Norman: Dovere

Norman e Lara salirono in macchina. Il messo si sedette al posto di guida e in pochi minuti arrivarono a destinazione. Il loro accompagnatore li fece scendere ed entrare da soli, mentre lui restava fuori ad aspettarli col volante fra le mani.

Il comando era stato creato all'interno di un edificio a due piani nascosto in mezzo ad altri che venivano usati come magazzini od ospedali. Aveva un aspetto molto antico, un po' come tutte le altre abitazioni nei paraggi. Erano state lasciate così come erano trecento anni or sono, salvo alcune bonifiche e sistemazioni negli ultimi anni di guerra. I due convocati ebbero il permesso di entrare dopo aver mostrato le proprie piastrine alle guardie poste all'entrata e furono poi rediretti alla stanza dove si trovava il Maggiore. Per arrivarci passarono per il salotto, convertito in una sala riunioni, con tanto di mappa tattica sul tavolo e pedine, e una cucina che per una parte svolgeva ancora le sue funzioni originali e per l'altra faceva da piccola armeria. Scesero degli scalini e arrivarono in un locale trasformato in dormitorio. Là tutti i letti erano fatti di paglia, a parte uno che era un letto vero e proprio, su di questo era seduto un uomo sulla cinquantina, alto, con la schiena curvata in avanti e poco robusto. Aveva uno sguardo quasi assonnato, cosa che spiegava come mai stesse bevendo in continuazione da una tazza quello che aveva l'aria di essere caffè. Il suo volto cosparso da poche rughe era coperto da una barbetta ispida e da delle basette lunghe, grigiastre come i capelli corti e ordinati. Indossava l'uniforme da Battaglione. L'orlo dorato era quello, il grado sulla spalla destra, una stella d'argento a nove punte, pure.

«Riposo», ordinò, siccome i due convocati si erano subito messi sull'attenti. «Pensavo che sareste arrivati più tardi. Andiamo di sopra, ho una missione per voi.» Parla lentamente, faceva pause di qualche attimo fra un pezzo di frase e l'altro.. Bevve qualche altro sorso, prima di alzarsi e incominciare a salire.

Norman e Lara si guardarono negli occhi, notando di avere reazioni differenti. Il ragazzo, una volta che il superiore raggiunse una posizione dalla quale non poteva vedere le loro facce, si mostrò palesemente scocciato. Lara invece, ligia al dovere com'era, sembrava animata e pronta a qualunque cosa. Non si parlarono, seguirono l'uomo fino alla sala delle riunioni, dove c'era il grosso tavolo con la grossa mappa. Il colonnello, dopo aver finito la sua bevanda, fece portare via la tazza da un suo attendente, per poi chinarsi sulla mappa della città. Incominciò a muovere le pedine che vi erano sopra, come se stesse giocando a scacchi e fosse da solo. Con grande calma si prese dieci minuti buoni, quasi dimenticando la presenza dei due graduati. Quando terminò alzò lo sguardo nella loro direzione, un po' più rinvigorito di prima. «Come sapete, siamo in una situazione di stallo. Nelle foreste fuori città alcune volte delle pattuglie si scontrano con postazioni nemiche, ma nulla più. Come nel resto dell'isola qua non ci sono in corso azioni decisive o risolutive, solo in mare si combatte seriamente, e se non conquistiamo interamente la città non potremo raggiungere i porti ancora in mano al nemico e causare danni seri alla sua flotta, se ciò non accade un giorno le nostre navi dovranno abbandonarci per le troppe perdite. Mi seguite?»

Annuirono.

«Qua in città di tutta la divisione il nostro reggimento è il più avanzato, eppure non abbiamo ancora catturato la Piazza Lotramento. Il Generale di Divisione non voleva rischiare, ma il Colonnello ha insistito talmente tanto da concedergli il permesso di preparare un'iniziativa. Necessita di una ricognizione, tuttavia, e ha chiesto a me di formare fra i miei uomini un gruppo di soldati da mandare.

La mia decisione ricade su di voi. Voglio una squadra di non più di sei elementi del vostro plotone che parti subito.»

«Sissignore», risposero all'unisono.

«Allora andrò io e-» Lara stava per aggiungere altro, ma fu interrotta dal Maggiore.

