La principessa e la rabbia


La principessa e la rabbia

Nei film e nei libri non descrivono quasi mai cosa accade nel momento successivo al rapporto sessuale, di solito la scena si conclude con i due protagonisti che, raggiunto il momento del culmine, si assopiscono l'uno fra le braccia dell'altra per concedersi un sonno ristoratore. Tre quarti delle volte il personaggio femminile si risveglia con l'odore di pancake che brucia le sue narici e ritroverà il suo partner sessuale in cucina, a prepararle la colazione.

Non è il mio caso.

Una sola è la parola con cui potrei descrivere il momento post coitale che caratterizza sia me che Jack: imbarazzo. Imbarazzo puro.

Sdraiata sotto le coperte, completamente nuda, non posso fare a meno di rielaborare tutto quello che è successo nell'arco di poche ore. Vari sono i sentimenti contrastanti che stanno creando una civil war nel mio petto, andando a distruggere la poca dignità che mi è rimasta.

Ho appena fatto sesso con Jack.

Non c'è nulla di male, me ne rendo conto. È perfettamente normale, completamente comprensibile: non sarò certo la prima né l'ultima ad approcciarsi a un rapporto sessuale con una persona con cui non ha una relazione sentimentale. Eppure, nonostante ciò, un enorme peso sembra collimare sulle mie spalle, rendendole fragili e spezzate.

Jack non parla, non dice niente, resta fermo, sdraiato sul materasso, con gli occhi rivolti solo verso di me. Non riesco a guardarlo in faccia, non riesco nemmeno a pensare a che luce possa avere in questo momento il suo sguardo mentre mi contempla: ho come l'impressione che, se lo facessi, rischierei per sempre di annegare nel suo profondo oceano blu.

Sento caldo, estremamente caldo, e mi fanno male muscoli che non sapevo nemmeno di avere. Ho appena scoperto tutte le agevolazioni del sesso di cui mi ero privata per molto tempo: ma anche prima, quando stavo con Andrew, non era stato così. Io e lui eravamo troppo giovani, troppo inesperti, stavamo ancora imparando a conoscerci e a scoprire il piacere della ricerca della carne e della lussuria. Il nostro era più sentimento che passione, quello con Jack è stato principalmente solo e soltanto quest'ultima parte.

La saliva si accumula nella mia gola in una palla di lava che brucia le mie corde vocali. La consapevolezza di quello che ho appena fatto, di ciò che ho appena perso, mi squarcia in due lo stomaco.

Ho fatto sesso con una persona che non è Andrew.

Non potrò mai più dire che lui è stato l'unico per me, non potrò mai più dire che solo lui mi ha toccata e baciata, che solo lui mi ha conosciuta per davvero nella mia nudità fisica e mentale.

Ho perso un'altra parte di lui e stavolta l'ho lasciata andare via consapevolmente.

Chiudo gli occhi, serro la mascella, inspiro tutta l'aria possibile per riempire i miei polmoni fino al punto di farli scoppiare. Ho le dita annichilite e la terribile sensazione che presto o tardi pagherò le conseguenze di un simile gesto.

«Sophia.»

Quando mi chiama col mio nome, con questa voce così profonda e sincera, è impossibile resistergli: il mio volto si muove automaticamente, gira a sinistra, sul cuscino dove lui è poggiato. I suoi capelli corvini cozzano alla grande con la federa piena di merli e il corredo antico del letto, il suo corpo così esplosivo pare a disagio in questo ambiente tipicamente femminile. «Non hai nulla da biasimarti, lo sai questo, vero?»

I suoi occhi così azzurri mi incatenano a lui, è impossibile mentirgli se dal suo sguardo vengo intrappolata e dalle sue parole ammaliata. «Lo so» la voce fuoriesce dalla mia gola distante e roca: la voce di una persona che ha appena subito un altro lutto una seconda volta. «Lo so, so che non... che non c'è nulla di male. Ho solo bisogno di... fammi digerire la cosa.»

