Parte della storia senza titolo
"When the rain is blowing in your face
and the whole world is on your case. I could offer you a warm embrace
to make you feel my love"
Adele "Make you feel my love"
"Lo porterò per sempre nel mio cuore, niente potrà mai farmi dimenticare di lui, Michael è ormai una parte di me".
Erano queste le parole che non abbandonavano la testa di Luke. Erano passati cinquant'anni e ricordava ogni singola scena di quella che poteva definirsi "la catastrofe del secolo". Era tutto impresso davanti agli occhi e ancora sentiva la presa di Michael stringergli il polso, la sua voce rimbombare nelle orecchie.
Era l'estate del 1912, ormai si parlava di quella cosa da mesi, forse anni.
Dal piccolo porto di Southampton sarebbe partita la nave più famosa della storia, il Titanic.
I giornali la definivano "la nave dei sogni" ed ogni famiglia ricca del paese non aveva osato sul comprare immediatamente un biglietto, andare a New York era il sogno di tutto, in quel periodo.
Il nuovo continente offriva lavoro, stabilità economica e in quel periodo chiunque voleva ribaltare la propria posizione, soprattutto se era negativa.
Luke non vedeva l'ora di partire. Figlio di Mark Parker e Julie Roundpoint. Il primo era un famoso orologiaio, amato e stimato da tutta la Gran Bretagna, la seconda era la figlia di un' aristocratico francese. Il loro, all' inizio, fu un matrimonio combinato ma alla fine e, dopo la nascita del loro unico figlio, avevano imparato ad amarsi.
A Luke era destinato il grosso patrimonio delle due famiglie e l'impresa orologiaia del padre, inoltre, appena sbarcato dall'altra parte del mondo, avrebbe dovuto sposare Margaret, figlia del migliore amico del padre, non che una ragazza davvero intelligente, educata ed istruita.
Sembrava tutto perfetto se non ci fosse stato un piccolo dettaglio...a Luke le ragazze non piacevano per niente.
L'omosessualità in quel periodo non veniva accettata, quelle poche persone che avevano avuto le palle di dichiararsi erano state ripudiate, cacciate di casa o uccise dalle proprie famiglie, quindi preferiva fare buon viso a cattivo gioco.
Quando il giorno del suo compleanno trovò sulla scrivania quei tre biglietti che tanto temeva, ebbe un nodo alla gola. Il matrimonio stava per arrivare. Ma nonostante ciò non vedeva l'ora di visitare "La grande mela".
Dalla loro lussuosa villa a Portsmouth, ci avrebbero impiegato pochissimi minuti ad arrivare al punto di partenza.
Caricate le valigie, si misero in viaggio.
Michael era cresciuto per strada.
Non aveva mai avuto una vera famiglia o una casa, rubava qualche avanzo dai cassonetti e dormiva sotto i porticati dei grossi palazzi che decoravano le strade del suo piccolo paesino.
Ormai anche lui aveva sentito parlare di questo grosso evento e desiderava con tutto il cuore poter parteciparvi.
Forse l'America gli avrebbe donato una vita migliore. Era pronto a mettersi in gioco, era pronto a lasciare tutto e partire, anche se, in fin dei conti, non possedeva niente.
Camminava lentamente ammirando le persone che si affrettavano a partire, trasportavano grosse valigie e borsoni, indossavano lussuosi abiti e splendidi cappelli.
Li guardava con un pizzico d'invidia, domandandosi che se i suoi non l'avessero mai mollato davanti al portone della chiesa di Don Fabrizio, forse la sua vita sarebbe stata molto meglio.
Aveva provato in tutti i modi di rintracciare i suoi genitori, ma tutti i suoi sforzi non servivano a nulla e puntualmente si ritrovava al punto di partenza finché non gettò totalmente le speranze.
Decise così di dirigersi verso il tanto stimato porto, si sarebbe intrufolato nelle stivi della terza classe, nessuno l'avrebbe notato.
Luke era sorpreso e impaurito al tempo stesso, sarebbe salito su quel gigante di metallo.
Era una struttura molto imponente, in pratica risultava indistruttibile.
Un brivido gli percorse la schiena e le labbra gli si seccarono, si sarebbe goduto quella "vacanza" e perché no, riuscir ad annullare le nozze?
Si guardò attorno incuriosito, non aveva mai visto tante persone in un posto solo, nemmeno alle feste che il padre organizzava ogni mese.
Bambini stretti dai loro genitori, chi si abbracciava e chi piangeva al solo pensiero di non poter vedere più un loro parente.
Si voltò verso i suoi, freddi come il ghiaccio, nemmeno un piccolo accenno di gioia, tristezza, rabbia o qualunque emozione e si ricordò di come si sentiva a disagio con loro.
