3. Damaged


·≈· PANSY'S POV·≈·


L'odore di medicinali e disinfettanti dell'infermeria non mi aveva mai dato particolarmente fastidio. Ricordavo di non essermene lamentata durante il terzo anno quando ci avevo passato lunghe ore per stare accanto a Malfoy, il cui braccio era stato fasciato da una meticolosa Madama Chips, dopo l'attacco di Fierobecco.

Ora quell'odore mi era semplicemente insopportabile.

Così come stavano diventando insostenibili molte altre cose: i rumori troppo forti, le stanze particolarmente affollate, i sapori di certi alimenti serviti dagli elfi durante i pasti, gli odori delle persone, delle stanze, delle cose.

Sentire l'odore di Malfoy sulla Granger e quello della Granger su Malfoy. 

Quello più che essere insostenibile faceva male.

E non perché fossi ancora innamorata di lui, ma perché loro avevano l'un l'altra; io cosa avevo se non me stessa e il mostro che mi stava nascendo dentro? 

Certo, se mi fossi confidata con la Granger non sarei più stata sola. Ma ne sarebbe valsa la pena? Sarebbe valsa la pena di vedere la pietà nei suoi occhi?

Ero già sopravvissuta agli sguardi di pietà della Granger, ma non sapevo se sarei stata in grado di cavarmela ancora una volta.

Era già stato atroce sopportare gli sguardi della McGranitt, della professoressa Bing e di Madama Chips. E loro non erano mie coetanee, non erano delle ragazzine petulanti decise a portare il lieto fine ovunque andassero.

A quale lieto fine avrei mai potuto aspirare ora?

Se prima ero stata carne guasta agli occhi dei miei genitori, ora ero semplicemente inservibile.

Mia madre si era premurata di farmi sapere che lei non aveva più una figlia prima di obbligarmi a tornare ad Hogwarts così da starle il più lontano possibile e evitare di rendere carne avariata anche mio fratello, Charles.

Quale partito purosangue avrebbe mai pensato di prendere in moglie una come me; una ragazza deflorata con la tendenza a trasformarsi in licantropo una volta al mese?

La risposta era semplice: nessuno.

Per questo cercavo di stare più tempo possibile da sola, per abituarmi al destino che mi attendeva e per stare il più lontano possibile dai suoni e dagli odori degli altri studenti.

Avevo pensato di togliermi la vita.

In fondo chi avrebbe sentito la mia mancanza? Mia madre? La Granger?

L'unico problema era che mi mancava il coraggio, la forza di volontà necessaria per mettere effettivamente fine alla mia misera vita.

Ero una codarda in tutto e per tutto, anche quando si trattava di porre fine alle mie sofferenze.

In fondo mamma aveva ragione, ero davvero misera e insignificante.

Ignorando le raccomandazioni di madama Chips, che mi aveva esplicitamente ordinato di non abbandonare il letto fino a quando lei non mi avesse dato il permesso, mi alzai, dirigendomi poi con passi malfermi verso la porta d'uscita.

Dovevo tornare in camera mia prima che terminassero le lezioni del pomeriggio, non potevo assolutamente trovarmi in giro o avrei rischiato di impazzire.

Il giorno prima avevo commesso quel fatale errore e mi ero dovuta rinchiudere in uno sgabuzzino per cercare di attutire tutti quei rumori, tutte quelle voci, tutti quegli odori.

I professori erano stati informati che non potevo assistere alle lezioni perché non stavo bene, la McGranitt aveva preferito per il momento mantenere segreto il motivo delle mie prolungate assenze, ma sapevamo entrambe che una ragazza licantropo all'interno di Hogwarts non poteva rimanere un segreto per sempre. Per evitare che rimanessi indietro rispetti ai miei compagni, i professori mi spedivano in stanza delle lettere con il materiale da studiare e i compiti da svolgere.

Premuroso da parte loro, peccato che studiare al momento non rientrasse nelle mie priorità.

Che senso aveva perdere tempo dietro a inutili libri scolastici quando non sapevo nemmeno se sarei sopravvissuta alla luna piena? Perché sprecare il mio tempo in modo così futile, quando potevo stare tutto il giorno sdraiata a letto a chiedermi quale male atroce avessi compiuto nella mia vita precedente per meritarmi una tale sofferenza?