Le labbra di Jack si serrano in una linea orizzontale priva di espressioni; il suo volto torna a guardare il soffitto e io non posso fare a meno di scrutare con dedita attenzione il profilo della sua fronte, del suo naso, del suo mento. Questo è l'uomo con cui ho appena "perso la mia verginità ritrovata", l'uomo che è stato il mio secondo uomo, un ragazzo di cui so praticamente tutto e niente. So come si muove, so quello che prova, so in che modo i suoi muscoli si contraggono mentre mi soddisfano di piacere, so come la goccia di sudore cola dal suo mento mentre mi sussurra frasi sconce all'orecchio durante l'apice del piacere, so in che modo le sopracciglia si aggrottano quando io scendo giù per soddisfarlo a mia volta, ma non ho idea di quali siano i pensieri che solcano la sua mente, il maremoto di sentimenti che lo attraversa quando mi guarda o quando pensa a me.

«Come lo hai conosciuto?»

La sua domanda è straziante, divora le mie viscere. Non me l'aspettavo, non pensavo mi avrebbe posto un simile quesito, non lui. I suoi occhi sono ghiaccio che mi ustiona, non si scollano dai miei, ora, e io non posso che smettere di respirare nel suo depredarmi della mia vita. «Come hai conosciuto Andrew?»

Il suo nome, ha pronunciato il suo nome. Proprio lui, l'uomo con cui ho appena tradito il fantasma. Le mie nocche si fanno bianche per la furia con cui serro i miei pugni, il passato dilaga in me fino a privarmi dell'ossigeno. «Avevo otto anni, mi ero appena trasferita a Williamstone dal Texas e non conoscevo nessuno.» Parlare è più difficile di morire. «Il nonno ci aveva portato a Dream Lake, lo conosci, no? Ci portò lì per un'escursione che fallì miseramente e io andai al lago per poterlo osservare da sola. Dei bambini che giocavano lì mi rubarono il peluche, il mio orsacchiotto, e lo buttarono nell'acqua.»

Il ricordo vivido di quel giorno sobbalza alla mia mente in un trampolino di lancio verso la disperazione, la mano di Jack copre la mia che trema, questo contatto è tanto sbagliato quanto giusto in un simile momento. «Andrew comparve dal nulla e si buttò nell'acqua sporca, riemergendone con il mio peluche. Me lo diede con un sorriso stampato in faccia dicendomi che era importante che una principessa non perdesse il suo fedele amico.»

Ogni parola è una pugnalata al petto, c'è qualcosa di intrinsecamente sbagliato nel ricordare le memorie del mio grande amore con lui. «Sei innamorata di lui da quando eri una bambina?» Non c'è sorpresa nella sua voce, solo una costatazione che pare scivolare amaramente dalle sue labbra.

L'uso del verbo presente, invece di quello passato, non mi sfugge. «Sì.»

Le sue sopracciglia tornano ad aggrottarsi, la sua mano ritorna sul suo posto, sopra il suo petto, e il respiro di entrambi si contrae per quella che deve essere l'ennesima volta. «Lala è preoccupata» mi ritrovo a dire, sforzando di far apparire neutrale la mia voce. «Anzi, in realtà sono tutti preoccupati per te, Jack.»

«Lo immaginavo» risponde lui, serrando per un secondo i suoi occhi. «Quando ho visto la casa andare a fuoco e quei tipi scappare via, non ci ho visto più. Li ho inseguiti, ma sono stati furbi e hanno fatto perdere subito le loro tracce.» Il suo corpo si irrigidisce di rabbia. «Ho una voglia matta di ammazzarli.»

Non posso davvero biasimarlo per ciò. «Cosa cambierebbe?» domando. «Non risolveresti la situazione, ammazzandoli.»

«Vero, ma avrei comunque una grande soddisfazione.» Un lampo di rammarico attraversa i suoi occhi quando torna a guardarmi. «Tu non hai mai desiderato uccidere quella che ha fatto fuori Andrew?»

Un peso si abbatte sul mio stomaco e blocca il mio respiro, la vergogna e l'umiliazione sembrano non volersene andare in un simile momento. Mi sollevo lentamente dal letto, coprendo il mio corpo gracile e nudo dietro il lenzuolo: «Non posso farlo» sussurro. «Non è stata solo lei ad ucciderlo. È stato tutto. Tutto quanto.» Inclusa io. «Non esiste mai un solo colpevole.»

«Sì invece» Jack si solleva a sua volta, dandomi le spalle. Scivola lentamente dal materasso e inizia a riafferrare i vestiti sparsi per il pavimento. «Principessa, non importa quali siano le cause, una persona che uccide è sempre e solo una persona che uccide. Non ci sono giustificazioni alle spalle.»

