7. Un inutile scontro

Fu un attimo di furia cieca e incontrollata: Varodil avrebbe tanto voluto raggiungere quell'ingrato del suo primo emissario e riempire la sua essenza immortale di oscurità arcana per ferirlo, ma Galadar non glielo permise. Aveva tra le dita un flauto traverso e suonava note intrise di potere, generando vortici impalpabili e impenetrabili.

L'asceso lo guardava con gli occhi da cerbiatto spalancati, le iridi d'erba ricolme di un'intensa luce che Varodil interpretò come pura sfida e le labbra protese sulla boccola dello strumento, per nulla intenzionate a finirla di soffiarci dentro.

Lo spirito della magia richiamò le sue tenebre e indietreggiò per non essere colpito dai fendenti invisibili generati dalla melodia che le dita esperte di Galadar stavano componendo; ringhiò, con le scie vermiglie di potere arcano che gli saettavano intorno impazzite dalla rabbia.

«Perché ti sei intromesso? La mia emissaria ha preso la lacrima e tu non hai alcun diritto di immischiarti in faccende che non ti riguardano!»

Parlò furente, crescendo in dimensioni fino a che non colpì i rami dell'albero a lui più vicino e dovette fermarsi, impossibilitato a passarci attraverso come avrebbe fatto in condizioni normali. Quello era il piano di Galadar e lì era lui a comandare; scontrarsi nel suo territorio non era proprio la cosa più intelligente da fare, ma Varodil, in fondo, desiderava solo un confronto.

Forse i suoi metodi erano un po' violenti, tuttavia lo sapeva lui e lo sapeva di certo anche Galadar che loro due non avrebbero mai potuto farsi danni seri. Nulla gli vietava di dargli una bella lezione per avergli mancato di rispetto con tanta sfrontatezza, però.

Lo spirito della vita allontanò di qualche centimetro il flauto dal viso e restò a fissarlo con la bocca stretta in un'espressione seria fin quando non decise di rispondergli, monocorde. «Ciò che accade su Endel, la sorte dei mortali ci riguarda tutti, invece. Shi'nnyl non vuole ascendere e noi non possiamo obbligarla.»

Varodil avrebbe voluto tramutare in buio ogni spazio di quel piano così fastidiosamente verdeggiante e le vene vermiglie vibrarono veloci, enfatizzando l'irritazione nella sua voce acuta. «Shi'nnyl non è altro che una piccola ribelle galvanizzata dal potere. Deve tornare sottomessa e al suo posto, sotto di me, dov'è giusto che stia.»

Maledetto il giorno in cui aveva trovato divertente infondere sé stesso in un'elfa oscura! Cosa gli era preso? Eppure lo sapeva che era una razza di stupidi e cocciuti... eh, si era lasciato invaghire dalle spropositate potenzialità di quella bambina, senza riflettere sulle conseguenze future del suo gesto. Si era inoltrato nella patria di Meg'golun, suo padre, gioioso all'idea di sottrargli una pecorella dal gregge, e pareva che Shi'nnyl avesse fatto proprio un bel casino.

Era figlia del caos tanto quanto lo era della magia, del resto.

Galadar allargò le narici a racimolare aria che non gli serviva e avvicinò un poco le sopracciglia verso la radice del naso; la voce gli fuoriuscì calma, ma era evidente stesse facendo fatica a mantenerla atona.

«Non mi aspetto che tu capisca i mortali, Varodil. Non lo hai mai fatto e mai lo farai, tuttavia non ti permetterò di trattare Shi'nnyl come una bestia da domare.»

Varodil emise un verso sprezzante. «Oh, non me lo permetterai, dici? E come intendi agire? Tu sei qui ora a fare il gradasso solo grazie a me. Io ti ho reso ciò che sei! Io ho fatto di te lo spirito più amato e venerato di tutta Endel. Laddove i mortali mi ripugnano e sputano sul mio nome, tu sei acclamato e pregato.»

Lo spirito della magia tornò delle stesse dimensioni del suo primo emissario e continuò, caricando ogni sillaba di rammarico. «Cos'eri? Un mortale come tanti altri, nulla di più. Davvero non capisco perché quella piccola irriconoscente non voglia seguire le tue orme e ancora più incredibile è che tu la stia appoggiando!»

