~Una Vita Semplice~

Non ero nessuno, non avevo niente con me. Ne vestiti, ne memoria, ne l'intelligenza per capire cosa stesse accadendo intorno a me.

Le persone che mi avevano trovato sospettavano di me... Ma io non sapevo come difendermi. Volevano cacciarmi essendo diversa, avendo la pelle chiara rispetto alla loro, volevano mandarmi a sud. Ma un uomo si fece avanti, lo stesso che mi aveva coperto con il suo mantello, e mi portò con sé.

Lui e sua moglie mi diedero un nome, Maire, che nella loro lingua significava mare, e quella famiglia che mi ospitò, oltre che un tetto ed un nome, mi diedero anche il loro cognome. Gorwel.

Era una famiglia semplice, loro vivevano di agricoltura e di pesca ed erano molto credenti e devoti alle 5 divinità, che mi spiegarono essere i vertici dei due triangoli, i pilastri di quel mondo.

La punta che indicava il sud era Fionsu, divinità della notte e della morte.
Al centro Memeric, divinità della terra e padre degli uomini, protettore del villaggio.
A destra Genda, divinità del fuoco e della rinascita.
A sinistra Arot, divinità dell'acqua e padre delle creature degli abissi.
Nel vertice, la punta più alta, Lasdi, padre delle divinità e del cielo che tutto raccoglie.

Le giornate erano tranquille nel villaggio Querver, situato nel continente Memeric, calme e placide come quelle stesse nuvole che avevo imparato ad amare. Avevo pochi semplici compiti; aiutare ad essiccare il pesce, coltivare l’orto, che a detta degli altri era più fiorente che mai, pregare le divinità, e guidare gli alpaca nel loro pascolare. Creature meravigliose, finché non ti guardavano male e ti correvano dietro appena accennavi a scappare.

Era tutto nuovo per me, tutto così curioso.

Quel popolo mi aveva trovato, mi insegnarono la loro lingua, i loro gesti, le loro usanze, ed anche se ero diversa in certi aspetti, come il colore della pelle, la famiglia Gorwel mi aveva accolto come loro figlia.

In quel luogo imparai cosa fosse la famiglia, provare ad avere una madre amorevole ed un padre comprensivo che mi spiegava paziente ogni piccola cosa.

Anche un uomo, di nome Pumar, veniva spesso a trovarmi; era, come dicevano gli altri, il guaritore del villaggio. Mi dava da bere strane miscele, credendo che ancora stessi male dal salvataggio in mare… ma io stavo bene, non avevo dolore.

Molto spesso mi piaceva guardare il cielo, mi perdevo in quell’azzurro e con gli occhi seguivo le nuvole, chiedendomi dove mai sarebbero andate.

Non avevo ambizioni. Vivevo quella vita giorno dopo giorno. L’ignoranza è la cura migliore per arrivare alla felicità.

Gli altri del villaggio si chiesero da dove arrivassi, se fossi umana, o un’altra creatura. Avevano visto aggirarsi dei Noctis, così detti demoni e figli di Dio Fionsu, creature umanoide con sembianze animali a cui donavano tributi per vivere in armonia.

Ma io, non facendo nulla, li convinsi che fossi umana.

E per un breve periodo ci ho creduto anche io…

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