Percorsi i corridoi con calma, anche perché volevo evitare di svenire nuovamente, godendomi il senso di pace che fare una cosa tanto banale e quotidiana mi infondeva. Era strano ma mi mancavano le lezioni, mi mancavano le passeggiate lungo i corridoi, le battute, le occhiatacce, i commenti. Mi mancava perfino la voce saccente della Granger mentre rispondeva correttamente all'ennesima domanda. Mi mancava la monotonia in cui ero immersa fino a pochi mesi fa, quando le mie più grandi preoccupazioni erano mettermi perfettamente lo smalto alle unghie o acconciare correttamente i miei capelli o trovare un modo per far sorridere Malfoy, perché il suo sorriso era adorabile.

Ora Malfoy era felicemente fidanzato con la Granger e i suoi sorrisi erano sempre e solo per lei, i miei capelli erano spettinati e poco curati e le mie unghie tutte mangiucchiate e con lo smalto rovinato.

Mi fermai a osservare da una finestra il cielo nuvoloso e i giardini di Hogwarts, lasciando che lo sguardo vagasse fino alla Foresta Proibita e il Lago Nero.

Gli alberi spogli, le foglie sospinte dal vento a formare mulinelli variopinti sull'erba, i corvi che gracchiavano sui rami...

Sembrava tutto immutato, ma non lo era; c'era stata una guerra, molte persone erano morte e nulla sarebbe potuto tornare come un tempo.

Distolsi lo sguardo e continuai a percorrere i corridoi, diretta alle scale che mi avrebbero finalmente condotta ai sotterranei.

Ebbi la fortuna di non incrociare nessuno, così da evitare sguardi di compassione o domande indesiderata da parte dei professori.

Una volta nella mia stanza mi diressi verso il bagno, dove speravo di farmi una doccia calda prima che Daphne e Millicent tornassero dalle lezioni del pomeriggio.

Averle come compagne di stanza non mi era mai dispiaciuto, anche se non ero riuscita a legare molto con nessuna delle due.

Daphne mi era sempre apparsa come una rivale e Millicent come una ragazzina priva di personalità; sempre pronta a pendere dalle mie labbra o da quelle di chiunque altro senza mostrare mai spina dorsale o il proprio punto di vista.

Da quando eravamo tornate ad Hogwarts pochi giorni prima le cose non erano molto cambiate; Millicent continuava ad essere poco più di un'ameba, mentre Daphne aveva preso la snervante abitudine di confidarmi i suoi segreti, senza che io le avessi chiesto peraltro qualcosa.

Il vero problema era che, ogni volta che incrociavo gli occhi chiari della Greengrass, non potevo fare a meno di pensare a Theo.

Scossi la testa, decisa a non lasciarmi sopraffare ancora una volta dalle lacrime e mi chiusi in bagno.

Mi spogliai velocemente mentre aspettavo che il getto della doccia si scaldasse, provando in ogni modo a non guardarmi allo specchio. Malgrado i miei tentativi però, non potei impedire ai miei occhi di scrutare con un misto di ribrezzo e tristezza il mio riflesso.

Il mio sguardo cadde subito sul mio petto, dove un'orrenda cicatrice deturpava il mio seno sinistro.

Avevo sempre pensato di avere un bel corpo.

Ora non riuscivo a guardarmi allo specchio senza provare repulsione. 

Greyback aveva affondato i suoi denti poco sopra il mio capezzolo, dilaniando la carne fino alla clavicola. Sarei potuta morire dissanguata, ma qualcuno era giunto in mio soccorso.

Ancora rimaneva un mistero chi avesse colpito Greyback con una fattura, salvandomi la vita.

Del mio salvatore ricordavo soltanto il colore degli occhi.

Sarebbe stato bello cercare quel verde scuro tra gli sguardi degli studenti di Hogwarts e scoprire a chi dovevo la vita. Peccato che il solo pensiero di mettere piede in Sala Grande mi era insopportabile.

Spostai i miei capelli corvini, trovando facilmente l'altra cicatrice lasciatami dallo scontro con Greyback; una linea sottile che percorreva orizzontalmente la mia nuca. 

Calde lacrime mi rigarono il volto, mentre percorrevo con dita tremanti le cicatrici che deturpavano il mio corpo un tempo perfetto.

Smisi di commiserarmi quando il vapore proveniente dall'acqua calda della doccia appannò completamente lo specchio, impedendomi di vedere il mio riflesso.

Il getto bollente sulla mia pelle era proprio quello di cui avevo bisogno in quel momento per smettere di pensare; lo scrosciare dell'acqua ovattava qualsiasi altro suono e il profumo delicato del mio bagno doccia copriva i diversi odori sulla mia pelle, compreso il vago sentore di disinfettante dell'infermeria e l'odore acre delle sigarette che ultimamente avevo iniziato a fumare con costanza.

