La principessa e il pacchetto di assorbenti
La principessa e il pacchetto di assorbenti
«No! No! No! Fermati! Non puoi guardare lì! Jack!»
«Non ci posso credere»
«Se non riesci a crederci allora smamma, bello. Non ho tempo da perdere con te!»
«E' la prima volta in tutta la mia vita che vedo una cosa simile.»
«Oh mio Dio, no! No, fermo! Jack, non guardare lì... Dio, è così imbarazzante.»
«Che diavolo? Santo cielo, Anja, da dove diavolo sei sbucata?»
La risata fragorosa di Jack esplode nell'appartamento.
«Puoi andartene, per favore?»
«Te l'ho detto, ho bisogno di te per aiutarmi a comprare il regalo per Jasmine e... cribbio, non riesco a crederci.» Di nuovo, ride.
«Vattene via!»
«Non riesco a credere che tu abbia seriamente messo il pacchetto di assorbenti in frigo» Jack lo tira fuori con un sorriso malizioso e lo lancia in aria per riafferrarlo, neanche fosse una pallina da tennis. «Anja, non mi dirai che oltre che principessina sei anche una pasticciona.»
Le mie guance stanno andando a fuoco. Farsi beccare con il babydoll addosso è già imbarazzante di per sé, ma il permettere a questo australopiteco di constatare la mia grave inadeguatezza a tenere in ordine un appartamento lo è ancor di più. «Ti odio» mugugno disperata, coprendo il mio volto con le mani.
Jack sorride ancora. Sorride sempre, il maledetto. Si sta divertendo da morire nel confermare le sue supposizioni sulla mia totale incapacità di prendermi cura della mia stessa casa senza l'aiuto momentaneo di una domestica.
Dalla soglia della mia stanza sbuca la testa di Papillon il quale, non appena scorge la figura di Jack, inizia a latrare più che mai. Il suo corpicino trema con violenza mentre si fionda sulla struttura imponente del mio ospite indesiderato. Con le zampe, inizia a graffiargli i jeans sporchi e usa la bocca per mordicchiargli le caviglie. Jack, più divertito che mai, si limita a fissarlo con un sopracciglio inarcato. «Quindi tuo fratello si sposa, eh?» domanda a questo punto.
Merda, Aaron mi ucciderà una volta scoperto che ho involontariamente rivelato le sue future nozze all'unico uomo al mondo che vorrebbe incenerire con lo sguardo. «Non sono affari tuoi!» strillo, puntandogli il dito contro. «Te ne devi andare, subito.»
«Molto bene, lo farò. Che peccato, sono piuttosto sicuro che Jasmine sarebbe stata più che felice di sapere che il regalo proveniva anche da te.»
Ugh.
«Si sentirà terribilmente triste, penserà di averti fatto qualcosa che ti ha portata ad odiarla.»
Cazzo.
«Inizierà a piangere e a chiedere "dov'è Anja, Guar? Dov'è Anja?"»
Papillon abbaia di nuovo, Jack lo scansa spostandolo con la sola forza del piede e si avvicina a me. La cicatrice sul suo viso ora è a stento visibile per colpa di questo maledetto sorriso che illumina questa faccia da schiaffi. «E poi, sai, io sono veramente negato con i regali. Li reputo inutili. Ma Anja desiderava così tanto un vestito come il tuo... ovviamente poi finirà nelle mani di tutti, ma almeno una volta voleva provare a capire come vi sentite voi gagi quando indossate qualcosa di alta classe.»
«Ho capito!» esplodo alla fine, incapace di sostenere oltre la situazione. «Ho capito! Ho capito! Va bene, verrò con te! Sei uno stronzo, Jack Valentine! Uno stupido scimmione con demenza senile! Un... un...»
I suoi occhi azzurri vengono illuminati da una luce maliziosa. «Non mi dire, hai esaurito la tua scorta di insulti eruditi?»