Dopo innumerevoli fatiche, i "corri silenziosamente altrimenti ti fanno il culo" Michael riuscì ad infiltrarsi nelle stivi della nave. Era un susseguirsi di stanze, buie e umide, che contenevano bagagli, carrozze e pochissime automobili, erano vetture molto rare e riservate ad un certo rango sociale. Complessivamente in Inghilterra solo due o tre famiglie le possedevano.
Dopodiché si ritrovò in un lungo e sottile corridoio.
Come ambiente risultava poco illuminato e anche poco pulito, le pareti erano tinte di un lieve azzurro ed erano costellate da una miriade di porte da dove provenivano schiamazzi e risate.
Le stanze della prima classe erano meravigliose.
Le pareti erano dipinte di un rosso Tiziano ed erano decorate da splendidi quadri di Monet e Picasso che erano rinchiusi in cornici d'oro piene di ghirigori.
C'erano pochi mobili: un letto in ferro battuto, una specie di scrivania di legno di quercia, o almeno così sembrava, uno specchio e un armadio in tinta con la scrivania.
C'erano anche due porte, una portava in una seconda camera, l'altra, ovviamente, era il bagno.
Luke non poteva ancora crederci di essere lì. Guardava i suoi sistemare gli affetti personali che si erano portati dietro, poi guardò le pareti che sembravano soffocarlo. Si sentiva un uccellino rinchiuso in una gabbia di cui avevano gettato la chiave. Doveva andarsene da lì altrimenti avrebbe dato di matto. Decise così di andarsi a fare un giro.
Le stanze della terza classe erano un buco in una parete, nel vero senso della parola.
Solo nella sua c'erano quattro letti, un misero armadio quasi cascante e il bagno grande quanto una mano.
Avevano speso miliardi per costruire quell'affare dotato di ogni confort e avevano lasciato nella merda proprio loro, ma dalla società dell'epoca, cosa poteva aspettarsi?
Michael si sentiva a disagio. Una forte puzza di muffa gli invase le narici, notò che sugli altri letti erano state poggiate delle sacche e su uno era stata versata una bottiglia intera di vino, emanava un' odore talmente forte che unitosi a quello che già dominava nella stanza, gli fece venire un forte mal di testa.
Fortunatamente gli capitò la branda vicino alla porta, non si sentì mai così sollevato in vita sua.
Si sdraiò su di essa e fissando il soffitto pensò a cosa gli riservava il futuro.
Sarebbe stato un punto di svolta? O si sarebbe gettato la zeppa sui piedi? Aveva tanta paura.
Avrebbe trovato un lavoro? Una casa? Una famiglia? Una moglie? Bhe, su quest'ultimo punto avrebbe dovuto pensarci bene, a lui le ragazze non interessavano molto e di certo non avrebbe condiviso la proprio vita con qualcuno che, a suo malgrado, non avrebbe mai amato.
Scacciò immediatamente quei pensieri dalla testa e decise di andare a farsi un giro.
Il cielo era limpido e nessuna nuvola minacciava quella quiete.
Luke era affacciato alle ringhiere del pontile della nave mentre ammirava, quasi estasiato, le onde che si frantumavano contro il gelido metallo.
La sua visuale comprendeva chilometri e chilometri di acqua e l'orizzonte sembrava quasi confondersi con la volta celeste. In quel momento sentiva solo la leggera brezza estiva che gli accarezzava dolcemente la pelle e gli scompigliava i capelli.
Era sommerso da mille pensieri, mille immagini si riversavano come una cascata nella sua mente e fu scosso da un leggero mal di testa.
Quando si voltò per rientrare, lo notò.
Una figura alta, snella e dai capelli castani scompigliati. Era seduta su una i quelle specie di panchine e stringeva tra le labbra una sigaretta, il fumo che ne fuoriusciva gli incorniciava il viso e metteva in risalto gli occhi color ghiaccio.
Ebbe un tonfo al petto e sentì uno strano bruciore che gli partiva dallo stomaco, cosa gli stava succedendo?
"Hai finito di guardarmi?"
"Come scusa?" ed in quel momento si rese conto che non aveva avuto gli occhi incollati a quel ragazzo.
"No, cioè io, non volevo..." iniziò a balbettare mentre si passava una mano tra i capelli.
"Vieni qua" l'esordì la misteriosa figura e Luke, come un bravo bimbo, non se lo fece ripetere su due volte.
Da vicino era ancora più bello.
Labbra rosee, guance paffute e occhi che potevano si confondevano con il colore del mare. La perfezione fatta a persona.
"Piacere Michael"
"Ehm...Luke Jonathan Parker" farfugliò il biondo.
"Ti chiamo Luke per convenienza" disse l'altro per poi abbandonarsi a una leggera risata. "Vuoi fare un tiro" disse sbuffando una nube di fumo che fece tossire il biondo.
"Non fumo, grazie" "Dai su, solo uno " ed immediatamente Luke si ritrovò quell'affare tra le labbra e le dita lunghe e sottili di Michael stringerlo. In quel momento avrebbe preferito altro sulla sua bocca.
