10- SOGNO O REALTÀ?

Apro in modo fulmineo gli occhi e me ne pento quasi subito.

Il mio riflesso ha le guance lacerate: un sorriso inumano é inciso su queste.

Continua a fissarmi, come se volesse mantenere la mia concentrazione su ciò che fa.

Nella mano sinistra sostiene un coltello insanguinato mentre con l'indice della destra preme sul volto in modo inusuale, come se avesse ridotte capacità motorie.

Con il sangue raccolto inizia a disegnare qualcosa sullo specchio, anzi continua; infatti mi accorgo solamente adesso della raffigurazione della mia collana.

In un attimo i suoi gesti calmi e maniacali diventano rapidi e pazzi: segna una X su quell'intrico capriccioso di linee di sangue, agitando il braccio con una potenza tale da muovere ogni parte del corpo. Emette un urlo rabbioso, dopodichè appoggia le braccia sul vetro, inchina il capo verso terra ed emette dei lamenti o formula delle frasi che non comprendo.

Per qualche strana ragione provo compassione e desidero sapere cosa stia dicendo:

"Non capisco..." dico tremante,

lei non sembra aver capito così mi avvicino; dopo tutto sono io...

"Ehy..." ritento,

"FERMATI!" urla, alzando di scatto la testa, con le lacrime agli occhi.

"Emma svegliati! Svegliati! É pallida.",

sento la voce di Cora, ma non la vedo e sono in piedi, sempre di fronte a me stessa.

Perché sto così male?

Riporto la mano al petto, dove adesso trovo stranamente la collana. Senza farmi domande esprimo il primo desiderio sensato che riesco a formulare:

'desidero essere insieme a Cora e che questo sia solo un brutto sogno' .

Ogni suono adesso é ovattato e come una potente folata di vento mi sento trascinare all'indietro, risucchiata.

Il mio riflesso se ne accorge e come in preda al panico inizia a gridare qualcosa, ma ormai non lo sento più. Così si allunga per afferrarmi e con mia sorpresa rompe il vetro.

Chiudo gli occhi per lo spavento.

"Il vetro si è rotto... ma che succede?",

"Guarda si sta risvegliando, forza aiutiamola a tirarsi su".

Sono sdraiata sul pavimento del bagno tra le braccia della mia migliore amica.

"Cora.." la guardo,

lei non dice nulla e mi stringe in un abbraccio bisognoso.

Vedo Audrey correre fuori dalla stanza e tornare poco dopo con mio padre, ancora in pigiama.

"Piccola!" si rivolge a me con voce preoccupata

"Tranquilli, tranquilli, sto bene", fingo.

Un terribile mal di testa mi impedisce di capire e vedere con chiarezza quello che sta succedendo.

"Si può sapere cosa ci facevi in bagno? Non riuscivamo più a svegliarti",

"Ero venuta solo per rifrescarmi e poi... non lo so",

"Devi essere svenuta tesoro, oggi ti riposi e se capita di nuovo andiamo in ospedale",

"No, grazie. Ne ho abbastanza di strutture sanitarie. Sto bene.".

Mi giro verso lo specchio e noto che é frantumato... quindi non é stato un sogno... ma cosa è successo?

Anche mio padre lo nota e subito pensa a un'irruzione in casa, da parte di qualche malvivente.

Raggiungo il letto e resto seduta.

"Chiamerò i carabinieri e acciuffaremo quel delinquente. Sei sicura si non ricordare nulla, tesoro? "

"No, papà. Mi dispiace."

In questo momento qualcuno suona al citofono e lui si dirige fuori dalla stanza.

Non so se parlare con le ragazze dell'accaduto, ma per adesso preferisco tacere.