Galadar sospirò e scosse la testa. «Ci... l'hai costretta a secoli di vita imprigionata in un corpo che non può sentire suo, incatenata a doveri troppo ingombranti per una della sua razza. L'hai resa una reietta, un'esiliata, generando un braccio di ferro con Meg'golun che l'ha portata a perdere la sua famiglia e ogni cosa conoscesse. Non puoi stupirti del suo comportamento.»

Quella sua pacata razionalità dava ai nervi e il fatto che ancora provasse a fargli comprendere i sentimenti mortali provocò nello spirito della magia una risata bassa e roca. Ogni creatura su Endel doveva la propria vita a loro; nessun elfo sarebbe mai esistito se un giorno Varodil non avesse trovato divertente far nascere e proliferare un'intera nuova razza, quindi con che diritto i viventi pretendevano di ribellarsi al suo volere?

Era inaudito.

«Non sei altro che un'imitazione, caro asceso. Ti abbiamo donato il dominio sulla vita, ma tu non sai niente di creazione. Mi biasimi e ti lamenti della mia condotta, mi dai dell'ottuso... no, Galadar, sei tu che ti ancori alle memorie di quand'eri mortale, ma la sai una cosa? Ora un'anima non ce l'hai più e tutto quello che resta di ciò che eri è questo.»

Varodil ghignò e protese un braccio fumoso verso l'altro spirito, richiamando in quel luogo il frammento di anima a brandelli che era appartenuta a Galadar, prima di venirgli sottratta dal liuto arcano quand'era diventato suo emissario.

Una piccola fiammella azzurra piena di buchi prese a vibrare sull'arto di tenebra dello spirito della magia e fu entusiasmante osservare come i muscoli dell'elfo si contrassero a quella vista, facendogli stringere le dita intorno al flauto.

Varodil non era ancora soddisfatto, però, e decise di rincarare la dose, inglobando il frammento in sé stesso mentre si esprimeva carico di ironica perfidia. «Ora che il liuto arcano è andato distrutto a causa di quello stupido cantastorie, la tua anima è tornata a me. Mi appartiene, così come tu mi sei sempre appartenuto, non lo scordare.»

L'aria immobile di quell'orribile foresta venne pervasa da un teso silenzio e Varodil attese, speranzoso che le sue parole avessero smosso qualcosa in quello spirito tanto austero. A giudicare da quant'era tirata la pelle sulle sue guance, era probabile stesse serrando la mascella e ancora lo fissava con occhi brillanti.

«Vattene dal mio piano.»

Infine Varodil aveva ottenuto una reazione, ma non era ciò che voleva. Rise, pungolandolo con una semplice domanda derisoria. «E se non mi andasse di farlo?»

Galadar non rispose, non a parole, poiché avvicinò di nuovo il flauto alle labbra ed era ovvio che avrebbe a breve ripreso a suonare per attaccarlo. Lo spirito della magia, però, non si sarebbe lasciato cogliere alla sprovvista una seconda volta ed era pronto a una tale eventualità.

Varodil si smaterializzò, restando con l'essenza nel piano della vita fino a raggiungere le spalle dell'ex mortale. Ricompose le sue ombre e le scie arcane proprio dietro di lui, sorprendendolo mentre era intento a capire dove diffondere il suo attacco sonoro.

«Lento.»

Lo canzonò e protese il suo corpo oscuro per toccarlo e far sì che le vene arcane sprigionassero il loro potere in lui, ferendone l'essenza. Quando il buio di Varodil ricomparve, Galadar si voltò di profilo con le palpebre sgranate, forse conscio di ciò che stava per succedere.

Lo spirito della magia, però, non riuscì a entrare in contatto con nulla, poiché le sue ombre passarono attraverso al corpo dell'asceso, divenuto in un istante un insieme di foglie verdi vorticanti.

Varodil ebbe giusto il tempo di ringhiare, che dal terreno sotto di lui spuntarono delle radici appuntite che andarono a ficcarsi in lui da più direzioni, passandolo da parte a parte. La sensazione non fu affatto piacevole, anche perché quegli affari erano intrisi della forza di Galadar e riuscirono a tenerlo bloccato.

