Senza perdono
"Close enough to start a war
All that I have is on the floor
God only knows what we're fighting for
All that I say, you always say more"
"Peskipiksi Pesternomi!"
Le parole pronunciate dalla giovane si dispersero per l'aula, così come il fascio di luce proveniente dalla punta della bacchetta che impugnava.
L'incantesimo colpì il gruppo di Pixie che svolazzava attorno a lei, tuttavia non gli impedì di avvicinarsi alla ragazza ed iniziare a giocherellare con le ciocche dei suoi capelli, talvolta facendole persino male.
"Non ha funzionato!" esclamò Lucy, divincolandosi dalla presa delle creature e cercando riparo dietro ad un ampio baule.
"Perché non è l'incantesimo esatto. Ai pixie piace fare scherzi, ma non li reputerei animali molto svegli. Dunque c'è una formula molto semplice che ti ho insegnato che potrebbe servirti per fermarli"
Lucy lanciò una rapida occhiata al professor Lupin, che sedeva sui gradini dell'aula osservando la scena con fare divertito; aveva estratto una tavoletta di cioccolato e, a mano a mano che osservava l'allieva eseguire gli incantesimi richiesti, ne estraeva un pezzo dalla confezione e lo assaporava compiaciuto.
I pixie d'altro canto non sembravano minimamente interessati alla sua presenza; Lucy credeva fosse per la sua aria felina che incuteva ancora più timore a seguito della luna piena dello scorso fine settimana, che aveva lasciato su di lui segni ben distinguibili. Oppure, molto più semplicemente, il professore doveva aver istruito i piccoli folletti a dovere. Era dall'inizio della lezione che le creature non davano un secondo di tregua alla ragazza, le tiravano i capelli, la prendevano per le orecchie per farla volteggiare in aria e le lasciavano marchi scuri sulle braccia a causa dei forti pizzicotti.
Lucy era esausta e iniziava a percepire un accenno di mal di testa. Provava ancora su di sé la stanchezza reduce della partita del giorno precedente e non vedeva l'ora di tornare a coricarsi nella sua stanza prima di cena.
Con uno sbuffo spazientito, la giovane si alzò in piedi e puntò la bacchetta in direzione dei folletti, oramai vicini al suo nascondiglio; in quell'istante un moto di rabbia la pervase e la ragazza si lasciò andare pronunciando quelle strane parole che da qualche minuto alleggiavano all'interno della sua mente.
"Crucio!"
Il gracile chiacchierio delle creature si trasformò subito in uno stridio che le fece accapponare la pelle; i folletti si contorsero su sé stessi e piombarono a terra con un tonfo secco, continuando a dimenarsi come in preda ad una scarica elettrica.
Lupin balzò in piedi e, con un colpo di bacchetta, diede fine alla loro sofferenza e li ricacciò all'interno della gabbia posta sopra la cattedra. Subito dopo si voltò verso la giovane, che solo in quel momento si accorse dell'espressione comparsa sul volto del professore: un misto di orrore e perplessità, come se quel suo gesto lo avesse colto del tutto impreparato.
"Si può sapere chi ti ha insegnato questo incantesimo?" esordì lui con tono accusatorio.
Lucy desiderò farsi piccola piccola ed abbassò lo sguardo ai suoi piedi, incerta sulla risposta da dare.
"Lucy!" la richiamò il professore, costringendola a spostare la sua attenzione su di lui, che nel frattempo era avanzato di qualche passo e l'aveva afferrata per le spalle.
"Non è uno scherzo" continuò, incutendole ancora più timore, "questo non è un incantesimo come gli altri. È una delle Maledizioni senza Perdono. Nessun mago o strega dovrebbe mai pronunciarla, tant'è che qui ad Hogwarts non vengono insegnate, né in nessun'altra scuola di magia"
Lucy balbettò un po' prima di riuscire a formulare una frase completa: "Non lo so, io... era come se la conoscessi già"
"Hai sentito una voce che la pronunciava? Qualcuno te ne ha parlato?"
"No, era più come un ricordo del passato"
Lupin rimase in silenzio e pian piano mollò la presa dalle sue braccia, che avevano iniziato a dolerle.
La ragazza non osò dire altro, spaventata da quell'improvviso cambio di atteggiamento da parte del professore. La sua reazione era stata immediata, come se quello da lei appena commesso fosse stato un crimine inaudito.