"Allora, inspira ed espira, se ti brucia la gola è tutto normale".
Luke obbedì prontamente, ma non appena sentì un fuoco lacerargli i tessuti della gola tossì fortissimo e ciò non fece altro che far ridere, ancora più rumorosamente, Michael.
"Sei una schiappa" esordì quest'ultimo. "Che ci fai qui?" sputò tutt'un tratto.
"Come scusa?" domandò Luke. Era troppo ipnotizzato dallo sguardo di Michael. Gli ricordava tutte le cose belle di questo mondo e non voleva più smettere di guardarlo.
Michael che intanto aveva finito la sigaretta e aveva gettato la cicca per terra, non curandosi che a pochi centimetri da lui c'era un cestino per i rifiuti.
"Sono diretto a New York" disse Luke all'improvviso.
"Anche perché l'unico scalo che faremo è proprio lì" sorrise il moro guardandolo.
"Ah...davvero? Ma si lo sapevo!" esclamò il biondo mentre gli dava un piccolo schiaffo sul braccio, che all'apparenza sembrava abbastanza muscoloso.
"Certo, certo" ammiccò l'altro "Ci crediamo"
Luke fece per alzarsi ma sentì una presa stringergli il braccio. Quelle dita erano carboni ardenti sulla sua pelle, un dolore che gli provocava un brivido di piacere.
"Dopo ci rivediamo vero?" sentì dirsi
"Dopo verrai a cena con me" enunciò Luke.
" Mh e tu saresti? " ribadì la signora che sedeva accanto a Luke, sua madre data l'increibile somiglianza.
Indossava un abito di raso rosso e i capelli biondi, come quelli del figlio, erano intrecciati e tempestati di piccole pietre preziose.
Gli occhi però erano molto più scuri rispetto al ragazzo, ricordavano il mare di notte.
"Michael, signora, Michael Evans" rispose il moro, dopo la millesima volta che la domanda gli era stata posta, cercando di mantenere la calma.
Gli altri ospiti del tavolo iniziarono a parlare di affari, mega ville, feste e di altri tizi che, molto probabilmente, non erano in viaggio con loro.
Michael e Luke non smettevano di guardarsi, entrambi catturati dai loro sguardi.
Successe che, di scatto, Luke si alzò e trascinò Michael fuori.
Il ragazzo stringeva le dita intorno al suo polso, le nocche bianche, nessuna parola proveniva dalla sua bocca. Regnava il silenzio che veniva interrotto dal rumore dei loro passi.
"Ero stanco di sentirli, ogni sera parlano sempre dello stesso argomento, non si stancano mai" buttò all'improvviso Luke.
I suoi occhi erano velati di tristezza, stava per scoppiare e una grossa espressione d'infelicità aveva preso il sopravvento sul suo volto sempre sorridente.
Michael continuava a fissare il mare.
La notte lo aveva colorato di blu e le stelle si riflettevano vanitosamente in esso. Sembrava una scena di qualche romanzo d'amore, quelli che avrebbe sempre voluto imparare a leggere, ma non aveva mai trovato nessuno disposto ad insegnarglielo.
"Sai Luke, molte volte mi è capitato di desiderare di essere al tuo posto, insomma, bella vita, soldi, casa e cibo. Cosa volere di meglio? Ma poi stasera mi hai fatto cambiare idea, vedi tu hai tutto, ma solo una cosa ti manca, la felicità. E puoi avere tutti i beni materiali di sto mondo, ma se non sei felice, allora non servono a niente"
Il biondo si avvicinò paurosamente al ragazzo e lo abbracciò, gli stampò un leggero bacio sulle labbra.
Sapevano di fumo ed erano così morbide che le avrebbe baciate per ore.
"Con te sto bene" si lasciò sfuggire Luke.
Michael lo guardò incuriosito, poi sul suo volto comparì un sorriso, così luminoso che le stelle, in confronto, non erano niente. Il suo sorriso, porca la madonna, faceva sfigurare il paradiso, pensò Luke.
"D-dici sul serio?"
"Si e credimi non ho mai provato nulla di così forte e ti giuro che appena arriveremo a New York, mollerò tutti e starò per sempre con te. Affitteremo un bel appartamento in centro, passeremo i pomeriggi a Central Park, andremo a pattinare e adotteremo un bel cane, un barboncino bianco esattamente."
Michael si morse le labbra inferiori e rinchiuse tra le sue braccia quel ragazzo, provava qualcosa di forte per lui, un sentimento che andava oltre all'amore.
Lo sollevò in aria e gli rubò un ennesimo bacio, per lui questo fu il meglio di tutti, perché per una volta, entrambi avevano voglia di darselo.
"Dormi con me stasera?" domandò Luke. Era agitato, aveva paura della risposta di Michael, poteva farsi una strana idea su di lui.
