La principessa e il pranzo di "famiglia"
La principessa e il pranzo di "famiglia"
Voglio morire.
Non una morte rapida e indolore, dove mi addormenterò con tranquillità per poi non risvegliarmi mai più.
Voglio che un ninja assassino venuto dal Giappone si intrufoli di nascosto sotto il mio letto e mi uccida mentre sto per coricarmi squartando tutto il mio stomaco con i suoi shuriken e lasciandomi lì, a morire dissanguata, in ore e ore di lenta e crudele agonia.
Perché in fondo è così che mi sento, sia fisicamente che psicologicamente, con l'unica differenza che non sarò salvata dalla morte, ma tormentata per il resto dei miei giorni con il ricordo di quello che l'alcool mi ha portata a dire e a fare la scorsa notte.
Qualcuno mi uccida.
Mi va bene anche nei modi più bizzarri, tipo facendomi inghiottire sessanta banane di seguito in un'ora per farmi morire di overdose di potassio o annegandomi in una vasca piena di gassosa. Mi va bene, dico davvero, basta che qualcuno ponga fine alla mia vita.
Tipo subito.
Tipo in questo preciso istante.
Okay, Sophia, calma. Resta calma e ragiona attentamente.
Non è andata poi così male.
Chiudo lentamente gli occhi, travolta da questo mal di testa terribile che mi sta trapanando il cervello da quando mi sono svegliata stamattina nel mio appartamento, sdraiata sul mio letto, e affondo la faccia nel cuscino.
Mi sono ubriacata, e okay, ci sta, in fondo chi non si è mai ubriacato nel corso della sua vita e ha detto cose imbarazzanti mentre era brillo?
Voglio dire, sarà capitato a tutti di fare discorsi imbarazzanti sul proprio passato, no?
Un momento, che discorsi imbarazzanti ho fatto io?
C'entrava qualcosa con le tette, ne sono piuttosto sicura.
Tette?
Perché mi dovrei esser messa a parlare di tette? In fondo le mie sono normali. Okay, non sono particolarmente grandi, ma non sono nemmeno due bottoncini, quindi non vedo perché... «Papillon, dai, smettila!» Allontano il muso del mio cane che sta annusando vivacemente i miei capelli puzzolenti e lo guardo irritata. «Sto cercando di ricordare quello che...»
Oddio.
Papillon inclina la testa, perplesso, i suoi occhioni giganti risplendono mentre il mio viso si dipinge di bianco al ricordo del neologismo che ho inventato grazie all'assistenza dell'alcool.
Tettassinio.
TETTASSINIO?
Un urlo acuto fuoriesce dalla mia gola prima che riesca a trattenerlo, spaventando Papillon, che balza sul letto e inizia a latrare sopra il materasso, alla ricerca di potenziali serial killer pronti a sbranarci.
Spero che Ted Bundy sbuchi fuori dal mio armadio e tiri fuori un pugnale con cui mi sgozzerà la carotide, perché questo sarebbe davvero l'unico modo per rimediare al peccato di aver inventato un neologismo con i sostantivi "tette" e "assassinio".
Oddio.
Cos'è questa cosa? Senso di colpa? Vergogna? Imbarazzo?
Ah, no.
Puro e semplice desiderio di morte.
Effettivamente potrebbe starci, in fondo sarebbe anche una cosa particolarmente romantica. Riesco a immaginare già i titoli dei giornali di cronaca nera: SOPHIA KING SI BUTTA DAL BALCONE PER RICONGIUNGERSI AL FIDANZATO MORTO UNA VOLTA PER TUTTE.
Una specie di Romeo e Giulietta, solo più macabro e alcolizzato. Ma senz'altro una storia più innovativa e interessante di Cinquanta sfumature di grigio.
Aaron e Bill ne uscirebbero devastati.
Andrebbero sulla mia tomba e piangendo griderebbero al cielo "perché, Sophia, perché?" e lascerebbero sopra la mia lapide quella bellissima sciarpa di lana bianca di Armani in ricordo della ragazza viziata e sciocca qual ero. Sasha non piangerebbe, ma poserebbe sopra le mani congiunte del mio cadavere un gigantesco panino al salame dicendo "questa è la cosa più grande che io possa mai darti" e "almeno così, in paradiso, potrai ricordarti che sapore ha il salame che nella vita non sei riuscita a farti" mentre Pamela avrebbe parlato con Bill. E forse, grazie alla morte, quei due sarebbero riusciti a ricongiungersi e a far sì che il biscotto di mio fratello si intingesse nella marmellata giusta.
Quindi la mia morte non sarebbe stata invano, avrebbe permesso alla mia amica di riscoprire i piaceri del sesso con la persona giusta, invece che con quel feticista delle carie.
Rotolo lentamente sul letto, a ritmo delle martellate che ricevo ogni secondo in testa, e rischio di crollare dal materasso non appena la suoneria del mio telefono, poggiato sul comodino, proprio accanto all'abat-jour, mi richiama alla realtà dei fatti.