"Ora ascoltami bene, Lucy" proseguì Lupin, invitandola a prendere posto accanto a lui sui gradini dell'aula. La giovane fece come indicato e rabbrividì appena quando percepì la mano del professore poggiarsi sulla sua spalla, questa volta per rassicurarla.
"Le maledizioni sono incantesimi che vengono utilizzati per arrecare il maggior danno e dolore alla propria vittima. Vi sono moltissimi maghi e streghe che ne hanno fatto uso nel corso della storia per torturare e uccidere, ed ora la maggior parte di loro si trova ad Azkaban"
"Che cos'è Azkaban?" lo interruppe la ragazza.
"È la prigione di massima sicurezza del Mondo Magico. Vi si trovano moltissimi maghi e streghe pericolosissimi, che hanno commesso i crimini più atroci. Ora, quella che tu hai utilizzato qui oggi è una delle peggiori forme di magia oscura che vi sia al mondo. Devi giurarmi che non ne farai mai più uso, dovessi essere in pericolo di vita"
Lucy annuì semplicemente, non riuscendo a comprendere fino in fondo la gravità delle sue azioni.
Notando la sua aria calma e la sua espressione confusa, Lupin si sforzò allora di rimarcare le sue parole.
"La maledizione Cruciatus è usata per infliggere il massimo dolore nell'altra persona. Se utilizzata da maghi molto potenti, può portare persino alla morte. Tuttavia è necessario una buona conoscenza della magia e di abilità pratica per poterla utilizzare. Questo mi fa pensare che tu sia più forte di quanto io pensi"
La giovane volse lo sguardo verso quello del professore, mentre lui continuava ad osservarla affascinato; avevano sottovalutato tutti quella ragazza, lui per primo. Avrebbe dovuto capire sin da subito cos'aveva tra le mani.
"Professore?" lo richiamò lei, destandolo dai suoi pensieri. "Ora posso andare?"
Lupin guardò l'ora sul suo orologio da polso e si accorse che erano ormai le quattro passate; annuì dunque in direzione della giovane, senza però trovare la forza per concludere il suo discorso. Lei intanto iniziò a recuperare i suoi materiali, per poi avviarsi in direzione dell'uscita.
Tuttavia, prima che lei mettesse piede fuori dall'aula, la voce del professore la richiamò, costringendola a voltarsi e ad osservare la sua magra figura ancora accovacciata sui gradini di marmo.
"Spero che ti sia piaciuto il mantello"
Quelle parole spiazzarono la giovane, che dovette farsi forza per mantenere un po' di compostezza e non assalire il professore con mille domande.
"Come dice?"
"Il mantello dell'invisibilità apparteneva a tuo padre. Pensavo ti avrebbe fatto piacere riceverlo"
Lucy trasse un profondo respiro, nel tentativo di assimilare tutte quelle informazioni: "Infatti, è stato veramente un regalo gradito"
Tra i due calò nuovamente il silenzio, finché la ragazza non prese coraggio e porse al professore una delle tante domande che la assalivano in quel momento.
"Lei conosceva mio padre?"
Lupin accennò un sorriso: "Non lo conoscevo soltanto, era il mio migliore amico ai tempi della scuola. Così come tua madre"
Lucy dovette ricacciare indietro le lacrime che minacciavano di solcarle le guance da un momento all'altro.
"Può parlarmi un po' di loro?" domandò con esitazione, la voce ormai ridotta ad un sussurro.
"Lo farò con piacere un giorno. Penso che ci siano tante cose di cui dovrai essere messa al corrente"
"Quando?"
"Quando sarà il momento. Lo capirai anche tu"
Con quelle parole, il professore la congedò, voltandole definitivamente le spalle e facendo ritorno al suo studio, decretando la fine di quella conversazione.
Lucy chiuse allora la porta dell'aula dietro di sé e si diresse verso il dormitorio, senza spostare mai lo sguardo dalle sue All Star sgualcite. Erano una delle poche cose che le erano rimaste dalla sua vita babbana ed ogni volta che le indossava le sembrava quasi di ritornare alla quotidianità che aveva caratterizzato i suoi primi tredici anni di vita.
Ripensava nel frattempo alle parole del professore e dovette soffocare un singhiozzo mentre superava un gruppo di Tassorosso diretti nell'aula di Trasfigurazione. Il solo pensiero che vi fossero delle persone in quella scuola che avevano conosciuto i suoi genitori e che fossero disposte a parlarle di loro – cosa che i suoi zii si erano sempre rifiutati di fare – la fece sentire al settimo cielo.