"Solo se non mi fai dormire per terra" fu questa la risposta del ragazzo ed entrambi scoppiarono a ridere.
Michael aveva avuto in prestito, da uno zoticone che condivideva la cabina con lui, un grosso pigiamone verde scuro che gli ricordava quei camici che davano in ospedale. Era di tre taglie più grandi, di solito dormiva in mutande, ma non poteva mostrare il suo bel culetto già la prima sera.
Luke invece aveva un'area perfetta anche con i capelli arruffati e l'aria assonata.
Già si era rifugiato sotto le coperte, diceva che sentiva freddo, anche se non c'era tanto vento, ma lui sosteneva il contrario.
Michael salì a carponi sul letto e si accovacciò su di lui, il lungo ciuffo solleticava la fronte di Luke che intanto lo fissava con aria sognante e si mordeva il labbro inferiore.
"Com'è possibile che non ti abbiano chiesto nulla?"
Il sussurro di Michael vibrò nell'orecchio dell'altro, la sua mano s'infilò piano tra le sue natiche.
"E' possibile" sospirò Luke, chiudendo gli occhi. "Perché loro sono fatti così, mi comandano a bacchetta"
Michael sbuffò, le sue dita umide si fecero strada nella sua carne.
"Vuoi farmi credere..."
Un dito, lentissimo, dentro di qualche centimetro appena.
"...che tu e Margaret"
Due dita, delicate, un movimento circolare.
"...dovete sposarsi appena sbarchi a New York?"
Un affondo forte, improvviso, quasi rabbioso.
"Ovviamente no" soffiò Luke, la voce bloccata in gola. "Ma io non voglio che te, l' avrò detto un miliardo di volte."
Michael rise, il suo sterno vibrò contro le sue spalle.
"Perché noi due staremo insieme per tutta la vita."
Michael ebbe un tuffo al cuore. Adesso, aveva avuto la conferma di essere qualcosa in più per il biondo.
"I tuoi genitori rimarrebbero traumatizzati se ci vedessero " continuò lui, divertito, immergendo le dita dentro di Luke quasi con dolcezza.
"Tu credi?"
Michael sfilò la mano, la sostituì con la punta calda della sua erezione.
"Io credo" grugnì, lo afferrò dai fianchi.
Gli penetrò piano, scivolò con delicatezza, le dita affondate sui contorni pieni del bacino, le labbra poggiate alla base del collo.
"N-non.." Luke trattenne un gemito, mentre lui risaliva, lentissimo, per poi affondare con altrettanta calma. "Non ne sono s-sicuro" gemette sul serio, quando il suo bacino si impresse con decisone su i suoi glutei e il suo sesso arrivò dritto in fondo.
"Non dire cazzate" il suo tono di voce si fece irritato.
Gli circondò il collo con il braccio, mentre con l'altra mano teneva sollevata una natica per favorire le sue spinte sempre più veloci.
"Giusto" ansimò Luke contro il suo avambraccio.
E da allora ci fu solo il corpo di Michael incastrato dentro quello di Luke.
Il letto prese a cigolare al ritmo dei suoi fianchi, mentre lo trapassava veloce, la dolcezza iniziale fu sostituita da un' energia quasi disumana, la voce leggera di Luke fu tramutata in gemiti lunghi.
"Smettila" sputò Luke.
Le sue unghie si spinsero lungo le clavicole. "Di fare?"
"Di gridare.... mmm" serrò le labbra quando le sue dita si chiusero attorno al suo capezzolo. "Potrebbero sentirti"
Ridacchiò.
Il ritmo rallentò di nuovo, il corpo di Michael sembrò quasi accarezzare quello di Luke, tanto erano morbide le sue spinte.
Il biondo cercò trattenere il fiato, sforzarsi di rimanere in silenzio.
Michael rabbrividì, perché anche in quel modo la sua voce riusciva ad eccitarlo.
Lui sospirò piano, imprigionando l'orgasmo in un brontolio tenue.
I muscoli dei suoi addominali tornarono a rilassarsi, si abbracciarono incrociando le mani sulla pancia del biondo e si appoggiò sulla mia spalla con un gemito soddisfatto.
Rimasero così a lungo, immobili, i respiri che mano a mano tornavano normali, mentre la luce della giornata appena iniziata dipingeva la stanza di un tetro colore grigiastro.
Fu per un bussare alla porta che finalmente Michael si decise ad uscire dal corpo di Luke, rabbrividendo, per poi infagottarsi di nuovo tra le coperte.
"Perché non vai ad aprire?"
Luke si voltò.
Era bellissimo stretto nel leggero lenzuolo che lo copriva fin sopra il naso, gli occhi come due pezzi ghiaccio.
"Non ne ho voglia"
Sbuffò divertito. "E se fosse tua madre?"
"Scherzi vero?" Luke si rimise addosso la giacca, ignorando il suo palese commento sarcastico "Prima o poi dovrai aprire."