Il volume della musica è talmente alto che potrebbe far esplodere da un momento all'altro il mio cervello, già massacrato dal post sbornia e dalla terribile umiliazione che mi ha travolta da quando ho aperto gli occhi stamattina.
Papillon, umiliato per esser stato ignorato, inizia ad abbaiare contro il mio cellulare acceso, vittima della sua furia mattutina, che io afferro fra le dita prima che possa anche solo pensare di sbranarlo. Sono così mentalmente distrutta che neanche riesco a leggere il numero sul display. Afferro insieme al telefono la bottiglietta d'acqua lasciata lì apposta per il primo mattino e ne prendo un sorso mentre accetto la chiamata: «Pronto?»
«Buongiorno, principessa, mi hai salutato Bug's Bunny?»
Spruzzo acqua persino dalle narici quando la voce squillante e entusiasta di Jack manda completamente in tilt quel poco di cervello che mi era rimasto. Il getto colpisce in gran parte Papillon che, umiliato e profondamente ferito nell'orgoglio, mi scruta come se gli avessi proibito di violentare il suo pupazzetto preferito e balza fuori dal letto mostrandomi il suo sederino sodo.
«Ti sei ripresa? Hai sognato le fate, stanotte? Hai ucciso di nuovo il tuo cane con le tue tette?»
«Zitto! Zitto! Zittooooo!»
La sua risata è profonda e cristallina, fresca come una rosa. Ma certo, il bastardo non ha passato tutta la notte a vomitare e a umiliarsi dicendo cose imbarazzanti senza rendersene conto. «Sai, devo ammetterlo, mi hai sorpreso, principessa, non mi sarei mai aspettato che tu, Anja, fossi così vivace e allegra dopo aver bevuto.»
La sua voce al telefono è estremamente vicina, come se, in questo momento, mi stesse sussurrando simili parole all'orecchio, proprio qui, accanto a me. Il mio respiro si fa corto mentre lo sento avvicinarsi di più, e quasi lo percepisco, quel suo respiro profondo, che rinfresca le mie orecchie, la cui punta si arrossa ancora di più quando i suoi denti ne sfiorano la pelle con...
«Principessa? Stai bene? Mi stai ascoltando?»
Il cuore finisce in gola e rischiai di fuoriuscire come ha fatto la mia cena ieri sera, lo rimando giù velocemente, mentre sento il mio corpo ancora vestito degli abiti dell'altro giorno riscaldarsi e superare i quaranta gradi.
L'alcool ha davvero acceso la mia libido, e questo è un problema, un grave problema.
«Jack... mi hai... mi hai riportata tu a casa?»
«Sì, ho dovuto farlo, sta' tranquilla, ho lasciato la tua macchina nel parcheggio e poi sono tornato a casa a piedi. Non eri nelle condizioni di guidare.»
Ma non mi dire.
«Ehm... ho fatto... sai... ehm...» Sono estremamente grata che in questo momento non possa vedermi, la mia faccia sta raggiungendo tonalità di rosso mai intraviste prima d'ora dall'essere umano. «Fatto qualcosa di... strano?»
«Definisci strano.»
«Sei uno stronzo!» gracchio disperata. «Non mi ricordo niente, okay? Ricordo solo che a un certo punto mi sono messa a vomitare e basta! Quindi sì, strano! QUALCOSA DI STRANO! MI HAI CAPITO? STUPIDO INFANTE DECER-»
«Sta' calma, principessa.» La sua risatina è più divertita che mai, in questo momento. Afferro il mio cuscino ancora sporco di trucco e inizio a colpirlo immaginandomi la sua faccia sopra. «Ti stavo solo prendendo in giro. Hai fatto le solite cose che fa una ragazza ubriaca.» Si ferma per un secondo. Un solo, singolo istante che, nel mio cuore, risulta come una condanna a morte. «Be', forse non esattamente solite...»
Dove posso prendere la katana per fare harakiri?
«Mi hai detto che hai bisogno di scopare.»
La bottiglietta d'acqua sfugge alla presa delle mie dita e riversa tutto il suo contenuto sul materasso. «No! Non è...»
«Hai anche dichiarato che il tuo migliore amico è il tuo vibratore rabbit, Bugs Bunny, nonché l'unico pippolo che tu abbia mai conosciuto dopo che il tuo imene si è ricostruito da solo.»
Quanto mi ci vorrà per ottenere il porto d'armi?
«Perché, da quel che ho capito, la tua marmellata non è stata intinta da un biscotto da molti anni, ormai.»
Una revolver? Quanto costerà?
«Principessa, ti stai imbarazzando? Stai iniziando a contemplare le varie possibilità con cui ucciderti?»
«Assolutamente no.»
Quanto ci vuole per morire, dopo aver bevuto la candeggina?
«Jack... ho vomitato, giusto?»