Le foglie si riunirono nel falso corpo adulto dell'asceso a giusto un passo da Varodil e l'ex mortale poggiò una mano su uno dei legni che lo costringevano, per poi parlare.

«Ti avevo chiesto di andartene, ma forse il mio piano ti piace al punto da desiderare di restarci per un po'. Credo che ti terrò qui finché Shi'nnyl non avrà spezzato la maledizione, così non potrai interferire.»

La tranquillità con cui si espresse cozzò con ciò che disse. Beh, forse Varodil lo aveva sottovalutato e si ritrovò a ponderare il fatto di aver sminuito parecchia gente negli ultimi tempi. Il cantastorie umano aveva contenuto il suo potere in modo egregio, Shi'nnyl continuava imperterrita a fare ciò che voleva e Galadar era convinto di poterlo fermare.

Per lo meno, era evidente che chiunque avesse goduto della sua forza senza venirne sopraffatto alla fine raggiungesse vertici di potere davvero considerevoli. Varodil avrebbe dovuto esserne lusingato, però in quel momento l'astio verso Galadar gli ottenebrò i pensieri e fu con voce cupa e gutturale che si espresse, derisorio.

«Tu, imprigionare me?»

Le vene vermiglie velocizzarono i loro movimenti e l'oscurità spinse per espandersi, costringendo Galadar a indietreggiare con un agile balzo. Lo spirito della magia condensò sé stesso in quella piccola zona e a nulla valsero le nuove radici che Galadar generò per impalarlo ancora di più: il potere arcano crebbe d'intensità all'interno delle tenebre fin quando non corrose il legno, facendo esplodere in mille pezzi quelle inusuali catene e rendendolo libero di muoversi.

Galadar pareva piuttosto impressionato e Varodil approfittò di quell'attimo d'esitazione per aumentare di dimensioni fin quanto le fronde degli alberi gli permisero.

«Adesso tocca a te. Credo ti piacerà sostare qualche giorno nell'abisso.»

Basta.

Il cielo si oscurò e una voce grave rimbombò ovunque, perentoria. Entrambi gli spiriti puntarono lo sguardo verso l'alto e Varodil si zittì, ora che l'immenso si era riempito di stelle.

Il piano della vita si dissolse, o forse erano loro due a essere stati trascinati via dall'unica entità che li superava tutti. Dopo giusto un secondo, si ritrovarono nell'infinita distesa erbosa che sorgeva sotto al manto dei corpi celesti di Alanmaeth.

Varodil si rimpicciolì parecchio, sorpreso del fatto che quella minuscola disputa fosse arrivata a scomodare il primo tra gli spiriti, ma era evidente stesse succedendo anche dell'altro, perché sotto al mantello di stelle in movimento non c'erano solo lui e Galadar, ma erano in nove, disposti a cerchio per guardarsi tra loro.

Ilimroth era alla sua destra, il viso incappucciato e la falce d'ossidiana stretta tra le dita. Accanto a lei c'erano Serendhien, Ninli e Deladan, i tre figli generati dallo spirito della vita prima che venisse corrotta dal caos e piombasse su Endel; le prime due erano padrone degli elementi della natura, mentre l'ultimo era sovrano dell'amore e della bellezza.

Dall'altra parte c'erano Enoder e Minelye, gli spiriti gemelli dell'oltretomba generati da Ilimroth per vegliare sulle anime dei morti; non appena i due si videro, sorrisero e corsero l'uno incontro all'altra per potersi abbracciare in un tripudio di bianco e nero, dato che le enormi ali candide e piumate di lei contribuirono alla loro unione, così come quelle tetre e draconiche di lui.

Varodil non aveva mai compreso il loro attaccamento, anche perché erano da sempre stati divisi nei rispettivi piani dell'oltretomba, impossibilitati a stare insieme.

L'ultima, proprio davanti a lui dall'altra parte del cerchio, era Sa'shandriel, la prima mortale a essere ascesa dopo essere stata emissaria di Meg'golun. Scorgerla lasciò Varodil interdetto, dato che era da secoli che non s'incrociava con lo spirito della follia e ne avrebbe sinceramente fatto a meno.

