La principessa e il diavolo

La principessa e il diavolo

N.A.

*si schiarisce la gola*

THIS GIRL IS ON FIIIIIIIIIIIIIREEEEEE






La sua bocca mi divora.

Assetata di aria, assetata dei miei respiri, scava alla ricerca di me stessa. Non c'è nulla di dolce e delicato in questo scontro, è una battaglia, una guerra, con lui che cerca e che trova, con io che tremo e soccombo.

Soccombo a lui, soccombo alla sua voracità, soccomba alla sua ira, al suo desiderio, alla mia lussuria - questo mondo sta implodendo in noi due, è troppo stretto per la passione che stiamo tentando di contenere in questo bacio che ci intrappola. Le sue mani sono ovunque, i suoi denti sbattono contro i miei, mentre le sua lingua si insinua fra le mie labbra socchiuse, e c'è qualcosa di sbagliato in tutto ciò, qualcosa di peccaminoso, ma non posso fermarlo, non posso fermare tutto questo: noi due, i nostri corpi che si ricercano, il nostro volerci a vicenda senza volerci per davvero. 

Tremo ancora, le mie dita arpionano il tessuto della sua maglia, lungo il colletto, percepisco la tensione delle sue spalle, la rigidità dei suoi muscoli che si muovono per contrarsi a ritmo coi miei. L'esplosione di piacere si dirama dalla mia bocca e si stende nella mia mente: un fascio di luce che mi acceca. Cado, in balia di me stessa, in balia di lui - e vorrei poter dire qualcosa, vorrei potergli dire che queste labbra che mi toccano sono le prime che mi abbiano mai toccato dopo così tanto, tanto, tanto tempo, eppure dalla mia bocca non prorompe nessun suono che non siano gemiti, versi di piacere.

Jack è in preda al dolore, alla rabbia, alla passione, il tocco della sua bocca è caldo e ruvido, ci scontriamo, ci odiamo, ci colpiamo a ogni incontro di labbra - una lotta, una guerra che ci distrugge mentre ci fortifica. Non c'è niente di più sbagliato e di più giusto di questo bacio, di questa lingua che scava e cerca, della mia schiena che si inarca mentre le sue mani scivolano sotto l'orlo della mia camicia e risalgono, scorrendo sulla pelle nuda.

Mi sento scoperta, nuda, spoglia di qualsiasi muro, ci siamo ritrovati nella nebbia di pensieri, nel limbo da cui non abbiamo ancora capito come uscire, e abbiamo deciso di ritrovare un temporaneo sollievo in questo spasmo di emozioni. Grugnisco, lo colpisco coi pugni: sul petto, sulla schiena, sulle gambe. Lui assorbe tutto, tutto quanto, mi intrappola nella morsa fredda e rigida delle sue braccia - è una prigione dentro cui mi rinchiudo volentieri, deve racchiudermi in sé anche quando vorrei solo distruggerlo. 

Un verso gutturale prorompe dalla sua gola quando mordo il suo labbro inferiore, il suo respiro il ringhio di un animale ferito. Se potessi fermare il tempo e riavvolgerlo, sarebbe questo il momento perfetto che riascolterei per il resto della mia vita: lui che cede a me, la principessa che crede io sia. 

Hai perso, Guar.

La vittoria è mia.

Il tocco dei palmi delle sue mani è ruvido con la pelle delle mie guance, le intrappola mentre soffoca i miei respiri con la bocca, i denti, la lingua. Il fuoco brucia e scorre nelle vene fino a far ribollire il sangue, il fascio di luce si propaga nella mente, le mie gambe cedono per la forza con cui sta risucchiando ogni pensiero. Vibro di tensione e eccitazione, perdo l'equilibrio, il mio fianco sbatte contro la sua maledetta moto: il tocco della sua mano sul mio sedere fa impazzire ogni più piccola cellula del mio corpo, la Harley Davidson cade dietro di noi mentre lui mi impedisce di cadere occupando quella sottilissima patina d'aria che ci separava col suo corpo.