«Sì, i miei pantaloni ne sono testimoni.»
Spero che un aeroplano si abbatta nel mio edificio e mi uccida all'istante.
«E... e dopo?»
«Dopo ti sei messa a cantare "Paparazzi" di Lady Gaga in versione porno e a quel punto non eri più nelle condizioni di intendere e di volere, perciò ho caricato te e la bestia di Satana in macchina e vi ho riportato a casa. A proposito, ti consiglio davvero di dare ordine alla tua borsa, perché per trovare le tue chiavi ho dovuto prendere i tuoi assorbenti interni sparpagliati e mai nella vita avrei pensato di dover avere a che fare con uno di loro.»
Una lobotomia. La lobotomia dovrebbe essere sufficientemente dolorosa.
Quando chino lo sguardo su di me, sento le fiamme divampare nelle guance non appena mi rendo conto di non indossare - come invece credevo - i miei vestiti di ieri, bensì il pigiama azzurro dalle maniche lunghe e i pantaloncini dove una coppia di coniglietti si sta baciando proprio all'altezza del seno.
Oddio.
Ti prego.
Ti scongiuro.
Ti supplico.
«Jack?»
«Sì?»
«Come sono finita in pigiama?»
Giuro che non berrò mai più.
Giuro su Dio, Allah, Buddha e tutti gli dei mai esistiti al mondo che non berrò mai più un goccio di alcool in tutta la mia vita.
«Be', eri sporca, ho provato a lavarti, ma tu continuavi a lamentarti del fatto che i tuoi vestiti puzzassero.»
Temo di sapere come andrà a finire questa conversazione, perché ricordo molto bene l'ultima volta che mi sono ubriacata che fine hanno fatto i miei vestiti. Grazie al cielo all'epoca ero con Sasha e Pamela ed ero in fase depressione, avevo sporcato la mia maglia di cashmere con la bava e, nell'appartamento di Sasha, io ho avuto la brillante idea di...
«Non avrei mai pensato che la tua vera natura fosse quella di una spogliarellista, principessa.»
Infilo la testa nel cuscino con violenza, nel disperato tentativo di non ripensare a quello che è successo e di dimenticare tutto soffocandomi con la sua morbidezza. «Ehi, ehi, ehi, frena, cosa sono quei rumori? Stai per caso giocando Bugs Bunny usando la mia voce come fattore erotico? Perché se è così sarei più che felice di aiutarti di persona, principessa.»
Lacrime di vergogna solcano le mie guance mentre afferro il telefono con più forza e grido: «Fa' silenzio, pervertito, sto cercando di uccidermi da sola! Mi sono spogliata davanti a te!»
«Sì, ed è stato un gran bello spettacolo.»
«Uccidetemi, vi scongiuro.»
La sua risata risuona cristallina, il mio corpo, che prima si dimenava per l'imbarazzo, ora sprofonda nel letto rilassato, ormai troppo stanco. Meglio morire così, sdraiata sul letto, senza né cibo né acqua, con un materasso bagnato.
«Non ti preoccupare, principessa. Strano ma vero, sono stato un vero gentleman, e non ho guardato nulla. Non appena hai iniziato a sfilarti il top ho preso il pigiama dal comodino e te l'ho messo addosso senza guardare assolutamente nulla.»
«Assolutamente nulla?»
«Assolutamente.»
Silenzio.
Non mi convince proprio, questo silenzio.
E, di fatto, Jack non è in grado di mantenerlo a lungo. La sua risata esplode nella mia testa facendo rizzare i peli delle mie braccia. La odio davvero, questa risata, è così calda e profonda che mi sconvolge dentro, un turbine di emozioni che sguazza insieme all'alcool ancora rimastomi in corpo. Una ciocca di capelli spettinati finisce sopra il mio viso mentre tento disperata di suicidarmi con il cuscino.
«Okay, posso aver sbirciato un pochino, ma ti assicuro che non ti ho fatto nulla, anche se tu, amica mia...»
«Anche se io cosa?»
«Be', diciamo che ti sei messa a piangere.»
E questo spiega il trucco colato che riga le mie guance. «Perché?»
Stavolta il silenzio che si crea è molto più pesante di quello che si era creato prima. E lo sento, lo sento davvero, so già di cosa mi vorrà parlare, so già qual è il fantasma che in questo momento grava come un macigno sulla leggerezza della nostra conversazione. «Mi hai chiesto di farmelo dimenticare, solo per quella notte.»
Fammelo dimenticare, Jack. Fammelo dimenticare. Solo per una volta. Lo so che è egoista. Lo so che è crudele, ma se mi dimenticassi di lui, allora non farebbe così male.
Le dita delle mie mani si stringono al lenzuolo, tremando per questo processo doloroso, mentre il ricordo delle parole che ho sussurrato proprio su questo letto, mentre piangevo già intorpidita dal sonno, mi travolge come una marea.