Vorrei che fosse così semplice come dice, vorrei davvero che le sue parole potessero esser vere, ma non così, mai così. Perché Jack non sa, lui non conosce, non ha visto l'ambiente disgustoso dentro cui siamo vissuti, l'orrore che Andrew doveva affrontare ogni giorno a scuola, la menzogna che mi dicevo ogni volta, fingendo che lui fosse fin troppo forte e coraggioso.

Il resto dei minuti lo passiamo in silenzio, ci rivestiamo lentamente, senza fretta, con lui che mi guarda e io che lo guardo mentre cerchiamo di ignorarci a vicenda. Ho le spalle contratte e il respiro sospeso nel tempo, non so davvero dire cosa sia successo, non so come analizzare il cambiamento drastico che si è sviluppato nella nostra relazione.

«Principessa» la voce di Jack mi richiama a sé sulla soglia della porta d'ingresso, mentre resto ferma a guardarlo con lui che sigilla la mano attorno la maniglia. «Non c'è bisogno che mi accompagni a casa.»

Sorpresa, sobbalzo. «No, non importa, io...»

«Devo parlare con Lala.» La sua è la voce ferma e sicura di un uomo che non vuole in alcun modo esser contraddetto. «Mi sgriderà e rimprovererà, e puoi star tranquilla che non me ne andrò in giro a cercare quei bastardi, sono troppo stanco per poterlo fare.»

«Io vorrei...»

«Principessa» i suoi occhi mi inchiodano sul posto. «Ho bisogno di parlare con Lala. Solo Lala.»

Lo sta facendo di nuovo, mi sta estraniando dal suo mondo, così da non dover avere l'opportunità di rincontrare i miei occhi. Inspiro a fondo, mentre le mie mani si serrano in due pugni rabbiosi. «Non mi sembrava che avessi solo bisogno di Lala mentre mi sbattevi sul letto, o sbaglio?» Non era mia intenzione apparire così aggressiva, eppure non sono riuscita a contenermi. Sento la pelle sotto la gola tendersi per la frustrazione mentre le sue sopracciglia si sollevano per la sorpresa della mia risposta.

La sua bocca si contrae in una smorfia. «Era... una cosa diversa.»

«Una cosa diversa» ripeto incredula. «Una cosa diversa?»

«Una cosa diversa.» Solleva lentamente lo sguardo, così da osservarmi nella mia interezza, le sue mani sembrano vibrare sulla maniglia, per contenere un istinto che non comprendo. Una luce irriconoscibile abbaglia il ghiaccio dei suoi occhi, rendendolo il più splendente di tutti. «E a proposito di quello che è appena successo...»

Una vampata di calore rischia di far esplodere le mie guance, cerco di contenere l'imbarazzo mordendomi l'interno delle guance e sforzandomi di dimenticare il suo respiro nel mio orecchio, i suoi sussurri mentre entrava e scopriva ogni parte nascosta del mio interno. «Dimenticalo.»

Cosa?

«Dimenticalo.» Il suo volto è impossibile da interpretare in questo momento, nonostante stia pronunciando la stessa parola di prima. Sento gli occhi sul punto di cadere dalle mie orbite. «Dimentica quello che è successo nella tua camera, dimentica tutto. Faremo finta che non sia mai accaduto.»

Come, prego?

«Sarà tutto come prima.» Abbassa la maniglia con frenesia, spalancando la porta: pare incapace di incrociare il mio sguardo costernato. «Tutto come prima.»

Ditemi che sta scherzando.

«Praticamente mi stai dicendo di dimenticare il fatto che abbiamo fatto sesso per più di tre ore, nel mio letto.» La mia voce è monocorde mentre sussurro questa frase, ma dentro credo di star percependo il tremore che precede l'esplosione di un vulcano. La mascella di Jack si serra, i suoi occhi vagano ovunque pur di non incrociare la direzione dei miei. «Nonostante tu sappia benissimo che era una cosa che non facevo da quando avevo quindici anni dopo la morte del mio ragazzo.»

Credo che questa sia la prima volta che lo vedo in imbarazzo per qualcosa e mai nella vita mi sarei aspettata che la fonte di tale emozione avrei potuto essere io e quello che ha fatto con me. Sposta il peso del proprio corpo da un piede all'altro, curva il collo così da non dover affrontare il mio sguardo costernato, rivolgendo il suo alla parete del corridoio verso cui lo aspetta la libertà «Stai drasticamente portando la situazione a un livello esagerato...»