A quanto pareva, Alanmaeth aveva voluto riunire tutti gli spiriti sotto di lui e mancavano solo Celenwe, bloccata sul piano dei mortali, e Meg'golun, forse troppo impegnato a spargere in giro il suo caos per rispondere alla chiamata del padre.

«Quindi? Perché questa farsa?»

Fu Varodil a spezzare la quiete e venne fulminato da uno sguardo minaccioso dello spirito della morte; lei avanzò e colpì il suolo con la sua falce, generando uno squarcio che tramutò l'erba in mezzo a loro in uno specchio. Quasi tutti si sporsero per guardare l'immagine riflessa e Varodil si abbandonò in un lungo verso meditabondo, quando si rese conto che Ilimroth stava mostrando loro una piazza nel regno di Rosendale, dove parecchi mortali si stavano fronteggiando. A giudicare dal colore delle tuniche, c'era in atto una disputa tra i cultisti di Galadar e i suoi, mentre quelli dello spirito dell'amore stavano a guardare.

Fu proprio Deladan a parlare con la sua voce armoniosa e tirandosi dietro a un orecchio una lunga ciocca dei candidi capelli. «I miei seguaci non riusciranno a tenere a bada i vostri a lungo, dovete appianare le divergenze o sarà guerra.»

Oh, a quanto sembrava la chiacchierata tra lui e Galadar aveva portato qualche ripercussione su Endel e la cosa non era rimasta un segreto tra gli spiriti, dato il piacere perverso che tutti avevano nello spiare i fatti degli altri.

Varodil sogghignò e le scie vermiglie vibrarono nelle tenebre. «Non farmi ridere; i tuoi cultisti sono bravi solo a fare i disegnini!»

Era sempre divertente prendere in giro Deladan e lo fu ancora di più vedere Ninli irrigidire i suoi muscoli formati da magma incandescente; gli occhi dello spirito del fuoco e della terra bruciarono con la stessa intensità delle fiamme che formavano i suoi capelli in costante movimento e lei lo indicò, ostile.

«Varodil, bada a come parli...»

Quella minaccia lasciata a metà lo fece scoppiare a ridere e Deladan sospirò, allungando un braccio per bloccare la probabile carica di Ninli.

«Lascialo sfogarsi, sorella. È solo frustrato perché i mortali che lo disprezzano sono almeno il doppio rispetto a quelli che neanche lo considerano e a venerarlo sono una manciata di esaltati. Persino la sua emissaria lo odia.»

Lo spirito dell'amore gli sorrise e assottigliò gli occhi chiari, per nulla intimorito da ciò che quell'affronto avrebbe potuto comportare. L'oscurità di Varodil si fece più fitta e il tono perse ogni traccia di divertimento.

«Tu... ti pent-»

Non riuscì a finire la frase, poiché Ilimroth sbatté il fondo dell'impugnatura della falce contro alla terra e il gelo si espanse. «Smettetela. Le vostre dispute altro non fanno che accrescere il caos.»

Gli spiriti si guardarono per lunghi attimi di tensione e l'unica che stava ancora sogghignando era Sa'shandriel, che tuttavia non pareva intenzionata a intervenire. Fu Serendhien a spezzare la stasi, cominciando a fluttuare a mezz'aria col vento a sorreggerla e a far ondeggiare i veli grigi e i capelli scuri.

«Varodil, dovresti concentrarti sul presente. Le nostre emissarie potrebbero scontrarsi o, peggio, allearsi per seguire vie lontane dal cammino tracciato per loro.»

In effetti, lo spirito del cielo e del mare non aveva tutti i torti: all'inizio avevano spinto loro stessi perché Eatiel e Shi'nnyl combattessero assieme, ma ora che l'elfa oscura aveva preso la lacrima le cose erano cambiate.

Sa'shandriel s'intromise con voce sprezzante, ghignante e con le mani poggiate sui fianchi coperti da un'armatura di cuoio insanguinata.

«Quanto siete idioti, come godo nel vedervi affannati nell'angoscia! L'elfa oscura ha sempre fatto come le pareva e ora che può sfruttare la lacrima non si fermerà. Io lo so, lo percepisco. Sono passati più di milletrecento anni, eppure il ricordo della gioia che ho provato quando ho assorbito in me il potere di Alanmaeth accompagna ancora le mie veglie eterne.»