La vergogna di ora è molto più grande e disastrosa di quella passata. L'umiliazione per aver pensato anche solo di poterlo dimenticare è così cocente da farmi tremare ovunque e bloccarmi il respiro.
«Anja?»
Ho provato a dimenticarlo. Lui, che è il mio tutto. Lui, che dovrebbe esser per sempre nella mia mente e nel mio cuore. Gli ho chiesto di farmelo dimenticare per un mero scambio di corpi che non lo avrebbe riportato indietro. Ho provato a sollevarmi dal peso dei miei peccati nonostante dovrebbero convivere con me per sempre, perché sono quello che più merito e...
«Anja, ascoltami bene, non eri in te quando lo hai detto, okay? Non hai nulla da biasimarti.»
La presa delle dita sul lenzuolo si fa più forte fino a far infiammare le ossa, mentre vengo costantemente divorata dal pensiero di aver, ancora una volta, perso una parte di lui. «Avevi più alcool in corpo che sangue nelle vene, è già tanto che ti ricordassi il tuo nome.»
«Lo so cosa stai facendo, stai cercando di farmi sentire meglio.»
«Principessa, hai idea delle stronzate che ho combinato io quando ero ubriaco?»
La stretta della mano pian piano si allenta come il nodo che aveva sigillato lo stomaco, ricado di testa sul cuscino e chiudo lentamente gli occhi per tornare a respirare. «Non ne ho idea» mormoro a bassa voce.
«Be', ti descrivo la scena. Io quattordicenne che me ne vado in giro per il parco a dire con orgoglio di aver perso la verginità e di esser durato ben tre minuti.»
Scoppio in una risata fragorosa, la pancia mi duole per il dolore fisico e mentale a cui sono sottoposta da troppo, troppo tempo. «E stando a quello che mi dicono i miei informatori, a sedici anni dopo una partita di football che, tra l'altro, avevo avuto contro i tuoi fratelli, e dopo l'ennesima sconfitta, mi hanno trovato a scalare un albero perché convinto di essere uno scoiattolo.»
«Smettila» lo supplico fra i singhiozzi divertiti.
«Oppure una volta chiesi a una ragazza di ballare con me e scoprii solo più tardi che era il mio professore di ginnastica.»
«Jack...»
«Cosa c'è?»
«Ti ringrazio.»
Anche se non lo posso vedere, potrei giurare di sentire il suo sorriso distendersi sulla mia pelle come una corda che la accarezza con delicatezza, non per ferire ma per curare.
«Sophia» mormora «qualunque cosa tu pensi di te stessa, non sei una principessa che deve esser salvata, sei solo una ragazza innamorata col cuore spezzato che deve capire, finalmente, il suo posto nel mondo. E per quanto tu non mi possa piacere, apprezzerò sempre una persona che lotta con tutte le sue forze per riuscire a riconquistare la sua vita.»
***
Sta per esplodere una bomba.
E no, non mi riferisco a Papillon che sta violentando il pupazzo che Aaron gli lanciato non appena è entrato nel suo trilocale perfettamente arredato ed elegante. E no, non mi riferisco nemmeno al fatto che Bill è arrivato insieme a Francine perfettamente vestito in giacca e cravatta.
E' un'altra bomba quella che sta per esplodere, e sta apparecchiando in maniera piuttosto violenta il tavolino in quercia della grande cucina bianca dove ci siamo rifugiati per mangiare. Sono in piedi a fissarla da mezz'ora, e a ogni sua mossa temo davvero che possa spaccare il ripiano, ha praticamente lanciato i coltelli e uno si è ficcato perfettamente dentro la tovaglia, rimanendo verticalmente in equilibrio.
Bill è in piedi accanto a me, con Francine che avvolge completamente il suo braccio neanche fosse una piovra. In quel vestitino azzurro elegante somiglia ancor di più a una modella mancata di Victoria's Secrets, e quella scollatura porta più volte a far affogare gli occhi del mio gemello pervertito.
Aaron apre lentamente l'anta argentata del frigo e tira fuori quella che sembra una bottiglia di vino, mi avvicino a lui lentamente, sorpassando Papillon che stupra il pupazzo di un altro cane, così da sussurrargli all'orecchio: «Ti sembra davvero una buona idea fare un pranzo di "famiglia" a casa tua, con la tua ragazza che sembra sul punto di accoltellare Bill e Francine da un momento all'altro.»
Come al solito, il volto di mio fratello è impeccabilmente inespressivo. Richiude il frigo con eleganza e controlla il nome della bottiglia prima di muoversi fra i fornelli alla ricerca dello svita tappi. «Gliel'ho detto sin dall'inizio, solo perché lei non ritiene che siano una buona coppia perché vuole che Bill si metta con Pamela, non ha il diritto di tenere per sempre il broncio come una bambina.»