«Livello esagerato? LIVELLO ESAGERATO?» Ora la mia voce ha superato l'ottava, i miei occhi si sgranano. «In quale cosa, dimmi, avrei esagerato? Eh? Per il fatto che abbiamo fatto sesso per tre ore? Per il fatto che era la mia prima volta dopo la morte di Andrew? In cosa, sentiamo?»

Jack serra di nuovo la mascella: non ha davvero il coraggio di guardarmi in faccia. Non ci posso credere, sono basita. Credo di aver finalmente compreso perché Sasha sia così a favore della castrazione maschile a volte, dopo un simile esempio di stupidità xy persino io vorrei sottoscrivere per quello che sarà il primo passo per l'estinzione umana. «La stai facendo passare per chissà cosa, principessa» la voce di Jack è roca e filtra nelle mie orecchie come grandine scheggiata. «Era solo sesso, niente di più e niente di meno. Non ha contato nulla, non vale niente, è meno di zero: solo e semplice sesso.»

«Spero che ti si torcano entrambi i testicoli con così tanto dolore che tu ti ritroverai piangente per terra a supplicare tua madre di toglierti da questo mondo con la stessa forza con cui ti ci ha messo.»

Jack sobbalza, non so se per la violenza delle mie parole o le mie parole stesse, ma poco importa in un simile momento. Sto praticamente vedendo rosso: una rabbia dilagante che brucia il sangue nelle vene e fa fremere il mio intero corpo di ira.

«Principessa...»

«Non osare mai più chiamarmi principessa» tuono e lui sussulta di nuovo. «Hai ragione: mi dimenticherò tutto. D'altronde è meglio così, giusto? Ne andrebbe della mia salute mentale. Chi vorrebbe mai ricordare un patetico incontro con un patetico esserino che ha reso solo per qualche mero istante piacevole la mia giornata con il suo piccolo arnese?»

Sasha sarebbe orgogliosa di me, l'ho praticamente reso viola dall'umiliazione e io godo del suo imbarazzo da uomo sessualmente offeso. «Patetico? Piacevole? Piccolo?» ripete a occhi sbarrati, con un piede già rivolto verso il corridoio del pianerottolo. «Non mi sembrava ti stessi lamentando così tanto quando-»

«Quando cosa? Mi sono dimenticata quello che è successo! Forse il nostro incontro non deve essere stato poi così tanto memorabile, temo. Mi dispiace, Jack, sei stata una vera e propria delusione

L'istante in cui pronuncio queste parole - offendendo la sua virilità e buttandola nel cesso - gli sbatto la porta in faccia con una violenza inaudita.

Muori.

***

«Sophia...»

Che bastardo!

«Sorellina...»

Stronzo, arrogante, figlio di puttana!

«Sophie...»

Spero che gli si torcano davvero i testicoli! Spero che gli venga una disfunzione rettile! Che inizi a soffrire di eiaculazione precoce! Che Lala gli scagli una maledizioni con le sue doti da strega!

«Sophia...»

«Cosa diavolo vuoi, Bill!» Esplodo all'improvviso, senza alcuna avvertenza. Bill, sul divano del mio salone, sussulta e arretra lentamente. «Ti sei presentato a casa mia all'improvviso, senza alcuna spiegazione, hai intenzione di farmi qualche rimprovero da fratello maggiore preoccupato sulla mia vita sentimentale? Eh? Forza! Avanti! Provaci pure!»

«No...» Bill si schiarisce lentamente la voce. «Ero passato solo perché dovevo dirti... merda, sorellina, stai attenta, quel pacchetto di patatine non si aprirà se tu continui a sbatterlo in questo modo sul ripiano dell'isola.»

Guardo il suddetto pacco di patatine, intrappolato fra le mie mani mentre tento di aprirlo con la sola forza mentale, e lancio un'altra imprecazione appena sussurrata. Le spalle di Bill fremono di terrore: «Sei incazzata, vero?»

«Io? Quando mai?»

«Sembri più cattiva di Papillon quando vuole uccidere nemici invisibili. A proposito, dov'è?»