Rimasi nella doccia il più a lungo possibile, poi mi avvolsi nell'accappatoio e andai in stanza a vestirmi, scegliendo un maglione a collo alto, così da nascondere al meglio le mie cicatrici, e un paio di pantaloni scuri.

Mi sdraiai a letto, lanciando un'occhiata annoiata alla lettera incantata che era appena passata sotto la porta e si era adagiata sul mio comodino. Capii dalla calligrafia che era da parte della McGranitt, dovevano essere le indicazioni sui temi trattati a lezione e i compiti da svolgere.

Millicent entrò in stanza poco dopo con un'espressione triste: «Pansy» mi salutò con un cenno del capo, prima di gettare sul letto la sua borsa e chiudersi in bagno.

Passarono pochi secondi ed entrò in camera una sorridente Daphne Greengrass. Portava i capelli acconciati in un disordinato chignon, dal quale erano sfuggiti alcuni ricci che le accarezzavano le guance e la nuca, la divisa era leggermente sgualcita dopo l'intera giornata di lezioni e le labbra erano accentuate da un rossetto incantato per durare più a lungo.

«Ciao Py!», esclamò, buttandosi a peso morto sul letto: «Non hai idea di cosa sia successo oggi!», esclamò, sciogliendo i ricci biondi, che le incorniciarono il viso in modo adorabile: «Durante Pozioni Calì ha fatto una scenata, mi sono offerta per andarla a consolare e... ancora non riesco a crederci, ma ha funzionato! Questo sabato andrò con lei ad Hogsmeade e sento che questa è la volta buona, Py! Finalmente riuscirò a trovare un modo per entrare nelle grazie di Padma».

Calò un breve silenzio, poi Daphne continuò: «Oggi l'ho vista, stava leggendo la Gazzetta del Profeta durante il pranzo ed era tutta corrucciata. Mi ha fatto venire voglia di baciarle la fronte per cancellare tutte quelle rughe di preoccupazione. Aveva i capelli legati, le danno un'aria così seria e sexy», rise, rotolandosi nel letto con un enorme sorriso in volto, si puntellò sul materasso con un gomito, sollevandosi in modo da incrociare il mio sguardo: «Dici che faccio bene a tastare il terreno con Calì prima di confessarle tutto?»

Chiusi gli occhi, nascondendo le mie lacrime sotto le palpebre serrate, mandai giù il groppo che mi si era formato in gola e annuii, sentendola sospirare in risposta: «Questa notte l'ho sognata, giocava con i miei capelli mentre io le parlavo di qualsiasi cosa mi venisse in mente. É stato un bellissimo sogno».

O Daphne non si stava rendendo conto di quanto male mi stessero facendo le sue parole, oppure lo stava facendo apposta e il suo obiettivo era proprio quello di provocare una mia reazione.

In quel momento Millicent uscì dal bagno, impedendomi di urlare contro Daphne come avrei voluto.

«Avete visto la mia spazzola?»

Ignorai la domanda, raggomitolandomi sul letto in posizione fetale, presi poi il cuscino e lo usai per coprirmi il viso, nascondendo così le lacrime che mi rigavano il viso alle mie compagne di stanza.

Se l'obiettivo di Daphne era distruggere la poca stabilità mentale che mi era rimasto, era riuscita nel suo intento.

Tutto quello a cui riuscivo a pensare in quel momento era il dolce sorriso di Malfoy, che era della Granger ormai, e il volto privo di espressioni di Theo l'ultima volta che l'avevo stretto tra le braccia, morto. 

I ricordi sarebbero mai andati via? Il dolore sarebbe mai scemato? Il mio cuore si sarebbe mai ripreso da tutta questa sofferenza? Ci sarebbe mai stata una fine allo strazio? O ero destinata a continuare a patire in eterno?

Le lacrime cessarono di scorrere e una strana calma si impossessò di me.

Sapevo quel era l'unica soluzione, l'avevo sempre saputo, ma fino a qualche ora fa sembrava impossibile pensare che sarei giunta ad odiare così tanto la mia vita da volermi suicidare.



**********

Ciao a tutti/e!

Non è stato facile scrivere questo capitolo, ma penso di esser riuscita a rendere abbastanza bene ciò che prova Pansy e il motivo per cui crede che l'unica via di fuga alla sofferenza sia la morte. Voi cosa ne pensate?

Come al solito vi invito a lasciarmi un commento o anche più di uno, per condividere con me i vostri pensieri!

Al prossimo capitolo ❤️

Un bacio,

LazySoul_EFP





Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top