La sua presa è ferrea, lo sento stringere il mio gluteo, scariche elettriche si diramano per arricciare le dita dei miei piedi, l'altra sua mano è una presa rovente sul mio collo. Il bacio con cui risucchia la pelle sopra di esso rischia di farmi perdere l'equilibrio una seconda volta: i suoi denti graffiano la morbidezza del tessuto e scivolano di nuovo in alto. Nelle mie labbra socchiuse implode un sospiro non appena afferrano e stringono il lobo del mio orecchio sinistro.

Ci sono così tante cose che vorrei fare, così tante cose che vorrei dire... che sono persa, sono completamente pazza di questi suoi baci, di questo suo odiarmi nell'amarmi, amarmi nell'odiarmi, ma la gola è serrata, gli occhi spalancati, e l'aria che respiro è troppo infuocata perché possa far sgusciare qualche parola sensata.

Mi aggrappo a lui, la mia unica ancora di salvezza, il mio unico appoggio in questo inferno di peccati, lo ritrovo con la bocca, il suo naso curvo si scontra col mio mentre ogni forma di resistenza evapora con il tocco della sua mano ora di nuovo sotto la camicia. Le sue unghie risalgono ancora e ancora, i polpastrelli plasmano il lato sinistro del mio fianco. 

«Jack.» Il suo nome è una supplica, una preghiera, nella mie labbra - e di quel che è rimasto del Valentine che conoscevo ormai c'è solo cenere, un altro fuoco si è acceso su sul viso. Lo scontro delle labbra è agonizzante e eccitante al tempo stesso, non c'è nessun altro posto dove vorrei essere se non qui, con lui, in lui, intrappolata in questo corpo così grande che è sia una gabbia che una liberazione.

Sto crollando, sto crollando ovunque, perché lui mi sta distruggendo a ogni bacio, a ogni tocco, a ogni respiro. Siamo diventati i tasselli mancanti di noi stessi, ci stiamo completando nella maniera più sbagliata per i motivi più giusti.

«Jack.»

I raggi del sole che abbagliano le finestre dell'ospedale mi riportano drasticamente alla realtà, al luogo in cui ci troviamo, al parcheggio in cui ci siamo scontrati. Respiro a fondo, con le sue labbra che timbrano le mie, la sua mano che sta raggiungendo il mio seno. «Jack, siamo davanti all'ospedale.»

È sordo quanto me, accecato, il desiderio lo ha fermato dal pensare lucidamente, e io vorrei potermi concedere lo stesso piacere, lo stesso peccato, ma non qui, non così - perché dobbiamo essere solo noi due, perduti nello stesso mondo dove nessuno potrà ferirci ancora una volta e portarci via ciò che più amiamo.

«Jack, non qui.»

Il suo respiro si spezza bruscamente, il suo ritiro dal mio corpo mi strappa dal calore della sua pelle. Si solleva, interrompe la stretta e la prigione così da permettermi finalmente - finalmente - di poter guardare quei suoi occhi azzurri. Degli zaffiri speciali, racchiudono il cuore dell'universo intero, sono il freddo fuoco della speranza, e io sprofondo in loro, sprofondo nei loro abissi profondi, venendone bruciata fin nella carne e nelle ossa.

Le sue mani si serrano in due manette roventi sui miei fianchi, per un istante, un sciocco e banale istante, ci guardiamo e basta. Il sole lo abbaglia dalle spalle, adombrandone i tratti duri del suo viso, le linee marcate di quel naso rigido, di quelle labbra che sono gonfie dei miei morsi. Quando lo guardo, ora, così, sento il vento funesto della vergogna schiaffeggiarmi il volto, parole terribili sgorgano nella mia mente. Perché è crudele, lui, il suo respiro, il suo battito.

Ha acceso la miccia spenta del mio cuore, e ora vuole spegnere il fumo del mio dolore.

È il saccheggiatore della mia tragedia, l'assassino dei miei rimpianti.

«Non ti ho ancora trovata.»

Scivola lenta, la sua voce. Striscia nelle orecchie e si incunea nei meandri oscuri dell'animo, accendendo le fiaccole di piacere: i suoi occhi splendono di desiderio - cristalli di ghiaccio infuocato dolci nella loro spietatezza, crudeli nel loro affetto. Il mio corpo si solleva, privo di iniziative, sento accaldarmi ovunque quando lui mi issa sulla sua spalla. 

Non mi ha ancora trovata.

Ma lo farà fra poco.