«Ah! Ora inizia a preoccuparti pure tu di lui? Da quando il mio cane che voi tutti odiate è diventato così importante? Eh? Eh?»

Bill solleva le braccia con imbarazzo. «Merda, sorellina, sei incazzata per davvero! Che è successo? Aspetta, non avrai per caso il ciclo?»

La violenza con cui gli scaglio il pacchetto di patatine in faccia lo sorprende, lui si scansa subito, ma il terrore è palese nei suoi occhi. Devo dire che sin da quando si è presentato a casa mia, poco tempo dopo che il bastardo arrogante figlio di puttana se n'è andato, aveva una faccia particolarmente costernata. Entrambe le sue guance sono arrossate, conservano le impronte di due mani diverse che lo hanno schiaffeggiato nel peggiore dei modi. Credo proprio di sapere a chi appartengono tali impronte.

«Perché ogni volta che noi donne siamo incazzate per voi è sempre colpa del ciclo? Eh? Eh?» Ho la gola rauca per colpa del mio strillare come una matta. «Non ho alcuna intenzione di lasciarmi attribuire il mio furioso stato d'animo a un bisogno del mio corpo quando la colpa è solo della idiozia che fa da comune denominatore a voi uomini!»

Bill sgrana gli occhi, passandosi una mano sui capelli spettinati. «Per caso Valentine ti ha fatto qualcosa? Perché se è così allora-»

«Tu pensa agli affari tuoi, fratello degenerato che non sa neanche ammettere i propri sentimenti!» Gli punto il dito contro, ormai la diga è esplosa e nulla può contenermi. «Si può sapere chi diavolo ti ha schiaffeggiato? Ah! Lasciami indovinare! Pamela e Francine, vero?»

Bill si contrae di imbarazzo. «Non sei nelle condizioni di intrometterti...»

«Be', nemmeno tu sulla mia vita, allora!»

Le sue guance si tingono di imbarazzo, distoglie lentamente lo sguardo per via della sua consapevolezza nell'esser nel torto marcio. «Pam si è presentata a casa di Aaron» mormora alla fine, con un filo di voce. «Credo che Sasha le abbia detto che io e Francine saremmo rimasti lì per questi giorni, e quando l'ha vista sai che ha fatto?»

Mentalmente, mi riprometto di inviare a Pam un messaggio con i miei più sentiti complimenti. «Che ha fatto?»

«Ha detto a Francine che io le ho chiesto il permesso per metterci insieme! Glielo ha detto! Non ci posso credere! Glielo ha detto!»

«Fammi immaginare, tu le hai risposto di nuovo che lo hai fatto perché per te era come una sorella. Francine a quel punto, dato che sicuramente tu non le hai mai parlato di Pamela, ha intuito tutto e si è incazzata, quindi ti ha scaffeggiato, dopo lo ha fatto anche Pam.»

Bill serra la mascella, un velo di rossore si stende sul suo volto. «Con l'aggiunta che Francine se n'è andata.»

Spalanco la bocca, sconvolta. «In Francia?»

Lui mi fulmina con un'occhiataccia, ma è inutile, non riesco a nascondere la contentezza. «Smettila, Sophia, non è carino da parte tua. Sono tuo fratello, ti rendi conto? La ragazza mi ha mollato e tu sei felice?»

«È esattamente così.»

«Non è giusto!» esplode lui a un certo punto, facendomi sobbalzare. Si alza dal divano, stiracchiando la schiena e contorcendosi in se stesso, è evidente che l'agitazione lo ha completamente avvolto. «Non volevo scatenare tutto questo! Io volevo solo... andare avanti!»

I mio sopracciglio si solleva dubbioso, Bill mi fulmina con un'occhiataccia. «Non puoi capire, Sophie.»

«Spiegamelo allora» replico fermamente. «Sono abbastanza incazzata di mio, oggi, perciò se vuoi farmi arrabbiare ancor di più fai pure, non ho problemi.»

Bill schiocca la lingua, furibondo, il suo volto si fa più rancoroso mentre con lo sguardo scruta il pavimento del salone. All'improvviso l'aria sembra privarsi dell'ossigeno, il mostro del passato si abbatte su di noi e sulle nostre spalle per ricordarci i peccati di un tempo, peccati che non potremo mai redimere. «Non posso dirlo a Pamela, Sophie» la sua voce, stavolta, è rauca. «Non posso dirle la verità.»