Varodil non capì che genere di risposta lo spirito della follia si aspettasse dopo quell'intervento e decise di allungare un arto a indicarla, fingendo curiosità. «Lei perché è qui?»

Sa'shandriel alzò un sopracciglio e molti altri spiriti sospirarono, a parte Enoder e Minelye che si erano rinchiusi nelle loro ali a bisbigliarsi chissà cosa, incuranti delle vicende del piano dei mortali.

Galadar prese parola, avanzando e indicando Varodil. «Non è mancando di rispetto ai tuoi pari che riotterrai il favore dei mortali.»

Suoi pari? Come no. I due elfi ascesi erano all'opposto nelle loro credenze, eppure eccoli lì, uniti contro di lui, come erano sempre stati tutti gli altri da quando era stato generato dalle ombre di Meg'golun.

L'animo di Sa'shandriel non si smorzò e lei continuò la sua opera derisoria, affiancandosi a Galadar. «Non preoccuparti, sentire quella sua vocetta stridula mi galvanizza! Fa lo splendido e poi si eccita a maledire dei bambini per puro sadismo. Io avrò ottenuto il mio dominio dal caos di Meg'golun, ma tu del caos sei figlio e non puoi proprio farci niente.»

Come se fosse stato lui a voler nascere dal caos.

Ecco perché Varodil si era sempre guardato bene dall'infilarsi nelle esistenze degli altri spiriti, preferendo la sua neutralità. Starsene in solitudine a donare gocce del suo potere ai mortali per vedere cosa sarebbe accaduto su Endel era meglio che mischiarsi tra loro. Se persino quella reietta dello spirito della follia arrivava a coalizzarsi con gli altri, voleva dire che c'era qualcosa di profondamente sbagliato in ciò che stava accadendo.

O forse erano solo invidiosi che per la seconda volta era stata la sua emissaria a raggiungere per prima la lacrima, decretandolo come il vincitore assoluto. Ormai era ovvio chi fosse il migliore e Varodil avrebbe scommesso le sue tenebre che se avesse deciso di maledire un mortale anche la prima volta, invece di starsene in disparte, a quell'ora non ci sarebbe stata Sa'shandriel in mezzo a loro, ma un altro dei suoi emissari ascesi.

Deladan schioccò le dita, attirando l'attenzione, e Varodil si accorse che lo spirito dell'amore stava indicando l'immagine nello specchio. «Sta per accadere qualcosa. La portatrice della lacrima è irrequieta.»

Persino gli spiriti gemelli dell'oltretomba sciolsero l'abbraccio per guardare nello specchio e fu Ilimroth a parlare per tutti, mentre una sensazione opprimente s'impadroniva dell'essenza di Varodil. Lasciò da parte la sgradevolezza degli altri spiriti e si concentrò per cercare una risposta nelle sabbie del tempo.

Come spesso gli succedeva quand'era immerso negli innumerevoli futuri possibili, parlò, estraniandosi da ogni altro avvenimento presente. «Lei esprimerà un desiderio che potrebbe cambiare tutto.»

In molti non compresero le sue criptiche parole e fu solo Ilimroth ad avvicinarsi a lui, serrando le dita fredde intorno a un'estremità del suo buio.

«Allora dobbiamo esaudirlo.»

Era incredibile come lui non venisse mai preso in considerazione, ma se era la morte a esprimersi nessuno aveva il coraggio di obiettare.

Quando davanti ad Axsa si aprì la familiare vista della piazza dei tre templi le fu subito chiaro che qualcosa non stava andando nel verso giusto. La pioggia battente l'appesantiva, rendendo faticoso ogni passo, e più avanzava più il volume di parecchie voci che si accavallavano l'una sull'altra si faceva prepotente, arrivando a sovrastare persino i tuoni tra le nubi.