«Intendo che dovete andare tutti e due, sergente. Supervisionerete la squadra entrambi.»

Sconcertata, Lara rispose. «Ma Signore, il plotone non dispone di altri graduati o sottufficiali oltre noi.»

«Provvederò a spostare dei sottufficiali in più dagli altri reparti al vostro. Così è contenta, Sergente?» Dal tono di voce del Maggiore si capiva come non volesse sentire altre repliche, risultato che ottenne. «Bene, vedete di non tornare senza informazioni utili: avete fino a domani. Tornati o no, avanzeremo. Potete andare.»

***

«E questo è quanto», terminò di spiegare Richardson. Dal plotone riunito in formazione davanti a lei si alzò un mormorio, che venne subito zittito dai richiami di Norman, in piedi al suo fianco. Persino Nicholas, che usualmente era il più arrogante, fece subito silenzio. Era un veterano, gli era bastato osservare lo sguardo del suo Caporale, turbato, per capire che la questione fosse tanto seria e pericolosa.

«Abbiamo già provveduto a scegliere i membri. Fate un passo in avanti una volta che vi chiamo». Il Sergente chiamò quattro nomi e quattro uomini si fecero avanti.«Il resto del plotone può andare...», aggiunse, senza però terminare l'intera frase. Voleva dire anche qualcos'altro, ma le era difficile. Dopo qualche secondo, continuò comunque. «Mentre non ci saremo sarete sotto il comando di graduati e sottufficiali provenienti da altri reparti del battaglione» A quel punto, dopo aver ricevuto il permesso da Norman, trentasei persone sciolsero le righe, se ne andarono via e restarono solo i sei prescelti.

«In teoria non dovremmo metterci molto, salvo imprevisti. Prendete le vostre armi, un equipaggiamento ridotto – solo ciò che può essere utile là fuori e un po' di viveri in scatolame. Alcuni prendano granate a frammentazione, altri dei fumogeni. Nicholas Graham, affidiamo a te la radio da campo, Connor Rastogi tu prendi un lanciagranate. Ci rincontriamo al portone del campo fra cinque minuti.» Dopo gli ordini di Norman i quattro soldati semplici si volatilizzarono e raggiunsero le proprie tende. Dopodichè si incamminò con Lara, avendo in comune con lei la stessa tenda.

«Ti vedo un po' turbato»>, osservò lei, mentre legava i suoi capelli rossi a cipolla: la coda di cavallo che solitamente preferiva la trovava meno pratica in guerra. L'elmetto, d'altronde, composto in realtà da due elmetti uniti, che formava una specie di calotta con imbottitura interna, ed era estesa ai lati per proteggere le orecchie, non avrebbe avuto la stessa aderenza con un'acconciatura più voluminosa.

«Come se non dovessi esserlo», rispose lui. L'elmo lo aveva già indossato sulla corta chioma biondo cenere e ora provvedeva a porre le giberne sulla cintura e sulle bretelle con dei caricatori per la pistola e il semiautomatico che avrebbe preso. «Se volevano vederci morti potevano almeno farci il piacere di freddarci subito con un colpo alla nuca e non mandarci nella Babele dei selvaggi.» Le sue mani stavano incominciando a sudare freddo, rendendo scivolose le armi. Al solo pensare a com'era stata ridotta ogni singola squadra che aveva provato a uscire per motivi esplorativi si sentiva male, sapendo che avrebbe avuto lo stesso destino. Gli si contorcevano le budella, così come gli si contorceva il cervello: gli diceva che fosse un pericolo troppo grande da affrontare, ma non poteva evitarlo. Gli venne in mente di quella squadriglia uscita dal campo portare fuori gli escrementi del proprio plotone, quando ancora non erano state create le prime latrine. Avrebbero dovuto buttarli a quindici metri di distanza dalle mura, ma invece si allontanarono troppo, raggiungendo i trentacinque. Dall'accampamento si sentirono spari, suoni di colluttazione e delle urla di dolore strazianti. Dei nove usciti ne tornò solo uno, per giunta strisciando perché non aveva più le gambe e un occhio. Morì ancor prima di essere intravisto dalle vedette per causa del buio e fu scorto soltanto la mattina successiva. Nel suo cadavere erano stati trovati alcuni proiettili e le sue carni erano state lacerate in più punti, probabilmente da spade. I soldati della Repubblica erano famosi per usare spesso più armi bianche che fucili, soprattutto i celeri reparti Fantasma che si occupavano di fare agguati e osservazione.