"Cosa faceva quel vagabondo in camera tua?" urlò infuriata la madre di Luke.
Aveva le guance arrossate e gli occhi che le stavano per uscire dalle orbite.
"Era...ehm...venuto a salutarmi" cercò di sembrare il più convinto possibile, doveva convincersi prima della sua palla colossale prima di provare a convincere la madre.
Era una tipa abbastanza sveglia, non si faceva ingannare facilmente.
"Senza maglia? Mentre era appollaiato sotto le lenzuola del tuo, e sottolineo tuo, letto? Luke per chi mi hai preso?" rispose la donna mentre batteva violentemente una mano sulla scrivania, facendo tremare quelle poche cose che la soprastavano.
" Ho capito tutto, Luke" ringhiò al figlio. "Ma tu sposerai Margaret, che lo voglia o meno" esclamò mentre si lasciava la porta alle spalle.
Luke rimase fermo per qualche secondo a fissare il nulla poi si sedette a piedi del letto e prendendosi la testa tra le mani, iniziò a piangere.
"Quindi la tua adorata mammina ci ha beccati?" domandò Michael mentre sorseggiava un fumante cappuccino.
Appena allontanò il bicchiere dalle labbra si formò uno strato di schiuma su di esse, sembravano folti baffi.
Luke ridacchiò poi prese un tovagliolo e glielo passò leggermente, quasi gli pizzicava la pelle.
"A quanto pare, ma ehy, n'è valsa la pena" si morse il labbro.
"Sei sempre il solito" bofonchiò Michael, poi gli sporse in avanti e lo baciò con passione.
Ormai si era fatta sera, i due avevano appena smesso di cenare.
Si erano seduti entrambi su una panca che si trovava sul ponte generale.
Faceva un po' freschetto e Michael da buon gentiluomo si tolse la giacca e la posò sulle spalle di Luke. Quest'ultimo sembro quasi sparire in quel poco di tessuto e appoggiò la testa sulla spalla del ragazzo ed entrambi fissavano le acque mentre alle loro spalle sentivano un gran trambusto.
Si alzarono di scatto e corsero a controllare.
Videro grossi pezzi di ghiaccio sparsi sul pavimento, rimasero impietriti poi si voltarono, in lontananza c'era un iceberg che man mano diventava minuscolo.
"Mica ci siamo scontrati?" domandò Luke ad un marinaio che osservava, come loro, la scena.
"E' stato un piccolo impatto, niente di grave, ora ritornate nelle vostre camere" rispose quest'ultimo con l'aria un po' seccata.
"Mik, io non dormo da solo, sto con te" Luke si voltò verso Michael e lo guardò con occhi da cucciolo, sembrava un bambino impaurito, proprio come quando lui da piccolo si nascondeva dietro a qualche cassonetto per difendersi dai lampi e dai fulmini.
Non poteva dirgli di no, non ci riusciva nemmeno.
"Okay, però il principino deve accontentarsi di condividere la stanza con altre quattro persone" gli appoggiò il braccio attorno al collo e lo trascinò a sé. "Come vuoi, basta che non siano assassini" ridacchiò Luke.
"Babe, stasera stiamo solo noi qui" disse Michael prima di lasciarsi cadere sul suo misero letto.
Il ferro della struttura era arrugginita. Chiazze color rame decoravano quei ""tubi"" grigi.
Luke si sdraiò vicino all'altro in silenzio, mentre scrutava con attenzione quel piccolo posto. Non poteva ancora crederci che mentre lui aveva ogni tipo di confort, dalla luce ad una doccia tutta in marmo italiano, Michael e molti altri, dovevano subire il soffitto sgocciolante e topi che scorrazzavano allegri per la camera.
Entrambi si addormentarono, sembravano ghiri che erano appena entrati in letargo. Erano ricoperti da un leggero lenzuolo bianco che rendeva la pelle di Luke ancora più chiara di quello che era, mentre creava un meraviglioso contrasto con i capelli scuri di Michael.
All'improvviso delle voci li svegliarono. Sembravo urla, lamenti, ma il tutto veniva ovattato dalle pareti e riusciva impossibile capire le parole che venivano pronunciate.
"Michael, il soffitto sta peggiorando, la stanza è allagata, dobbiamo uscire".
I due ragazzi si alzarono di scatto, ma quando appoggiarono i piedi sul freddo pavimento, i loro piedi furono avvolti da uno strato d'acqua che arrivava fino alle caviglie, e man mano stava crescendo.
Camminavano senza sosta per i corridoi, di solito li passava la nottata Arthur, la guardia, ma stranamente non c'era.
"Mik, è una mia impressione o sgocciola anche qui?" domandò Luke.
Michael alzò la testa ma non notò tracce di acqua sul soffitto, rispose all'amico che forse si stava facendo prendere dal panico e che doveva calmarsi, sembrava abbastanza agitato.
