4. Restricted Section
·≈· DRACO'S POV·≈·
Quando arrivai di fronte alla biblioteca trovai la porta già socchiusa, segno che Hermione doveva già essere arrivata.
Un sorriso malizioso si fece strada sul mio volto mentre entravo, chiudendomi l'uscio alle spalle con un incantesimo.
Due sere prima eravamo casualmente capitati in quella zona del castello, mentre cercavamo una stanza appartata dove poter rimanere soli.
Avevamo ripiegato sulla biblioteca quando Mrs. Purr aveva fatto la sua apparizioni a pochi metri di distanza da noi, costringendoci a rompere l'incantesimo che proteggeva i preziosi libri di Madama Pince per nasconderci tra gli alti scaffali in legno.
Da quella sera, giocare a nascondino nel labirinto di carta e inchiostro che era la biblioteca sembrava esser diventata una delle nostre attività notturne preferite.
L'ambiente era fiocamente illuminato da candele incantate, che fluttuavano a mezz'aria, e dai pochi raggi di luna che riuscivano a filtrare attraverso le spesse tende alle finestre.
«Hermione?», la chiamai in un sussurro, cercando la sua silhouette nella semi oscurità.
Quando non ottenni risposta iniziai a cercarla, insinuandomi tra gli scaffali.
In biblioteca regnava la solita pace surreale, gli unici suoni percepibili provenivano dall'esterno; l'ululare del vento e il crepitare delle foglie secche.
Mentre avanzavo lungo i corridoi di scaffali, non riuscivo a smettere di sorridere.
Ero impaziente, emozionato...
Ogni angolo che giravo, ogni corridoio che percorrevo il cuore mi batteva più forte in petto.
Non vedevo l'ora di stringere la mia ragazza in un abbraccio e chiederle come fosse andata la sua giornata.
A pochi passi dal Reparto Proibito riconobbi la massa di ricci disordinati della Granger e il sorriso mi si allargò ulteriormente.
Era seduta su un banco, le gambe sospese nel vuoto che dondolavano leggermente mentre sfogliava un libro con aria assorta. Non alzò lo sguardo dalla pagina, ma i lineamenti le si addolcirono in un dolce sorriso.
«Finalmente», disse, continuando a leggere: «Cominciavo a temere che avessi cambiato idea o che fossi stato scoperto da Gazza».
«Cosa leggi?», le chiesi, sedendomi accanto a lei e sbirciando oltre la sua spalla le parole impresse sulla carta.
«É un saggio breve sull'Elisir per Indurre Euforia, dopo la lezione di oggi con la professoressa Bing volevo approfondire l'argomento», disse distrattamente, spostandosi leggermente sul banco, in modo da premere la spalla contro la mia: «Ho dovuto trovarmi qualcosa da fare dato che, qualcuno qua è in ritardo».
«Blaise continuava a tormentarmi e ho perso la cognizione del tempo», mi giustificai, tralasciandole i dettagli scabrosi; da quando il mio migliore amico aveva realizzato di essersi sinceramente affezionato alla Lovegood non riusciva a parlare d'altro. In pubblico sembrava sempre lo stesso, ma nel privato del nostro dormitorio, appariva il suo lato sdolcinato. Quella sera mi aveva deliziato con un monologo incentrato sul modo adorabile in cui la Lovegood arrossiva; monologo che mi veniva ripetuto ogni giorno e del quale ormai conoscevo ogni parola.
«Tormentarti?», ripetè, lanciandomi un veloce sguardo di scherno: «Povero furetto».
Appoggiai il mento sulla sua spalla, facendo attenzione a non farle male: «Io soffro e tu mi prendi in giro? Ma che razza di morosa sei?»
«La migliore», sussurrò, chiudendo il libro che stava leggendo con un suono sordo.
«Com'è andata la giornata?», le chiesi, mentre lei riponeva il piccolo manuale su uno scaffale poco distante.
«Vorrei dirti una cosa, ma non so se posso farlo», disse piano, tornando da me e posizionandosi tra le mie gambe, gettandomi le braccia intorno al collo.
Le diedi un bacio a fior di labbra, sorridendole: «Ora sono curioso, devi dirmelo».
«Sei sempre il solito prepotente», si lamentò, scuotendo piano la testa.
La preoccupazione sul suo viso mi fece capire che non era un argomento semplice quello che voleva affrontare, così non insistetti ulteriormente, limitandomi a circondare la sua vita con le braccia e inebriarmi del suo profumo, in attesa che trovasse le parole giuste.
«Prima delle lezioni del pomeriggio ho trovato la Parkison a terra, svenuta».
Tra me e Pansy non c'era un rapporto idilliaco. Lei mi sopportava a mala pena e io non potevo darle torto; mi ero comportato da stronzo con lei, mi ero approfittato della sua cotta per provare a togliermi la Granger dalla testa, usandola e spezzandole il cuore senza riguardi. Non andavo fiero del mio comportamento, ma non potevo fare nulla per cambiare il passato.