***

Il viaggio in macchina è un incubo.

Non tanto per il fatto che lui mi ci abbia trascinata dentro senza preoccuparsi di chiedermi cosa sta succedendo fra di noi e cosa ne sarà ora del patto vincolante che segretamente avevamo stretto quella notte, quando lui si è scansato un attimo prima di baciarmi, quanto per il fatto che l'aria si accorda dei nostri respiri tesi: i nostri corpi sono intrappolati in un involucro di eccitazioni e desideri. Dalla mia pelle vapore denso sta uscendo, accaldata dalla lussuria, l'atmosfera che respiro mi inebria, rendendomi brillata: inalo l'alcolico momento che precede il reclamo della carne.

«Non vuoi tornare a casa prima di-»

«No.»

Una sola sillaba, ed è riuscito a dire centinaia di cose in centinaia di modi diversi. Guida la mia jeep come se dovesse conquistare le strade, il piede che schiaccia l'acceleratore, quasi non avessimo tutto il tempo del mondo per fare quello che vogliamo o dobbiamo fare, quasi domani non ci fosse una nuova alba, un nuovo giorno, una nuova vita.

Parcheggia di fronte all'edificio del mio appartamento con rabbia, il rombo del motore risuona sofferente alle mie orecchie. Si muove come se ogni respiro gli ferisse l'anima, uno squarcio sul suo dolore già di per sé visibile. «Lala era preoccupata» le mie parole vibrano di tensione «e Jasmine-»

«No.»

Non posso oppormi, non quando mi guarda in questo modo - come se mi stesse frugando il cuore e ne stesse rubando i più profondi desideri. Vorrei piangere, non so perché, vorrei piangere perché non mi sono mai sentita così, non ho mai provato questo delirio del piacere, questa volontà di reprimere la sofferenza con la carne, eppure mi muovo, ed esco dalla macchina insieme a lui: il cielo sembra essersi diramato di fuoco. 

La mano di Jack afferra il mio braccio, mi trascina verso la hall d'ingresso dell'edificio, l'ascensore dentro cui entriamo pare essersi fatto più piccolo: mi sta stretto addosso, un vestito che mi intrappola e mi soffoca, e la presenza di Jack al mio fianco - così grande, così imponente - peggiora queste sensazioni. L'ansia dell'attesa rievoca pensieri assopiti - che c'è qualcosa di sbagliato in ciò che mi sta chiedendo, un'arrendevolezza che temo di non potergli concedere - fino a quando l'anta dell'ascensore non si riapre davanti al corridoio del mio piano e le sue labbra tornano sulle mie.

È così irruento, così improvviso, non posso calcolare le mosse se lui si muove in questo modo: divorandomi l'essenza e risucchiandomi l'anima. La mia schiena sbatte con violenza contro la parete del pianerottolo, il bruciore del colpo viene attutito dal tocco fresco delle sue mani che vanno ad accarezzarla mentre io tento disperata di ritrovare le chiavi nella borsa. La sua bocca non mi dà tregua, è ovunque, lui mi intrappola e mi distrugge, con queste sue mani grandi che mi stringono e mi saccheggiano la pelle e i battiti.

«Fermo, io, le chiavi.» Balbettare è un'impresa se la tua lingua è intrecciata a quella di un'altra, respirare sembra un miracolo quando il tuo corpo è completamente oppresso da novanta chili di maschio che ti schiacciano contro un muro. 

Le dita arpionano il portachiavi, a forma di fetta di cheesecake, che Pamela mi diede in regalo tanto tempo fa, non appena lo tiro fuori le dita di Jack si stringono alle mie: «Ehi, fermo, aspetta, Jack!»

La porta si spalanca sotto la sua furia nel momento esatto in cui mi trascina dentro l'appartamento: i nostri denti sbattono per un istante non appena le bocche si rincontrano, le mie gambe crollano e lui mi sostiene mentre mi intrappolata fra il suo corpo e la porta che si richiude quando marciamo indietro alla ricerca di un appiglio.

Si scosta un istante, un secondo, nel retrocedere di chi ha appena ricordato qualcosa. I suoi occhi vagano nel mio appartamento dispersi e incerti. «Che fine ha fatto il topo

Per davvero? È serio? Stava per baciarmi fino a risucchiarmi le tonsille - per citare Sasha - e quello a cui pensa l'attimo prima di farlo è Papillon?

