio a tutti quelli che ha amato e soffrirà, soffrirà giorno e notte. L'immortalità è una pena infinita.»

L'elfa oscura si era aspettata che Eatiel tentennasse dopo quelle parole, invece restò salda nelle sue convinzioni. «Forse sarà così, ma è stato lui a scegliere. L'alternativa era perdersi in eterno nell'abisso di Varodil, visto che la sua anima spezzata non potrà mai raggiungere l'oltretomba.»

Axsa restò interdetta e arricciò il naso. «Lui ha scelto, quindi? Ha scelto la maledizione contro cui io sto lottando da duecento anni? Che schifo! Dopo quello che ci hanno fatto, tu vorresti convincermi a diventare una di loro?»

«È l'unico modo!»

«Mi rifiuto di crederlo! Varodil non l'avrà vinta dopo aver rovinato la mia vita e anche la tua!»

L'isterico battibecco si acquietò giusto un istante, poiché Eatiel si accigliò e abbassò il tono. «Cosa stai dicendo?»

Parlando a ruota libera, Axsa non si era resa conto di aver rivelato un'informazione che si era ripromessa di mantenere segreta, ma era giunto il momento che l'elfa sapesse che il loro primo incontro non era stato sotto al mantello di Alanmaeth il giorno della caduta; doveva rendersi conto di quanto meschino fosse lo spirito della magia, però pronunciare quelle frasi le risultò comunque difficoltoso e la voce le tremò più volte.

«Io c'ero quando la nave di tuo padre è bruciata. Ero nascosta nella stiva quando ti ho vista e Varodil mi ha chiamata a sé. Quel fuoco magico inestinguibile è scaturito da me, poiché lui mi ha usata come tramite per distruggerti, ma sono riu-»

L'elfa sgranò le palpebre e la interruppe, portando una mano a sorreggersi la testa. «Sei stata tu?»

Aveva parlato in uno sbotto di dolore, col petto che aveva preso ad alzarsi e abbassarsi frenetico in una probabile crisi di panico che la bambina non aveva previsto. Forse quella ferita nella sua anima era ancora fresca, forse quell'incidente aveva comportato un cambiamento drastico nella vita di Eatiel e Axsa avrebbe fatto meglio a starsene zitta.

Portò le mani avanti in segno di resa e provò a giustificarsi. «Fammi finire! Io no-»

Ma l'elfa gridò, rubandole anche quella frase, con entrambi i palmi pressati tra i ricci, gli occhi serrati e i lineamenti tirati dalla sofferenza.

«Stai zitto!»

Zitto? Con chi stava parlando? Quell'elfa non stava bene... che fossero gli spettri che le infestavano il corpo?

Axsa non ebbe il tempo di dire o fare nulla, poiché Eatiel mise i palmi aperti intorno alle labbra e inspirò un grande quantitativo d'aria, per poi soffiare fuori un gigantesco cono di fuoco vorticante, alimentato dal suo vento.

Perché mai l'emissaria dello spirito del cielo e del mare avrebbe dovuto poter sputare fiamme? Che cazzo le era successo? Capelli rossi, ali e ora pure il soffio! Mentre lei si stava divertendo nel sottosuolo coi suoi simili, era probabile che Eatiel avesse fatto qualcosa per infondere in sé il potere di un drago, non c'era altra spiegazione.

Forse Axsa non avrebbe dovuto sottovalutarla.

Il calore invase lo spazio e l'orribile presentimento che il suo scudo non sarebbe bastato ad arginare quella furia devastante le fece perdere un battito. Non si sarebbe lasciata sopraffare dall'elemento che aveva messo fine alla sua famiglia, però, e l'unica opzione fu quella di bloccare il tempo, anche se già sapeva cosa sarebbe successo.

Le fiamme si fermarono a pochi centimetri da lei e l'insopportabile voce di Varodil le pungolò il cervello, meschina e derisora.