«Come fai a essere tanto calma?»

«Non lo sono.» Nel frattempo aveva già terminato i preparativi e aspettava ai lembi della tenda. Sulle spalle un piccolo zainetto con il minimo indispensabile, un semiautomatico uguale a quello di Norman. Alcune granate sulla cintola, una pistola e una baionetta. «Potrò pure sembrarlo, ma in realtà provo tutt'altro. Sono terrorizzata e mi sento cosi' ogni volta che rischio di non poter più rivedere mio figlio, non vorrei che la sua vita venisse sconvolta dalla morte della madre che lo ha lasciato per andare a fare la guerra.» Il suo volto calmo ora divenne un po' mesto.

Norman aveva intanto finito di prendere tutto. Lanciò un'occhiata alla faccia di Richardson: emanava un senso di sicurezza. Rivolse lo sguardo verso le mani e notò come queste stessero leggermente tremando. «Effettivamente non me l'hai mai spiegato: come mai ti sei unita all'esercito?»

«Vedi, differentemente da te, non ho potuto scegliere di mia volontà. Sono stata spinta a farlo – e 'spinta' è un eufemismo- dal Duca della mia regione. Aveva scoperto la mia mira quando ho abbattuto un lupo che si aggirava nei pressi di casa mia. Ero in dolce attesa e mio marito non era presente. Ho agito prima che osasse avvicinarsi troppo. La voce si è sparsa subito, fino a che non è arrivata a lui. Doveva proprio essere contento di potersi vantare di aver fatto entrare fra le forze armate una donna micidiale.»

«Ma scusami, non dovresti essere nel gruppo d'armate legate a quella regione? Perchè sei nell'esercito regolare?»

«Non lo so, Norman, non lo so e non mi interessa. Cambia qualcosa, alla fine dei conti? La morte c'è sempre e comunque». A Norman capitava di rado di vederla cosi' tanto... Non sapeva nemmeno come descriverla. Forse la parola giusta era "umana". Ecco, si: raramente Richardson era umana. Nascondeva insicurezze e paure nel luogo più recondito del suo cuore per rassicurare le proprie truppe: d'altronde un Comandante spaventato non è utile a nessuno. Aveva la sensazione che desse soltanto a lui il privilegio di vederla fragile, anche se non ne avrebbe saputo spiegarne il motivo.

«Ricchi e potenti, che siano persone dal sangue blu o gerarchi militari, credono sempre di avere il diritto di fare agli altri ciò che vogliono» Non sapeva veramente come altri rispondere.

Lara sorrise comunque. Dopo un po' si ricompose e tornò la normale, intrepida e coraggiosa sottufficiale.«Su, dai, andiamo. Non possiamo intrattenerci a parlare, mancano ancora due minuti.»

Si incamminarono lungo un sentiero fra le tende dove alcuni soldati, quelli che avevano operato durante la notte, ora riposavano. Si sentiva il russare di qualche d'uno ogni tanto. Percorrere quel tragitto li stava avvicinando piano piano alle mura costruite in tronchi di legno e alle torri di vedetta orientali. Col diminuire della distanza diminuivano persino le tende cosi' come i militari a riposo, mentre aumentavano le guardie, i pattugliatori e i covi di mitragliatrici ricavati nel terreno o in piccole garitte. Si arrivò a dieci metri dalla cinta muraria, dove non c'era nessuna costruzione a parte quelle combattive. Là, nei paraggi, era presente il resto del gruppo d'esplorazione, attrezzato come da indicazioni.

«Connor, fammi vedere il lanciagranate», ordinò Norman immediatamente. Protese una mano e un grosso uomo di quasi quarant'anni si fece avanti. Aveva una carnagione leggermente più scura, come se si fosse abbronzato per molto tempo: la sua pelle ricordava il colore del fusto di un pino nero. I capelli corti erano neri come gli occhi. Il suo viso era caratteristico di un'etnia del tutto differente da quella dei suoi compagni, possedeva tratti che tutti quanti gli altri suoi compagni non avevano: occhi piccoli e allungati ai lati, naso a patata e labbra molto pronunciate.