«Il mio cane non è un topo!» esclamo indignata, mentre il respiro si accumula nella gola in un gomitolo infausto di eccitazioni. «E... È da Sasha.»

Il suo sopracciglio sinistro si solleva per il turbamento. Non posso biasimarlo: Sasha e Papillon insieme? Una pessima accoppiata. «Ero preoccupata, okay?» gracchio, la voce accalcata dalla vergogna. «Quando Jasmine mi ha chiamato col tuo telefono ho creduto che ti fosse successo qualcosa! Perciò sono corsa a casa tua e ho lasciato Papillon da Sasha.»

«A casa della tua futura cognata?»

«Sì!»

«Quella pazza sociopatica che finge di essere incinta per spaventare tuo fratello?»

«Sì!»

«Con un cane che uccide pure i pupazzi e aggredisce nemici invisibili?»

«Ne hai ancora per molto?»

Il sorriso esplode nelle sue labbra in un fuoco d'artificio, credo di non averlo mai visto così contento da quando l'ho conosciuto. «Io ti piaccio davvero molto, eh, principessa?»

Le mie guance vanno a fuoco. «Vuoi continuare a vantarti?»

«Lasciare quel topo nelle mani di quella pazza solo per assicurarti che stessi bene...»

«Papillon non è un topo e Sasha non è...» Mi fermo. «E va bene, è pazza! Hai vinto tu, okay?»

Il suo sorriso non si spegne neanche quando torna a timbrare le mie labbra, credo che il bipolarismo inizi a farsi sentire nella sua mente, altrimenti non riuscirei a spiegarmi come da furibondo assatanato di sangue si sia trasformato in un ragazzo che sembra aver appena provato una buona dose di droga. 

Il bacio che mi dona, stavolta, è molto più dolce e sentito, ma non basta a nascondere il fuoco con cui mi incendia. Quasi inciampiamo mentre ci muoviamo frenetici verso la mia camera da letto, un intreccio di membra che ricade sul materasso senza troppi rigiri, con un colpo semplice e sonoro che non raffredda il desiderio della carne.

Che Dio abbia pietà di me, non riesco a smettere di toccarlo, di lasciarmi toccare. Ogni sua carezza è il paradiso, ogni suo bacio l'inferno, una bollente palla di fuoco che si racchiude fra le mie labbra per sospirare lingue di piacere nella bocca. 

Jack si solleva a sedere, piano, lentamente, a cavalcioni su di me, il cuore sprofonda mentre le sue mani scivolano sull'orlo della sua maglia per sfilarsela con velocità e frenesia. Rimango immobile, sdraiata sotto di lui, a guardare la meraviglia qual è Jack Valentine a torso nudo.

Il tappeto scuro del petto nasconde i lineamenti dei suoi muscoli, e quando li tocco li sento lavorare, muoversi, contrarsi sotto la sua pelle, un sospiro sospinto si leva dalle bocche di entrambi mentre ci ricerchiamo. È meraviglioso, è da dannazione, sto cedendo al peccato, alla lussuria, e non una singola cellula del mio corpo reclama la speranza, la lucidità, quella razionalità che mi dovrebbe far pensare e dire ciò che invece non voglio pensare e dire.

I nostri corpi tornano a muoversi, lui che è così allenato, così grande, a ricoprire come un lenzuolo la gracile me che sono, labbra che si reclamano e gemiti che si uccidono, intrecci di gambe, scioglimento di colpe. Il suo sorriso timbra la curva del mio corpo, le sue mani scivolano fino a spogliarmi di ogni vestito, lasciandomi nuda e scoperta sotto questo suo possesso di sentimenti e paure.

«C'è una cosa che ti devo dire» la sua mano si ferma, a un centimetro dal mio seno, resta immobile nell'aria. I suoi occhi, ora, sono due giganteschi diamanti, brillano di propria luce, infuocati dal desiderio.

Il diavolo in persona.