«Infine lo hai fatto, piccola ingrata!»

L'oscurità si sprigionò dal suo petto e la circondò, bloccandole gli arti e salendo lungo la pelle scura a ricercare la lacrima incastonata nella guancia.

«Vieni a me, Shi'nnyl!»

Axsa urlò e sentì la forza dello spirito spingere per richiamarle la coscienza nell'abisso, forse per poter fare ciò che voleva del suo corpo e obbligarla ad ascendere. Imprigionata in quelle spire di tenebra, lottò con tutta sé stessa, ma Varodil non la voleva mollare.

Doveva interrompere quel contatto, riattivare il tempo e scacciare lo spirito da lei prima che fosse troppo tardi, ma davanti aveva il fuoco di Eatiel ed era impossibilitata a muoversi. Però, in effetti, in quel momento stava fluttuando grazie alla magia ed era proprio da essa che voleva allontanarsi.

Non avrebbe dovuto alimentarla, per combatterla, ma sopprimerla.

Così fece e l'aura arcana si disperse, assieme all'oscurità. Senza più nulla a sorreggerla, Axsa cominciò a cadere verso il suolo e il tempo tornò a scorrere subito dopo; il soffio infuocato le passò sopra e in un battito di ciglia lei raggiunse quello che era stato il pavimento in marmo del tempio.

La caduta fu violenta e Axsa non ebbe la destrezza necessaria a restare illesa, atterrando sulle gambe e fratturandosele entrambe. La sofferenza fisica era stata parte della sua vita a lungo quand'era giovane, ma erano passati secoli dall'ultima volta che il suo corpo aveva dovuto sopportare un dolore tanto intenso.

Riversa in posizione fetale nel sangue scaturito copioso dalle ossa che le avevano lacerato la carne di un polpaccio, la bambina si sentì invasa dalle vertigini e neanche riuscì a emettere fiato, tant'era confusa e sconvolta.

Eatiel atterrò davanti a lei, ma Axsa non la guardò, troppo impegnata a richiamare il potere del tempo per curare quelle ferite devastanti, riportando le sue gambe allo stato in cui erano pochi attimi prima. La lucidità tornò quando il dolore scomparve, ma il sangue a imbrattarla c'era ancora, come a ricordarle che un singolo passo falso sarebbe bastato a segnare la sua fine.

Eatiel le era giunta vicinissima e parlò con una tranquillità innaturale, fredda, che mai le era appartenuta. «Ti avverto: se non vuoi collaborare, sarò costretta a prendere io la forza di Alanmaeth e ascendere al tuo posto.»

Alzando lo sguardo a imbattersi in quello di lei, l'elfa oscura ringhiò e la magia si condensò sui suoi palmi; avrebbe potuto scagliargliela addosso, ma ormai non aveva idea del risultato che avrebbe ottenuto visto che il potere di Alanmaeth la portava a compiere incanti senza che nemmeno ne conoscesse la natura. Decise di far crescere il potere, di circondarsi di un'aura talmente ingombrante da intimorire chiunque; voleva farla desistere, perché, nonostante tutto, aggiungere anche il suo cadavere alla pila della gente che aveva ucciso era inaccettabile.

«E come credi di riuscire a vincermi, stupida elfa?»

Una lacrima silenziosa rigò la guancia chiara dell'emissaria di Serendhien e lei si espresse a mezza voce, fissando le iridi azzurre nelle sue. «Perché tu non vuoi uccidermi, altrimenti lo avresti già fatto o almeno ci avresti provato. Io, invece, sono disposta a tutto pur di salvare i miei amici.»

L'aria parve impazzire e un vento fortissimo le circondò entrambe, scompigliando i loro capelli e facendo sbattere il tessuto del lungo abito bianco dell'elfa e della malmessa tunica nera di Axsa. Non solo Eatiel non si era allontanata, ma dal suo corpo scaturiva una quantità invereconda di potere spirituale e lei aveva allungato un braccio, abbassandosi come per riuscire a toccarla.