La rabbia collima fino a esplodermi dentro. Il vulcano è in eruzione, e niente e nessuno potrà fermarlo. «Spero che un branco di gnu ti investi e ti uccida come hanno ucciso Mufasa!» esclamo disperata, colpendolo al petto con un pugno. L'effetto non è quello desiderato, perché la mia mano risuona a vuoto sul suo torso di ferro. Riesco a percepire anche attraverso il tessuto della felpa azzura la consistenza marmorea della sua pelle tesa. E' indubbiamente un uomo che si allena molto, potrei dirlo anche a occhi chiusi, e dopo aver visto tutto ciò che deve fare per la sua famiglia non ne sono affatto sorpresa, ma, per la miseria, non è affatto giusto.
«Vuoi aggiungere altro, principessa?» mi provoca lui, la cui voce suona come quella suadente e tentatrice del diavolo. «Qualche commento a proposito dei miei addominali da cui non riesci a staccare gli occhi?»
Ritraggo velocemente la mano e assumo l'espressione più snob che riesca ad ottenere in un momento simile. «Sono terribili, sembri un pompato che si droga. Steroidi?»
«Solo sani lavori da meccanico.»
«Meccanico?»
«Lavoro come meccanico, Anja, non lo sapevi?»
No, non lo sapevo. Non ne avevo proprio idea. E avrei preferito non venirme mai a conoscenza, perché ora riesco benissimo a spiegarmi come sia riuscito a crearsi muscoli simili. Sono abituata a vedere corpi statuari, sia Aaron che Bill ne possiedo uno grazie ai continui allenamenti che hanno fatto col football, ma quello di Jack è molto diverso dal loro. Mentre i miei fratelli possiedono ancora quella corporatura proporzionata ed elegante, Guar sembra un ragazzo di strada che si costringe a entrare dentro una camicia con cravatta. Un uomo rude dal fisico imponente e dalla volgarità inaudita.
«Devo andare a cambiarmi vestiti» mormoro a fatica, arretrando di qualche passo.
«Ah, quelli tu li chiami vestiti?» mi provoca ancora. La mia pelle si infiamma quando i suoi occhi scivolano sul mio corpo e si fermano senza vergogna e pudore sulla scollatura del mio reggiseno di pizzo bianco. «Perché da qui io riesco a vedere solo un bel po' di carne, principessa.»
Sto praticamente bollendo dalla vergogna e l'irritazione, e non sarei affatto sorpresa di scorgere del fumo uscire dalle mie orecchie. «Spero che ti si rigiri un testicolo!» dichiaro alla fine, voltandomi verso la porta della mia stanza.
«Anja?»
«Che diavolo vuoi?»
Quando torno a guardarlo, un pacchetto quadrato e plastificato vola in aria e atterra sulle mie mani che, istintivamente, si sono tese per afferrarlo. Il cervello va in cortocircuito non appena leggo la scritta sulla cartina viola "IL MASSIMO DELL'ASSORBENZA!", e esplode definitavamente quando, al suo fianco, scorgo le quattro tacche piene che vanno a indicare un ciclo più che abbondante.
Se avessi dato retta al mio cervello, invece che ascoltare gli improperi di Sasha sull'utilità degli assorbenti esterni, mi sarei comprata dei semplici tampax e mi sarei risparmiata questa terribile vergogna.
Maledetta te, Sasha! Spero che ti ci strozzi, con quel maledettissimo anello di fidanzamento!
Jack, dal canto suo, sembra sempre più divertito, e non appena sollevo lo sguardo dal pacchetto a lui, mi strizza con malizia l'occhio sinistro. «Non vorrai mica che durante lo shopping la situazione... strabordi.»
«Muori!»
Prima che riesca a dire altro, richiamo Papillon con uno sguardo furioso e lui, spaventato quasi quanto me per la mia rabbia, mi segue in camera. Quando finalmente entro, sbatto la porta con una violenza inaudita.
E, per sicurezza, chiudo a chiave.