«Io non sono il sostituto di nessuno.» Ogni parola che pronuncia si scaglia su di me in chicchi di grandine, li sento ferire la mia pelle nuda, tradire il mio sollievo, ricordandomi che lui sa - Jack sa tutto, di quello che penso, di quello che non penso, di chi più mi ricordo. «Non lo sarò mai, non lo voglio essere.»

Il fantasma di Andrew ripiomba, ma solo un istante, si abbatte sulle mie spalle per poi sollevarsi di nuovo, svanendo come il fumo di una sigaretta che si consuma da sola. Le mie dita si intrecciano ai peli del suo petto, le mie palpebre si chiudono da sole mentre percepisco e mi avvolgo del suo peso sopra il mio: «Lo so.» Lasciar filtrare queste parole fra i denti richiede più lacrime che rimpianti. «Non lo potresti mai essere.»

Ci guardiamo, un solo momento dove siamo noi due - sospesi nel silenzio e nel passato. Non ho mai visto un volto più bello e disperato del suo, non ho mai conosciuto delle labbra così carnose, dei risentimenti così dannosi. È il demone che mi tenta, il peccato che mi reclama, le mie sopracciglia calano dolorosamente sui miei occhi mentre mi costringo a rivelargli quella verità che - già lo so- lui conosceva da tempo.

«Non l'ho mai fatto prima d'ora.»

Sembra sorpreso, particolarmente sorpreso, emozione che non contemplavo fra le sue reazioni. «Non capisco.»

«Dopo Andrew io non ho mai...» Mi rendo conto, in questo momento, che parlare di sesso a volte è molto più difficile del metterlo in pratica. «Non c'è stato più nessuno.»

La sua mano è così grande, si posa sulla mia guancia con la delicatezza di un petalo, in perfetta contraddizione con la sua grandezza e callosità. Il suo palmo potrebbe soffocare il mio viso, eppure resta sospeso, ad accarezzarmi nella sua dolcezza, e in questo momento il suo potrebbe essere il gesto di un diavolo particolarmente buono. 

«Non lo sostituirò, Sophia» sussurra. «Te l'ho detto e te lo ripeto, non ho alcuna intenzione di diventare il fantoccio di una persona che non c'è più.»

La saliva si accumula nella gola, annuisco lentamente. «Non potresti mai essere lui.»

La mia affermazione pare sollevarlo e ferirlo al tempo stesso, le sue labbra ritornano sulle mie - lui torna su di me. Non c'è delicatezza, stavolta, nessun freno. È pelle che si incontra e membra che si strusciano, corpi che imparano a conoscersi nonostante le loro differenze, a completarsi nonostante le loro cicatrici. Le mie mani scivolano sulla sua schiena, ne analizzano il ritmo musicale con cui essa si muove sotto i palmi, i suoi denti graffiano e cercano e gridano, soffocando ogni mio pensiero ed emozione.

Il silenzio della stanza viene riempito dal suono creato dai nostri tormenti, quelle dita che si cercano, quelle mani che si intrecciano, non ho mai provato una simile pazzia per qualcuno, non sono mai stata divorata nell'interno fino a far bruciare l'esterno, è sempre stato tutto vuoto per anni, anni e anni.

Il reggiseno scompare, la sua bocca scivola in basso, il bagno di fuoco con cui racchiude le punte del mio seno mi inebria e ubriaca, l'aria che respiro sa di cenere e di fumo, soffoca i miei polmoni fino a rendere contratto il respiro. E le sue dita scivolano, scivolano, sempre più in basso, in quel punto che tanto lo desidera quanto lo reclama. Un movimento di piaceri, la perfetta combinazioni di sentimenti astratti e desideri concreti: le mie unghie ne graffiano la schiena nel percepire il tocco di qualcosa di non mio che ora mi appartiene, i versi gutturali provenienti dal suo volto impresso nel mio collo aumentano i miei sospiri sommessi mentre ogni cosa si sgretola di fronte al più inebriante e infernale dei piaceri.

C'è un che di intrinsecamente sbagliato in ciò che lui mi sta richiedendo a ogni bacio e ogni carezza - un'arrendevolezza dei sensi, un mare di sogni - ma non riesco a fermare né lui né me, è troppo perché possa farlo. Lui è la mia debolezza più grande, il mio sbaglio peggiore, il mio peccato imperdonabile. La tentazione più perfetta.

