Avevo sette anni - Capitolo 4

"Dunque non a me!" le dico con un sorriso beffardo che le pianto in faccia, assieme alle parole, delicate ma di certo chirurgiche, affilate come un bisturi nuovo.

"Non scherzare..." è l'unica cosa che sai dirmi, l'unica difesa che sai abbozzare.

"Non sto scherzando, stellina mia, neppure un po'... Sei stupida, stupida e di cattivo gusto. Tradirmi oggi, il giorno di San Valentino?!"

Tenta di reagire, abbozzare qualcosa, e si rende subito conto che non ha argomenti.

E poi la butta sul patetico, mi chiede se ho idea di quello che le sto dicendo, se mi pare il caso di trattarla così, oggi.

Questa è davvero la goccia che fa traboccare il vaso.

Cara mia, questo davvero è troppo!

E' uno scatto, uno solo, felino. E ti sono addosso, ti cingo il collo con le mani, sebbene basti una a tenerti in pugno per quello stelo esile.

Con l'altra ti assesto uno schiaffo. Te lo meriti.

Claudia è a terra, in ginocchio. Come se il colpo che le ho assestato fosse stato tremendamente violento. Che esseri patetici, le donne! I capelli, adesso, scompigliati sembrano forse quelli che aveva in testa dopo essersi rotolata contro il muro dell'ingresso con il suo nuovo amante.

"Non tenere lo sguardo basso. Non mi fai pena. Forza, guardami, avanti! Guardami!". Claudia sta piangendo, le cola giù il mascara, il trucco le riga la faccia di nero.

No, non può neppure sperare di commuovermi: questa volta l'ha fatta grossa.

"Dimmi la verità, Marco. Dimmi la verità: da quanto non prendi le tue medicine?" e la sua voce, impaurita, prova a strisciarmi languida sul collo, infilarsi discreta nel mio orecchio.

Forse è questa l'unica domanda che merita una risposta.

"Le medicine? Quali? Quelle pasticche che dovrei prendere mattina e sera a stomaco pieno? Quelle che mi rincoglioniscono e ti permettono di farti questo mondo e quell'altro sotto i miei occhi? Quelle? Beh... - mi dico che ha diritto ad una risposta, ora – beh quelle sono più o meno una decina di giorni che non le prendo."

Claudia chiude gli occhi, sospirando disperata.

Inizia a tremare.

"Marco, siediti. Cerca di stare calmo, ti prego. Chiamo il dottore..." e questa volta la sua voce prova un assalto sotto la cintura, diretto. La odio, la odio quando fa così. Non è contenta, non le basta essere stata scoperta, non lo ha ancora capito che non ha speranza, che non può prendermi ancora in giro. Non lo ha capito che stasera, prima che se ne possa accorgere, le presenterò il conto.

Il dottore? Chi? Quel mezzo spacciatore pronto a rimpinzarmi di allucinogeni e depressivi? Quello che mi ha mandato a lavorare in quel centralino, in quel Cottolengo, in compagnia di handicappati e spastici.

"Sta zitta Claudia. Muta!" le stringo i capelli affondando le dita quasi fino alla radice e la strattono verso l'alto. Questa mossa non le lascia scampo: mi lascia lo scalpo in mano o mi asseconda.

La seconda!

Trascino Claudia sul letto, mentre la cena si fredda, mentre il fuoco continua a scoppiettare nel caminetto. E mentre questa dannata puttana ha smesso di piangere e cerca di gestire la situazione con calma, scossa dai tremori.

Cerca, appunto.

"Hai una crisi, Marco: stai delirando! Lo sai che può succedere, sta tranquillo.

Ascoltami, Marco, ti prego, lascia che chiami il dottor..."

Basta, cazzo, non la sopporto!

Quella voce melliflua, accondiscendente, mi sta letteralmente cingendo sotto, mi accarezza vogliosa, prova a farmi cedere.

Finge di assecondarmi questa maledettissima lurida; le caccio in bocca il fazzoletto di cotone che porto sempre in tasca - lo stesso da quando avevo sette anni - per tutta risposta.

Così adesso starà zitta.

Vuoi godere? Hai voglia di godere e dopo starai buona?

Me lo auguro, perché adesso, Claudia, in testa ho solo una cosa: averti come ti hanno loro; fosse l'ultima volta che ti ho.

La spingo sul letto. Ci cade sopra poggiando le mani sulla superficie cedevole del vecchio materasso a molle; ha appena toccato il copriletto che le sono addosso.

Le faccio passare un bel San Valentino oggi.

Così impara a tradirmi.

Le tiro su la gonna, la aggroviglio ai fianchi, scoprendole il sedere, le cosce, mettendo a nudo quello che mi interessa.

Deve aver imparato bene a tradirmi, questa maledettissima serpe, visto che ha già l'intimo al suo posto; come se non fosse stato mai neppure toccato stasera.

Lo avrà cambiato prima del mio arrivo? Ha poca importanza adesso che con le mani deve reggersi contro il muro, resistere ai miei affondi.

Accogliermi esattamente come accoglie tanti altri.

Senza pianti o proteste.

Felice, desiderosa. Di me. E d'ora in poi di me solo!

Sta ansimando.

Che si sia convinta?



** Nota dell'autore.

Se la lettura è stata una esperienza vera e viva, se hai sentito inquietudine...

Se leggendo sei stato o stata male, perchè questa storia d'amore è riuscita a comunicarti orrore, allora, magari, potresti aver voglia di consigliarla. Mettendola nelle tue liste di lettura per restare aggiornato oppure facendo un po' di passaparola. Potresti aver voglia di farmi sapere che ti è piaciuta regalandomi una stellina. Oppure anche solo un commento.

Grazie mille del tempo che mi hai regalato. E scusa, davvero, se questo amore si è rivelato un orrore diverso da quello che ti aspettavi.

Grazie anche e soprattutto allo staff di @HorrorIT per l'inconsapevole stimolo a recuperare queste due vecchie storie.

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