«Perché?»

Le mani di Bill si stringono in due pugni mentre le frustrazione e il rimpianto serrano la sua mascella. «Al funerale di Andrew...» si schiarisce la gola più volte, prima di riprendere a parlare. «Le ho detto una cosa orribile, sorellina.»

Vorrei poter dire di esser sorpresa, ma non è così. Lo comprendo, anche fin troppo. Bill è sempre stato il più impulsivo di noi tre, sempre colui che parlava prima di pensare, lasciando che la rabbia sfociasse dalle sue labbra portandolo a dire parole che non pensava davvero. Ma dopo la morte di Andrew, è stato l'unico a dimostrare direttamente la sua ira a Pamela, l'unico che avrebbe avuto il coraggio di dirle quelle cose che io, invece, mi sono trattenuta dal riferirle. «Le ho detto che avrebbe dovuto essere lei quella a buttarsi dalla finestra, non Andrew.» Il mio petto si squarcia in due, sia per l'ascoltare simili parole sia nel guardare il suo volto tingersi di un'amara tristezza.

«Sophia, io non la merito.» Sentirlo così distrutto dentro rischia di farmi piangere. «L'ho trattata... sono stato così crudele, ho pensato cose orrende di lei per tutto il tempo. Pam merita qualcuno di meglio di un bambino che non è riuscita a capirla quando più aveva bisogno di lui.»

Un'immagine dolce avvolge la mia mente, il ricordo di un tempo, quando eravamo ancora tutti felici e soddisfatti, e Andrew era ancora vivo. Noi ragazzi adolescenti, ancora incerti sul futuro, nella nostra gigantesca villa vuota. Pamela e Bill, seduti sul divano, a giocare con un videogioco stupido. Bill che sorride e la guarda, la guarda continuamente, senza mai smettere, per poi lasciarla vincere apposta, perché voleva renderla felice in ogni modo, anche il più stupido.

«Bill...» mi avvicino a lui lentamente, afferrandolo per la manica della sua giacca in pelle nera, il suo sguardo è vuoto e rammaricato. «Bill, glielo hai mai detto? A Pam, intendo. Glielo hai detto?»

«Non posso, sorellina» sospira lentamente. «Non posso farlo.»

«Perché no?»

«Conosci Pamela meglio di me, sai cosa direbbe, no? Direbbe che non mi devo sentire in colpa, che non è stato un mio errore, che è lei ad aver sbagliato nel non raccontarci tutto sin dall'inizio, ma non è così. Non è mai stato così. Non sono riuscito a capirla, Sophie, non ho capito che mi stava mentendo, non ho capito che ci stava proteggendo. Non ho capito assolutamente nulla. Come posso chiederle di stare insieme, se non riesco nemmeno a comprenderla?» Il suo corpo si fa teso. «Non sono adatto a lei.»

La mia presa sulla manica si fa più forte, non so come rispondere a una tale affermazione perché, in fondo, ho pensato varie volte le stesse cose su di me. Bill sospira ancora, il mio capo finisce sul suo petto mentre mi stringe a sé in un abbraccio. «Noi King siamo veramente maledetti, sorellina.»

Annuisco lentamente, incapace di proferire parola.

«A proposito, Sasha è davvero incinta?»

Il suo improvviso cambio di argomento non mi sfugge, ma oramai non posso più dire molto. Scoppio in una fragorosa risata, lasciando che le sue braccia mi stringano in questo delizioso e caldo abbraccio fraterno. «No, ha solo detto quelle cose per far spaventare Aaron.»

«Lo sospettava, e lo sospetta anche lui, ma come sai la sola idea di avere un bambino...»

«Si sarà già messo in testa il discorso alla "devo assolutamente prendere le responsabilità delle mie azioni".»

«"Questo figlio non può crescere senza padre".»

Ridiamo entrambi, cullati dalla piacevole sensazione di essere insieme, di soffrire insieme. Le mani di Bill scivolano sui miei capelli con delicatezza. «So che non vuoi che te lo chieda, ma devo farlo, la cosa fra te e Valentine... è seria?»

Sentire il nome di quel bastardo pare ridestarmi dal sogno e dalla rabbia. Mi stacco velocemente, guardandolo furibonda. Bill si stringe nelle spalle nonostante il mio sguardo alla spero-che-ti-cadano-tutte-le-palle. «Sorellina, dico davvero, sono preoccupato. Valentine è... be', è Valentine. Ho un amico qua, single, che potrebbe...»