Egli gli diede il lanciagranate posto sulle spalle, un bel fucile col calcio in legno e il corpo in metallo, una canna larga adatta al suo lavoro. Il 40 mm HM Zennavier era un'arma efficiente, il terrore per il nemico. Si poteva caricare un solo esplosivo alla volta, ma tanto bastava per sistemare interi gruppi di combattenti.

Norman lo analizzò bene, controllando le sue condizioni, eccellenti, per poi ridarlo all'uomo. «E' affidato a te, mi raccomando: usalo bene. Fammi osservare le munizioni». Si approcciò alle giberne dell'uomo, aprendole. Intravedeva ogive ad alto potenziale esplosivo, contrassegnate da una linea gialla che circoscriveva il loro diametro, e, in minor numero, ogive al fosforo bianco, la cui linea era di colore bianco. Norma richiuse le giberne e con un cenno di testa diede la sua approvazione.

«Davvero vogliamo dare un'arma del genere a un semplice riservista? Che perlopiù è un selvaggio?», chiese Nicholas con disappunto al Sergente. L'uomo messo in questione lo guardò con calma e freddezza, senza far trasparire alcun fastidio.

«Sono stati scelti i migliori per questa missione ed è stata affidata la roba importante a chi sappiamo che la sa maneggiare meglio. Fidati, Nick».

«L'arma rimane a lui, ha dimostrato di saperla usare cento volte meglio di te, anche se è qui da solo qualche mese», concluse Norman con una certa stizza nella voce. Non fosse stata per la situazione che dovevano andare ad affrontare avrebbe dato una lezione seduta stante a quello scorbutico insoburdinato.

«Già. Poi rivedi i termini con cui ti riferisci ai tuoi compagni. Non importano le sue origini, non è un selvaggio, ma uno dei nostri», rincarò la dose Lara, zittendo completamente Nicholas.

Connor dal canto suo osservò semplicemente il compagno senza commentare. Indifferente, una volta che Norman ebbe finito di analizzare il suo equipaggiamento ringraziò.

Lara afferrò il fucile per una stringa, fino a spostarlo dalla schiena alle sue mani. Tenne la canna puntava verso l'alto e con una mano gesticolava per rafforzare i suoi ordini. «Ok ragazzi, partiamo subito. Mettetevi in formazione, il marconista protetto alle spalle del gruppo. Una volta fuori seguite le procedure standard per la lotta in ambienti urbani. Ehi voi, si, guardie, parlo con voi! Aprite le porte» La squadra si dispose perciò in tal modo: assunse una formazione a punta, con il Sergente al centro, due membri si mettevano alle sue spalle obliquamente per ogni lato e Nicholas stava dietro tutti quanti. Mentre tre guardie armeggiavano con il grezzo meccanismo di apertura dei portoni e alcuni covoni di mitragliatrici puntavano dritto davanti a sé, chiunque nella squadra Richardson non avesse precedentemente preso l'arma in mano ora l'aveva fatto.

La tensione, pian piano che il meccanismo incominciava a lavorare, dapprima lentamente e poi velocemente, aumentava. Una fortissima sensazione di disagio prese il gruppo di ricognizione non appena i portoni furono aperti e difronte a loro si aprì una vista sconfinata, ma allo stesso tempo spaventosa. Vedevano le case antiche e simmetriche spargersi ovunque secondo schemi regolari e precisi. Più in avanti, oltre di loro, si intravedevano le punte delle torri dell'edificio più importante della città, raggiungibile solo con la conquista di Piazza Lotramento: il castello storico. Tutto ciò che avrebbero fatto quella giornata e che avrebbero dovuto fare nelle giornate successive era per arrivare proprio là.

Norman e i suoi commilitoni uscirono correndo e controllando i paraggi in cerca di qualche pericolo. Non trovarono niente, c'era soltanto silenzio là fuori, e alle loro spalle il rumore dell'ingresso al luogo più sicuro in quella città che si chiudeva. Erano appena entrati in un territorio mortale, in un posto estraneo a loro e che non apparteneva a nessuno. Norman ebbe un nodo alla gola mentre avanzavano.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top