Davanti alla statua di Deladan c'erano tre gruppi di persone, distinguibili senza fatica per il colore delle loro vesti e perché stavano berciando tra loro, rimanendo a distanza. In piedi e rigidi sulla spirale di ciottoli della grande piazza rotonda, innumerevoli cultisti stavano litigando; verso destra c'erano i seguaci di Galadar, ammassati a formare un agglomerato di tuniche verdi e con un'anziana davanti a tutti, una golunnar con ricci capelli ingrigiti e la pelle rossastra. La coda glabra le spuntava da sotto le vesti e dalla fronte le partivano due grosse corna ricurve, ornate da foglie d'edera; Axsa non l'aveva mai vista, ma era evidente fosse la più influente tra quei cultisti non solo per l'età, ma anche perché in quel momento stava puntando un indice ossuto contro ad Alerdhil.

L'elfo stava eretto e silenzioso, i lunghi capelli biondi risultavano luminosi sulla tunica nera e non parevano rovinati dalla pioggia; subiva le grida della vecchia golunnar con apparente stoicismo ed erano gli altri cultisti di Varodil, dietro di lui, a rispondere schiamazzando.

Un ammasso di verde a destra e di nero a sinistra, due fazioni che parevano litigare peggio dei bambini e sembrava non fossero ancora arrivati alle mani solo perché tra loro, proprio davanti alla statua dello spirito dell'amore, vi era il terzo gruppo di cultisti, quelli di Deladan. Erano meno degli altri, ma tra loro c'erano anche dei paladini nelle loro armature complete; tutti spiccavano a causa delle tuniche e dei mantelli variopinti e per la preoccupazione sui loro volti. Axsa riconobbe Barron, un cultista umano di mezza età che era stato parecchio amico della moglie di Alerdhil, e lo osservò mentre cercava di mettere ordine nella lite, con le braccia allungate verso l'elfo e la golunnar per poterli virtualmente separare, anche se erano ad almeno sei o sette metri di distanza.

La scena era surreale e la bambina non poteva fare a meno di pensare che quell'accesa lite fosse dovuta allo scontro che c'era stato – e forse era ancora in atto – tra lo spirito della vita e quello della magia.

«Questo è inammissibile! Endel ne uscirebbe devastata!» gridò sopra gli altri la golunnar di Galadar.

«È una menzogna!»

«Non può essere successo...»

«Se anche fosse, la colpa non è certo di Varodil!»

Le voci dei cultisti dello spirito della magia si stagliavano l'una sull'altra, mentre quelli di Galadar si limitavano a borbottare dietro alla loro portavoce e Alerdhil ancora stava cupo e quieto, le braccia tese lungo i fianchi.

«Maestri, maestre, amici... vi prego, dobbiamo ragionare in modo civile.»

Barron provò a intromettersi con tono pacato, spostando lo sguardo tra le due fazioni, ma nessuno parve volerlo ascoltare.

La tensione era resa opprimente anche dall'acqua che continuava a piombare giù dal cielo in goccioloni che avevano già formato un'infinità di pozzanghere e dal grigiore generale che incombeva tra i tre grossi templi del complesso, spettatori immobili dello scontro verbale in atto nella piazza. Non c'erano visitatori, forse fuggiti a causa del tempo o, più probabile, intimoriti da ciò che sarebbe potuto succedere se quella gente avesse deciso di utilizzare la magia, oltre alle parole.

Quand'era più giovane, Axsa avrebbe di certo trovato stimolante e divertente uno scontro magico tra i cultisti della vita e della magia, ma in quel momento era troppo stanca e sfibrata.

Basta liti, basta battaglie, basta casini per colpa sua.

Si abbassò il cappuccio per essere subito riconosciuta e avanzò a passi pesanti, intenzionata a far ragionare quell'ammasso di cretini, qualunque fosse il motivo dei loro screzi. Barron fu il primo ad accorgersi di lei e sgranò gli occhi, ammutolendosi all'istante; gli altri si urlarono addosso per qualche altro secondo, poi Alerdhil si rese conto che qualcosa era cambiato nel cultista di Deladan e voltò il capo a guardare lei.

Era da nove anni che non si vedevano e mai, mai l'emissaria avrebbe immaginato che il suo primo sguardo sarebbe stato tanto carico di tensione.

«Axsa, tu sei... tornata.»

Quelle parole ammutolirono l'esistenza e il gelo piombò terrificante, scombussolandole le viscere.