"Emma cosa è successo in bagno?" domanda Cora,

"Sono solo svenuta..." ,

"Non prendermi in giro! Ti sei risvegliata solo quando ti ho messo il ciondolo al collo. Ci hai spaventate."continua Audrey al posto della sorella,

"Ultimamente io e il mondo dei sogni non andiamo molto d'accordo... tutto qua",ammetto,

"Tu sai chi ha rotto il vetro? Non può essersi rotto da solo. C'eravamo entrambe quando é successo. Tu hai visto qualcosa.",

"Sono stata io" spiego loro, con lo sguardo rivolto verso le mie gambe,

"Tu?!" dicono a una voce,

"Come puoi essere stata tu? Eri sdraiata per terra...e tremavi e...".

"Salve ragazze" entra Jeff nella mia stanza, interrompendo Cora,

lo salutiamo contente e posteriormente ad alcuni minuti, avvertiamo debolmente la voce di mio padre:

"Ragazzi vado dai carabinieri; cerco di tornare il prima possibile. Vi affido mia figlia e per qualunque cosa non esitate a chiamarmi.",

e una porta che si chiude.

"Vi va di andare a fare colazione al bar? Ormai sono le nove" esorta il ragazzo,

Sono già le nove?

"So che avevamo deciso così, ma Emma non si sente molto bene e deve restare a casa.", ribatte Cora parlando al posto mio,

"No, ho detto che sto bene. Non c'è bisogno che parli al posto mio. Andiamo pure. Non mi va di stare ancora in questa casa."

Mi rendo conto di essere scontrosa, ma non ci posso fare nulla: detesto quando quando qualcuno mi dice di cosa ho bisogno.

***

Arriviamo in un bar vicino alla spiaggia e ordiniamo due paste alla marmellata, due al cioccolato e quattro cappuccini.

Adoro le mattine così fresche come questa, ma al contempo luminose. Mi rilassa a tal punto da farmi passare il male alla testa e pensare che ciò che é successo la scorsa notte sia solo un lontanissimo ricordo.

Racconto loro ogni cosa: del mio riflesso e tutto quello che ha fatto.
Adesso il loro sguardo sembra sconvolto e si scambiano sguardi perplessi.

Per il resto del tempo non commentano e cercano in tutti i modi di consolarmi o farmi divertire.

Io invece, non ho molta voglia di scherzare... l'ansia mi pervade e il pensiero che più passano i minuti e le ore, più si avvicina sera, mi spaventa. Perché ciò implica dormire.

Ho paura della collana, ho paura di me stessa.

Ricevo una chiamata da parte di mio padre e lo rassicuro affermando di sentirmi benissimo. Lui mi racconta che nei prossimi giorni si svolgeranno delle indagini a casa nostra e che forse sarebbe meglio andare a fare dei controlli dal medico.

Ci incamminiamo lungo la riva e vedo Cora e Jeff allungare il passo per separarsi da me e Audrey.

Intavolano una conversazione seria a giudicare dalle espressioni di sbieco.

"Devi stare attenta Emma. Ci sono molte cose che anche noi non sappiamo, su quell'oggetto che porti al collo... Ed io personalmente non mi voglio immischiare in questa faccenda. È più complicata di quanto tu possa capire." mi prende alla sprovvista la ragazza più piccola,

"Perché parli così?"

"Non è per codardia, ma perché penso che tutti potrebbero stare meglio senza quell'affare." sputa, poi prosegue a voce bassa, ma decisa:

" Ti sei mai chiesta come sia possibile che noi ti conosciamo da moltissimo tempo, che tu abbia ricordi su di noi, ma che i tuoi genitori non sapevano chi fossimo fino a quando non gliene hai parlato e ci hai invitate a cena?" mi domanda cercando una conferma nei miei occhi.

La sua domanda mi lascia basita.
Ha ragione, come é possibile?

Prima che io possa formulare un'ipotesi, il ragazzo dai capelli neri si volta verso noi due fermandoci.

"Questa notte ti controllerò; forse scoprirò cosa sta succedendo" .

Appena sento questa frase, un forte imbarazzo mi costringe ad avvampare.

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