Ferma mentre ancora era seduta a terra, Axsa esitò, incredula per la sfrontatezza di quella mortale che continuava a sfidarla nonostante sapesse cosa lei avrebbe potuto fare. Però era stata scaltra, in fondo: aveva scoperto la sua debolezza senza fatica e sembrava volerla sfruttare fino in fondo.

Ucciderla, non ucciderla.

Cosa fare?

Cosa sarebbe accaduto dopo quella scelta?

Dannati gli spiriti, perché si stavano scontrando? Perché le avevano messe l'una contro l'altra? Due emissarie, un'elfa e un'oscura, due donne maledette e schiave degli eventi anche lì, anche in quel momento.

Sopra di lei, Eatiel si avvicinava e Axsa poteva vedere il potere oscuro che vorticava tra quelle dita affusolate; sapeva che avrebbe dovuto evitare di farsi toccare, invece batté i denti, si sostenne su un braccio e allungò l'altro di rimando, in modo da stringere la mano che le stava porgendo.

I vortici di vento e magia intorno a loro smossero la polvere ed esplosero in scintille elettriche, in scie nere, verdi e vermiglie che s'infransero in ogni direzione mentre Axsa sentiva la vita stessa venirle risucchiata via dal corpo, da quel contatto di nero e bianco che mozzò il fiato a entrambe.

Sì, perché Axsa non aveva intenzione di cedere senza lottare: mentre Eatiel pareva risucchiarle la forza vitale, l'elfa oscura richiamò il tempo per rubarle anni di vita secondo dopo secondo.

L'emissaria di Serendhien non invecchiava, però, e la loro stretta si fece calda mentre loro erano perse a fissarsi in viso, immobilizzate dallo sforzo di superarsi a vicenda. La mente analitica della bambina provò a formulare delle soluzioni intelligenti per spiegare quel singolare stallo magico dove si erano intrappolate senza volerlo e le sovvenne una risposta sola: la vecchiaia non stava intaccando Eatiel perché lei le stava rubando l'essenza, ma allo stesso modo l'elfa avrebbe potuto continuare a risucchiarle via la vita in eterno, dato che era bloccata nel tempo.

Anche l'emissaria di Serendhien doveva essersi resa conto che sarebbe stato meglio interrompere quella situazione, perché con grande sforzo raddrizzò la schiena e la trascinò in piedi con sé, tirandola su di peso.

Come se si fossero messe d'accordo, entrambe lasciarono la presa nello stesso momento e vennero sbalzate indietro, di nuovo lontane, crollando al suolo ansanti mentre ogni forma di magia si disperdeva. Ciò che rimase fu il calore, l'odore di sangue, di bruciato, e il ritmico suono dei loro respiri affannosi nel silenzio delle rovine.

Axsa restò supina a fissare le nubi, il corpo intorpidito e la lacrima che l'implorava di dar sfogo alla forza accumulata, ma, ora che finalmente erano tornate in quella breve quiete, per lei fu imprescindibile riprendere a parlare prima di una nuova ondata di furia di Eatiel. Spingere le parole fuori dalla gola fu difficoltoso e la bambina si ritrovò a balbettare tra un gemito e l'altro, puntellandosi sui gomiti per osservare l'altra.

«Quand'ero sulla... tua nave... ho fatto... ho fatto incazzare Varodil. Lui voleva che io... che ti eliminassi.»

Anche Eatiel si mosse per mettersi seduta; con le dita tra i capelli, il viso sconvolto e il corpo infine privo delle grandi ali di vento, sembrava tornata una giovane ragazza spaventata.

«Perché?»

Non c'era curiosità nella sua domanda biascicata, solo amarezza e stanchezza.