***
Era passato veramente molto tempo dall'ultima volta che ho avuto l'occasione di fare shopping con un esponente del genere maschile. Così tanti anni che, una volta essere uscita dall'edificio insieme a Jack e aver preso la metropolitana per raggiungere il centro commerciale più in periferia, mi sono sentita leggermente destabilizzata.
Quando ero più piccola, andare a fare compere era una gioia incredibile. Era l'unico momento che potevo passare insieme a mia madre, perché anche lei, proprio come me, è sempre stata una fanatica dei vestiti, e adorava oltre ogni misura farmi provare ogni genere di capo e scattare delle foto al mio corpicino infantile così da potermi dire, continuamente "come sei bella, Prudence, come sei bella!".
In quei momenti, in quei piccoli frangenti di vita quotidiana, mi sembrava davvero di avere una madre, e non una modella che passava tutto il suo tempo a sfilare su passerelle e a partecipare a cene di beneficenza. Ma poi, pian piano, mi sono resa conto che quando la mamma mi guardava non stava guardando veramente me, stava guardando una possibile lei del futuro: una futura modella che avrebbe potuto sbancare nel mondo della moda proprio come aveva fatto lei anni prima.
Con suo sommo dispiacere e mio grande sollievo, scoprii poco più tardi di non aver ereditato l'altezza della sua famiglia, come invece era successo ai miei fratelli, bensì di esser geneticamente nata per rimanere una piccola nanetta da giardino. Una nana da giardino con un corpo da modella, ma pur sempre una nana da giardino.
Solo allora la mamma ha iniziato a smettere di fare shopping con me, ma, a onor del vero, la cosa non mi procurò poi così tante sofferenze, perché, una volta essersene andata lei, ero riuscita a occupare lo spazio vuoto da lei lasciato con la presenza di Andrew. Lui odiava provarsi i vestiti, ma adorava aiutarmi a comprarli. Passavamo ore e ore mano nella mano al supermercato a decidere quale modello mi sarebbe stato più adatto. Quello a fiori? Quello scozzese? E che te ne pare di quella gonna a pantaloncino?
E' assurdo, solo in questo ultimo periodo mi sono resa conto che non esiste cosa al mondo che non riesca a ricollegare a lui. E' come se questo universo mi stesse spianando la strada che conduce al masochismo, come se i fili del mio destino fossero intrecciati a quelli del suo fantasma indissolubilmente e per sempre.
«Ehi, principessa, quel completino non si abbina a quello che ti ho visto addosso poche ore fa?»
Alzo lo sguardo da terra, e lo rivolgo alla vetrina che stiamo appena passando. Un sexy shop. Un manichino femminile con una tuta in pelle sadomaso. La mano del fantoccio sta addirittura stringendo una frusta. Prima che possa fermarmi lancio la mia borsa di Louis Vouitton in testa a Jack che, scoppiando in una fragorosa risata, l'afferra divertito.
La gente attorno a noi ci oltrepassa lanciandoci occhiate curiose. Oggi il centro commerciale è più che popolato da persone, forse perché ci troviamo nel mezzo del fine settimana. Il corridoio che stiamo percorrendo è illuminato dalle luci che abbagliano le pareti bianche di questo enorme edificio, e ai lati le vetrine ci sorridono per sponarci a comprare il più possibile. «Cosa c'è, principessa? Non mi sembravi così imbarazzata quando mi hai aperto la porta a squarciagola per dirmi che impazzisci proprio per il vibrat-»
«Se non chiudi la bocca entro tre fottuti secondi giuro che ti farò conoscere i dolori del ciclo sulla tua pelle!»
Un sorriso a mezzaluna si affaccia sulle sue labbra, la sua mano finisce sul mio capo per poi scendere più in basso e colpire delicatamente la mia fronte con le dita. «Ehi!» mi lamento, posando una mano sul punto appena toccato. «E questo per cos'era?»