«Lo so che Valentine è Valentine» replico stizzita, mordendomi con furia il labbro. «Fidati, non voglio più avere nulla a che fare con quello stronzo. Mai più.»

Ora è il turno del suo sopracciglio di sollevarsi dubbioso. «Dico davvero» affermo risentita. «È uno stronzo e merita che Sasha gli tagli i genitali.»

«È successo qualcosa per caso?»

Avvampo, spiegargli il perché della mia ira sarebbe la cosa più imbarazzante della mia vita. Se già è terribile doverne parlare con le mie due grandi amiche, Sasha e Pam, non ho il coraggio di immaginare come debba esserlo con il mio fratello iperprotettivo. Soprattutto se riguarda l'ambito sessuale. «Non posso dirtelo.»

Bill spalanca la bocca, sconvolto. «Ci sei andata a-»

«Non sono affari che ti riguardano!» L'acutezza nella mia voce è la colpevolezza nel mio cuore.

Il mio gemello sembra sconvolto. Suda, si passa una mano sui capelli biondi, si guarda attorno costernato. Ammetto che non era questa la reazione che mi immaginavo da parte sua, ma è anche vero che, per colpa della sua impulsività, non si può mai dire cosa gli passi per la testa. «Di tutti i ragazzi con cui potevi-»

«Lo so, grazie per ricordarmelo, Bill. So di aver commesso una stronzata, e sappi che ho tutte le intenzioni di dimenticarmene al più presto.» Come un certo stronzo mi ha suggerito di fare, d'altronde.

«E come vorresti dimenticarlo? Mangiando patatine?»

L'occhiata con cui lo fulmino non lo fa arretrare neanche di un passo. «Ascolta, sorellina, io posso aiutarti.» Solleva cautamente le mani al cielo, cercando di richiamare tutta la mia attenzione a sé. «Hai detto che vuoi dimenticartene, giusto? Che vuoi andare avanti, no?»

Inspiro con forza, per poi annuire. Un sorriso lascivo si forma sulle labbra del mio gemello mentre dice: «Sai cosa aiuta una donna a dimenticare un uomo? Il cosiddetto "chiodo schiaccia chiodo".»

«Chiodo schiaccia chiodo?» Aggrotto la fronte. «Intendi... uscire con un altro ragazzo?»

«Ah-ah» Bill annuisce lentamente. «E io conosco un bravo ragazzo di questo posto che, ne sono sicuro, ti piacerà moltissimo.»

Per un secondo, resto in bilico. L'idea di Bill sembra pazza da qualsiasi lato la si voglia guardare. Uscire con un ragazzo sconosciuto, specie dopo quello che è successo con Jack, mi sembra l'idea più assurda di tutte. Non ho mai frequentato nessun altro oltre a Andrew, la mia sarebbe una vera e propria iniziazione al mondo degli adulti e degli appuntamenti, e dopo quello che è accaduto, dopo che Jack è riuscito a-

Non ha contato nulla, non vale niente, è meno di zero: solo e semplice sesso.

La voce di Jack è il sale che viene sparso sulla ferita aperta, sento il sangue tornare a ribollire mentre risale al cervello fino ad accecarmi con un fascio di luce. Aveva ragione lui: non è contato nulla. Non è mai contato nulla. Non per Jack, non per il suo stupido orgoglio. Sono stata solo una bambolina con cui sfogare la sua frustrazione: nulla di più, nulla di meno.

«Bill?»

«Dimmi?»

Deglutisco rumorosamente, rialzo con forza e dignità lo sguardo.

«Dammi il numero di questo ragazzo.»











Nota autrice:

Vi prego, non mi uccidete! Ha fatto tutto Jack, non io!

* va a nascondersi sotto il tavolo *

Coff coff, ad ogni modo, scusatemi ragazzi per il ritardo dell'aggiornamento, ho avuto vari problemi con la wifii (sì, di nuovo) e con internet in generale (il mondo tecnologico mi odia). Il prossimo capitolo dovrebbe uscire presto, almeno così spero, e ci saranno tante belle cose...

Grazie per seguire MAI PIU' CENERENTOLA! Vi adoro :*

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top