Era intenzionata a farsi dire tutto, persino le cose più strane: cosa gli piaceva mangiare, il loro film preferito, il loro numero di scarpe ed i vestiti che indossavano quotidianamente, i loro generi musicali, cosa amavano fare nel tempo libero, che tipo di incantesimi erano soliti utilizzare. Si sarebbe fatta raccontare ogni singola cosa così da conoscerli a fondo, come aveva sempre desiderato fare.
Giunse infine dinanzi al ritratto che celava l'ingresso della Sala Comune grifondoro e, una volta pronunciata la parola segreta – la stessa che George Weasley tendeva sempre a dimenticare, costringendola ad accompagnarlo sin lì per farlo entrare – avanzò all'interno, dirigendosi verso il proprio dormitorio.
Tutte le sue compagne di stanza erano impegnate con le lezioni, ma non le dispiacque affatto trovare la stanza vuota e poter concedersi un po' di silenzio. Con un colpo di bacchetta mise in ordine la propria scrivania, così da potervi appoggiare i libri che portava con sé, poi si buttò a capofitto sul letto e chiuse gli occhi per qualche istante.
Non riuscì a rilassarsi a lungo tuttavia. I troppi pensieri che le occupavano la mente la costrinsero ben presto ad alzarsi e a gironzolare per la stanza, alla ricerca di qualcosa che la tenesse impegnata.
Ad un certo punto vide un foglio di pergamena sbucare dallo spazio sotto al suo letto dove conservava i propri bagagli; memore degli avvenimenti che avevano avuto luogo la settimana precedente, comprese subito di che cosa doveva trattarsi.
Afferrò la Mappa del Malandrino e, presa da un impeto di curiosità, pronunciò la formula che le avevano insegnato i gemelli.
"Giuro solennemente di non avere buone intenzioni"
Subito dopo, la mappa di Hogwarts apparve sotto ai suoi occhi, assieme ai nomi degli studenti e di tutti i presenti che si muovevano all'interno del castello.
La giovane iniziò ad aprire i lembi della mappa, per rivelare tutte le aree del castello, persino le più remote; vedeva Ginny occupata nell'aula di pozioni, Baston che passeggiava nei pressi del campo da Quidditch – conoscendolo, probabilmente doveva essere impegnato a curiosare agli allenamenti dei Corvonero, che avevano la loro prima partita la settimana successiva –, il professor Silente che invece faceva su e giù per il suo studio.
Spostando gli occhi sulla superfice di carta, incappò in un nome che attirò immediatamente la sua attenzione.
George Weasley non si trovava in compagnia del gemello nel bagno del secondo piano, a testare le loro creazioni. Il suo nome compariva in corrispondenza della torre di Astronomia e Lucy era ben certa che, se si fosse arrampicata nella botola che lui le aveva mostrato la sera del loro incontro, lo avrebbe trovato lì.
La ragazza richiuse dunque la mappa e vi puntò nuovamente la bacchetta: "Fatto il misfatto"
Detto ciò, si precipitò fuori dalla stanza, con l'intenzione di ricercare un po' di compagnia presso quella che un tempo avrebbe giudicato la persona più spiacevole con cui doversi ritrovare a fare due chiacchiere. Ora invece, impegnati com'erano entrambi, ogni tanto sentiva di aver bisogno di parlare con lui.
Le supposizioni della ragazza erano corrette.
George Weasley sedeva all'esterno della torre di Astronomia, con la schiena appoggiata alla parete di pietra. Davanti a lui vi erano alcuni dei dolciumi che lui ed il fratello avevano recuperato a Mielandia qualche giorno prima ed il gemello li mangiucchiava lentamente, gustandone appieno il sapore.
Quando la testa della giovane sbucò dalla botola lì vicino, il ragazzo si ritrovò spiazzato. Ad eccezione che per la breve conversazione avuta al termine della partita di Quidditch, i due non si erano più parlati per qualche giorno – precisamente da quando lei si era rifiutata di accompagnare i gemelli a Hosgmeade come concordato in precedenza, per poi farsi vedere nella Sala Grande mano nella mano con Percy.
George, permaloso com'era, si era sentito fin da subito offeso da quel gesto, mentre Fred lo aveva ammonito di non fare sciocchezze.