«Per esserti distratta» il suo tono è volutamente di rimprovero, ma il suo sguardo è tutt'altro che giudizioso. «Quando stiamo insieme, Anja, devi pensare tutto il tempo a me, capito? Il cento per cento del tuo cervello deve convogliare solo sulla mia bellissima persona.»
La mia mascella è praticamente a terra. «Cos... io...»
«A parole tue» mi prende in giro.
«Sei un megalomane!» esplodo a questo punto. «Un universo di presunzione! Una buco nero di egocentrismo! Una gigantesca palla di fuoco di narcisismo!»
Per qualche secondo restiamo in silenzio, lui con gli occhi spalancati per lo stupore e io con i residui del mio nervosismo che mi portano a fissarlo con il respiro quasi affannato. Non avevo mai incontrato una persona capace di irritarmi fino a un simile livello, oserei dire che è persino più irriverente di Sasha. Credo finalmente di capire cosa debba passare Aaron stando con lei. E se la vuole persino sposare? E' completamente fuori di testa.
E poi, come per magia, le labbra di Jack, prima spalancate per la sorpresa, si arcuano a sorriso e si aprono ancor di più per lasciarsi andare a una risata inatessa e tutt'altro che desiderata. E' così profonda da attirare l'attenzione di tutti i presenti nel corridoio, che continuano a fissarci fra la perplessità e il disgusto. «Perché diavolo stai ridendo!?» esclamo, le guance a fuoco. Riprendo la mia borsetta e torno a colpirlo maldestramente sulle gambe, sul torace, sul corpo, ovunque. Ma è inutile, i miei colpi a stento lo sfiorano.
«Stavo solo pensando che se sei così solo quando ti incazzi, allora non oso immaginare che furia potresti diventare quando sei a letto con la tua dolce metà.»
Riesco a sentire il rossore diffondersi persino nei capelli. «Non sono affari tuoi! E non sono una furia! E non sono... ohhh!» Mi stringo nelle spalle e riprendo a camminare, piantando i piedi per terra con passi troppo violenti.
«Lo sai, vero, che posso raggiungerti quando mi pare? Le tue gambe sono così corte da ricordarmi lo stecco di un ghiacciolo» mi ricorda, prontamente tornato al mio fianco.
Non lo guarderò, mi rifiuto di guardarlo in faccia, rischierei di saltargli addosso per aggredirlo, perciò proseguo dritta verso di me, in una marcia furiosa e cadenzata che scandisce i ritmi disperati della mia vita.
Non riesco a credere che sia così stupido, così... così...
Le mie gambe iniziano a rallentare da sole, pian piano, mentre la consapevolezza di quello che è successo si fa strada nella mia mente. Jack prosegue a lungo prima di rendersi conto che non sono più al suo fianco, e quando si blocca e si volta verso di me, il suo sguardo è più perplesso che mai.
Dagli interfoni sparsi per tutto il centro commerciale risuona in sottofondo la musica Miracle dei Cascada, e un fiotto di luce artificiale illumina la sua testa per abbagliare il colore corvino dei suoi capelli. «Cosa succede, Anja? Perché ti sei fermata?»
«Lo hai fatto apposta.»
La mia non è una domanda.
Jack aggrotta la fronte e continua a scrutarmi interdetto. «Cosa avrei fatto apposta?»
Devi pensare a me tutto il tempo. Devi avere in testa solo me.
Lo ha capito, non è così? Ha capito che genere di pensieri stavano attraversando la mia mente, ha capito che ricordi dolorosi si stavano affacciando nel mio presente, per torturarmi con quel passato che non potrò mai dimenticare. Lo ha capito, con un singolo e semplice sguardo ha intuito ciò che io non riesco ad ammettere. E per questo, solo per questo, ha voluto distrarmi e farmi arrabbiare.
«Sei crudele» la mia voce trema involontariamente, le mie sopracciglia si aggrottano per la sofferenza. «Sei davvero una persona crudele, Jack Valentine.»