Nonostante la sua voce sia quella calma e pacata di sempre, riesco a scorgere la vena che sbuca dal colletto bianco della sua camicia pulsare di irritazione, segno che, molto probabilmente, hanno passato una giornata intera e litigare per questo motivo, e ora riesco a comprendere il perché Sasha stia apparecchiando come un ninja che deve lanciare shuriken al tavolo. «Dimmi una cosa» mi schiarisco la gola «hai intenzione di chiederle la mano oggi?»
«Certo che sì.»
«Aaron! E' incazzata nera!»
«Be'» il tappo di sughero fuoriesce dalla bottiglia di vino bianco con un "plop" che non basta ad ammortizzare la tensione che si sente nell'aria «che se ne facesse una ragione, non sempre quello che desidera è quello che otterrà.»
Oddio, la situazione non può che peggiorare. Quando stamani mi hanno chiamato subito dopo Jack, avevo già intuito dal tono di voce lugubre di Sasha che non sarebbe stato un pranzo di famiglia molto apprezzato, ma comunque, nonostante ciò, speravo davvero in un qualche miracolo.
Del tipo che Francine cadesse dalle scale e si rompesse le gambe, così da essere impossibilitata a venire.
E invece eccola qui, a ridacchiare come un cavallo con mio fratello mentre gli fa una radiografia toracica con le mani e lui le sorride divertito. E quando lei gli sussurra qualcosa all'orecchio, e lui ride, Sasha fa cadere la bottiglia d'acqua al centro del tavolo con così tanta violenza da far tremare persino le pareti di casa e spaventare Papillon, che inizia a latrarle furioso.
«Fa' silenzio, cane degenerato» lo sgrida lei, allontanandolo con le sue lunghe gambe e passandosi una mano sudata sulla salopette sgualcita in jeans «non ho tempo da perdere con stronzetti come te.»
«Bon Dieu» sghignazza divertita Francine, dall'altra parte della cucina, mentre si copre la bocca con le dita. Le sue unghie dipinte di bianco risplendono come i fari di una macchina. «La tua fidanzata è piuttosto... vulgaire, Aaròn.»
Papillon rischia di morire calpestato quando Sasha batte il piede per terra con violenza, rivolgendo un'occhiata assassina non tanto alla proprietaria di quelle parole quanto all'uomo che l'ha fatta entrare in casa. Bill, conoscendo meglio di noi cosa significa far incazzare una simile donna, impallidisce visibilmente e e aggrotta la fronte, tanto per perplesso quanto irritato.
«Hai qualcosa da dire, bellezza?» Il suo tono di voce è ironico, ma i suoi occhi brillano di una luce carica di minacce che preannuncia la fine del mondo.
Sasha si stringe nelle spalle, sbuffando fuori di sé dall'irritazione. «Assolutamente nulla, Ridarella, lo sai che ho sempre apprezzato particolarmente la tua dote masochistica.»
«Sasha...» L'avvertimento di Aaron tende ancor di più l'aria già di per sé tetra e lugubre.
Il suono del campanello d'ingresso blocca Sasha prima che possa anche solo pensare di picchiare mio fratello, nonostante sia palese il desiderio che cova per fare ciò. Con uno sbuffo, supera l'isola e si avvicina all'atrio d'ingresso, spalancando la porta.
«SASHA!»
Signore, che tu sia benedetto.
Grazie, grazie, grazie per aver fatto nascere Luke Porter in questo mondo.
«Luke? Come mai, che cosa? Ahi! Luke! Sì! Sì! Mi sei mancato anche tu, fratellino!» Il corpo di Sasha traballa quando uno più piccolo, basso e tarchiato la avvolge in un caloroso abbraccio che riscalda persino il mio cuore lontano e spezzato. Una testa dai capelli scuri brizzolati che contorna un faccino rotondo e paffuto sbuca dalla spalla della mia amica per incontrare il mio sguardo. Occhi limpidi, di un grigio scuro, mi riempono dentro con un sorriso dolce e gentile che ha sempre caratterizzato il membro più buono e dolce in assoluto della famiglia Porter.
«Sophie! Sophie!» Luke si stacca dalle braccia della sorella maggiore con una risata, baciandola sulla fronte. «Che bello! E' da tanto che non ci vediamo!»
«Ciao, Campione.»
Luke Andrew Porter, diciotto anni, un fagottino di dolcezza e felicità intrappolato in un corpicino un po' grassottello ma deliziosamente tenero. L'ho sempre adorato, sin dal nostro primo incontro. Forse perché è sempre stato adorabile con quel cravattino perfettamente allacciato alla sua cravatta bianca, o forse perché la sua sindrome di Down lo ha reso un bambino mai cresciuto che, tuttavia, è in grado di amare molto più della maggior parte degli adulti.