In fin dei conti, non erano mica fidanzati. Solo due amici che condividevano qualche avventura ogni tanto.
Probabilmente avrebbe potuto affermare che lei era la sua migliore amica. La sola che avesse mai avuto.
Nonostante ciò, i suoi sentimenti rimanevano immutati.
Lui e Fred stravedevano per la loro uscita ad Hosgmeade e lui non vedeva l'ora di mostrarle il paradiso che era Mielandia. Avrebbe voluto godersi la sua espressione nel momento in cui le avesse fatto assaggiare una Burrobirra.
Quando invece la ragazza si era presentata dai due sostenendo di aver sottovalutato la mole di studio e di dover concentrarsi sui suoi compiti quel fine settimana, lui ne era rimasto deluso.
Ora capiva il perché di quella scelta: di sicuro aveva trascorso pomeriggi interi a studiare in compagnia di Percy, per poi concedersi una passeggiata in sua compagnia prima di cena. Era certo fosse andata così.
Lucy tuttavia ignorava lo stato d'animo del gemello; quando si presentò alla torre, si aspettò di vederlo sorridere ed invitarla a sedersi in sua compagnia, come ai vecchi tempi. La sua espressione indifferente ed i suoi modi freddi invece la fecero rabbrividire.
"Si può sapere che ti prende?" gli domandò subito, alla ricerca di una qualche spiegazione.
"Io e Angelina ci siamo lasciati" ribatté lui, senza distogliere lo sguardo dall'orizzonte dinanzi a loro.
Non era del tutto una menzogna a dire il vero; lui e la fidanzata avevano avuto una delle loro solite discussioni quella mattina, ma quella volta era stato lui a lasciare la stanza sbattendo la porta.
Dubitava che la sua rabbia sarebbe andata avanti a lungo, ma per ora cercava di girare a largo dai luoghi dove sapeva Angelina sarebbe andata a cercarlo.
"Mi dispiace, non ne avevo idea" sussurrò la ragazza, pervasa dai sensi di colpa per i suoi modi bruschi.
"Non potevi saperlo. Comunque tieni, questi sono alcuni dolci che abbiamo portato da Hosgmeade" continuò lui, cercando di mantenere il tono più distaccato possibile.
Lucy osservò il ragazzo porgerle i dolciumi che aveva riversato ai suoi piedi e che subito la colpirono per i loro colori più disparati. Vi erano caramelle di ogni forma e gusto e in quell'istante la ragazza si pentì profondamente di aver reclinato l'invito ad accompagnarli nel villaggio.
"Sono bellissimi" pronunciò lei, afferrandone un paio.
"Tutta Mielandia lo è. Ma di sicuro lo sapresti, se fossi venuta"
La giovane gli rivolse un'espressione accigliata: "Sai bene che dovevo studiare. Non mi sono mai trattenuta dall'accompagnarvi ovunque voi voleste in queste settimane"
"Certo, studiare", sussurrò il gemello con un ghigno divertito, "sono sicuro che tu e Percy abbiate fatto qualunque cosa tranne studiare"
"Ma come ti permetti!"
L'urlo della ragazza echeggiò attorno ai due, risultando ancora più minaccioso.
George allora si alzò in piedi, si guardò intorno per un attimo, poi si avviò verso l'ingresso della torre.
"Fammi sapere quando avrai ancora bisogno di uno zimbello, Potter. A quanto pare era per questo che mi cercavi ogni volta, no?"
Lucy ormai era paonazza: "Hai battuto la testa per caso? Eri tu a venirmi sempre appresso e a seguirmi ovunque io andassi!"
"Si, perché credevo che fossimo entrambi compiaciuti della nostra compagnia!"
"E da quando non è più così?"
La domanda della giovane colse George impreparato. Il ragazzo inizialmente balbettò in preda alla confusione, poi riprese il solito tono provocatorio.
"Avresti dovuto dirmi di te e Percy"
"Cosa c'entra Percy adesso? Qui a quanto pare il problema sei tu"
George scoppiò a ridere, innervosendo ancora di più la ragazza.
"Si può sapere cosa ti diverte così tanto?"
"Pensi di conoscere così bene le persone, quando in realtà non sai un bel niente!"