Lui esita per un secondo, il suo corpo è immobile, non riesce a vedermi senza affermare quella verità che si rifiuta di ammettere. Ma io lo vedo, io lo sento, e scorgo la risposta nei suoi occhi, e scruto la realtà dei fatti che non vuole mostrarmi. «Se mi odi allora non fare queste cose per me» non volevo dire questo, non volevo soffrire per ciò. Volevo ringraziarlo, volevo dirgli il perché, spiegargli la causa che ha provocato quella sofferenza nel mio volto, ma non ne sono in grado. Non ne sono capace. «Se devi essere gentile con me allora devi esserlo sempre o mai. Forse non mi crederai, ma io odio i bad boy. Io sono sempre stata del partito dei ragazzi buoni. Non puoi essere a volte buono e a volte stronzo. O sei buono o sei stronzo, deciditi!»
Finalmente, si muove. Cammina verso di me a passo lento, e i suoi occhi sono come il magma, bruciano tutto quello che scorgono e divorano con un semplice sguardo. Quando è a mezzo metro da me, io sollevo lo sguardo per compensare la notevole differenza in altezza, e non appena il mio volto incrocia il suo, mi sembra di morire dentro.
Stavolta, quando la sua mano si posa sul mio capo, il contatto è molto più dolce di quello che mi aspettassi. Mi riscalda ovunque, scioglie il ghiaccio che è nato nel mio cuore e si è diffuso nel resto del mio organismo. «Mi dispiace, Anja» sussurra alla fine. «E' solo che non riesco proprio a tollerare una donna che piange al mio fianco.»
«Non stavo piangendo.»
«Sembravi sul punto di farlo.»
Lo odio. Odio lui. Odio tutto questo. Odio il modo in cui riesce a scrutarmi, la sua capacità di superare tutte le mie mura e guardare l'oltre, l'infinito, l'indeterminato. Odio come si comporta, da cavaliere a cacciatore, da distrutto a distruttore. Odio il modo in cui mi guarda, come se fosse in grado di comprendere ogni cosa di me, ogni mio più singolo, umiliante e terribile segreto. E, soprattutto, odio come sia capace di capire le mie emozioni, quando nemmeno io riesco a definirle.
Il mio corpo arretra, i miei piedi fanno alcuni passi indietro, il mio corpo supplica distanza dal suo, che è caldo e lontano e freddo e vicino. «Non ho bisogno della tua protezione» esclamo a questo punto. «Non ho bisogno che tu mi consoli, che tu mi protegga e mi faccia da scudo. Non ho bisogno di un principe in armatura scintillante che mi salvi come se io fossi la sua principessa. Non ho bisogno di nulla di tutto ciò.»
Il suo sguardo ora è leggermente irritato, come se le mie parole lo abbiano ferito nel profondo. «Volevi conoscere la mia famiglia, principessa, giusto? Volevi partecipare alla nostra vita, sbaglio? Volevi esser parte integrante del mio mondo, vero? Be', allora accetta le conseguenze di queste tue decisioni.»
Le sue spalle si fanno più rigide, inspira dal naso, e i suoi occhi mi fulminano, paralizzandomi sul posto. «Se non mi vuoi accanto, io ti starò sempre vicino! Se non vuoi che ti protegga, allora ti difenderò in ogni modo! Se non tolleri neanche la mia presenza, allora respirerò con te, mangerò con te e vivrò con te! Tu hai voluto entrare nel mio mondo, Prudence Sophia King, e questo è ciò che ne ricaverai.»
L'irritazione sale, la rabbia scema, stringo con forza le mani in due pugni e scuoto la testa. «Solo perché sei uno zingaro e hai paura che mi facciano qualcosa per questo non sei costretto a difendermi!»
«Non spetta a te deciderlo.»
Non riesco a rispondere, e lui non vuole aspettare che lo faccia, perciò gira i tacchi e riprende a camminare.
E io, stupida che non sono altro, torno a seguirlo.