Qualunque cosa fosse successa doveva aver cambiato parecchio le cose, perché Alerdhil non sembrava affatto felice di vederla.

L'emissaria deglutì e si fermò, affatto intimorita dagli sguardi tra l'incredulo e l'astioso puntati su di lei, dato che aveva l'attenzione tutta sul suo vecchio amico.

«Sì che sono tornata. Lo dicesti tu che il nostro non era un addio, hai dimenticato?»

Il tono lamentoso che usò doveva aver fatto breccia nell'elfo, perché lui sospirò e gli angoli delle labbra si alzarono appena.

La vecchia golunnar s'intromise, gridando e puntandole un indice addosso senza, tuttavia, avvicinarsi a lei. «Ecco, è come avevo detto! Guardate la sua faccia, quella lacrima... sono l'unica a sentire lo smisurato potere che le aleggia intorno? È lei che porterà la distruzione su Endel e Varodil l'aiuterà!»

Alerdhil chiuse gli occhi, evidentemente esasperato, e il vociare confuso riprese più forte di prima, tra insulti e grida sconclusionate. La testa di Axsa pareva scoppiare a causa di tutto quel casino e la prima reazione fu quella di correre incontro all'elfo e aggrapparsi a una sua gamba. Guardandolo dal basso, non riuscì a trattenere l'apprensione.

«Cos'è successo?»

Alerdhil girò la testa per guardare i cultisti e sotto alla pelle chiara e sottile delle sue guance furono ben visibili i denti che si stringevano tra loro. «Poco fa abbiamo tutti avuto la stessa visione: Varodil e Galadar in lotta tra loro ed Endel annientata da una forza enorme, incontrollabile. Hai preso la lacrima di Alanmaeth, Axsa, eppure non sei ascesa.»

Con la gola secca e gli occhi lucidi, Axsa chiuse i piccoli pugni intorno al tessuto scuro della tunica del sommo cultista. «Tu più di tutti dovresti sapere perché, invece sei infelice.»

«No, vi prego! Non fatelo!»

Barron gridò sopra gli altri, allarmato, e gli strepiti dei cultisti divennero impossibili da ignorare. Quasi tutti quelli di Galadar e Varodil condensarono la magia, pronti a scagliarsi addosso i loro incantesimi. Forse era per quello che Alerdhil era tanto teso, dunque.

Se non avessero fatto nulla, davanti ai loro occhi si sarebbe sviluppata un inutile scontro magico e in parecchi sarebbero di certo morti.

Per cosa?

Che senso aveva?

Axsa si morse il labbro inferiore fino a sentire il sapore del sangue sulla lingua e cercò invano di capire come poter intervenire per fermare quella battaglia. Lei non lo voleva, ma sapeva che era colpa sua se stava succedendo, quindi come fare?

Se solo fossero stati tutti un po' meno ignoranti, se solo avessero potuto ricordare la caduta delle altre lacrime e ciò che era successo, cos'avevano comportato, quante persone erano morte. Se solo avessero potuto mettersi nei suoi panni e comprendere cos'era costretto a sopportare un mortale maledetto dagli spiriti... forse nessuno avrebbe più avuto voglia di perdere tempo e macchiarsi le mani col sangue di altri mortali. 

Alanmaeth, spirito della creazione
Meg'golun, spirito del caos, generato dalle stelle sfuggite da Alanmaeth
Varodil, spirito della magia, generato dalle ombre di Meg'golun

♪ ♫ ♪

Le figlie di Alanmaeth
Celenwe, spirito della vita, prima della caduta
Celenwe, spirito della non-vita, dopo la caduta
Ilimroth, spirito della morte

♪ ♫ ♪

I figli di Celenwe
Serendhien, spirito del cielo e del mare
Ninli, spirito del fuoco e della terra
Deladan, spirito dell'amore

♪ ♫ ♪

I figli di Ilimroth
Enoder, spirito dell'oltretomba a guardia dei dannati
Minelye, spirito dell'oltretomba a protezione dei beati

♪ ♫ ♪

I due mortali che sono ascesi
Sa'shandriel, spirito della follia
Galadar, spirito della vita

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top