"Vedi di darti una calmata, Weasley. Io ti ho sempre aiutato, ti sono sempre stata appresso in queste settimane. Quando litigavi con Fred o con Angelina, io ero sempre presente. Mi stai rinfacciando colpe che non ho"
George a quel punto non urlò di rimando, come aveva fatto finora. Si passò una mano sul viso, spostando quel ciuffo di capelli rossicci che ogni tanto gli ricadeva davanti agli occhi, solleticandogli la pelle. Poi sospirò, come se quella lite gli avesse prosciugato le poche energie rimaste.
"Pensavo saremmo andati d'accordo, Potter. Tutto qui"
"Andiamo tutt'ora d'accordo, Weasley. Non capisco cosa sia cambiato"
"Hai baciato mio fratello, dannazione! Possibile che tu non capisca cosa vi sia di sbagliato?"
Lucy si bloccò, rivolgendo al gemello uno sguardo sottecchi.
"Ti dà veramente fastidio che io abbia baciato Percy perché è tuo fratello, oppure che io abbia baciato qualcun altro oltre a te?"
George non rispose, ma si lasciò scappare una risatina.
"Rispondimi George" insistette lei, continuando a puntare i suoi occhi corvini verso di lui.
"Tu pensi che io sia geloso di Percy?" continuò lui, senza smettere di ridere. "Perché mai dovrei essere interessato ad una come te?"
A quelle parole, Lucy percepì qualcosa infrangersi dentro di lei. Forse si trattava di quel barlume di speranza che conservava, la speranza che Hogwarts sarebbe stata una nuova opportunità per lei e che finalmente sarebbe riuscita a trovare delle persone che la apprezzassero per quello che era. O forse era solo l'immensa delusione di sentire quelle parole pronunciate proprio dalla persona a cui lei si era sentita più vicina in quel periodo, l'unica che fosse riuscita a capirla.
Una lacrima solcò la sua pelle olivastra, scivolando fino alla mandibola e scomparendo sul tessuto del maglione di lana. Ne seguirono poi altre, ma la giovane perse il conto dopo poco.
George sembrò pentirsi subito di ciò che aveva detto, ma ormai era troppo tardi.
I due si lanciarono una rapida occhiata, più vuota che mai. Non vi era più niente da dire, avevano già esternato abbastanza.
Il ragazzo si diresse dunque verso la botola, scomparendo dietro di essa. Una volta che Lucy fu rimasta sola sulla torre, si lasciò andare ad un pianto disperato, il primo da quando aveva messo piede al castello.
Si accovacciò a terra, raccolse le ginocchia al petto ed infilò la testa all'interno di esse, lasciando andare i forti singhiozzi che aveva trattenuto fino a quel momento.
Nessuno sarebbe venuto a consolarla, ma andava bene così. Il dolore era forte ed era intenzionata a piangervi finché avesse avuto fiato in corpo, come aveva sempre fatto.
Quando ebbe finito, era passata appena una mezz'ora ed il sole era tramontato in lontananza, lasciando che le ombre della sera calassero sul castello e lo avvolgessero nel buio della notte.
Era ora di rientrare, ma le forze le mancavano. Per di più, era nauseata alla sola idea di incrociare lo sguardo di George a cena.
Ripensò invece a Percy e a quanto sarebbe stato preoccupato se non l'avesse vista quella sera. Per lui si sarebbe fatta forza. Si, doveva alzarsi.
Stare accovacciata tutto quel tempo l'aveva infreddolita, perciò all'inizio faticò a reggersi in piedi. Quando infine fu pronta a rientrare, si guardò in torno e posò l'attenzione sui dolciumi colorati abbandonati a terra, che il gemello non si era preso la briga di portare con sé.
In un impeto di collera, la ragazza vi saltò sopra, finché non percepì lo scricchiolio delle caramelle sotto la suola delle sue scarpe. Poi tornò dentro e si beò del tepore presente all'interno del castello.
Uscì dall'aula di Astronomia facendo attenzione che nessuno si accorgesse della sua presenza, poi si infilò nel bagno più vicino, con l'intenzione di darsi una sistemata.
Si lavò il viso e raccolse i capelli in maniera disordinata. Infine, con molta calma, procedette in direzione della Sala Grande, dove Ginny la stava sicuramente aspettando.
Difatti, trovò la compagna di stanza ferma all'ingresso, in compagnia di Neville. Quando i due si accorsero del suo arrivo, la salutarono vivacemente e la invitarono a seguirli a cena.
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