Luke seguì alla lettera il consiglio dell'amico e continuarono insieme la loro ricerca, ma non riuscirono a portarla a termine.
Un ricco frivolo d'acqua si stava innalzando. Gli bagnò prima i piedi, poi le caviglie e arrivò fino alle ginocchia.
Un brivido attraversò la schiena di entrambi e il volto di Luke s'impallidì improvvisamente, tremava e il sudore gli grondava dalla fronte facendogli schiacciare i biondi capelli su di essa. Michael sembrava tranquillo, ma in realtà voleva solo urlare, non si era mai ritrovato in una situazione del genere.
Si presero per mano ed insieme corsero verso le scale più vicine, dovevano ritornare sul ponte della nave.
L'impresa fu ardua, l'acqua saliva sempre più e camminare divenne difficile.
Arrivarono entrambi in superfice e notarono un gruppo di persone che cercavano di raggiungere l'estremità del ponte. Decisero di fare come loro. Ma la paura aumentò quando videro alcune barche di legno sistemate in fila sul pontile.
"Prima donne e bambini. Ripeto, prima donne e bambini" urlò una voce maschile.
I due si guardarono "Andrà tutto bene, babe" sussurrò Michael all'orecchio di Luke.
Quando la scialuppa fu piena venne fatta scendere tirando delle corde.. Michael era in preda al panico, ma non dava a vederlo.
"Mi puoi spiegare cosa diamine sta succedendo?!" gridò Luke. Era agitatissimo, ed era una cosa normale, sembrava all'orlo di una crisi di nervi.
"Mik, puoi rispondermi, cazzo. Perché hanno cacciato le scialuppe, perché non ci buttiamo in una di esse e ci mettiamo in salvo?"
"Hanno dato la precedenza alle donne e ai bambini, poi magari gli uomini della prima e seconda classe, se rimarrà posto toccherà a me, ma promettimi..." gli prese le mani e gliele strinse "... che tu salirai su una di quelle cose e ti salverai, ho già vissuto abbastanza mentre tu devi meritarti la tua libertà, non pensare a me, pensa per una volta a te stesso" la voce di Michael tremava, stava per piangere, ma doveva sembrare forte altrimenti Luke sarebbe esploso, era un ragazzo molto sensibile.
"Tu non capisci Mik, io senza te non mi muovo. A costo di affondare con te, se tanto devo morire lo farò sapendo che non ti ho abbandonato, che ti sarò stato accanto fino all'ultimo secondo e poi non vale la pena vivere una vita senza di te" calde lacrime gli rigarono il volto, singhiozzava e non riusciva nemmeno a respirare, era sul punto di svenire.
"Cazzo Luke, stammi a sentire e non fare di testa tua, appena lo dicono tu sali su quella cazzo di cosa, troverò un modo per salvarmi, sono sopravvissuto per vent'anni cavandomela da solo, lo farò anche adesso" disse con tono deciso. Non c'era nemmeno una misera possibilità di salvarsi, ma uno dei due doveva farlo e Luke era quello che se lo meritava di più. Doveva cambiare vita, doveva essere felice.
"No! Mai e poi mai, ti starò accanto, fino alla fine dei miei giorni, anche se dovessi morire ora su questa cazzo di nave" rispose Luke in lacrime.
Non ce la faceva a vederlo così distrutto, Michael lo abbracciò forte e lo baciò.
Si, lo baciò li, davanti a tutti, fregandosene del giudizio delle persone, di quella società di merda che privilegiava solo coloro che erano ricchi, lasciando nella merda gli altri.
Stava per morire, non avrebbe mai più potuto farlo.
Prese Luke per la mano e tra gli acidi commenti degli altri passeggeri, le urla e i pianti, si rifugiarono nella sala da pranzo.
Vuota non sembrava tanto bella. L'orchestra era sparita, i piatti di porcellana cadevano senza sosta sul pavimento diventando una miriade di schegge bianche, ricordavano fiocchi di neve.
I due ragazzi erano seduti in un angolino della sala, tremavano dalla paura e Luke era riuscito a calmarsi, ogni tanto singhiozzava, ma di certo Michael non poteva rimproverarlo.
Guardarono l'orologio, erano solo le 00:30 e il Titanic, il gigante di metallo, stava affondando.
Volevano morire così, ognuno tra le braccia dell'altro.
Michael non era ancora sicuro di questa sua scelta e avrebbe fatto di tutto per salvare il suo amore. Balzò in piedi e lo prese in braccio. Era abbastanza forte e Luke poi non era così pesante.
"Tu ti salvi, che ti piaccia o no" ringhiò deciso. Il biondo cercò di liberarsi, si dimenava a destra e a manca, ma la prese si strinse ancora più forte, tanto che sentiva le dita sottili di Michael scavare nella carne. Decise allora di starsene zitto e vedere come andava a finire.
Il ragazzo lo riportò sul ponte, la folla sembrava dimezzata e un'ennesima scialuppa veniva calata.