Ora che i polmoni avevano incamerato abbastanza ossigeno, Axsa rafforzò il tono. «Voleva che ci affrontassimo, che scoprissimo subito se saremmo state alleate o meno, ma io avevo paura. Tra l'altro, sono sempre stata restia ad assecondare le sue richieste e lui ha deciso di mettermi alla prova, dandomi tutti i suoi doni insieme e provocando quel macello.»

Distolse lo sguardo, stringendo i pugni nella polvere del suo tempio.

«Non ho mai voluto che accadesse e sono andata contro al volere di quell'infame ancora, salvando te e tuo padre, prima di dileguarmi. Effetto collaterale, ecco come Varodil ha chiamato l'incendio della tua nave, Eatiel.»

Quando trovò il coraggio di guardarla di nuovo, l'elfa era immobile con gli occhi lucidi e le dita davanti alla bocca semi aperta. Axsa era riuscita a dirle ciò che voleva, quindi toccava a lei decidere come reagire dopo la rivelazione. Avrebbe potuto odiarla comunque e riprendere quella battaglia senza senso, oppure avrebbe potuto comprenderla.

Era probabile ci avesse pensato a lungo, poiché restarono a squadrarsi per secondi lunghissimi, prima che Eatiel si umettasse le labbra, rimettendosi in piedi.

«Mi hai chiamata per nome.»

Axsa aggrottò la fronte a causa di quella constatazione tanto semplice quanto inaspettata e non seppe come rispondere, restando incerta. La sua espressione doveva essere buffa, perché l'altra sorrise un poco, prima di stringersi i bicipiti in un abbraccio solitario.

«Come faccio con la promessa? Se non la porto a compimento, Varodil potrebbe uccidere Allan.»

Axsa si lasciò sfuggire un verso meditabondo e si aiutò con le mani per tornare eretta, poi scosse la testa. «Le clessidre ce le ha Ilimroth, no? Non so come in passato lui abbia fatto a rubarle per provare a maledire me e gli altri bambini che sono morti nel processo, ma se potesse farlo quando vuole sono certa che mi avrebbe già ammazzata da un bel po'.»

Eatiel non parve troppo convinta. «È solo una tua supposizione.»

L'elfa oscura alzò le spalle, avvicinandosi a lei. «Sì, ma è tutto ciò che abbiamo. L'hai capito già da sola che io non ti voglio combattere; siamo state alleate sotto agli spiriti, potremmo esserlo ancora contro di loro.»

Era evidente quanto Eatiel fosse indecisa e Axsa attese con pazienza finché non fu lei stessa a darle una risposta. «Non potremmo mai noi due sole fare guerra agli spiriti. Per quanto male ci abbiano fatto, è innegabile che Endel sopravvive grazie a loro e non me la sento di condannarli tutti. Ilimroth mi ha aiutata.»

«Ilimroth?»

Senza accorgersene, la bambina aveva spostato l'attenzione sul corpo del sommo cultista, diversi metri alle spalle di Eatiel, e le emozioni che l'avevano schiacciata nei giorni precedenti minacciarono di trascinarla ancora nell'oblio.

«È stata lei a prendersi Alerdhil. Lui l'ha evocata, credeva di poter spezzare la mia maledizione con un rituale proibito, ma non ha funzionato.»

In precedenza Eatiel l'aveva accusata di quella morte, ma ora doveva aver capito, poiché si voltò a guardare il cadavere, il viso triste di chi è inerme di fronte alle avversità. Axsa si era già pianta addosso abbastanza, però, e l'arrivo dell'elfa dopo i due giorni di apatia le era servito a farla svegliare.

Galadar le aveva detto che i legami erano importanti e lei voleva credergli, ne aveva bisogno. Le emozioni facevano male, ma erano quelle a rendere l'esistenza degna di essere vissuta e la morte di Alerdhil non sarebbe stata vana.

Doveva riuscire a portare l'elfa dalla sua parte e l'ultima cosa che lei aveva detto poteva essere la chiave di tutto.