Il suo sorriso è un abbraccio gigantesco che mi avvolge prima ancora che lo facciano le sue braccia, e io, debole che non sono altro, non riesco a fare a meno di stringerlo a me, per compensare quel vuoto che ho nel cuore con il suo dolce e sincero amare tutto e tutti indistintamente. «Sei bellissimo come sempre, Luke» mi complimento con lui, allontanandomi di un passo per osservarlo. Camicia perfettamente stirata, cravattino annodato alla perfezione, e pantaloni neri che risplendono quanto il suo volto.
«Tu sei ancor più bella, Sophia» dichiara lui, con quella voce dolce e sincera che lo ha sempre caratterizzato per quel che è: un bimbo buono, incredibilmente buono.
«Luke?» la voce di Sasha è interdetta e confusa. «Cosa... perché sei qui?»
Alle mie spalle, avverto la presenza di Aaron. «L'ho invitato io» le spiega. «Ho pensato che saresti stata tesa per questo pranzo, perciò ho chiamato tuo zio Brooke e gli ho chiesto di portarmelo.»
«Ho guidato io, Sasha!» Luke quasi saltella mentre si avvicina alla sorella per baciarla di nuovo sulla guancia. «Ho guidato io! Zio mi ha lasciato guidare e ha detto che sono stato bravissimo! E che guido meglio di te!»
«Be', per quello non ci vuole molto!»
«Bill!»
«Ciao, Campione!» Bill si stacca da Francine con un sorriso per stringere a sé il fratello della nostra futura cognata. «E' bello rivederti, come stai? Hai conquistato qualche bella ragazza? Devi raccontarmi tutto...»
«Cosa diavolo significa?» Sasha si avvicina a Aaron a passi lenti e contati, gli occhi attraversati da lampi di fuoco mentre sibila a bassa voce: «Hai fatto venire qua mio fratello per impedire che uccida quella che un giorno potrebbe essere la mia futura cognata con un coltello?»
«Perché entri sempre sulla difensiva? Volevo solo tranquillizzarti, so che adori tuo fratello.»
«Non puoi sfruttare il fatto che Luke sia una palla di pucciosità come deterrente per la mia rabbia!»
Aaron aggrotta leggermente la fronte. Povero, mio fratello, un giorno o l'altro, diventerà santo. Sta cercando in ogni disperato modo di non dire la verità a Sasha senza esser costretto a mentirle, perché lui sa bene quasi quanto me che è in grado di fiutare le bugie della nostra famiglia prima ancora che possiamo pronunciarle, e per tale motivo, ora, sta correndo l'amaro rischio di venire castrato.
«Luke?» la voce di Bill distrae tutti e tre mentre lo vediamo presentare a Luke la sua fidanzata: «Questa è Francine, la mia ragazza.»
«Salut, Luke» si presenta lei, stringendogli la mano con elegante raffinatezza. Le sue labbra dipinte di rosso si aprono in un sorriso dolce e sincero. «E' un vero piacere fare la tua conoscenza.»
«Oh, ciao Francine! Che bella che sei, Francine! Sei molto bella!»
«Hihihihihihi.»
Un momento.
Il tempo si ferma, vedo gli occhi di Sasha spalancarsi come si sono spalancati i miei non appena entrambe abbiamo ascoltato questo suono così disarmonico e disturbante.
Questa non è una risata, come diavolo fa ad essere una risata?
Oh no, oh no, oh no, riconosco quella luce di malizia e divertimento che ha appena attraversato gli occhi scuri di Sasha. La riconoscerei ovunque, è la stessa che l'ha colpita quando ha soprannominato mio fratello.
«No, Sasha...» mi avvicino a lei e la afferro per un braccio.
«Non ci provare neanche» l'avvisa Aaron allo stesso tempo. «Se osi dare un soprannome anche a lei...»
«Cavallina.»
E' la fine.
***
Mi piacerebbe poter dire che Francine è una stronza acida senza cuore a cui piace prendere per il culo le persone.
Mi piacerebbe poter dire che Francine è palesemente fidanzata con mio fratello per i suoi soldi e per la sua bellezza.
E mi piacerebbe poter dire che è una scalatrice sociale che se ne approfitta della bontà del mio gemello così da potergli, infine, spezzare il cuore una volta per tutte.
Ma mi sbagliavo.
Francine è...
E' normale. Immagino si possa definire così. Non è particolarmente simpatica, ma nemmeno particolarmente antipatica, è una ragazza che ascolta molto, pomicia sempre con mio fratello, lo tocca praticamente ogni cinque secondi e pare particolarmente interessata ai discorsi di Luke sull'utilità degli evidenziatori.
Seduta fra Sasha e Aaron, inghiotto quasi a fatica il filetto di salmone che Sasha ha cucinato per noi e che, spero sinceramente, non abbia avvelenato unicamente per Francine, la cui voce fischiettante e allegra risuona terribilmente atroce nelle mie orecchie.
«Ehi, ehi, ehi, come vi siete conosciuti?» Luke interrompe il silenzio che si è creato e che per un bel po' di minuti è stato interrotto solo dal rumore delle posate. I suoi occhi brillano, mentre scrutano con attenzione la nuova coppia.