Iniziò a notare che l'acqua ormai stava raggiungendo anche la parte superiore della nave, non fu l'unico ad accorgersene e il ritmo delle scialuppe cambiò notevolmente. Mentre una scendeva, un'altra si riempiva e così via. Nessuno avvertiva quelli della terza classe, dovevano morire li come bestie e quando Michael spinse Luke su una di esse, il biondo decise di scappare, lanciandosi a peso morto sul ponte del secondo piano. Urla si innalzarono nel cielo e Michael, sconvolto, corse immediatamente a riprenderlo.
Attraversò la sala da pranzo, scese le scale, ormai quasi zuppe d'acque e vide Luke che , goffamente, cercava di raggiungerle.
Era immerso fino al bacino e ogni tanto perdeva l'equilibrio e scompariva in quella distesa d'azzurro.
Michael si tuffò senza pensarci e lo raggiunse, era un ottimo nuotatore, aveva imparato da piccolo, quando un giorno decise di andare a pescare al lago, gli serviva anche una bella doccia, quindi fece un due per uno.
Lo caricò in spalle e riuscì a risalire le scalinate, giusto in tempo, perché una nuova ondata spazzò via tutto quello che c'era del corridoio, rendendolo inaccessibile.
"Sei impazzito o cosa? Perché lo hai fatto?"
"Senza di te non mi muovo e lo sai"
Erano l' 01:30, la prua della nave era completamente sommersa, con la poppa fuori dall'acqua.
Un ragazzo alto e dalla pelle olivastra urlava a tutti i presenti di indossare un giubbotto di salvataggio, dopodiché lanciava, ad ogni singola persona, un cuscinetto arancione con una cinta.
Michael e Luke lo indossarono immediatamente, mentre aspettavano l'entrata in scena di altre scialuppe.
Si fecero, in un batter d'occhio, le 02:10. La poppa si era sollevata, stagliandosi contro il cielo stellato.
Michael e Luke barcollarono all'indietro e caddero per terra, allora il moro ebbe un'idea, strisciare fino alla ringhiera, appendersi e cercare di attraversala, non sarebbero caduti e risucchiati da quel mare, che se fino a quel pomeriggio sembrava così bello, ora sembrava un mostro crudele che voleva solo divorarli.
Afferrò Luke per la giacca e facendosi coraggio, iniziarono ad arrampicarsi. Un corpo gli passò davanti, era un uomo, e molto probabilmente aveva mollato prima del tempo. Si guardarono negli occhi e continuarono a scalare, fino a quando non toccarono quel affare di metallo. Strinsero le mani su di esso e lo trapassarono, rimanendo sospesi in aria.
Vedevano corpi di uomini cadere nel vuoto e scomparire tra le onde mentre salivano al cielo le grida più atroci mai udite da uomo mortale, se non da chi sopravvivrà a questa terribile tragedia. I gemiti e i lamenti dei feriti, le urla di chi era in preda al terrore e lo spaventoso boccheggiare di chi annegava, nessuno di loro lo avrebbe dimenticato.
Il biondo si voltò verso il moro, notò che il suo sguardo era limpido, forte e concentrato. Non sembrava agitato oppure confuso come un sonnambulo dentro ai confini di un terribile incubo.
"Ci salveremo vero?" disse Luke con quei tremendi occhi azzurri che rendevano sempre felice Michael "Ho davvero paura..." il circuito elettrico dell'intero scafo s'interruppe all'improvviso e si udirono rumori cupi di "strappi e fratture" La poppa sembrò improvvisamente arretrarsi e abbassarsi, evidente segno che lo scafo si era spezzato in due tronconi.
Ai due ragazzi sembrò di volare, cercavano di tenere le mani ben salde ma le gocce d'acqua rendevano scivolose le ringhiere e molto, e forse tra poco anche loro, precipitavano in acqua.
"Al mio tre, molliamo, o lo facciamo ora, o affondiamo" urlò in preda al panico Michael.
Luke gli sembrava un'immagine distinta su uno sfondo buio. Aveva perso la giacca durante "la scalata", era sporco, e aveva la camicia tutta strappata.
Sapendo che il compagno non ci sarebbe mai riuscito, lo afferrò per un braccio ed insieme, saltarono nel vuoto.
Cascarono in quelle gelide acque e furono inghiottiti dai fondali. Cercavano inutilmente di risalire ma la corrente era più forte di loro. Sembrava che stava per finire tutto, si sarebbero camuffati con lo strato di sabbia in fondo e sarebbero rimasti li per l'eternità, ma una forza, che proveniva dal loro cuore li fece risalire. Cercavano di nuotare, ma ad ogni movimento inghiottivano una grossa quantità di acqua salata. La salsedine gli pizzicava la gola e lasciava la bocca secca e amara.
Videro, in lontananza, un grosso pezzo di legno e fecero di tutto per raggiungerlo. Era una porta. Ma quando salirono, ricascarono in mare.