***
Adoro lo shopping.
Ma, ancor di più, adoro lo shopping per bambini.
I bambini sono qualcosa di assurdo: delle pesti e degli angeli, dei demoni e dei salvatori. Ma, al tempo stesso, sono anche la cosa più bella che sia mai esistita al mondo. E i vestiti con cui puoi decorare il loro corpicino paffuto e delizioso sono una delle cose più belle che Dio abbia mai inventato.
«Principessa» mi richiama Jack, mentre io stringo in mano un adorabile vestitino bianco pieno di fiocchetti «non per rovinare il tuo momento di entusiasmo con il tuo amato shopping, ma quel capo costa più di seicento dollari, non potrei permettermelo neanche con un anno di stipendio.»
«Sto decidendo il regalo che voglio fare io» ribatto, ignorando del tutto la sua presenza alle mie spalle. Riposo l'abito sull'apposita sezione di vestiti e inizio a scrutare gli altri che mi si affacciano di fronte agli occhi. «Qual è il colore preferito di Jasmine?»
«Blu.»
«Hmm...» mi massaggio con delicatezza il mento. E' da due ore che siamo intrappolati dentro questo negozio di alta classe dentro cui ho ritrovato la mia sanità mentale e la mia gioia di vivere. Le luci soffuse rischiarano i miei occhi mentre scruto attentamente le possibilità che ho davanti. «Forse un vestito non va bene, tua sorella gioca un sacco e si sporca facilmente, potrei vedere qualcosa come una tutina elegante. Oppure...»
«Anja...» Jack sospira, per poi scrollare le spalle e iniziare a guardarsi attorno a sua volta.
Una tuta? No, forse no. Jasmine non starebbe bene con una tuta. Le gonne le starebbero d'incanto. Oh, guarda, un tutù! Oh mio Dio, è bellissimo, dovrei prenderglielo? No, non credo sia una buona idea. Però era delizioso... oh, e questo cos'è? Ahhhh, una scarpetta! Le scarpe per i bambini sono come quelle di Cenerentola! Bellissima! Sono così piccole da provocarti piccoli e consecutivi infarti di tenerezza.
E se...
«Mi scusi, la pregherei cortesemente di andarsene.»
Per poco la camicia bianca di flanella che stringevo in mano non rischia di cadermi a terra quando la voce del commesso risuona nelle mie orecchie. Andarmene? Perche? Non capisco...
Ma quando sollevo lo sguardo dal capo, ciò che mi ritrovo davanti è nauseante. E' tutta la crudeltà delle persone intrappolata in una sola e singola immagine. Jack è ancora in piedi, accanto al bancone centrale in vetro della sala, e sta guardando impassibile l'uomo che gli ha rivolto la parola. Conosco questo commesso, perché frequento questo negozio da molti più mesi di quanti voglia ammettere. Un uomo basso, tarchiato e privo di capelli che fissa con orrore misto a disgusto la figura imponente di Jack. E' come se il semplice vederlo bastasse a provocargli conati di vomito, come se il suo semplice sguardo gli provocasse paura.
«Come?»
La voce di Jack è tutt'altro che diplomatica, nasconde una velata minaccia che non potrei mai biasimargli. «Questo è un negozio frequentato da un certo tipo di clientela» prosegue l'uomo, e la sua collega, dietro la cassa, scruta attentamente la scena con la stessa espressione disgustata dipinta in viso. «Non accettiamo-»
«Non accettate chi?» lo interrompe Guar. «Gli zingari? E perché?»
«Signore, è pregato cortesemente di...»
Non posso tollerarlo. Questo odio. Questo disgusto. Ho le vertigini, vorrei scappare, vorrei non vedere tutto questo, così da non esser costretta a constatare che il mondo è ancora un posto così orribile come lo aveva descritto Andrew nella mail che aveva riservato a me, e che non mi ha mai spedito veramente.