«Ohhh» freme Francine, facendo tremare le sue spalle e, soprattutto, le sue megatette. «Williàm fa parte della squadra di football, mentre io delle cheerleader. Ma era così distant, sai? L'unico giocatore intoccabile! Mi ci è voluto un bel po' per convincerlo a uscire insieme!»
Sasha butta giù quasi mezza bottiglia di vino nel suo bicchiere. Credo che il suo sia un disperato tentativo di ubriacarsi per non prendere a pugni mio fratello. Aaron, alla mia sinistra, si schiarisce la gola. «E... siete usciti a un appuntamento, vero?» le domando a questo punto, sforzandomi di non pensare a quanto coglione sia stato mio fratello a preferire una francese a una donna senza tette ma terribilmente brava con i dolci.
«Oui, oui, e Bill...» lancia un sospiro sognante. «Bill è stato così romantique! Un vero e proprio... come dite voi in America, amour? Un vero e proprio gentleman!»
Il pezzo di salmone mi va di traverso nel sentire l'aggettivo romantico venire affidato a un pervertito come mio fratello, Sasha rischia di far cadere il suo bicchiere di vino a terra quando si rende conto che Bill è stato appena definito erroneamente un gentleman e Aaron ride sotto i baffi perché l'unico che ha pensato che tale parola non è americana bensì inglese.
«Francine, tesoro...»
TESORO?
«Gentleman è inglese, non americano.»
«Hihihihihihi.»
«E com'è stato, com'è stato?» Luke, a capo tavola, inizia a rimbalzare sulla sedia per l'entusiasmo. «Cosa avete fatto per l'appuntamento?»
Francine gonfia il petto di orgoglio per tutte queste attenzioni che sta ricevendo da parte dell'unico membro di questa bizzarra famiglia che sembra apprezzarla per davvero per qualcosa che non siano le sue tette e si sventola una mano di fronte al volto. «Be', mi ha portata a una gelateria. Il che è strano, sapete, nessun uomo mi aveva mai portato a una gelateria!»
Ma certo, Bill, ovvio che la portassi a una gelateria.
Una gelateria.
Fulmino con un'occhiata mio fratello, seduto di fronte a me, che, in risposta, ignora il mio sguardo furibondo, pienamente consapevole quanto me che c'è un solo motivo se ha portato Francine a una gelateria, e non perché sperava di cospargere le sue tette di gelato. «Ammetto che ero molto restia ad accettare, all'inizio, perché, voglio dire, un appuntamento che si rispetti inizia sempre a un ristorante.»
Sasha ha appena piegato la sua forchetta.
L'ha piegata, letteralmente.
«Aaron» supplico mio fratello sottovoce «ti prego, devi fermarla, lo sai che Sasha è molto... nervosa quando si tratta di appuntamenti fra uomini e donne che...»
Lui sembra preoccupato quanto me, si schiarisce di nuovo la gola e apre la bocca per parlare, ma viene immediatamente interrotto dalla voce di Francine: «Ma mi sono ricreduta! Bill è stato veramente garbato! Anche se io non amo molto... come si dice, amore? Je bonbons!»
«Non ti piacciono i bomboni?» le domanda Sasha, ormai incapace di frenarsi. «Spiegati meglio, a cosa ti riferisci? Ai bomboni con cui l'Isis fa esplodere le case o a quelli che fai a Bill quando si cala i pantalo-»
Il mio calcio alla sua gamba la fa sussultare, i suoi occhi neri bruciano di rabbia e irritazione. «Je bonbons, Sasha, sono i dolci. I dolci!» mi affretto a precisare, prima che possa uccidermi con quella forchetta piegata.
Sembra seriamente tentata dall'idea di lanciare il tavolo in aria e compiere un omicidio con la sua forchetta, quando improvvisamente si blocca, consapevole di cosa le mie parole significhino. «I dolci, eh? Così non ti piacciono proprio gli zuccheri, Francine?»
Le sue parole sono rivolte alla fidanzata, ma il loro significato è unicamente diretto a Bill, le cui spalle si tendono nervose e agitate, mentre tenta, disperato, di conservare quel poco di indifferenza che gli è rimasta. «Santo cielo, proprio no! Sono terribili!» Francine sembra sconfortata alla sola idea di assumere monosaccaridi. «Perciò quando siamo andati alla gelateria, io ho preso quello vegano.»
«Quello vegano?» ripeto piuttosto confusa. «Ma il gelato vegano contiene lo stesso lo zucchero...»
«Hihihihihi! Sciocchina che sei! E' vegano! E' ovvio che non contenga lo zucchero!»
Sono allibita, scruto Bill stupefatta, persino Aaron sembra alquanto incredulo per una simile risposta, e tenta in ogni modo di non commentare, mentre Sasha sta stringendo minacciosamente il suo bicchiere ora vuoto. "Sei serio?" mimo con le labbra a mio fratello, ancora intrappolato nella morsa del braccio di Francine.