"Vai Luke, facciamo a turni"
"Sei impazzito? O tutti e due o nessuno"
Luke. Testardo come al solito. Lo sguardo ottenebrato di Michael scrutò le tenebre attorno al biondo.
"Non fare il bambino, non è né il luogo né il momento adatto" prese Luke di peso e lo conficcò su quel fottutissimo galleggiante.
Erano passate due ore circa, Luke si era appisolato mentre Michael faceva da guardia, in caso che arrivassero i soccorsi.
Il biondo si svegliò all'improvviso e notò che la sua pelle era diventata quasi azzurra mentre piccoli pezzi di ghiaccio decoravano le sue lunghe e sottili dita. Non riusciva nemmeno a muoverle, dopo qualche sforzo ci riuscì.
Si sporse fino a vedere il volto di Michael appoggiato alla porta, si era addormentato anche lui, non era il caso di rimproverarlo, aveva fatto anche troppo quella sera.
"Ehy Mik, sveglia, vedo una luce, forse sono i soccorsi" ma il moro non si svegliava. La luce continuava ad avvicinarsi, si faceva sempre più forte ed intensa.
Luke andò nel panico, scuoteva Michael con tutta la forza che possedeva mentre urlava il suo nome. Niente. Si allontanò, quasi pietrificato, quando vide il corpo del suo amore scomparire nelle acque e non pensava che un ragazzo così forte, cosi bello, cosi pieno di vita sarebbe morto in quel modo atroce.
La luce si faceva sempre più avanti e d'un tratto, quando stava per urlare "aiuto" notò che usciva dalla sua bocca un lieve sussurro, che era difficile percepire a quella grossa distanza.
Si tuffò in acqua e cercò di seguire quel chiarore, che ora aveva preso anche un colore, era giallo. Giallo come la luce del sole, pensò.
Man mano diventava sempre più debole, non si erano accorti di lui e quando vide una guardia della nave giacere senza vita con un fischietto legato al collo, pensò che rimanevano due cose da fare.
Morire li, con Michael, e stargli vicino fino all'ultimo secondo della sua vita come gli aveva promesso, oppure fischiare e salvarsi, e fare tutte quelle splendide cose che avevano deciso.
Ma cosa avrebbe mai fatto Michael?
Si, sarebbe stato affranto dal dolore, ma si sarebbe salvato, avrebbe continuato la sua vita, anche se non era sicuro se ce l'avrebbe fatta. Ma Michael non era uguale a lui, era vigoroso, energico, sempre a mettersi in gioco fino alla fine. Era lui quello debole.
Ma questa volta non voleva esserlo, doveva dimostrarsi il contrario di quello che era sempre stato.
Si avvicinò a quel freddo corpo, gli occhi erano spalancati, facevano paura, ti fissavano in interno. Strappò quel fischietto color argento e fischiò con tutto il fiato e la forze e la speranza che custodiva sempre.
Pregava di poter essere salvato e le sue preghiere furono ascoltate.
Si svegliò ricoperto da una coperta di lana, rossa e verde, in stile scozzese.
Era sdraiato di fianco su una panchina ed il sole era ormai sorto chissà da quanto tempo. Mille voci, mille colori s'impossessarono dei suoi sensi. Si sedette e osservò bene l'area dove si trovava.
Non era da solo, c'erano gli altri sopravvissuti con lui. Alzò lo sguardo, e non poté crederci.
Un enorme statua faceva da padrona al paesaggio, era di marmo grigio ed era così alta, così imponente che gli ricordò quella nave tanto bella quanto fragile e gli venne in mente Michael, che era destinato ad essere per sempre giovane mentre sul suo volto sarebbero comparite barba, baffi e una miriade di rughe.
Un tizio alto e robusto si avvicinò a Luke, sorrideva, anche se non riusciva a capire il motivo. Erano appena sbarcati più di mille persone, che fino a qualche ora fa combattevano contro la morte e lui? Rideva?.
Stava per prenderlo a pugni, ma poi decise che era meglio non farlo.
"Benvenuto in America, signor...?" domandò l'uomo.
"Luke Michael Parker" rispose il biondo
Alloraaaa, hola a todos, sono Lux ( eheh il mio vero nome rimarrà un segreto, vabbe una mezza idea ve la farete ).
Questa fu la mia prima OS sui Muke ( cicciniii ).
La pubblicai un annetto fa su Efp ed ha avuto un discreto successo.
Ci sono molto affezzionata perchè le dedicai molto tempo, mi sembra quattro giorni.
Parlando seriamente, stellinate se ve gusta, commenti sono sempre gratiti ma se volete sapere qualcosina potete scrivere sul mio twitter @withchord oppure creare un tipo hastag #makeyoufeelmyloveff
POTETE SCRIVERMI ANCHE IN PRIVATO QUI EH AHAH
Tornerò presto xx
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