«Comunque, perché temi per Allan? Se davvero sei amica della morte ed è lei a vegliare sulle clessidre, Varodil non potrà mai far del male al cantastorie.»

Eatiel sgranò le palpebre, prima di puntare lo sguardo in un punto imprecisato tra di loro, e Axsa approfittò del suo tentennamento per incalzarla, facendo sgorgare le parole senza più freni, ragionando ad alta voce per renderla partecipe delle riflessioni a cui gli eventi l'avevano portata.

«Hai ragione, non abbiamo modo di fermare gli spiriti e non avrebbe senso farlo. Loro vogliono la lacrima, noi non vogliamo ascendere. C'è un palese conflitto d'interessi che non si concluderà mai se stiamo in disparte e grazie a ciò che ha fatto Alerdhil ho compreso che non possiamo agire dal nostro piano.»

Eatiel si fece più attenta e proseguì. «Per quanti doni ci abbiano dato, noi siamo mortali e non potremo mai eguagliarli; solo gli spiriti possono combattere contro gli spiriti.»

Axsa si aprì in un sorriso ambiguo e le si avvicinò, afferrandole una mano e scrutandola dal basso coi grandi occhi infantili colmi di furbizia. «Esatto. Ilimroth si professa neutrale, ma già una volta si è frapposta tra noi e Meg'golun e tu dici che ti ha aiutata. Prima di questo casino, Varodil ha provato a prendermi, ma è intervenuto Galadar e i due hanno lottato, per me. Gli spiriti sono in conflitto, Eatiel. La lacrima è dentro di me da un po' e il suo potere è difficile da controllare, ma ho compreso che non è infinito.»

Una piccola idea si era fatta strada nella mente della bambina, un'idea rischiosa, un'idea folle che solo la Signora del Tempo avrebbe potuto escogitare, ma prima aveva bisogno di risposte.

Eatiel si abbassò, accovacciandosi per arrivare alla sua altezza. «Cosa vuoi fare? Esaurire la forza della lacrima? Mettere gli spiriti l'uno contro l'altro? A che scopo? Rischieresti solo di far disperare Alanmaeth un'altra volta e non voglio che altre lacrime cadano su Endel.»

Axsa scosse la testa. «No, no. È più complesso di così.»

Era al contempo nervosa ed entusiasta e dovette portarsi un'unghia della mano libera tra i denti per stemperare l'energia che sentiva crescere in lei.

«Se gli spiriti combattono, la loro influenza si trasmette sui mortali ed è un casino. Quello che voglio fare è usare il potere di Alanmaeth e quello del tempo insieme, voglio spingermi dove nessuno è mai giunto. Voglio ascendere, diventare uno spirito per poter affrontare Varodil ad armi pari e girare da sola la clessidra direttamente nel loro piano, ma mantenendo il mio corpo mortale vivo e pronto per poterci tornare.»

Eatiel smise di respirare e provò a ritrarsi, ma Axsa la teneva stretta e non ci riuscì. «Come potrebbe mai essere possibile una cosa del genere?»

Era normale che Eatiel fosse sconvolta perché ciò che Axsa stava proponendo andava contro ogni possibile regola o logica, ma non aveva più nulla da perdere ed era disposta anche a morire in quel folle tentativo. Era, però, abbastanza vecchia da aver raggiunto la saggezza necessaria a comprendere che per ogni azione fuori misura c'era bisogno di una preparazione adeguata.

«Solo le due persone che sono ascese potrebbero avere una risposta alla tua domanda. Per nostra fortuna, uno dei due è l'unico spirito che ha dimostrato di voler lottare per i mortali.»

Il cuore della bambina ormai batteva frenetico, le viscere contorte in preda a un'eccitazione malsana che storpiò i suoi lineamenti in un ghigno sadico.

«Tu sei amica della morte, elfetta, ma io sono entrata nelle grazie della vita.»

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top