Ma la rabbia sostituisce ben presto il disgusto, e l'irritazione il tormento, i miei piedi si muovono da soli, le mie labbra si spalancano di propria iniziativa. «Amore» la voce fuoriesce dalla mia bocca più suadente e melodiosa che mai. Jack e Paul - così dice di chiamarsi a giudicare il cartellino sopra la giacca in pelle - si voltano verso di me con gli stessi occhi stupefatti. Il suono dei miei tacchi a spillo risuona nel negozio attirando gli sguardi dei pochi clienti qua presenti. Il mio braccio si muove da solo, e avvolge quello di Jack con una naturalezza che ha dell'impressionante. «Amore, hai trovato qualcosa per Jasmine?»
Gli occhi di Jack si spalancano leggermente. Ha capito, ha intuito il mio trucco. E il sorriso malizioso che aveva già iniziato a dipingere le mie labbra si trasmette anche alle sue, che si spalancano e formano una piccola fossetta sotto gli occhi. «No, non ancora, tesoro, ci sono stati dei... contrattempi.»
«Signorina King?» ora Paul ha iniziato a sudare e a impallidire, è evidentemente sorpreso di vedermi al fianco di una simile compagnia, e, ahimé, non posso certo biasimarlo per questo.
«Salve» lo saluto, tirando fuori il mio sorriso più angelico. «Ci sono dei problemi? Il mio fidanzato le ha per caso dato qualche fastidio?»
«Il suo... il suo... fidanzato?»
Sia lui che la sua collega sembrano esterrefatti, un senso di soddisfazione assoluta divora il mio cuore. «Amore, non gli hai ancora detto che eri qui con me? Ma ovvio che no, non vedo perché farlo, in fondo questo posto è accessibile a tutti, non è così?» torno a rivolgermi a Paul. «Voglio dire, se scoprissi che questo negozio non accettasse alcune clientele solo per forme di pregiudizio insensate molto probabilmente rischierei... non so, di diffamarlo a tutta la mia famiglia e i miei amici.» Credo di esser sul punto di avere un orgasmo quando noto una goccia di sudore scivolare sulla pelata dell'uomo. «Ma per fortuna voi non siete così, non è vero?»
L'uomo deglutisce, tossisce, si impanica.
«Signorina King...»
«Non è forse vero, signore?» per quanto deliziosa possa esser la mia voce, non riesce a nascondere la minaccia indiretta che gli sto lanciando.
«Assolutamente sì, signorina King.»
Mi lascio andare a un sospiro di sollievo e stringo ancor più forte il braccio di Jack, mi sollevo sulle punte per baciarlo sulla guancia. «Visto, amore, che ti avevo detto? Questi luoghi non sono certo discriminatori! Anche perché...» una risatina sardonica esce dalla mia gola «... se fosse così, non esisterebbe nessun uomo dentro questo posto in grado di valere quanto vali tu, tesoro. Mi rifiuterei altamente di uscire con un ipocrita razzista simile. Perché, in fondo, io frequento solo persone di alta classe.»
Nota autrice:
Lo so, lo so, perdonatemi davvero per l'orribile ritardo! Sono sommersa dallo studio e scrivere di notte si sta facendo pian piano più faticoso! Prometto che farò il possibile per poter migliorare la situazione ahahaha, mi stavano mancando troppo Sophia e Jack, perciò eccovi qui, il vostro nuovo capitolo.
Sophia sta iniziando a mostrare i propri artigli, signore e signori, e si vedrà più che bene anche nei prossimi capitoli!
E come forse avrete potuto notare, Jack ha una sorta di debole per le donne che sanno come rispondere.
Mi domando come la ringrazierà...
Ehhehehhe
Grazie mille per star seguendo la storia! Se vi sta piacendo, stellinate come se non ci fosse un domani (okay no, non è vero, non lo fate se non volete XD) e lasciate un commento per dirmi che ne pensate.
Un bacione grosso grosso dalla vostra Sasha Nye!
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