Non ci sono voci a riempire questo mondo, ci siamo solo noi due, una bolla di sapone che ci copre proteggendoci dagli infausti dolori della vita, con la sua bocca che saccheggia il luogo più privato della mia essenza, quell'intimità dove nessuno ha toccato e sentito nulla per troppo tempo, e ogni suo cercare è un dolore di consolazione, un sollievo di sofferenza, e io non posso neanche chiamarlo, non posso neanche pronunciare il suo nome, non so quale sia, non so chi sia lui, non so con chi sto condividendo questo momento, se Jack o Guar, se il ragazzo crudele o quello ferito.

Ma c'è un istante... oh, un istante dove l'incanto del diavolo si spezza, è il momento in cui lui si stende sopra di me - dopo che ogni indumento ha smesso di appartenerci e siamo solo pelle contro pelle - il momento in cui tutto quello che deve accadere sta per accadere, quando i suoi occhi incontrano i miei, quando il legame che non vogliamo possedere ci vincola fra noi stessi, risaldando la dolorosa consapevolezza di essere in questo limbo del passato soli come prima ma non soli quanto prima. Un cartoncino di alluminio strappato fra le mie dita, dei capelli dorati sparsi sul cuscino, e due corpi che sono pronti per conoscersi per davvero per quella che sarà la prima volta.

Fra la carne delle sue labbra intravedo un sottile filo di aria, una chiusura dei sensi, una linea che gli permette di respirare di nuovo e percepire ancora una volta l'odore del desiderio. E mentre mi guarda così, entrambi nudi e spogli, lo sento:

«Sophia

Il mio nome è l'incanto, la meraviglia, il miracolo. Sembra quasi mi stia cercando, perduto in una nebbia da cui non sa come districarsi, intrappolato in una vita che gli è troppo stretta. I suoi occhi mi scivolano addosso, sinuosi e lenti, il suo volto appare come quello di un bambino. Mi muovo, lenta, lo afferro per il viso, questo bacio deve essere tutto: la mia vittoria e sconfitta, la mia perdita e conquista.

Si spinge in me come si spinge in questa trappola di bocche, schiacciandomi sotto il suo peso, intrappolandomi nel materasso. Mi inchioda con ogni suo desiderio, bruciando la carne che aveva dimenticato cosa significasse venir riempita da un altro essere umano. È difficile e incontrollabile trattenere la stella di emozioni che si sta consumando nel mio petto, ricalcando i gemiti di piacere che dalle nostre bocche sfuggono incontrollabili in promesse mai mantenute.

Il ritmo è il lento piacere della carne, la perfetta armonia fra la ricerca dei sensi e la perdita del senno, se potessi scegliere il momento magico della mia vita sarebbe questo, solo questo: il momento in cui lui mi ha trovata, dispersa nella mia disperazione. Il momento in cui io l'ho trovato. E non ci sono più vincitori e sconfitti, non c'è nessun guadagno in questa resa dei conti: siamo ancora perduti in un mondo di rimpianti, ma, stavolta, per la prima volta, non siamo più da soli.

È il diavolo, e mi ha incantata. Sono stata inebriata dal suo profumo di peccato, e a ogni colpo, a ogni gemito, a ogni suo scoprirmi e ritrovarmi, il peso del dolore scompare. Siamo solo io e Jack, ora, che ci ricerchiamo, che ci adoriamo, che ci amiamo e odiamo. Non potrebbe esserci nulla di più sbagliato al mondo, non potrebbe esserci nulla di più giusto al mondo.

Con il suo corpo io brucio.

Con la sua bocca io vivo.

Con i suoi baci io respiro.

Ed eccolo, il momento in cui tutto si frantuma, dove il soffitto si sgretola, il cielo esplode e la bolla di sapone che ci protegge è l'unica cosa che rimane sospesa nel mondo disgregato dalle nostre mani.

Ho mentito, ho mentito senza neanche rendermene conto.

Non è stato lui a perdere.

Sono stata io.




Nota autrice:

BABABABABUM!

Esplosione di ovaie!

Sì ragazze! Sì! Ci siamo, ci siamo! *grido acuto da teenager*

Il rapporto di Sophia con Jack è   I N I Z I A T O.

E sarà una bomba!

Stay tuned! 


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