"Non sono affari tuoi".
"Dico davvero, sei serio?"
«E poi, cher» mi ridesto dalla mia conversazione silenziosa col mio gemello più stupido per tornare a dare attenzione al volto divertito di Francine «Bill mi ha offerto la cena, e solo per questo motivo ha guadagnato tanti punti.»
Merda.
Merdamerdamerda.
La bomba, la bomba è sul punto di esplodere, da un momento all'altro. Ed è proprio qui, al mio fianco.
«Delizioso il salmone!» Bill balza in piedi e afferra velocemente il suo piatto ancora pieno. «Non vedo l'ora di assaggiare il resto? Cosa c'è per secondo, Sasha?»
«Le tue palle.»
Una scossa elettrica attraversa noi King non appena percepiamo queste parole. Non è il significato in sè a preoccuparci (siamo abituati, ormai, a simili risposte) quanto il tono di voce lugubre con cui sono state annunciate. La promessa di una lunga e lenta tortura psicologica e fisica.
«Hihihihi, come sei divertente Sashà!» Francine si batte una mano sul petto. «Ma volete sapere la cosa bella? E' che non mi ha neanche dato il tempo di tirare fuori il mio portafogli! Da qui si vede se uno è un vero uomo! Perché, diciamocelo, una donna che deve pagare al primo appuntamento non può neanche essere considerata una donna.»
Oddio...
«Francine... amore, sarebbe il caso se tu...»
«L'emancipazione femminile va bene, ma solo fino a un certo punto! E lo dico io che sono femminista da sempre!»
Il suono del bicchiere che esplode sovrasta la sua voce e l'ansia del momento, e risuona fra le pareti della cucina in un boato che spaventa persino Papillon, fino a pochi secondi fa del tutto ignaro della terribile situazione che si è creata.
Sasha è ferma, immobile sulla sedia, con la mano ancora aggrappata al bicchiere spaccato, mentre tenta di non parlare per non distruggere l'intero universo a suon di urla. Il volto di Aaron è pallido quanto il mio, quello di Bill sembra sul punto di crollare per terra e gli unici a non comprendere la gravità della situazione sono, ovviamente, Francine e Luke.
«Sasha! Ti sei fatta male?» Luke è il primo a dire qualcosa, si alza e raggiunge la sorella con preoccupazioe, controllandole la mano. «Hai bisogno di un cerotto?»
Effettivamente sì, ne avrebbe bisogno, perché vari sono i tagli che stanno sgorgando dalla sua pelle aperta, ma i suoi occhi sono fissi sulla tovaglia bianca e sul suo piatto ancora pieno, privi di vita e ricolmi di ira pura. «Luke, ti aiuto a cercare i cerotti per tua sorella!» si propone subito Francine. «Sai dov'è il bagno, caro?»
«Certo! Certo! Di qua, Francine, di qua!»
Tre secondi.
Ci vogliono tre secondi perché i corpi di Luke e Francine si allontani, e tre secondi perché Sasha si riprenda e balzi in piedi dal tavolo, marciando a velocità sostenuta verso Bill.
«Sasha... oddio» prima che possa dire qualcosa, la mano sanguinante di lei lo ha già afferrato per il colletto, gli occhi di mio fratello si spalancano stupefatti quando incrociano i suoi, spiritati. Aaron sospira e si massaggia le tempie.
«Cosa diavolo sta succedendo, Ridarella?» esclama Sasha. «Cosa diavolo è quella... cosa? Ogni volta che parla il mio quoziente intellettivo sembra prendere la pistola e spararsi da solo, e come ben sai me ne è rimasto già poco.»
«Ehi!» Bill si stacca con furia dalla sua presa per schiarirsi la gola. «E' la mia ragazza!»
«E' un cavallo che nitrisce!»
Non posso davvero controbattere a simili parole.
«Ed è una di quelle stupide false femministe che crede davvero che al primo appuntamento gli sia tutto dovuto e che un uomo non sia un uomo se non la tratta come un maggiordomo! Fra poco inizierà a chiamarti Alfred! Alfred, dove sei? Alfred, portami la tisana? Alfred! Alfred!»
«Okay, ora stai esagerando!»
«Ascoltami bene, bellimbusto, la mia pazienza ha un limite, e come ben sai sin da quando ci siamo conosciuti, è un limite molto basso. E ti avverto, io non ho alcun problema a dimostrare di essere una vera femminista. E che quindi noi donne non solo dobbiamo pagare al primo appuntamento, ma che abbiamo tutto il diritto di essere prese a schiaffi se facciamo le stronze!»
Nota Autrice:
Eggià eggià, io vi avevo detto di tenervi pronti 😏
Sasha é stata punta sul vivo e Sophia ha appena iniziato a confessare piccoli segreti a Jack con telefonate molto particolari...
Chissà come andrà? Eheheheh
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