Avevo notato che da quando erano rincominciate le lezioni lei non si era quasi mai fatta vedere, ma mi ero volutamente tenuto fuori dall'intera faccenda. Non ero mai stato bravo a consolare le persone, inoltre avevo temuto che un mio possibile avvicinamento potesse solo peggiorare le cose e farla stare peggio.
Forse era stato un errore, forse avrei dovuto insistere e provare a starle vicino.
«Sta bene?», chiesi, preoccupato. Pansy era stata la mia prima ragazza, e anche se non ero mai veramente riuscito ad amarla come si sarebbe meritata, le avevo voluto bene e continuavo a volergliene.
«Sì, era un calo di zuccheri, ma c'è dell'altro», disse: «Ho origliato la conversazione tra Madama Chips e la Parkinson».
Un tenue rossore si diffuse sulle sua guance.
«Stare con me ti sta rendendo una vera Serpe», dissi, nella speranza di alleggerire un po' la tensione. Ottenni una breve botta sulla spalla e uno sguardo di rimprovero.
Le maniere manesche della Granger non si smentivano mai.
«Il morso di Greyback l'ha trasformata in un licantropo».
Rimasi con occhi e bocca sbarrati dalla sorpresa per qualche secondo: «No, è impossibile», mormorai, abbassando lo sguardo.
«Anche io l'ho pensato, per questo dopo le lezioni sono venuta qua a informarmi...».
«Greyback era in forma umana quando l'ha morsa. La trasformazione avviene solo quando vieni morso da un licantropo durante la luna piena», dissi, ricordando la lezione che avevamo avuto il terzo anno a tal proposito.
La Granger annuì: «Sì, a meno che il morso non sia abbastanza profondo da raggiungere il cuore».
Guardai il volto di Hermione con stupore e orrore.
Non potevo crederci. Non volevo crederci.
Pansy non aveva già sofferto abbastanza?
«MI sono informata sull'argomento e credo che, molto probabilmente, non viene a lezione perché le danno fastidio i suoni e gli odori».
«Lupin non aveva di questi problemi», le feci notare, aggrottando la fronte.
«Ma Lupin venne morso da piccolo, ciò gli diede la possibilità di abituarsi ai sensi sviluppati nel corso degli anni. Pansy è stata morsa da pochi giorni», mi fece notare Hermione, puntando i suoi occhi scuri nei miei: «Non oso immaginare come si debba sentire sola. Dobbiamo aiutarla».
La risoluzione con cui disse quelle parole mi stupì.
«Pansy è testarda quasi quanto te, non sarà facile convincerla ad aprirsi con noi», le feci notare, rigirandomi una sua ciocca di capelli tra le dita.
«Dobbiamo provarci».
La serata non stava procedendo come mi ero aspettato. Mi ero immaginato molte meno parole e molti più baci.
«Va bene, hai un piano?»
«Non proprio», disse, aggrottando la fronte: «Penso che dovremmo provare a parlarle intanto e poi vedere come reagisce».
Annuii, osservando la sua espressione assorta e risoluta.
«Per il resto la giornata è andata bene?», le chiesi, accarezzandole le braccia in punta di dita; ero deciso a distrarla dalla questione Pansy, era evidente che la faccenda la stesse logorando e sia lei che io avevamo bisogno di un po' di pace.
«Sì, è stata una giornata piuttosto monotona. La tua com'è stata?»
«Non mi lamento, anche se non ho fatto altro che pensare a te per la maggior parte del tempo», ammisi, baciandole lievemente la fronte e poi la guancia.
«E come mai?»
«Ho bisogno di un motivo per pensare alla mia ragazza?», le chiesi, sorridendole.
Hermione si morse il labbro inferiore, seguii quel gesto con occhi famelici.
Lei se ne accorse e ripetè il gesto, prima di sussurrare: «Raccontami, a cosa hai pensato nello specifico?»
Adoravo quando stava al gioco.
«Tu ed io nel Reparto Proibito, nudi».
«Reparto Proibito, eh?», sussurrò, prima di districarsi dal mio abbraccio e indietreggiare verso quell'ala della biblioteca.
«Che stai aspettando, non vieni?», chiese, incitandomi a seguirla.
Non me lo lasciai ripetere e mi alzai, deciso a non perderla di vista nemmeno un istante.
Il Reparto Proibito era semplicemente più impolverato e lugubre rispetto al resto della biblioteca. Fino a un paio di anni prima solo l'idea di entrarci mi avrebbe emozionato oltre ogni dire: tutta la conoscenza rinchiusa in quei volumi, gli incantesimi oscuri che avrei potuto usare contro il Trio dei Miracoli per dimostrare di essere un mago migliore di loro...
Chi avrebbe mai pensato che mi sarei ritrovato a metterci piede per la prima volta proprio con Hermione Granger?
«Sei mai stato qui?»
«No», ammisi, seguendola fino al limite massimo del Reparto.
«Chiudi gli occhi», mi disse, un sorriso malizioso ad incurvarle le labbra.
«Perché?», chiesi, obbedendole.
«Poi vedrai, non sbirciare».
Passarono pochi secondi, poi ricevetti il permesso di aprire gli occhi e quello che vidi mi lasciò semplicemente senza parole.
Hermione era seduta su un tavolo che fino a poco fa non c'era, non indossava più il mantello e la camicia era aperta, lasciando in bella vista il suo reggiseno. Indossava la gonna della divisa, che era leggermente alzata e permetteva di ammirare una maggiore porzione di coscia rispetto al solito. Aveva le guance color porpora e lo sguardo imbarazzato; era bellissima.
Mi avvicinai, cancellando i pochi metri che ci separavano, poggiando le mani sul legno del tavolo ai lati dei suoi fianchi.
«Non è il mio compleanno oggi», le dissi, sfiorando la pelle del suo viso con le labbra: «A cosa devo questo... regalo?»
Hermione mi gettò le braccia al collo, stringendomi in un abbraccio. Ricambiai la stretta, premendo le mani contro la sua schiena.
«É tutto il giorno che aspetto questo momento», disse: «Non sei l'unico ad avere fantasie».
Avvolse le sue gambe intorno ai miei fianchi, avvicinando ulteriormente i nostri bacini e le sue labbra si premettero con foga contro le mie.
La sua presa di posizione mi eccitò ulteriormente, svuotando la mia mente da qualsiasi altro pensiero che non fosse lei.
Impiegai pochi secondi per liberarla definitivamente della camicia, mentre lei non perdeva tempo e mi slacciava la cintura e la patta dei pantaloni. La sua impazienza non faceva altro che aumentare la mia smania.
Feci un incantesimo contraccettivo, poi tornai a spogliarla senza l'ausilio della magia.
«Hai le mani fredde», si lamentò, tirandomi leggermente i capelli.
Sogghignai e premetti le dita sulla sua pancia bollente, poi sulle cosce, sentendola tremare al mio tocco: «Tu sei calda invece», mormorai, prima di abbassarle le mutande e iniziare a stimolare il suo clitoride.
Hermione gemette, afferrando il bordo dei miei pantaloni per abbassarli insieme all'intimo.
«Quanta impazienza», mormorai, sfoggiando il mio ghigno malizioso.
Il sorriso però mi morì sulle labbra quando la mano di Hermione si avvolse intorno alla mia eccitazione, lasciandomi senza parole.
Ci baciammo con frenesia, continuando a stuzzicarci entrambi.
Fu Hermione a mettere fine ai preliminari quando spostò la mia mano dal suo inguine e agganciò le gambe intorno alla mia vita, facendo scontrare le nostre intimità.
La penetrai lentamente, osservando le guance rosse e il viso scarmigliato di Hermione, così da non perdermi una sola delle emozioni che attraversarono il suo volto.
Non avrei mai pensato che uno dei miei sogni erotici più ricorrenti sarebbe diventato realtà.
Avevo sempre collegato Hermione alla biblioteca e allo studio, ero stato segretamente affascinato dalla sua intelligenza fin dall'inizio; non c'era da stupirsi se uno dei primi sogni erotici della mia adolescenza era ambientato nella biblioteca di Hogwarts e aveva come protagonista la so-tutto-io-Granger.
Mi portai una sua gamba sulla spalla, facendola scivolare all'indietro sul banco; aveva la testa gettata all'indietro e la bocca socchiusa alla ricerca disperata d'aria.
Era una visione a dir poco mozzafiato.
Mi spinsi in lei lentamente, poi sempre più veloce, cercando di mantenere un ritmo costante. I suoi fianchi si muovevano nel tentativo di starmi dietro, venendomi incontro ad ogni spinta.
«Ti faccio male?», le chiesi, scrutando il suo volto contratto in quella che mi sembrava una smorfia di dolore.
Prima ancora che mi rispondesse diminuii la foga delle spinte, così da darle la possibilità di riprendere fiato.
«No», disse, sorridendomi languidamente: «Non ti fermare».
Non me lo feci ripetere e tornai ad aumentare la velocità, cercando di capire dalle espressioni sul viso di Hermione cosa le piacesse di più.
Una volta individuato un punto particolarmente sensibile dentro di lei fu relativamente facile farle raggiungere l'orgasmo, per poi seguirla pochi secondi dopo.
Rimasi accasciato su di lei qualche secondo a riprendere fiato, mentre lei — sdraiata sul banco — faceva lo stesso.
I nostri petti si alzavano e abbassavano a causa dei polmoni smaniosi di ricevere abbastanza ossigeno, mentre il cuore batteva con forza contro la cassa toracica.
«Draco?», mi chiamò Hermione quando mi sollevai, aumentando la distanza tra di noi.
«Dimmi».
Cominciai a rivestirmi mentre aspettavo che mi parlasse.
«La prossima fantasia che vorrei realizzare è farlo nel Bagno dei Prefetti».
Smisi di allacciarmi i pantaloni e la guardai con sgomento ed eccitazione: «Con molto piacere».
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Ciao a tutti!
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e che abbiate voglia di scrivermi le vostre impressioni nei commenti.
Hermione è decisa ad aiutare Pansy, dite che ce la farà?
Al prossimo capitolo!
Un bacio,
LazySoul_EFP
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